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venerdì 20 febbraio 2009

L’insopportabile accanimento scientifico sulla “zona grigia” della vita umana

Per secoli morire ha significato perdere il soffio vitale: uno specchietto che non si appannava di fronte alla bocca era il segno inequivocabile della morte. Poi, con la scoperta della circolazione del sangue l’arresto cardiaco è divenuto la prova della morte. E, a ben vedere, questo resta il criterio più corretto e indiscutibile: è noto che un arresto cardiaco anche di breve durata può compromettere irreparabilmente il cervello e anche altri organi e, se il tempo di arresto si prolunga, nulla può salvare la persona dalla morte. Ma da quando la medicina ha appreso ad agire sempre più efficacemente nella fascia ristrettissima di tempo antecedente la morte irreversibile e da quando è iniziata l’era dei trapianti quel criterio troppo netto e radicale non poteva più essere accettato ed è subentrato il criterio della “morte cerebrale”, ovvero una definizione dello stato di “morte” che rende possibile e lecito espiantare gli organi di una persona.
Le pratiche mediche sempre più sofisticate e “accanite” in quella ristrettissima zona prima preclusa ad ogni intervento esterno hanno prodotto situazioni inedite, spesso drammatiche e difficili, e hanno sollevato non poche questioni etiche che la scienza è impotente a risolvere, perché non è in grado neppure di comprenderne le radici. Quando ci si avventura in quella zona si è costretti a trattare i problemi della mente e della coscienza. È sconcertante assistere alla leggerezza con cui questi problemi vengono affrontati in termini di funzioni cerebrali, quando è evidente – fosse anche per una provvisoria incapacità della scienza – che l’attività mentale deborda da ogni lato quella cerebrale. Se dico «voglio morire» nessuno sa spiegare come questo concetto verrebbe generato da processi fisici cerebrali. Pertanto concetti come quello di «stato minimo di coscienza» sono delle bestialità da ogni punto di vista, incluso quello scientifico. Si tratta di convenzioni che servono solo a governare processi che non siamo in grado di definire e comprendere e che escono dal campo dell’umano per entrare in quello della rappresentazione formale della vita.
Pertanto, sono pienamente d’accordo con Giuliano Ferrara quando scrive che «il codice deontologico dei medici, le giuste regole contrarie all’accanimento terapeutico e all’abbandono o desistenza terapeutica, interpretate con discrezione e amore, caso per caso, sono una soluzione incomparabilmente migliore della guerra delle sentenze e delle leggi» e lamenta che la zona grigia – che è proprio quella di cui parliamo sopra – sia stata invasa «manu militari» da operazioni ideologiche violente. Angelo Panebianco trova contraddittoria la difesa della zona grigia con «l’imperiosa riaffermazione della difesa della sacralità della vita». Ma a me pare che egli non si avveda che la zona grigia esiste proprio nella misura in cui le si riconosce una caratteristica di mistero, di qualcosa che non può essere completamente illuminato e che chiede rispetto: appunto, il rispetto della vita umana che noi, con le nostre modeste conoscenze, tentiamo di praticare con discrezione e amore. Ma quando si pretende di illuminare questa zona con riflettori tanto violenti quanto inefficaci, malgrado la loro pretesa di onnipotenza, per trattare la persona come un meccanismo, da accendere e spegnere secondo le convenienze, e non come un essere umano, allora le cose cambiano. In tal caso, difendere la zona grigia non ha nulla di «imperioso». È, al contrario, l’estremo tentativo di salvaguardare la dignità della persona umana contro la pretesa violenta di trattarla come una macchina in nome di principi che nascondono la loro natura ideologica dietro il manto della “scienza”.
(Tempi, 19 febbraio 2009)

30 commenti:

Lap(l)aciano ha detto...

Caro prof. Israel,

leggendo il suo articolo ho avuto difficoltà a comprendere la seguente frase:

"È sconcertante assistere alla leggerezza con cui questi problemi vengono affrontati in termini di funzioni cerebrali, quando è evidente – fosse anche per una provvisoria incapacità della scienza – che l’attività mentale deborda da ogni lato quella cerebrale. Se dico «voglio morire» nessuno sa spiegare come questo concetto verrebbe generato da processi fisici cerebrali."

Cosa intende con "evidente"? Nonostante io lavori nel campo delle neuroscienze, non riesco precisamente a capire a cosa si riferisce.

Cordiali saluti
Stefano Cardanobile

oblomov ha detto...

Gentile Professor Israel,

condivido molto di questo articolo che ha scritto. Tuttavia mi sembra che in questa come in precedenti riflessioni ci sia una strana assenza: colui che sta per morire (cioè tutti e ognuno di noi), la sua volontà e il suo sentire.

Certo condivido che si parli di "valutare caso per caso", di affidarsi alla ragionevolezza e alla deontologia più che alle leggi e alle sentenze e di evitare guerre ideologiche però se non si tiene in dovuto conto la volontà e il sentire della persona, la sua umanità di fronte alla più umana delle esperienze, la guerra ideologica è garantita.

Non credo che di per sé "la sacralità della vita" sia un principio astratto, può essere un principio molto concreto in molti casi ma, come tutti i principi, rischia di diventare astratto e ideologico quanto più tenta di imporsi per esperienze che sono necessariamente estremamente personali e intime. Mi sembra che la propria morte, per ognuno di noi, dovrebbe rientrare nel novero di quelle esperienze.

Tanto per essere chiari, pur con tutti i dubbi del caso ritengo che il signor Englaro abbia rispettato l'umanità della figlia e non sancito il principio che "la vita umana vale meno di prima" (interpreto male il titolo di un suo precedente post?), che Piergiorgio Welby e Karol Wojtyla abbiano scelto di andare incontro alla propria morte in tempi e modi diversi, indipendentemente da quello che la tecnologia poteva fare per prolungare la loro esistenza.

Aret Berator ha detto...

Complimenti, bellissima riflessione. Mi trova pienamente d'accordo.

Caroli ha detto...

Sono d'accordo anch'io (e non potrebbe essere altrimenti). Il senatore Giulio Andreotti diceva che a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si prende: ho il sospetto che il sig. Englaro abbia "usato" Eluana (mi si passi il termine) per fare, lui, carriera politica (come fece a suo tempo Di Pietro con "tangentopoli" - e anche lì ci scappò qualche morto): a leggere i titoli odierni sulle prese di posizione del suddetto in ordine ad un certo progetto di legge, il dubbio nasce: "rispettato l'umanità di sua figlia"?! Mah...

Vincenzo ha detto...

Caro Prof. Israel,
la ringrazio in modo particolare per questo post, che condivido in pieno in tutte le sue parti.
Anch'io lavoro nel campo delle neuroscienze, non da ricercatore ma da clinico, essendo psichiatra. Sul contenuto della frase messa garbatamente in discussione da Stefano Cardanobile, a gennaio ho scritto qualcosa anch'io in un post che mi permetto di sottoporre alla sua attenzione, e che nelle sue conclusioni mi sembra molto vicino a quanto da lei affermato: http://diariofenomenologico.blogspot.com/2009/01/scienza-e-coscienza.html

Con stima, Vincenzo Gulino.

Giorgio Israel ha detto...

A Lap(l)aciano. Penso che nessuno possa contestare che sia impossibile descrivere i meccanismi neuronali attraverso cui il cervello genera una frase come, ad esempio, "la morte è per me un mistero inquietante", incluso il suo senso. Si possono descrivere dei processi che si attivano in relazione al formarsi di questa frase, nulla più, e come si possa determinare la produzione di senso è fuori da ogni ipotesi. Si può rispondere che è questione di tempo e di progresso della scienza? Non sarebbe serio. Non so se lei si è dato quel nickname in relazione a Laplace. Se è così, saprà bene che il programma di prevedere il futuro di ogni processo meccanico a partire dalla conoscenza dello stato iniziale e delle forze agenti è notoriamente non perseguibile (e, in realtà, neppure Laplace lo riteneva davvero tale). Sarebbe alquanto avventuroso, e diciamo anche molto poco scientificamente serio, pensare di realizzare un simile programma in un ambito enormemente più complesso dei fenomeni puramente meccanici. Tanto più che per determinare i pensieri a partire da processi materiali cerebrali occorrerebbe una previsione perfetta e deterministica, impensabile quando neppure il moto di tre corpi in interazione gravitazionale può essere predetto in modo esatto. Si può soltanto descrivere e, in modo sempre più preciso, l'"ombra" dei processi cerebrali che accompagna le produzioni mentali. Come ha osservato Ricoeur nel suo dibattito con Changeux, nessuno contesta che quando penso accade qualcosa nel mio cervello, ed è interessantissimo sapere sempre più precisamente cosa accade. Ma dire che "il cervello pensa" non ha senso, è un ossimoro. E Changeux ammette di non voler mai ricorrere a espressioni simili.
Quel che ci offrono le conoscenze informali, inclusa l'etica, la morale e anche la letteratura, circa la nostra psiche è enormemente più ricco di quel che ci offre la descrizione dei processi cerebrali. Che è certamente una materia scientifica di grande interesse. Purché non esca dai suoi giusti limiti e non pretenda quel che non può pretendere neppure da lontano.

Lucio ha detto...

Pero' il Prof. Israel piu' precisamente scrive

... è evidentefosse anche per una provvisoria incapacità della scienzache l’attività ...

La parte in grassetto una porticina aperta alle spiegazioni scientifiche alla fin fine la lascia. E come non potrebbe? Non sono d'accordo che si possa escludere a priori che lo studio dei processi cerebrali arrivi anche, un giorno chissa' quando, a spiegare la formazione dei pensieri e delle frasi nella nostra mente. Magari, come ho gia' detto a qualcun altro, non prima che l'umanita sia estinta.

Lucio Demeio.

Giorgio Israel ha detto...

"Fosse anche" era una concessione per dire che neppure i più accaniti materialisti potrebbero sottrarsi oggi a quella conclusione. Ma per me significa "ammesso e non concesso". Forse un'attenta rilettura di Husserl (oltre che di Bergson) non guasterebbe. Il naturalismo e il materialismo non sono scienza, sono metafisica, se non semplicemente ideologia. Nulla di scandaloso, basta che una "credenza" non venga contrabbandata come "scienza", perché allora prendersela con la religione in nome di questa credenza contrabbandata come scienza, sarebbe davvero il colmo.

Caroli ha detto...

Ergo, Darwin non era uno scienziato. Partiva da un metodo fatto di osservazioni (necessario per classificare quanto esiste in natura), derivando una teoria che, in ultima analisi, aveva una valenza prettamente ideologica.
Quanto al materialismo, era, in senso marxiano, ideologia applicata ai meccanismi economici, reali o presunti che fossero. Neppure Marx, quindi, era uno scienziato.
Che la speculazione marxista fosse contrabbandata per scienza, fu una speculazione ideologica sovietica, come si può leggere in alcuni samizdat dell'epoca (1968-1979).

Lucio ha detto...

Piano, piano. Non sono sicuro che il Prof. Israel, citando il materialismo accanto al naturalismo, intendesse il marxismo. Che il marxismo non fosse (sia) scientifico, non ci piove. E non piove nemmeno sulla scientificita' di Darwin.

Ma allora, professore, tutto cio' che non e' scientifico e' "ideologia"? Spero proprio di no! Inoltre, con quanto scrive nel suo commento, si finisce col mettere nel contenitore dell'ideologia anche i lavori di un Nicholas Humphrey, o di Richard Dawkins (non pensando a The God Delusion, ma piuttosto alle sue opere precedenti) o Daniel Dennett o addirittura Douglas Hofstadter.

Lucio Demeio.

Giorgio Israel ha detto...

Ma certo che non tutto ciò che non è scienza è ideologia... La leteratura è forse ideologia. Non mi pare di avere mai detto una cosa simile. Ho detto che il materialismo è una metafisica, o peggio un'ideologia. Ma il materialismo non è "tutto il resto" rispetto alla scienza. Senza contare che i criteri di demarcazione di cosa sia "scientifico" sono tutt'altro che evidenti. In genere, si tende a classificare come "scientifico" ciò che si basa su osservazioni empiriche o deduzioni aventi carattere rigorosamente oggettivo e indipendente da pregiudizi, sebbene la scienza abbia sempre dietro di sé una metafisica influente: l'importante è che essa influenzi la scelta della direzione della ricerca ma non il rigore con cui vengono ricavati i risultati, l'imparzialità nel giudicare i fatti, ecc. ecc. Se non vi è neppure questo sforzo allora siamo nella pura ideologia. Quindi non è l'esistenza di una metafisica influente che disturba - che ci sia è inevitabile - quanto che tutto si riduca a questa, contrabbandata come "scienza oggettiva" sulla base di deduzioni false o induzioni scorrette. Tale è il caso - proprio così - di Hofstadter il cui "Gödel, Escher, Bach" è una delle più cialtronesche, inconsistenti e fanatiche manifestazioni di ideologia materialistica priva di qualsiasi fondamento se non le credenze dell'autore. Un autentico e ridicolo travisamento del senso del teorema di Gödel, per cui il povero Gödel si sta ancora rivoltando nella tomba. Un libro che finirà nella pattumiera delle buffonate presentate come scienza e la cui faziosità è tutta rivelata dalle valutazioni che fa l'autore dei testi citati in bibliografia.
E quanto a Dennett e alle sue grottesche speculazioni sulla complessità, includenti l'osservazione ridicola circa il fatto che le foreste sono irrazionali perché crescono troppo fitte.. lasciamo perdere...
Ci sono dei casi in cui bisogna essere severi, proprio in nome della dignità della ragione... "scientifica".

Caroli ha detto...

Ma Darwin non ha fatto scienza: ha proposto una suggestiva teoria, che nessuno ha mai dimostrato vera o falsa. Professore, mi corregga se ho sbagliato. E la ringrazio per l'indicazione su Hofstadter: stavo per comprarlo, anche se un pochino di puzza di falso l'avevo sentita...

Caroli ha detto...

Professore, leggevo in Wikipedia (per quanto la suddetta "enciclopedia" possa avere valore...) che si è occupato di Gödel anche Odifreddi. Ne ha letti i lavori? Sono validi, malgrado il personaggio? Cosa ne pensa? Grazie.

oblomov ha detto...

La posizione del professor Israel riguardo il rapporto tra metafisica, ideologia e scienza moderna (e i frequenti equivoci a cui questo ha dato luogo) mi sembra difficilmente contestabile

Non come contestazione di questa posizione dunque ma "a latere" mi permetto di fare una piccola osservazione: non solo la metafisica, le metafisiche, costituiscono un quadro necessario all'interno del quale la ricerca scientifica opera ma anche l'adesione "fideistica" degli scienziati ad alcune di queste visioni, per quanto non scientifica, sembra essere quasi necessaria per il progresso scientifico.

Per metterla giù semplice con un esempio: il riduzionismo materialistico è chiaramente una credenza metafisica (talvolta sconfinante in vera e propria ideologia) tuttavia ADERIRE a questa credenza (spesso anche con una notevole passione e coinvolgimento!) mi sembra abbia storicamente permesso di raggiungere risultati considerevoli, indipendentemente dal fatto che nessuno di questi risultati potesse confermare (o meno) il quadro metafisico stesso.

E' chiaro che la mia vuole essere una piccola provocazione e non mi auguro certo un mondo scientifico guidato da oddifredi o neuroscienziati convinti di avere già in mano le chiavi di fenomeni che non si riescono neanche a definire, tuttavia talvolta mi sembra che sottrarre agli scienziati i loro "dei" (o "idoli") potrebbe avere anche conseguenze negative.

Lucio ha detto...

Mi permetto di rispondere a Caroli: credo che l'unico scritto di Odifreddi su Goedel sia questa recensione del 1992 dei libri The Emperor's new mind di Roger Penrose e Goedel, Escher, Bach di Douglas Hofstadter. Ma forse sbaglio e c'e' anche qualche contributo propriamente scientifico.

Nel caso di Hofstadter, il giudizio di Odifreddi coincide nella sostanza con quello di Israel nel commento precedente (trattandosi di una recensione, e' piu' morbido). Vorrei aggiungere che il libro di Penrose, che ho letto di recente, e' di una noia estrema e non lo consiglio a nessuno.

Mi resta, invece, caro professor Israel, tanto e tanto altro da leggere.

Cordialmente,
Lucio Demeio.

Lucio ha detto...

Chiedo venia se mi sono permesso di rispondere ad una domanda indirizzata al Prof. Israel. Oltretutto, ho dato un'informazione incompleta e vorrei correggerla. A questo indirizzo si trova una lista pubblicazioni di PGO, tra cui almeno tre scritti (scaricabili) sul teorema di Goedel, "Metamorfosi di un teorema", "Godel's mathematics of philosophy" e "Gödel for children". A prima vista, solo il terzo e' un articolo matematico, gli altri due sembrano piu' storico-divulgativi.

Vorrei pero' chiedere gentilmente al Prof. Israel, e magari anche a Martino, la seguente delucidazione (non potro' essere breve, chiedo scusa a tutti). Qual'e' il significato della parola "metafisica" nella frase ... sebbene la scienza abbia sempre dietro di sé una metafisica influente ... ? Questa frase esprime un concetto che Giorgio Israel ha esposto piu' e piu' volte nei suoi scritti, anche quelli sui quali sento di avere qualche carta per discutere, come "Il Determinismo meccanico ed il suo ruolo nelle scienze" o "Lo strano concetto di punto materiale". Il mio background filosofico e' tutto sommato molto scolastico, per quanto appassionato, integrato da molte letture indipendenti giovanili ed alcune piu' recenti. La parola "metafisica" mi rimanda inevitabilmente ai problemi su Dio e sull'anima, a Platone, Aristotele, San Tommaso, Kant, ma anche alla critica alla metafisica fatta dal Neopositivismo Logico (Circolo di Vienna, Carnap). Il suo significato e', si, quello di "al di la' delle cose fisiche", ma la tentazione di pensare che, parlando di metafisica, si voglia attribuire una realta' a qualcosa che trascende la materia e' molto forte. Mi sembra che, usando il termine "metafisica" in questo contesto, si dia un po' per scontata l'esistenza di una realta' che trascende la materia, e da li' il passo al dio delle religioni non e' troppo lungo. Allora mi chiedo: che cosa ha a che fare tutto questo con il concetto di punto materiale, o anche di determinismo? Un punto materiale e' un'astrazione, ne piu' ne meno di quanto lo sono i quadrati ed i triangoli, e non mi sembra che le astrazioni implichino l'esistenza di una realta' trascendente. Allora perche' non chiamare queste cose, appunto, "astrazioni" invece di usare la parola "metafisica"? O si intende la stessa cosa? O, piu' in generale, cosa si intende per "metafisica" in questo contesto?

So che e' una domanda impervia, ben difficilmente "sbrigabile" nelle pagine di un blog. Devo pero' confessare di non aver trovato la risposta negli articoli che ho letto.
So anche di essermi espresso in maniera molto imprecisa, forse troppo primitiva. Spero si capisca lo stesso.

Cordialmente,
Lucio Demeio.

agapetòs ha detto...

Ho trovato "la mente nuova dell'imperatore" molto interessante, specie nella presentazione della Meccanica Quantistica e dei suoi tipi di paradossi. È una lettura che consiglio

GiuseppeR ha detto...

I fatti accadono.

Pippo e Paperino li osservano.

Il primo dice che, in ultima istanza, sono dovuti "al caso" il secondo, invece, "alla volontà di Dio".

Lucio se ne faccia una ragione.

Entrambi esprimono una adesione a una visione "metafisica" e "trascendente".

Lucio ha detto...

Per Agapetos:
Francamente, e' proprio quella la parte che mi ha deluso di piu'. Mi e' sembrata una "Walkuerenritt" di storia della fisica; inutile per chi la conosce gia', troppo tirata e superficiale per il neofita.

Per Attento:
Per come lei pone la questione, e con tutti i dovuti "caveat" del caso, potrei anche essere d'accordo. Ma non era quello il senso della mia domanda al Prof. Israel. Forse il suo intervento e' un segnale di quanto confuso sia stato il mio commento!

Lucio Demeio.

Caroli ha detto...

Martino, un conto è un'adesione fideistica ad "idoli" (operazione umanamente inutile e razionalmente dannosa), un conto è la curiosità di vedersi spalancare l'orizzonte per un risultato che oltrepassa, magari, l'obbiettivo che ci si era posti. Sono molti i casi in tal senso.

Il riduzionismo materialistico non va da nessuna parte perché esclude un fattore della realtà che, o la si guarda tutta intera, o la si finisce per ridurre ad un solo aspetto. Ci sono molti esempi di ciò.

Luigi Sammartino ha detto...

Professor Demeio.

Credo di aver capito il senso della sua domanda e mi permetto di offrirle una risposta.

Approssimativamente può sostituire la parola "metafisica" con "paradigma" nel senso Kuhniano del termine. Ma, per rendere la cosa ancora più semplice può sostituire "metafisica" con "opinioni culturali" o "opinioni incallite".

Mi pare di intravedere una certa assonanza tra il pensiero epistemologico del prof. Israel con quello del filosofo francese Gaston Bachelard.

Probabilemente, professore, lei cita questo filosofo nei suoi libri. Ma io ammetto che non ne ho letto alcuno, ma soltanto per mancanza di tempo e soprattutto di energie. Noi programmatori si sta davanti al computer per molto, troppo tempo. E, visti i tempi che corrono, ne devo essere pure contento.

Saluti.
Luigi Sammartino.

Luigi Sammartino ha detto...

Professor Demeio.

Credo di aver capito il senso della sua domanda e mi permetto di offrirle una risposta.

Approssimativamente può sostituire la parola "metafisica" con "paradigma" nel senso Kuhniano del termine. Ma, per rendere la cosa ancora più semplice può sostituire "metafisica" con "opinioni culturali" o "opinioni incallite".

Mi pare di intravedere una certa assonanza tra il pensiero epistemologico del prof. Israel con quello del filosofo francese Gaston Bachelard.

Probabilemente, professore, lei cita questo filosofo nei suoi libri. Ma io ammetto che non ne ho letto alcuno, ma soltanto per mancanza di tempo e soprattutto di energie. Noi programmatori si sta davanti al computer per molto, troppo tempo. E, visti i tempi che corrono, ne devo essere pure contento.

Saluti.
Luigi Sammartino.

Lucio ha detto...

Ringrazio Sammartino per il commento. Non conosco il pensiero di Bachelard, ma comunque credo che andavo alla ricerca di qualcosa di piu' "classico". Nel frattempo, un po' le idee me le sono chiarite; forse, invece della parola "metafisica", in questo contesto io userei "teoria della conoscenza" o "gnoseologia" o direttamente "epistemologia". Il termine "metafisica" francamente mi confonde, anche perche' e' stato usato (ed abusato) nei secoli, a partire dalla Metafisica di Aristotele (ma la parola non l'aveva coniata lui, bensi' un editore delle sue opere, mentre lui l'aveva chiamata "filosofia prima") fino al significato che le diamo oggi (che credo derivi da interpretazioni nel periodo della Scolastica, ma qui non ricordo con precisione). Non sono invece d'accordo con le "opinioni culturali" o "opinioni incallite". Riporto nuovamente la frase del prof. Israel:

In genere, si tende a classificare come "scientifico" ciò che si basa su osservazioni empiriche o deduzioni aventi carattere rigorosamente oggettivo e indipendente da pregiudizi, sebbene la scienza abbia sempre dietro di sé una metafisica influente

Non posso che dirmi d'accordo sul significato della frase, solo che non userei le parole "pregiudizi" e "metafisica". Qualunque teoria scientifica, comprese le leggi fisiche che sembrano scritte da Dio (o da Newton, Einstein Dirac, etc.), e' basata sia sulle osservazioni sperimentali che su un apparato concettuale ed assiomatico (che qualcuno chiamerebbe metafisico, ma io no) "prodotto" dalla nostra mente. E che gli elementi di questo apparato concettuale siano anche frutto di un "milieu" storico ed intellettuale (oltre che del genio di qualcuno) mi pare ovvio. Non solo, ma l'insieme di assiomi e di concetti che sostiene la conoscenza scientifica (in un dato settore, in una data epoca, etc.) e' soggetto a discussione continua da parte della comunita' scientifica. Quello che mi sembra meno ovvio, invece, e' la genesi delle nostre idee e dei nostri modelli concettuali. Non c'e' nessuna ragione per escludere che si tratti di un "semplice" percorso genetico, che ha avuto inizio agli albori della vita sulla Terra e si e' evoluto fino a produrre le forme viventi, noi compresi, con tutto il loro corredo di idee.

Cordialmente,
Lucio Demeio

oblomov ha detto...

Credo di potermi associare alla definizione di Luigi Sammartino, sempre che si intenda la portata di queste metafisiche che, lungi dall'essere solo l'"apparato concettuale" o la "teoria della conoscenza", sono fondanti del senso stesso della ricerca scientifica (ed è qui secondo me la questione principale: il dare senso).

Qui credo ci sia un equivoco fondamentale riguardo alla connotazione del termine "metafisica" in questo contesto: non ha nessuna connotazione negativa! Non si vuole certo dire che la scienza è un'insieme di frescacce perché ha alle spalle credenze e opinioni metafisiche! Tanto meno (ci mancherebbe!) si vuole sminuire l'importanza dell'astrazione nella scienza!
Ma una cosa è un modello per la descrizione di un fenomeno, un'altra è una spiegazione, un'altra ancora è la verità (qualsiasi significato si voglia dare a questa parola), un'altra ancora sono le conseguenze pratiche (anche etico/morali) di questa verità.

La mia opinione è che la scienza moderna possa frequentare tutti questi ambiti ma l'unico dove è (di fatto) regina incontrastata è il primo: la creazione di modelli per la descrizione di fenomeni. In tutti gli altri ambiti mi sembra sempre necessaria una discussione sul senso della sua ricerca e sui suoi limiti.

Dunque il discorso è casomai importante (tornando al tema principale di questa discussione) riguardo quali sono l'ambito e i limiti delle verità scientifiche e il ruolo che devono o possono giocare nella società e nella vita delle persone. Le conseguenze teoriche e pratiche che possiamo (o non possiamo) trarre da quella particolare (e magnifica) forma di conoscenza che è la scienza moderna.

I problemi nascono dal fatto che, dato il vertiginoso successo delle scienze moderne - non tutte per la verità, con buona pace degli psicologi, cognitivisti e no ;-) - e, da non trascurare, il successo della tecnologia, viene spesso assegnato alla scienza un ruolo, onnisciente e salvifico, che non le compete.


Riguardo alla genesi dele nostre idee e dei nostri modelli concettuali ha ragione lei: non c'è ragione per non dire tutto e il contrario di tutto. Ogni tanto mi è capitato di leggere qualche libretto Adelphi di Edelman o Damasio: very entertaining, direbbe un americano, ma sinceramente mi sembrano scienza più o meno quanto una discussione sul sesso degli angeli.

Sempre fiducioso di essere perdonato per le necessarie semplificazioni e stringatezze.

Luigi Sammartino ha detto...

Gentile Prof. Demeio.

In effetti, come giustamente dice il prof. Israel, in un blog si è costretti a stringere. Cercherò però di spiegare perché si usa il termine "metafisica".

Durante il Novecento i filosofi della scienza hanno cercato di individuare qual è il metodo rigoroso che gli scienziati usano (o dovrebbero usare) per fare della scienza "corretta".

Il motivo ispiratore di questa ricerca stava nel fatto che il Positivismo, avendo esaltato il valore della scienza rispetto ad ogni altra forma di ricerca, ne aveva sottolineato il carattere logico. E infatti si usava anche il termine "Positivismo Logico".

Ora, l'idea di "Logica" rimanda all'idea di algoritmo. I positivisti logici erano convinti che gli scienziati utilizzassero un algoritmo di verifica rigoroso nel loro procedere.

I filosofi della scienza capirono però che individuare un tale algoritmo era un'impresa assai difficile. Il "verificazionismo", ad esempio, poneva troppi problemi e ambiguità. Fu così che Popper propose il falsificazionismo, e cioè l'idea che gli scienziati non usino i dati empirici per verificare le loro teorie, ma per mettere alla prova le teorie già accreditate in ambito scientifico.

Tuttavia si vide che anche anche il falsificazionismo di Popper non funzionava per molti motivi.

Gli sviluppi successivi dell'epistemologia posero talmente in crisi che esista un tale algoritmo che alla fine Paul Feyerabend propose la sua idea di "anarchismo metodologico", cioè l'idea che un tale algoritmo non solo non esiste, ma che gli scienziati, nel loro procedere, vanno un po' a "casaccio".

Indipendetemente dalle polemiche che Feyrabend sollevò, rimane il fatto che la sua epistemologia era basata sulla ricerca storica piuttosto che su quella "tecnica", qual era quella di Popper.

L'idea che esista un algoritmo del metodo scientifico è oramai un'idea abbandonata, e il Positivismo Logico è oramai una filosofia fallita.

Inoltre anche il concetto di "dato empirico" è andato in crisi, perché si è visto che tali dati sono già impeniati di teoria, e cioè non sono scevri dalla teoria che noi usiamo per spiegarli. Ed è a questo punto che viene usato il termine "metafisica".

Ad esempio: perché le leggi della fisica sono matematiche? Siamo in grado di dimostrare questo? O si tratta una specie di "fede" che noi adottiamo senza dubbi. In tal senso Bachelard parla di "Opinioni incallite".

Purtroppo, in poche parole è difficile spiegarsi. Le consiglio allora la lettura di questo libro:
http://compraonline.mediaworld.it/webapp/wcs/stores/servlet/LibriProductDisplay?catalogId=20000&storeId=20000&productId=1344787&langId=-1&category_rn=60650633&searchString=BROWN&attribute=autore

La saluto cordialmente.
Luigi Sammartino.

oblomov ha detto...

Una breve risposta a Caroli. Non era certo mia intenzione dire che la scienza progredisce solo grazie a degli "idoli" come il riduzionismo materialistico. La mia era solo una (piccola) provocazione che poneva la domanda se e quanto ANCHE queste credenze contribuiscono e hanno contribuito al progresso della scienza.
Mi hanno sempre affascinato le "piccole religioni" degli scienziati, credo che potrebbero essere oggetto di studio di un qualche fenomenologo delle religioni.

Lucio ha detto...

In realta' non volevo dare alla parola "metafisica" una connotazione negativa, almeno non senza chiarire con quale significato la si usa. Ma mi sembra che le osservazioni di Martino siano molto vicine alle mie: quando dice

... queste metafisiche che, lungi dall'essere solo l'"apparato concettuale" o la "teoria della conoscenza", sono fondanti del senso stesso della ricerca scientifica ...

non vedo cosa ci possa essere di piu' fondante della teoria della conoscenza, cosi' come e' stata sviluppata dai filosofi nel corso dei secoli.

Sulla genesi delle idee, non mi riferivo certamente agli autori citati da Martino. Provi invece a prendere in mano Il gene egoista di Richard Dawkins (anche L'orologiaio cieco credo, ma non l'ho letto ed e' fuori stampa).

Cordialmente,
Lucio Demeio.

Giorgio Israel ha detto...

Per favore brevità e senso della misura. Evitare quel che Giovanni Gentile chiamava "brevi cenni dell'universo". Altrimenti arrivano le forbici.

Lucio ha detto...

Si, abbiamo strabordato. E' in gran parte responsabilita' mia, chiedo scusa.
Per quel che mi riguarda, chiudiamo pure qua.

Cordialmente,
Lucio Demeio.

Caroli ha detto...

Martino, non sono d'accordo. Lo scienziato, o è credente (Einstein, Copernico, Galileo) o non lo è (Cartesio, la Hack). E basta. Il resto sono ghirigori semantici inutili.

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