venerdì 11 settembre 2015

Una recensione del libro "La matematica e la realtà. Capire il mondo con i numeri" (Carocci, 2015) pubblicata sul Sussidiario

Da insegnante di matematica, da diversi anni nella scuola superiore so purtroppo quanto sia in voga l'idea che il
mondo sia matematico e che dunque la matematica sia lo strumento indispensabile per capirlo o per
interpretarlo. Dal mio "purtroppo" si intuisce come non sia particolarmente d'accordo con tali opinioni. Occorre
perciò chiarirsi su due punti: 1. perché tale convinzione è così di moda oggi? 2. qual è il "mondo" in cui la
matematica è efficace?
Il recente libro di Giorgio Israel La matematica e la realtà (Carocci 2015) ci aiuta a rispondere a tali interrogativi
con semplicità e precisione, ricostruendo una storia della scienza spesso mal (mai?) raccontata o addirittura
banalizzata.
L'opera è strutturata in tre capitoli: 1. il primo capitolo propone la classica carrellata di modelli matematici
applicati a fenomeni di evoluzione nel tempo (Malthus, Verhulst, Volterra-Lotka, teoria dei giochi); 2. nel
secondo capitolo si offrono numerosi elementi per rispondere al primo interrogativo, viene ricostruito infatti il
percorso storico che ha portato al determinismo, al riduzionismo meccanicista fino alla modellistica matematica
evidenziandone caratteristiche, somiglianze e diversità; 3. l'ultimo capitolo è sicuramente il più originale e cerca
di rispondere alla seconda domanda che ci siamo posti a proposito dell'efficacia della matematica, oltre a
proporre un prezioso approfondimento sul rapporto tra tale disciplina e il calcolatore.
Non è mia intenzione qui proporre una trattazione esaustiva dei contenuti di questo libro di cui ovviamente
suggerisco la lettura, magari sfruttando ancora qualche giorno di ferie. Vorrei però offrirvi tre spunti — uno per
capitolo — che mi hanno colpito in modo particolare.
Anzitutto nel corso del primo capitolo non va lasciato cadere un approfondimento non banale sul problema del
continuo, qualcosa che farebbe bene anche a tanti autori di libri di testo o di eserciziari pieni di grafici e tabelle
con annesse interpretazioni quantomeno discutibili. Si tratta di un'ampia trattazione dell'esempio
dell'"influenza" più volte citato dal professor Israel nei suoi interventi: il signor Rossi ha la febbre e il suo medico
"coltiva la pretesa di studiare l'andamento generale della temperatura nei malati d'influenza, prega la moglie del
signor Rossi di misurare la temperatura del malato ogni quattro ore, rispettando l'intervallo notturno, e di
annotare i risultati delle misurazioni. La signora Rossi esegue scrupolosamente il compito affidatole e anzi
prepara per il dottore un grafico che raccoglie le misurazioni di più di due giorni. Tuttavia, la signora non si
limita a tracciare l'istogramma, ma congiunge con dei segmenti i punti dell'istogramma, ottenendo la curva della
temperatura. Al di là di quello che potrebbe fare il signor Rossi durante la notte, tutti sanno che la temperatura
umana è soggetta a fluttuazioni frequenti quanto difficilmente prevedibili. L'unica curva indiscutibile sarebbe
quella ottenuta applicando sotto l'ascella del paziente un termometro in permanenza e rilevando in modo
continuo, per quanto consentano i sensi, i dati della temperatura".
L'interpolazione risponde proprio a simili difficoltà, ma ovviamente si tratta di avere dati più "vicini", almeno
ogni mezz'ora. L'utilità scientifica di una simile rilevazione è assolutamente discutibile, ma mi interessa riportare
questa divagazione per intuire quanto sia intricato e delicato il rapporto fra realtà empirica e descrizione
matematica, mentre invece viene troppo spesso banalizzato.
Nel secondo capitolo suggerisco la lettura attenta delle pagine in cui l'autore identifica mirabilmente un "piccolo
imbroglio" del determinismo, servendosi anche delle parole del grande matematico francese Pierre Simon
Laplace che qui non riporterò. Mi limito a sottolineare il contenuto di questo "imbroglio" e la spiegazione che ne
dà Israel: "la scelta di quella rappresentazione matematica è soltanto un riflesso della scelta di descrivere un
processo secondo uno schema deterministico, o meglio secondo l'ipotesi che si tratti di un processo
deterministico. Non significa che il processo sia deterministico «per natura». La matematica restituisce ciò che vi
si è messo dentro ma di per sé non è responsabile di nulla.
Non lasciamoci quindi attrarre minimamente, come invece troppo spesso accade, dal fascino di una visione
magica del potere della matematica. Gli scienziati classici, con un'onestà intellettuale ineguagliata, non
nascondevano le premesse filosofiche su cui poggiavano le loro costruzioni scientifiche". L'imbroglio consiste nel
non avere "il coraggio di ammettere che la scienza poggia e avanza anche sulla base di idee metafisiche e non
soltanto sulla base di dati sperimentali. Il principio del determinismo è un tipico esempio di una miscela di idee
filosofiche e di conoscenze sperimentali: il dosaggio delle due componenti della miscela varia secondo i casi, ma
nessuna delle due è mai assente".
Anche qui è quasi superfluo evidenziare quante volte invece accade di sentire docenti che parlano implicitamente
o esplicitamente del "potere magico della matematica" con la pretesa — tanto di moda — dell'oggettività! Mi
limito a citare un brano da un altro libro di Israel, La natura degli oggetti matematici: "L'idea che 'il mondo è
matematico' è metafisica o teologica. Ogni tentativo di presentarla nei termini dell''oggettività scientifica'
introduce un'insopportabile opacità e la riduce a un mero slogan privo di qualsiasi senso e giustificazione".
Nell'ultimo capitolo si parla, infine, dell'argomento piuttosto noto dell'irragionevole efficacia della matematica,
ma anche della ragionevole inefficacia per la quale rimando alla lettura del paragrafo omonimo del libro o per
maggiori dettagli ad altre pubblicazioni dell'autore sul tema dell'applicazione della matematica a fenomeni
(sociali, economici) in cui intervengono fattori di libera scelta: determinismo e probabilità "appaiono insufficienti
a rappresentare la complessità dei comportamenti soggettivi".
Voglio però soffermarmi su un piccolo ma significativo spazio dato al rapporto tra la matematica e il calcolatore.
Nel testo si trova un brano del celebre fisico-matematico e storico della scienza Clifford A. Truesdell che
sottolinea la priorità dell'uomo sulla macchina, illustrando due tesi fondamentali: a) il calcolatore ha bisogno di
leggi prodotte dalla mente umana sui cui funzionare e sviluppare i suoi calcoli; b) il calcolatore è in grado di
ragionare soltanto su quantità finite, mentre la scienza fornisce leggi valide in un'infinità di casi.
Basterebbe pensare al metodo logico-deduttivo di Euclide e alle prime dimostrazioni geometriche per
comprendere la differenza abissale tra l'essere umano e il calcolatore: quest'ultimo non è in grado neanche di
dimostrare che la somma degli angoli interni di un triangolo è pari a 180°! Certamente il calcolatore può aiutare
ma interviene sempre un istante dopo, in seconda battuta, dopo che la mente umana ha creato le istruzioni
adeguate perché il braccio meccanico possa eseguirle.
"Qual è in realtà il rischio peggiore? Il programma [dei primi sostenitori dell'intelligenza artificiale e dei creatori
della cibernetica] era quello di imitare la mente umana e il suo funzionamento senza trascurare o sottovalutare
alcuna difficoltà. Ma da allora vi sono stati tanti insuccessi e il prodigioso sviluppo dell'informatica non ha
segnato un solo passo in avanti sulla via della creazione della macchina pensante. E allora forse c'è il rischio che
si riaffacci una versione mediocre del meccanicismo e che prevalga la tendenza opposta. Tale tendenza consiste
nel considerare il pensiero come l'emanazione di una serie di processi fisico-chimici. Mente umana e macchina
sarebbero (per decreto) la stessa cosa, almeno in linea di principio. E la tendenza, magari senza rendersene
conto, sarebbe quella di piegare progressivamente il funzionamento della mente umana a quella della macchina,
visto che l'operazione inversa non ha successo…".
A tale proposito è stupendo il contributo — riportato nell'ultimo paragrafo del libro — di Federigo Faggin,
ideatore del primo microchip, che, dopo aver tentato per venti anni di costruire un computer capace di
apprendere da solo e quindi fornito di una forma elementare di consapevolezza, ha dovuto concludere che questo
compito è impossibile e che neppure quel che sappiamo del cervello ci permette di dire cosa sia la consapevolezza
in termini meccanicisti.
Eppure oggi domina lo scientismo, ma anche se ci restringiamo al campo dei fenomeni fisici propriamente detti,
sostenere che non ci sia nulla del mondo che sfugga al potere descrittivo della matematica è un'esagerazione!
"L'approccio scientista si oppone a una visione umanistica che riconosce la specificità degli esseri umani, il fatto
che non sono macchine. Ci piace così poter rileggere le parole di Karl Popper: gli esseri umani sono insostituibili
e, come tali, sono chiaramente molto diversi dalle macchine. Sono capaci di gustare la gioia della vita, ma anche
di soffrire e sanno affrontare la morte con piena consapevolezza".
In Giorgio Israel e nel suo libro non vi è solo una ricostruzione fedele della storia passata, ma anche e soprattutto
un serio invito a una costruzione della storia presente: a tale scopo serve quell'approccio umanistico che
"significa anche salvare la specificità della ricchezza concettuale della matematica nelle sue relazioni con tutte le
altre attività conoscitive umane [per capire a fondo la matematica sono necessarie la filosofia e anche la storia
della matematica stessa e della scienza], anziché impoverirla nel tentativo fallimentare di farle assorbire ogni
aspetto della realtà [come se ogni particolare della realtà potesse essere ridotto unicamente a fattori quantitativi,
senza che essi convivano armoniosamente con gli aspetti irriducibilmente qualitativi]".
Nella mia esperienza di insegnante e di giovane studioso ho potuto scoprire le potenzialità di questo approccio
umanistico e spero che possa essere un'occasione anche per molti altri.

Luigi Regoliosi