sabato 10 novembre 2007

Zenzero e curcuma nelle mense scolastiche. A Roma integrazione significa indigestione

(Tempi, 8 novembre 2007)
Avevo promesso di parlare della “valutazione” ma rinvio perché è occorsa una bizzarra vicenda che merita attenzione. Premessa: per esentare uno studente dall’ora di religione scolastica basta una semplice comunicazione al preside. Invece, per esentare un bambino di una scuola materna romana dai pasti multietnici mensili volti ad «aprire una finestra sul mondo», bisogna recarsi di persona all’Ufficio Scuola del Municipio nei giorni di ricevimento del pubblico. Ogni tentativo di trasmettere la domanda tramite la scuola o via fax è vana: bisogna andare di persona, saltando il lavoro e, chissà, supplicando. Questa iniziativa del Comune di Roma impone ogni mese un pasto dei seguenti paesi: Bangladesh, Romania, Albania, Polonia, Perù, Cina, Filippine, Marocco. Lo scopo pomposo è: «costruire una società interculturale e non soltanto multiculturale». Mangiando le culture diverse si costruisce nientedimeno che un «laboratorio di inclusione sociale». Il carattere pedagogico-autoritario dell’iniziativa non si esprime soltanto nella inquietante imposizione di doversi recare allo sportello di persona per l’esenzione, ma anche nell’invito a «responsabilizzare gli insegnanti affinché preparino didatticamente gli alunni». Ci si può ben figurare a che cosa può ridursi la “preparazione didattica” al pasto etnico di bambini di tre o quattro anni. Roba del tipo: «Ora assaporerete, bimbi, i sapori di una terra lontana, da cui vengono altri bimbi poveri che ora sono qui da noi. Provate, vi sembreranno sapori strani, ma vi ci abituerete. E quando tutti mangeranno i cibi dell’altro, ci vorremo tutti bene e vivremo in un solo mondo per tutti». Per fortuna, con i bimbi la retorica finisce in farsa.
Il primo pasto del Bangladesh conteneva cinque spezie: cardamomo, zafferano, curcuma, cumino e zenzero. Un po’ pesantuccio. Forse, dovendo proporre un pasto italiano a un bimbo di tre anni del Bangladesh non cominceremmo con un’amatriciana o una carbonara. Infatti, l’esperienza è stata una mezza catastrofe: intere classi hanno digiunato ed è stato buttato via tutto. L’assessore alla scuola ha detto che non è poi andata così male, aggiungendo: «Certe polemiche a priori nascondono in realtà posizioni razziste».
Il sorriso sulle labbra che abbiamo tenuto fin qui, si spegne. Andiamoci piano con gli epiteti. Potrei dire, al contrario – e non sono affatto il solo a pensarlo – che è proprio l’ideologia multiculturalista a fomentare la separazione e il razzismo, ma non arriverei al punto di accusare chi ha avuto questa pensata di essere soggettivamente razzista. All’uscita dalla scuola ho incontrato un’anziana signora con il volto insanguinato per essere caduta sul marciapiede dissestato, come lo sono quelli di tutta la città, un autentico disastro. Gli amministratori hanno il dovere primario di far funzionare le scuole, i trasporti, curare l’igiene e la pavimentazione stradale. Abbandonino la velleità di fare gli educatori, i creatori di “laboratori di inclusione sociale” o addirittura di nuove società “interculturali”. Questi sono temi complessi su cui non è facile mettersi d’accordo. Non è legittimo sentirsi autorizzati a dare per scontato quel che non lo è, imponendo alla cittadinanza iniziative discutibili sulla scorta di teorie dilettantesche, per giunta con stile da pedagogia impositiva. Se proprio si vuole, invece di proiettare film che negano gli attentati dell’11 settembre, si organizzi un convegno su questi temi in cui possa dire la sua anche chi non aderisce a certi conformismi correnti, come quello della teoria sbilenca del “passaggio dalla società multiculturale alla società interculturale”.

4 commenti:

Nessie ha detto...

Dissento profondamente da questa educazione precoce all'ipocrisia e all'addomesticamento sui piccoli, basata su un improbabile irenismo. Siamo all'impazzimento collettivo.
Per citare quanto lei ha già scritto in un precedente pezzo, di questo passo anche Lévy-Strauss sarà considerato "razzista" e "xenofobo".
Voglio citare un passo dal testo EURSS del dissidente sovietico Vladimir Bukovskij, al riguardo.
"Ci dicono di reprimere i nostri sentimenti nazionali, i nostri pregiudizi, le nostre tradizioni e allora vivremo felici e contenti nelle nostre comunità multietniche. Possiamo dire in anticipo che il risultato sarà esattamente l'opposto".
E ancora: "Se il XX secolo ci ha insegnato qualcosa, è innazitutto che ogni utopia finisce in Gulag. Non ci resta che aspettare, e vedremo quale sarà il Gulag creato dall' Unione Europea".

Bene, passeremo così dall'intolleranza alimentare a certi odori e sapori, all'intolleranza tout court. Di orticaria in orticaria. E questo, grazie alle mense interetniche e interculturali.

GiuseppeR ha detto...

Anche io, insieme ad altri genitori di una scuola elementare romana abBiamo commentato, durante una assemblea di classe, il nuovo menu "multiculturale". Dopo un iniziale sconcerto ci siamo fatti una bella risata constatando che finalmente i nostri figli capiranno che la cucina italiana è la migliore del mondo.
A parte la sana ironia mi ha confortato vedere che i genitori si accorgono della stoltezza di queste iniziative.

Unknown ha detto...

Mi complimento per l'articolo, e sono particolarmente d'accordo con le frasi "Potrei dire, al contrario – e non sono affatto il solo a pensarlo – che è proprio l’ideologia multiculturalista a fomentare la separazione e il razzismo, ma non arriverei al punto di accusare chi ha avuto questa pensata di essere soggettivamente razzista." e "Gli amministratori hanno il dovere primario di far funzionare le scuole, i trasporti, curare l’igiene e la pavimentazione stradale. Abbandonino la velleità di fare gli educatori, i creatori di “laboratori di inclusione sociale” o addirittura di nuove società “interculturali”.

Purtroppo in questa Italia dove conta più la forma che la sostanza, nonché il darsi arie da "mentalità aperta" piuttosto che far funzionare la Cosa Pubblica in modo un po' meno vergognoso, tali appelli cadono nel vuoto.
Spero gli elettori romani si ricordino delle menti eccelse che Veltroni usa selezionare per il proprio team, quando verrà il momento di votare alle prossime politiche (che spero prossime nel senso di imminenti)

Sara ha detto...

Condivido pienamente e trovo che il principio di inclusione sociale attraverso il cibo sia espediente non nuovo alla tradizione del razzismo. L'idea di fondo è sempre quella pretendere di separare il pasto dal rito per rigettare quest'ultimo come insignificante o peggio settario, pretendendo che sia il rito ad adeguarsi all'esigenza dello scambio edel dialogo e non il viceversa. La specificità e la non condivisibilità del rituale non vengono proprio prese in considerazione se non per sottoporle a giudizio sprezzante.

Inoltre confermo che anche alla scuola materna di mio figlio questi cibi sono stati guardati con sospetto dai bambini e scansati. Lì addirittura si è ritenunto di non usare alcuna spezia e quindi sono stati presentate poltiglie verdi informi senza sapore, polli esotici senza condimento, cose strane. I bambini si sono preoccupati.

Io e altre mamme vorremmo seriamente chiedere al municipio di rinunciare all'iniziativa ( chi per un motivo, chi per un altro).
Cordiali saluti,
sara