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lunedì 15 settembre 2008

Primo giorno di scuola

L’anno scolastico si apre in una fase cruciale per il futuro della scuola italiana. È da augurarsi che prevalgano atteggiamenti razionali e costruttivi, che si prenda atto dei problemi anziché oscurarli con gli slogan, le fasce nere al braccio e le occupazioni di scuole. Si ripete ogni giorno che nessun paese come l’Italia ha tanti insegnanti mal pagati e frustrati. Non è razionale ignorarlo e chiedere altre infornate di precari. L’era della scuola come ammortizzatore sociale è finita ed è irresponsabile tentare di perpetuarla. La nostra scuola è afflitta dal bullismo, dalla mancanza di disciplina e dal disordine. Non è razionale opporre alle misure del ministro Gelmini sul ripristino del voto in condotta, dei voti in pagella e del recuperi dei debiti formativi, il solito “ben altro servirebbe” , che si riduce a riproporre ostinatamente le ricette che hanno condotto all’attuale situazione. Grandinano sulla nostra scuola valutazioni negative che collocano a livelli molto bassi i nostri studenti, soprattutto per le conoscenze matematiche e linguistiche. Nell’impossibilità di ignorare questi fatti, troppi si comportano come se dipendessero da tutto salvo che dalla scuola: per loro, è come se si trattasse degli effetti di una grandinata su un magnifico vigneto. Tutto ciò è ridicolo. I pessimi rendimenti della scuola italiana non sono effetto del destino cinico e baro.
È quindi da sperare che, di fronte ai provvedimenti presi dal Ministro Gelmini – e da quelli che seguiranno – ci si astenga da agitazioni inconsulte e irragionevoli; tanto più in quanto basta guardare ai sondaggi in rete dei maggiori quotidiani per constatare che questi primi provvedimenti ottengono gradimenti dall’80% al 90%. È inutile illudersi di essere maggioranza solo perché si strilla di più, parlare a sproposito di “rivolta delle famiglie”, opporsi a tutti i costi avanzando quelle che Mario Pirani ha definito critiche «fastidiose e inconcludenti mosse in nome di uno slogan tipico degli eserciti destinati alla sconfitta: “indietro non si torna”». Quando “Famiglia Cristiana” accusa il Ministro di procedere senza dibattiti e confronti con il mondo della scuola, e senza consultare esperti, «solo con le competenze di casa sua, la madre e la sorella maestre» non soltanto ricorre a polemiche di infimo livello, ma rivela il vero intento: quel che si vuole non è tanto il dialogo quanto il continuare a considerare come referente principale e unico “competente” quel complesso sindacale-psico-pedagogico-docimologico che domina la scuola da trent’anni e che è responsabile del suo stato attuale. Altrimenti, si dice, «la scuola resterà, come diceva don Milani, un ospedale che cura i sani e rifiuta i malati». Il fatto è che la scuola che cura i sani e rifiuta i malati è proprio quella di oggi, più di quella di ieri. Dopo aver predicato per decenni contro la “scuola di classe”, essa è stata finalmente realizzata, appiattendo tutti verso il livello più basso anziché motivare tutti a elevarsi verso l’alto. In nome dell’interesse primario per il “malato” abbiamo creato una scuola dequalificata che lascia soltanto ai figli dei colti e dei ricchi la possibilità di andare avanti mentre i “malati” sono condannati a restare tali, se non ad ammalarsi più gravemente. È probabile che oggi don Milani, da persona intelligente e intellettualmente onesta, si metterebbe le mani nei capelli nel vedere a cosa ha condotto la demagogia egualitarista e prenderebbe le distanze dal “donmilanismo”, a differenza chi si crogiola nel conservatorismo delle idee preconcette e degli interessi costituiti.
Il conservatorismo si nutre di slogan ripetuti ossessivamente senza riguardo ai fatti. Il più clamoroso di questi slogan è la formula secondo cui la scuola elementare italiana sarebbe una delle migliori del mondo e l’introduzione del maestro unico distruggerebbe il “fiore all’occhiello” della nazione. Si citano statistiche che proverebbero tale qualità, tra cui un recentissimo rapporto Ocse che, nel sottolineare la generale catastrofe della scuola italiana, salverebbe le primarie. Non si dice però che anche questo rapporto riguarda dati meramente strutturali e non ha preso in esame la qualità degli apprendimenti: che l’Italia investa nella scuola primaria più risorse della media Ocse è evidente (visto il numero di maestri!) e soltanto per questo si colloca in buona posizione. Ma ciò non dice nulla sui risultati di tali investimenti! Difatti, la stessa Ocse ha osservato che il vero problema è che i fondi sono spesi esattamente all’opposto di quanto fa la Corea del Sud dove vi sono meno professori e meglio pagati. E pure entro il quadro Ocse – le cui primarie sfigurano rispetto a quelle di diversi paesi emergenti – le classi elementari italiane hanno un numero di alunni inferiore alla media e tempi netti di insegnamento molto bassi.
Chi ripete lo slogan che la scuola primaria italiana è tra le migliori del mondo sfrutta la buona fede di chi crede che essa sia sempre la stessa e non sa che è stata rivoltata come un calzino dal 1985 in poi. Essa è piuttosto il fiore all’occhiello del pedagogismo dell’autoapprendimento, dell’“apprendere ad apprendere” in barba alle conoscenze, del “meglio una testa vuota ben fatta che una testa piena”. È la scuola in cui non si insegnano i “fatterelli” della storia – come ha scritto una maestra su questo giornale – bensì si studia la linea del tempo, le dinamiche astratte dei processi storici, le “cause” del crollo degli imperi senza conoscere un solo impero reale. È la scuola in cui la geografia è studio astratto della “spazialità”, analisi del “davanti”, “dietro”, “sopra” e “sotto” (orrendamente chiamati “indicatori topologici”). È la scuola in cui la matematica è ridotta a manipolazioni con disegni e colori. È una scuola frantumata in miriadi di “offerte formative” disparate: sicurezza, privacy, prevenzione incendi, progetti di canto, teatro, danza, fotografia ecc.
Si guardi inoltre al percorso formativo attuale di un maestro. Non sono pochi i corsi di laurea che permettono di diventare maestri seguendo una trentina di ore di matematica e di storia moderna (soltanto moderna), con casi limite in cui la matematica è opzionale rispetto a materie come la pediatria. La componente psicopedagogica è dilatata in modo esorbitante fino a occupare l’80% del corso di studio relegando la parte disciplinare alla misera quota restante. Così otterremmo maestri specializzati capaci di produrre un mirabile intreccio di competenze? In realtà, oggi noi formiamo psicopedagoghi dotati di un’evanescente infarinatura di conoscenze disciplinari. Per cui, la polemica contro il maestro unico “tuttologo” è priva di qualsiasi serio fondamento.
Va comunque detto che se la scuola italiana (non soltanto la primaria) non va a fondo del tutto è per merito di migliaia di insegnanti che continuano a concepire la loro professione come una missione educativa basata sulla trasmissione della conoscenza e che, non a caso, sono considerati da certi teorici dell’ “apprendere ad apprendere” come il più grande ostacolo al dominio incontrastato delle loro fallimentari teorie.
(Il Messaggero, 15 settembre 2008)

25 commenti:

feynman ha detto...

Ho due domande. La prima: come possiamo noi, insegnanti di scuola superiore, praticare una buona attività didattica se le classi prime sono composte da 28-29-30 alunni di cui uno con handicap? Idem per le seconde. E' questa la realtà con cui mi trovo a confrontarmi nell'era Gelmini. Il "taglio dei precari" conduce a questa situazione. Il prossimo OCSE-PISA che, le ricordo, è centrato sui quindicenni non potrà dare altro che risultati peggiori del precedente. La mia prima domanda è: devo accettare passivamente tutto ciò o posso mettere in atto una qualche forma di agitazione ragionevole? E la mia seconda domanda è: con quale credibilità posso ascoltare discorsi sulla meritocrazia da parte di un ministro che è migrato (temporaneamente) da nord a sud per andare a sostenere l'esame di abilitazione come avvocato nella sede in cui la stragrande maggioranza dei candidati veniva automaticamente promossa?

MELCHISEDEC ha detto...

Buongiorno! L'analisi da lei effettuata evidenzia alcuni nodi cruciali della scuola italiana; mi trova concorde soprattutto in relazione alla piaga del "didatticismo" che, usato come medicamento per il nozionismo, ha finito per soffocare il buon seme(o i semi) della conoscenza, a quella dell'appiattimento verso il basso con il pretesto di una democrazia mal intesa, al sindacalismo imbavagliante,alla scuola come bacino collettore di posti di lavoro etc..
Il dubbio riguarda invece il ritorno al maestro unico: a me sembra che le motivazioni siano di ordine strettamente economico e per nulla pedagogiche. Non mi pare, inoltre, che il maestro unico possa supplire a lacune che, prima di essere imputate al sistema, passano attraverso l'assoluta mancanza di professionalità di molti colleghi.
Viltà, buonismo, sfiducia nel proprio ruolo, menefreghismo sono i fattori con cui spesso devo fare i conti a scuola, a prescindere dalle riforme e dai tagli.
In questi giorni l'ennesima delusione durante gli esami di "riparazione": la maggior parte dei colleghi era impegnata più a guardare l'orologio e a preservarsi la cattedra(evitando di bocciare)che a valutare l'opportunità o meno di ammettere o non ammettere un alunno alla classe successiva.

Giorgio Israel ha detto...

Ho fornito spiegazioni di carattere essenzialmente pedagogico e non economico contenute in diversi articoli di cui alcuni sono qui in rete. Sono convintissimo della giustezza della scelta: oggi abbiamo tre maestre clonate che sanno poco di tutto. Senza contare i casi in cui mettono in crisi i bambini facendone terreno di scontro di dissensi ideologici (educativi).

Gianfranco Massi ha detto...

Primo giorno di scuola, scelto dai "docenti" per insegnare ai bambini la prevaricazione e la discordia.
E'questo l' unico commento che mi sento di dover fare al suo articolo - un vero e proprio minisaggio - ben articolato e magistralmente ragionato sulle condizioni catastrofiche in cui versa la scuola in Italia.
Dubito molto che potrà essere rimessa sulla giusta rotta, sono troppi e troppo contrastanti gli interessi in gioco: quello degli alunni e degli studenti è il più debole, il più esposto ai forti venti ideologici dei quali non si conosce più nemmeno la provenienza (est, ovest, nord o sud).
L' unica speranza che rimane è che almeno gli sforzi dell' attuale Ministro servano a fare prendere coscienza a quella parte dei docenti che ancora sono orgogliosi di essere chiamati maestri/e.
Gianfranco Massi

D.C. ha detto...

la scuola che cura i sani e rifiuta i malati!...il maestro unico non permetterebbe mai quanto potrebbe un team...lo dice anche Lei contraddicendosi: "la scuola primaria va bene perchè ha tre maestri!"il team è garanzia di maggiori competenze da insegnare agli alunni, di maggior controllo tra insegnanti che altrimenti non ci potrebbe essere... e quindi di maggiore efficenza. Per cui tagliare maestri significa togliere possibilità di maggiori apprendimenti ai figli dei poveri (i malati di don Milani) che non hanno figure culturali di riferimento che tre maestri potrebbero dargli... Inoltre, tagliare maestri significa anche tagliare posti di lavoro di poveri precari... significa alimentare ulteriore povertà...Non crede che ciò potrebbe creare quella disparità di classe così utile al potere?
Cordialmente
D.C.

bartolo ha detto...

Ma di cosa parla lei? Qui di fronte alla tragedia umana per centomila persone che perderanno il lavoro, si mette a tessere le lodi della riforma Gelmini?
Sono un quarantenne precario da dieci anni, con una bambina e ho girato l'Italia per servire la scuola in cambio di uno stipendio da fame. Cosa (ci) mi aspetta?
E voi accademici da cinque-seimila euro al mese di cosa disquisite? De nulla.
Il suo pensiero miserabile in questo Paese di merda ci fa un figurone.
Saluti.
Bartolo Laface
bartololaface@yahoo.it

bartolo ha detto...

Ma di cosa parla lei? Qui di fronte alla tragedia umana per centomila persone che perderanno il lavoro, si mette a tessere le lodi della riforma Gelmini?
Sono un quarantenne precario da dieci anni, con una bambina e ho girato l'Italia per servire la scuola in cambio di uno stipendio da fame. Cosa (ci) mi aspetta?
E voi accademici da cinque-seimila euro al mese di cosa disquisite? De nulla.
Il suo pensiero miserabile in questo Paese di merda ci fa un figurone.
Saluti.
Bartolo Laface
bartololaface@yahoo.it

Giorgio Israel ha detto...

Grazie per i 6000 euro al mese...

bartolo ha detto...

Ma di cosa disquisite, accademici da strapazzo, mentre centomila persone stanno per subire la tragedia umana della perdita del lavoro?
Come si fa a difendere questa "riforma"
Egregio professore da cinque-seimila euro al mese, il suo pensiero miserabile è talmente miope da impedirle di comprendere la disperazione di chi come me è precario da più di dieci anni. E voi parlate di insulsaggini.
In questo Paese di cialtroni al governo il suo pensiero ci fa una bella figura.
Bartolo Laface

gelubra ha detto...

A differenza di qualche commento oggettivamente fuori misura, io, insegnante di scuola superiore ( che tra l'altro quest'anno a dispetto della retorica giornalistica ha classi con al massimo 25 studenti e al minimo di 10), ringrazio Iddio che ci sia un Giorgio Israel sulla faccia della terra che riesce a dar voce a quanto molti di noi, che vivono con passione e mortificazione questo mestiere, pensano e che stanno cominciando a dire ad alta voce nei corridoi, nei collegi e al cospetto della varie camarille di cortigiani e di psico-pedagoghi-docimologi ignoranti che infestano ancora in maniera massiccia le nostre fila.
Gennaro Lubrano Di Diego

Fabio ha detto...

Feynman, mi permetto di rispondere alla sua seconda domanda con un link.

Ad hominem tu quoque

francini ha detto...

La questione "maestro unico - vari maestri" non mi pare sia risolvibile in astratto. Ci sono pro e contro in ognuna delle due ipotesi: tutto dipende da chi sono i maestri e quali i contenuti.

Più maestri possono favorire una migliore copertura delle discipline, ma possono anche agevolare una troppo precoce frattura culturale, che può giungere allo studente in forma di disarmonia percepita e separataezza tra le varie forme di sapere.

Un solo maestro ha di buono che "costringe" gli insegnanti a dover insegnare di tutto, senza la possibilità di alibi per l'eventuale ignoranza di alcune discipline. A livello di scuola elementare (onestamente) non penso sia eccessivo pretendere preparazione su tutte le discipline, a 360°, fatto che aiuta, se ben assimilato, una certa, almeno iniziale, unità dei saperi.

D'altra parte è anche vero (come ha osservato Bossi...) che, se si incappa in un maestro unico e somaro, allora il bambino è rovinato, mentre con due o tre maestri almeno si salva il salvabile (però c'è anche un contrappasso: con più maestri la probabilità che almeno uno di essi sia scadente sarà molto più alta...). Insomma, credo che, in termini generali, non se ne esca facilmente. Tra l'altro, è da notare che il titolo di abilitazione è unico e non prevede specializzazioni in questa o quella area disciplinare (quanto siano adeguati i percorsi attuali di formazione degli insegnanti elementari, che ora debbono laurearsi, temo che sia molto molto incerto; anzi: sono quasi sicuro che fossero meglio i vecchi istituti magistrali di 4 anni dopo la terza media (all'esame di stato dovevano fare prove di matematica di tutto rispetto, sono arcisicuro che adesso non le saprebbero fare neppure dopo la laurea)).

La differenza tra i maestri delle varie materie riguarda solo l'utilizzo (in genere, si cerca di arrangiarsi: se si viene a sapere (e quasi sempre lo si sa) che una tale insegnante non sa la matematica, si cerca di fare in modo che non la debba insegnare, e così via... in realtà per sapere chi sa insegnare e chi no basta chiedere a chiunque nella scuola, pure a un bidello: son cose che tutti quanti in realtà conoscono, tranne l'amministrazione in via ufficiale...).

Forse sarebbe stato meglio che il decreto legge si fosse limitato a portare a 24 ore l'orario di lezione di tutte le scuole elementari, eliminando l'istituto della compresenza. Lasciando alle scuole (e alla scelta delle famiglie) la facoltà di decidere come eventualmente frazionarie l'orario. Quanto meno nel triennio finale, lasciando il maestro unico obbligatorio solo nel biennio inizale. In questo modo si sarebbe ugualmente centrato l'obiettivo del risparmio (in maniera identica): ciò che causa la spesa maggiorata è l'orario di lezione a 27 ore e le compresenza di insegnati (per coprire lo stesso numero di ore servono più insegnanti). Eliminate queste, si sarebbe tornati a una corrispondenza 1-1 tra ore lavorate e ore coperte. Se impostata così, la faccenda avrebbe potuta essere accolta con migliore accettazione dagli operatori e dalle famiglie. Forse c'è ancora tempo per questa modifica, che a me parrebbe ragionevole.

Quanto al tempo pieno, bisogna essere realistici. I servizi costano ed è sempre più difficile accampare diritti sociali assoluti ed esigibili. Lo Stato può offrire un nucleo di servizi base, valutando ed assicurando il livello di qualità. Per il resto, andrebbero studiate forme di compartecipazione degli utenti alle spese, o degli enti locali, con una diversa ripartizione della tassazione. Per la sanità ed i trasporti è già così in parte, e credo che si andrà in uqesta direzione per tutti i servizi pubblici. Va fatto un discorso serio ed onesto. Occorre un piano abbastanza vasto per ridefinire i luoghi di custodia e di crescita formativa dei ragazzi, forse di veri e propri "oratori laici" ci sarebbe bisogno, non necessariamente e in toto coincidenti con l'aula scolastica. Forse va fatto un ragionamento più complessivo, con realismo.

Sulla questione del voto, del grembiule e della condotta, direi che i provevdimenti sono di buon senso e largamente condivisibili. Portano ad una scuola più chiara ed ordinata. Il grembiule (sul quale peraltro non c'è alcun obbligo), per esempio, non solo esso è un elemento di rottura dell'inseguimento al look e alla griffe e offre un modello più inclusivo ed egualitario (purché non parta la moda del grembiule con logo, come pure sta succedendo), ma ha anche il pregio di fare piazza pulita delle dispute su veli e simboli identitari, da un lato, o sulle tenute sconce, dall'altro, e aiuta a rinsaldare il senso di appartenenza all'istituzione (quindi un rapporto più stretto, responsabilizzante, con ricadute positive sul comportamento e sull'identificazione dello studente). Figuriamoci che io troverei giusta pure la divisa pure ai bidelli e agli insegnanti. Non è questione di modelli autoritari o militari: semplice serietà e messa in evidenza dei diversi ruoli (come accade in moltissimi posti di lavoro).

Giorgio Israel ha detto...

Non mi pare che sia in discussione il professore unico per i licei. I risultati delle statistiche Ocse-Pisa non c'entrano nulla con i precari, altrimenti si potrebbe anche provare a dire che è colpa della loro presenza... Protestare è più che legittimo, ma non compiendo abusi. Ad esempio, se uso la mia ora di lezione per fare un comizio compio un abuso di potere (di pubblico ufficiale) e sono un ladro (perché lo faccio pure guadagnandoci sopra a spese della collettività). Infine, come si è detto, la giustezza di un atto o la verità di un asserto non dipende da chi lo fa o dice. Altrimenti, in che conto dovrei tenere certi discorsi sull'istruzione che fanno dirigenti di sinistra che non sono riusciti neppure a laurearsi (altro che abilitarsi).

marcella52 ha detto...

Se si sta affrontando un problema, nel caso in esame la salute della scuola, e si vuole fare un’analisi serena della questione, non si devono aggiungere vincoli esterni quali la questione dei precari e dei posti di lavoro, almeno in questa fase.
Si tratta di un problema che non va ignorato ma che va affrontato in altra sede, in quanto falserebbe l’analisi del problema scuola. Una volta identificata la strada per migliorare la scuola, allora e solo allora si esaminano le conseguenze che derivano dall’adozione dei provvedimenti necessari e, sulla base del prezzo che si intende o che non si intende pagare, si assumono le misure del caso.
Mi rendo conto quanto sia difficile accettare qualcosa che va contro i nostri interessi personali (in questo caso direi sacrosanti interessi) e mi rendo conto pure che è facile parlare quando si è sicuri di avere un dignitoso stipendio a fine mese, tuttavia non posso fare a meno di costatare che l’assistenzialismo e la paura di adottare provvedimenti impopolari ha legato le mani ai nostri governanti per molto tempo e ha impoverito il nostro paese su tutti i fronti, culturale, tecnologico, morale…Tutto ciò non giova a nessuno, soprattutto ai più deboli.

feynman ha detto...

Gennaro scrisse: "A differenza di qualche commento oggettivamente fuori misura, io, insegnante di scuola superiore ( che tra l'altro quest'anno a dispetto della retorica giornalistica ha classi con al massimo 25 studenti e al minimo di 10)" Retorica giornalistica? la domanda per Gennaro è: dove si trovano scuole come la tua con 10 alunni per classe e un massimo di 25? io in provincia di Modena dove insegno da 5 anni non ne conosco e nemmmeno in provincia di Como dove ho insegnato per oltre 10 anni prima di sposarmi. Retorica giornalistica? Ma per piacere!

feynman ha detto...

rispetto a Gelmini non sto certo facendo una polemica ad hominem ma sto parlando di una cosa molto semplice: credibilità. Gelmini non ce l'ha. Punto. E la questione dei precari c'entra eccome con la possibilità di fare buona didattica. Il taglio dei precari comporta che le classi prime e seconde della mia scuola (ma lo stesso accade nelle altre scuole della provincia di Modena)siano composte da 28-29-30 alunni. Il limite massimo è stato portato a 31 alunni con anche la presenza di un alunno portatore di handicap (e i tagli sono stati fatti pure sugli insegnanti di sostegno). Mi fa specie leggere che in altre parti d'Italia (ma dove? lo si dica) ci sono insegnanti con classi di 10 alunni. Incredibile.

CheshireCat ha detto...

Vorrei fare presente ai lettori che prima di giudicare "incompetente" (o, peggio, dal "pensiero miserabile") una persona come il prof. Israel forse conviene almeno avere l'umiltà di leggere il suo curriculum.

Sarà pure un cattedratico da 6000 € al mese (anche se secondo me, gironzolando intorno all'ambiente cattedratico, prende meno...), ma le sue competenze non possono essere messe in discussione da nessuna persona onesta.

O forse di precari che abbiano vinto concorsi internazionali per la migliore tesi è piena l'Italia?

O forse un intellettuale di prima grandezza che non si adegua al pensiero "di moda" da fastidio?
E' più comodo applaudire un Oddifreddi...

Giorgio Israel ha detto...

Ma veramente c'è qualcuno che crede che ci siano stipendi universitari da 6000 euro al mese? Ditemi dove, per favore...

gelubra ha detto...

Cari amici che diffidate delle cifre relative al numero delle classi dove insegno, innanzitutto vi dico che il sottoscritto insegna a Napoli in un ISIS; quindi non in Cambogia nè a Canicattì e nemmeno nella periferia napoletana ma in una scuola del centro storico di Napoli
Ma a parte le questioni personali, c'è qualcuno in mezzo a noi che non sappia come siano fatti gli organici nelle scuole, inserendo, per evitare la scure dei Provveditorati, negli elenchi delle classi anche quegli alunni che, essendo stati bocciati o dispersi, a scuola non ci verranno mai e che però contribuiscono a determinare un numero di studenti virtuale che non corrisponde mai, dico mai, a quello poi realmente frequentante?
Quindi, prima di sparare a palle incatenate contro chi è allergico alla sciattezza giornalistica e alla demagogia populista in tema di scuola, per favore si controlli per bene quello che si dice.
In ultimo, visto che sparate cifre, vi dico che sempre nella mia fantomatica scuola il numero degli studenti delle prime non supera i 25-26 per classe.
Posto ciò, è legittimo pensare di non essere un'isola felice nell'arcipelago scolastico italiano e che molte chiacchiere che si fanno sull'aumento degli studenti per classe (che c'è stato ma non in misura rilevante nè intollerabile) sia dettato da un'attitudine sciagurata e pestilenziale a fare del terrorismo propagandistico che millanta per interesse generale tutele corporative e cioè in specie la riduzione della scuola ad un ufficio di collocamento?

feynman ha detto...

gelubra scrisse: "c'è qualcuno in mezzo a noi che non sappia come siano fatti gli organici nelle scuole, inserendo, per evitare la scure dei Provveditorati, negli elenchi delle classi anche quegli alunni che, essendo stati bocciati o dispersi, a scuola non ci verranno mai e che però contribuiscono a determinare un numero di studenti virtuale che non corrisponde mai, dico mai, a quello poi realmente frequentante?" Da noi, provincia di Modena, non si fa così. Per niente. E nemmeno in provincia di Como dove ho insegnato per anni. I nostri 28-29-30 alunni per classe sono alunni REALI.

MELCHISEDEC ha detto...

Non era una critica alla posizione da lei espressa, ma al ministro Gelmini e alla "sagrestia" che l'assiste nello svolgimento del ruolo di Ministro.
Non ho esperienza diretta per sostenere che tre insegnanti siano migliori di uno. Sono cresciuto con una maestra e Dio la benedica!
Sarebbe stato preferibile dichiarare apertamente che il ritorno al maestro unico è dettato da esigenze puramente finanziarie.
Ho letto i suoi articoli e ne apprezzo molti contenuti.
Schietto, diretto e senza perifrasi ctonie!
(Lei, però, non legge i nostri blog!)

Unknown ha detto...

Complimenti professore.

Ancora una volta sono perfettamente d'accordo con la Sua visione, in special modo laddove critica l'utilizzo che è stato fatto della scuola negli ultimi tempi quale "ammortizzatore sociale"!

Luca ha detto...

Prof Israel
condivido completamente la sua battaglia contro le moderne tecniche pedagogiche basate sull'idea che l'insegnante debba essere, al piu', un facilitatore di piccoli automi capaci di auto-apprendere.
Leggo questa come una delle tante derive di quell'"individualismo assoluto" in cui l'Occidente e' drammaticamente precipitato. L'insegnamento, e dico una banalità, e' per sua natura una attivita' che ha una "freccia":
nella attivita' di insegnamento c'e qualcosa che transita dal docente al discente: la conoscenza.
Voglio raccontarLe un piccolo aneddoto della mia infanzia.
Nel perido in cui frequentavo la terza media (1983), mio padre (un operaio con la passione della lettura e la curiosita' della scoperta) un giorno prese un bullone, del filo di rame ed una pila e mi mostrò (mi "insegnò") come funziona l'elettrocalamita.
Entusiasta della scoperta portai il piccolo prototipo in classe ed il professore di Applicazioni Tecniche (materia stupenda) piu' entusiasta di me ne approfitto' per mostrare alla classe come funzionava questa piccola gru elettromagnetica capace di trasportare piccoli oggetti ferrosi da un posto all'altro semplicemente accendendo o spegnendo il circuito. Mio padre aveva plagiato irrimediabilmente la mia giovane mente di studente? Non esageriamo...
saluti

tina ha detto...

Luigi, a questo si potrebbe ovviare stabilendo che il punteggio pieno spetta solo a chi si iscrive nella provincia di attuale residenza. E' solo un esempio, ma credo che queste difficoltà formali si possano superare in qualche modo. Non è colpa di nessuno se le normative cambiano continuamente.
Tina Caretti

agapetòs ha detto...

A "Porta a Porta", Maria Pia Garavaglia dixit:
"Ocse-Pisa certifica le competenze, non le conoscenze"

Ma com'è possibile confrontarsi con chi vive ancora in questo sonno dogmatico?

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