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venerdì 31 luglio 2009

Barack Obama manda a letto presto i figli

In questa rubrica mi è capitato di rivolgere alcune critiche pungenti al presidente statunitense Barack Obama. Dimostrerei di non aver appreso certe lezioni – ovvero come tenersi lontano dall’ideologia e da quegli atteggiamenti ben rappresentati dal precetto del dirigente comunista Giancarlo Pajetta, «tra la rivoluzione e la verità scelgo la rivoluzione» – se non considerassi doveroso lodare senza riserve il discorso che Obama ha tenuto davanti a tremila afro-americani nel centenario della Naacp, la famosa associazione per i diritti civili. Tanto non mi è piaciuto Obama quando si è sdilinquito nel più melenso politicamente corretto – sia nel discorso del Cairo che nei discorsi che ha tenuto in Europa – tanto ho trovato eccellente il modo con cui ha gettato a mare il politicamente corretto davanti alla Naacp. Lo avrà fatto per controbilanciare gli eccessi dei precedenti discorsi e magari calmare un certo malcontento che avevano destato, oppure lo avrà fatto perché si è sentito più libero di parlare senza peli sulla lingua davanti a degli afro-americani come lui. Poco importa. Quel che conta sono le parole che sono state pronunziate.

Obama ha detto con franchezza ai suoi confratelli che, certo, non tutti i problemi sono superati, che rimangono ancora parecchie barriere, che «il dolore della discriminazione è ancora tra noi», ma che non si può fare dei torti subiti una scusa per non puntare al meglio. «Il destino è nelle vostre mani» ha detto Obama, aggiungendo con una certa durezza che non gli piace la tendenza dei giovani neri ad affermarsi pensando soltanto a diventare rapper o cestisti di successo: «Voglio che aspirino a diventare scienziati, ingegneri, dottori, insegnanti, giudici della Corte suprema e presidenti degli Stati Uniti». Un atteggiamento e un discorso analogo Obama l’ha tenuto in Ghana, quando ha invitato gli africani a prendere il destino nelle loro mani, a non indugiare nell’autocommiserazione e a costruire la democrazia. Forse ha ragione chi dice che Obama si sente più a suo agio quando parla alla gente di radici africane e si potrebbe auspicare che simili discorsi e simili inviti a costruire il futuro anziché coccolarsi con l’autocommiserazione, egli li rivolga ad altre platee e in altri contesti: per esempio, al mondo islamico e al mondo arabo.

Tuttavia, qui ci preme sottolineare una frase di Obama che ci è piaciuta molto: «I genitori devono assumersi le loro responsabilità, mettendo da parte i videogiochi e mandando i figli a letto presto». Mi figuro i commenti che si sarebbero sentiti se una frase del genere l’avesse pronunziata George Bush… Immaginatevi che levata di scudi da parte dei pedagogisti democratici, di coloro secondo cui “proibire è controproducente”, dei teorici che hanno sentenziato che i videogiochi sono “la più grande rivoluzione epistemologica del Novecento”, dei critici sarcastici del “severismo” e di tutta la coorte di coloro che compensano la loro vecchiaia mentale adulando la gioventù. E invece, visto che quella frasaccia l’ha detta Barack Obama, sono rimasti tutti chiusi in un imbarazzato silenzio.

Da me e da mia moglie, che combattiamo una lotta quotidiana contro tutti e contro tutto per mandare i figli a letto presto, invece di lasciarli stazionare davanti alla televisione, che non lasciamo entrare in casa Playstation e arnesi analoghi, che infiliamo tra le loro mani non schermi ma libri di fiabe (magari quelle classiche politicamente scorrette), vada un sentito ringraziamento al presidente degli Stati Uniti.
(Tempi 28 luglio 2009)

31 commenti:

gabriele ha detto...

In questo caso devo dissentire. Un conto è mandare i figli a letto presto, un altro è privarli dei videogiochi. Non esiste una correlazione diretta tra le due cose.

Privare chiunque dei videogiochi (l'età media degli utilizzatori, peraltro, è sopra i 30 anni) è come privare del cinema o della letteratura, sono tutte importanti piattaforme di espressione, ognuna con pregi e difetti.

Indubbiamente esiste una mancanza di titoli artisticamente validi, un aspetto lamentato anche dagli sviluppatori, ma ci sono giochi che esprimono ed insegnano qualcosa che i libri non hanno la possibilità di ricreare. Mi riferisco a titoli come Planescape: Torment o piccole gemme come Today I Die
( http://www.ludomancy.com/games/today.php?lang=it ).
Probabilmente questi due titoli nello specifico non sono adatti a dei bambini, ma qualsiasi videogame ti rende protagonista delle tue scelte invece di essere un passivo lettore. I videogiochi ti permettono di creare la tua storia e di vederne le conseguenze.
Trovo che questo sia, non meglio, ma utile quanto un libro.
Il punto è che così come i libri bisogna scegliere i videogiochi giusti, ed evitare l'equivalente videoludico dei libri di Moccia.

RICCARDO SEGRE ha detto...

A mio avviso i libri permettono di creare un mondo immaginario utilizzando la fantasia che nessun videogioco/film permette.
Molte sensazioni, emozioni e ambienti che il lettore si crea, ad esempio leggendo Oliver Twist, non sono in nessun modo equiparate a quelle che si hanno guardando il film.

Perchè quasi tutti ( io compreso) la sera invece di leggere un libro guardano (guardavano perchè ormai i programmi sono scadenti) la televisione?
Secondo me perchè attraverso la televisone o giocando ai videogiochi si utilizza meno la testa, si è spettatori passivi e quindi ci si stanca meno.

Capisco quando mente dice che " I videogiochi ti permettono di creare la tua storia e di vederne le conseguenze" ma le conseguenze saranno sempre virtuali e mai reali. A mio avviso i bambini faranno fatica dopo ad adattarsi al mondo reale.

Riccardo



Ormai poi con i videogiochi di ultima generazione come il wifi si puo giocare a tennis direttamente a casa

vanni ha detto...

Egregio professore, avere dei princìpi ed attenersi ad essi è sempre stato per me durissimo. Quante volte la coscienza si è scoperta in contrasto con la convenienza più corriva, la partigianeria, pure con l'ideologia. E quante volte ha ceduto.
Si sa: non conta tanto ciò che viene detto e viene fatto, ma conta chi lo dice e chi lo fa. Provi a pensare se la meritocrazia dovesse diventare una bandiera di sinistra (perchè no? ne abbiamo viste...), il riscatto per i meritocratici, per Lei? Non si illuda: o Lei cambia di schieramento (lo dico per semplicità di discorso, non intendo né considerarLa schierato, né tantomeno reclutarLa in uno schieramento) e potrà essere adottato, almeno fino alla prossima, o rimarrà il “solito” Giorgio Israel.
Personalmente comunque mi sento già di buon umore se pedadocimologi & c. si devono in questo caso rassegnare a cucinarsi chiuso in pancia il loro fastidio per le parole di Obama. Ma ne saranno poi informati? Che sia alle porte una revisione del loro modo di pensare? Oppure Obama su questi sentieri (in verità devo capire ancora quali siano i suoi sentieri, e però “ruit hora”) è destinato a sprofondare nell'inferno dei reprobi?

Fabio ha detto...

Sul videogioco: prescindendo dal videogioco quale "training" cerebrale/educativo, insomma quale strumento di crescita di utilità simile al gioco per i bambini (roba di cui non so parlare ma che immagino sia già ampiamente studiata), vorrei anch'io sottolineare che quando si parla di questo tipo di prodotto si parla di qualcosa che nei decenni a venire può diventare a pieno titolo un'ottava arte.
Distante dalla cinematografia - è da paragonare più correttamente ad un libro, a mio avviso - il videogioco ha già mostrato di avere sue peculiarità, suoi linguaggi specifici con i quali esprimere un contenuto che, a seconda di chi ci mette le mani chiaramente, può essere più o meno alto.

(per chi mi chiedesse di essere preciso, l'apice nello sperimentare il linguaggio videoludico per il sottoscritto sta nei lavori del Team ICO di Fumito Ueda).

Le persone che non sono "dentro" il settore tuttavia sono più che giustificate nel non conoscere questo aspetto. Del resto si parla di un settore in cui un prodotto su cento (ma forse meno) è un'opera artistica, cinque sono buon artigianato e il resto è robetta ricreativa.

Per il resto sono d'accordo con l'impronta generale del discorso di Obama e con le considerazioni del professor Israel. Anche a me piacerebbe vedere i bambini trascorrere il loro tempo con la musica, con lo sport, in un ambiente bello e vivibile, e possibilmente non rinchiusi nove dentro una scuola o indirizzati in tutte le loro attività da programmi preordinati.

Però la puntualizzazione sul videogioco è doverosa.

marcella52 ha detto...

ovviamente esiste una via di mezzo in tutto ma se guardiamo la realtà che ci circonda vediamo piuttosto un patologico uso del virtuale, gente (di tutte le età)che trascorre la notte, fino alle prime luci dell'alba, a chattare e giocare di ruolo, che preferisce curare le relazioni con le persone che ha conosciuto via web che non con le persone della propria casa, scuola, città.... Atteggiamenti patologici che producono disturbi a livello psicologico e sociale enormi. E ancora non ne abbiamo visto interamente le conseguenze.

Lucio ha detto...

Ai miei tempi si giocava a calcio nel prato vicino casa (o anche sulla strada), si facevano gare di bicicletta, si improvvisavano accampamenti Sioux nell'orto del nonno o si giocava a calcio-balilla o a scacchi. E si guardava pure la televisione, che offriva peraltro programmi migliori di oggi. E quindi, piu' che altro per questioni generazionali, non posso che condividere il giudizio negativo sui videogiochi in generale (benche' io stesso sia ormai diventato un fanatico del Tetris) e cerco coerentemente di limitarne l'uso ai miei figli.

Ma mi son sempre chiesto: non e' forse cosi', che OGNI generazione pensa le stesse cose delle generazioni piu' giovani e del loro modo di divertirsi?

Cordialmente,
Lucio Demeio.

Fabio ha detto...

errata corrige per il mio commento precedente:

..e possibilmente non rinchiusi nove ore dentro..

Scusate la svista.

Gianfranco Massi ha detto...

Il problema, secondo me, non sono le mode generazonali di divertimento o di gioco sportivo. Qui si tratta del valore che queste mode possono assumere sul piano formativo. Personalmente concordo con il professore che la moda odierna di trastullarsi con i videogiochi debba essere almeno compensata dalla lettura. Dove sono i Jule Verne di oggi, e i romanzi storici dell' indimenticabile Collana d' oro? Mi si dirà che a questo pensa il cinema e la Tv. Ma in queste manca il coinvolgimanto del tatto, che ci faceva essere a contatto fisico con l' immaginario della fantasia e della scoperta.

Caroli ha detto...

Siamo stati oggetto di un miracolo. Mio figlio (neodiplomato), che non era stato privato dei videogiochi, ma li aveva trattati sempre "cum grano salis", oggi legge le storie di Sandokan, Yanez, del Corsaro Nero. E si è già letto "20000 leghe sotto i mari", "5 settimane in pallone", "La freccia nera". Trovo che i libri - se non si è fatto olocausto della propria materia grigia - hanno sempre un loro fascino. Anche sui ragazzi "dei videogiochi".

Caroli ha detto...

Se gli sceneggiati tv tratti da libri devono essere come lo sgorbio Mediaset (oggi evidentemente e fortunatamente cassato dalla stessa produzione in via definitiva) derivato non si sa come da "I ragazzi della via Pal", lasciamo perdere. Viva i libri.

oblomov ha detto...

libri?! siete impazziti?! non avete letto la storia di quel signore che diventò pazzo per i troppi libri letti e si scagliava come un forsennato contro greggi di pecore e mulini a vento?!

Forse, come per l'orario a cui ci si corica, è una questione di misura. Certo concordo che è difficile imporre questa misura (e non solo) quando tante cose intorno remano contro.

Andrea Cortis ha detto...

Una postilla: la frase "niente videogiochi e a nanna alle otto", Obama l'aveva gia' tirata fuori diverse volte in campagna elettorale di fronte all'intera nazione, e non soltanto di fronte a platee afroamericane.

Mi ricordo che una sera mia moglie ed io stavamo ascoltando insieme alla radio un dibattito delle primarie tra Obama e la Hillary Clinton, e quando tiro' fuori questo argomento ci guardammo con compiacimento: nessuno nella scena politica americana recente aveva mai avuto il coraggio di dire cose del genere in campagna elettorale!

Questa frase poteva essere un terribile boomerang contro Obama stesso (come del resto il Prof. Israel ha sapientemente argomentato), eppure, questo suo coraggio lo ha ripagato facendolo diventare il presidente degli USA.

E allora che cosa e' che Obama ha capito degli USA che altri non hanno capito?

Io vivo in California e magari per questo ho una visione un poco distorta dell'intera nazione, pero' sono convinto di due cose: (1) gli americani (e non dico "noi americani" perche' mi mancano ancora dei mesi prima di giurare ufficialmente di fronte alla bandiera a stelle e strisce) sono stanchi di essere considerati "polli d'allevamento" del sistema capitalista e della politica delle lobbies di Washington, e (2) sono stanchi di essere considerati i poliziotti ed i predicatori del mondo.

Secondo me Obama (tra le mille contraddizioni che non nego si porti comunque dietro) ha capito che se vogliamo un cambiamento delle politiche a livello planetario, gli americani sono i primi a dover guardare la pagliuzza nel loro occhio prima della trave nell'occhio altrui. Gli USA vivono un "momento di crisi profonda" (dovuto sia all'economia che all'indebolimento della loro egemonia militare) e questo li porta a riconsiderare in maniera introspettiva il loro ruolo nel mondo. Obama si sta facendo portavoce di queso malessere. E come in ogni crisi ci possono essere degli attimi nei quali si mette in dubbio la propria appropriazione della "verita'". Siamo noi occidentali quelli ad avere ragione? secondo me la risposta e' SI, siamo noi ad avere ragione, ma fa bene comunque ogni tanto mettersi in discussione, e riflettere sul perche' abbiamo ragione, piuttosto che ostinarsi a reiterare tiritere trite e ritrite, ritirandosi a riccio in posizioni difensive.

E se e' certamente un'altra verita' che questo tipo di discorsi possa beneficiare grandemente le platee arabe, sono convinto che l'esempio dato in casa propria possa essere migliore di mille parole o di mille fucili.

Fausto di Biase ha detto...

I commenti al suo pezzo sulla playstation/Obama mi sembrano un po' confusionari. Vorrei osservare che non si tratta di decidere se la playstation possa essere o meno una ottava arte, e nemmeno di rimpiangere il passato (e tornare ai bei vecchi tempi in cui si giocava per strada) ma di vivere il presente per quello che e` (adottando quindi le opportune conseguenze).

Cosa sarebbe mai questo presente? Siccome ci viviamo dentro, non ci pensiamo piu` di tanto, perche' ci sembra naturale come l'aria che respiriamo, ma il presente e` la civilta` dell'immagine, che per penetrazione, potenza tecnologica e intensita`, non ha, credo, precedenti storici.

L'immagine e` sempre concreta ed e`, spesso e volentieri, ingannatrice (i nostri occhi ci dicono che e` il sole che gira attorno alla terra).

Quali conseguenze ha la civilta` dell'immagine per lo sviluppo cognitivo dei giovani?

Non so se qualcuno abbia fatto studi seri e approfonditi su un argomento.

A me sembra, a priori, che la preponderanza dell'immagine sul verbale (e, in particolare, del linguaggio pubblicitario, iconico, su quello verbale, espressivamente originale) non possa non influenzare lo sviluppo cognitivo delle giovani generazioni. A posteriori, trovo tante conferme a questa intuizione.

Tanto per cominciare, il nostro eloquio, sia quello giornalistico che quello politico, e` stato conquistato da tutta una serie di frasi fatte che non significano nulla (come le immagini pubblicitarie).

E i giovani cresciuti in questa civilta` dell'immagine hanno difficolta` a gestire i sistemi simbolici, e quindi i concetti astratti, il pensiero astratto, e il ragionamento ipotetico deduttivo.

Illustrero` tutto questo con un esempio che viene dalla mia esperienza di professore universitario di matematica.

Per illustrare il concetto di calcolo approssimato di una area del piano, si ricorre alla idea di dividere la regione data in un certo numero di parti, e approssimare ciascuna parte, sia per eccesso che per difetto, sperando che, quanto maggiore sara` il numero delle piccole parti in cui si divide la regione, tanto minore sara` l'errore della approssimazione.

In quante parti bisogna dividere la regione? Due, tre, quattro, cinque, ... ECCETERA. In questo eccetera sta la difficolta`, perche' si arriva alla idea di dividerla in un numero di parti indeterminato. In altre parole, si tratta di saper ragionare, in un colpo solo, su una infinita` di casi possibili.

Questa idea NON si puo` illustrare con un disegno, perche' in un disegno siamo obbligati a scegliere in quante parti dividiamo la regione (ad esempio, in dieci parti).

Ecco: incontro ENORMI difficolta` a insegnare queste cose, e impiego molte molte ore a cercare di far maturare nell'intelletto dei miei studenti questa idea che si divide la regione in un numero indeterminato di parti, in modo da comprendere, in un unico colpo, una infinita` di casi. Ma una corretta applicazione di questa idea richiede anche una buona padronanza del ragionamento ipotetico deduttivo, di cui i giovani hanno scarsa padronanza.

Trovare un giovane fresco di studi superiori, che sappia rispondere MOTIVATAMENTE alla domanda: quanti sono i numeri primi? (o alla domanda: esiste un numero razionale il cui quadrato sia uguale a due?) e` molto difficile, anche tra studenti che avevano un sette in matematica al liceo scientifico.

Ecco perche' anch'io, in questa situazione, se avessi dei figli, li difenderei il piu` possibile dalle playstation (e dalla televisione).

Fabio ha detto...

@Leali per Tossicia

Vede, Professore, a mio avviso c'è un punto che non torna in ciò che ha esposto nel suo ultimo intervento. Ed è il seguente: ma lei è sicuro di non cadere in errore quando vuole vedere nel videogioco un medium il cui linguaggio è legato all'immagine? Così come la tv, così come il cinema (mi chiedo perché lei non abbia citato il cinema)?
Se io le dico che il videogioco si avvale di un suo linguaggio peculiare, che al contrario costituisce un superamento dei linguaggi basati interamente su immagini, cosa succede... che rimaniamo io e lei ognuno bloccato su una petizione di principio, oppure si può scendere negli esempi per suffragare le rispettive tesi?

Di un prodotto acclamato come Braid, che porta il giocatore attraverso astrazioni relative alla manipolazione del tempo, una più affascinante dell'altra, nessuno si sognerebbe di dire che è un'opera che parla per immagini.
Lo stesso vale, in un modo diverso, per i lavori di Fumito Ueda, su citati, e per altri ancora.

Insomma, non voglio essere brusco ma non voglio neanche tirarla per le lunghe: il videogioco, nel 2009, non è una cosa che si può liquidare o categorizzare superficialmente o, ancora peggio, per sentito dire, e i commenti precedenti erano volti proprio a prevenire che si finisse per cadere in questo equivoco (ma ci siamo finiti lo stesso).

Dell'opera videoludica si fruisce giocandola. Quella è l'esperienza di fruizione - non un'altra - che permette di discuterne il contenuto ed eventualmente il linguaggio.
E' chiaro che relativamente a questo argomento soffriamo ancora di una frattura generazionale, ed il fatto che i trentenni di oggi - anche sposati, anche padri di bambini - usino e conoscano i videogiochi ne è un chiaro indizio.

Fatte queste precisazioni, trovo il suo intervento molto interessante e, benché anche io non sia a conoscenza di studi in merito, anche molto fondato. Mi riesce impossibile credere che un'ondata di tecnologia e comunicazione pari a quella che ora avvolge tutti quanti noi passi senza causare delle profonde trasformazioni.
Tuttavia non so se le mancanze dei suoi studenti siano da attribuire a questo. Io ho il privilegio (si fa per dire) di essere uscito dalla scuola non troppo tempo fa, e devo che non mi stupiscono per nulla.
A mio avviso i suoi studenti sono semplicemente poco preparati, poco padroni delle basi, disabituati a regredire nei concetti fino alla natura degli oggetti trattati ed educati dalla scuola a tenersi a debita distanza sia dal dubbio che dall'autocritica. I licei sono un disastro, e riescono nell'impresa senza bisogno di aiuti dalla società dell'immagine, temo.

Caroli ha detto...

Secondo me la cultura storica ha sempre lasciato un posto di preminenza all'immagine. Troviamo immagini a Pompei, troviamo immagini nell'antico Egitto, nella Grecia classica, troviamo immagini nella culture precolombiane del sud America.

Dove sta, allora, la novità? Secondo me, da nessuna parte. Quando leggo un libro, ad esempio "Il Signore degli Anelli" (è per me la quarta volta), le immagini che le descrizioni suscitano non sono meno vive di quelle attraverso mass media, o di origine naturale, come un bel panorama.

Dunque le immagini, viste fisicamente o suscitate dalla lettura, hanno comunque lo stesso impatto.

Egregio Martino, non si preoccupi: don Chisciotte, per fortuna, è don Chisciotte e, come disse uno scrittore (mi pare fosse A. D. Siniavskij, ma non sono certo), forse è "Don Chisciotte de La Mancha" l'unica opera veramente buona che l'umanità potrà presentare al Padreterno in sede di giudizio finale.

Fausto di Biase ha detto...

non ho detto che il videogioco sia basato interamente sulle immagini: e` questione di misura

anche la cartografia si avvale del linguaggio simbolico, visto che sotto una cartina di Sumatra bisognera` pure scrivere ``Sumatra'', parola scritta nel sistema di segni di una lingua naturale

osservo che, come sarebbe impossibile studiare la cartografia senza le immagini

cosi` sarebbe impossibile imparare la matematica senza sganciarsi dalle immagini per imparare appunto il linguaggio simbolico della matematica, il ragionamento ipotetico deduttivo, ecc.

(ci sono eccellenti matematici ciechi, ma non esistono, che io sappia, cartografi ciechi)

quando parlo di matematica parlo ad esempio di quei tre risultati fondamentali, ottenuti piu` di duemila anni or sono, che la scuola odierna non riesce ad insegnare, ancorche' siano fondamentali sia per la scienza che per le sue applicazioni tecnologiche moderne

(ripeto: oggi la scuola non riesce a insegnare quei tre risultati fondamentali nemmeno agli studenti del liceo scientifico che prendono 7 a matematica! quindi il punto non e` che ``i miei studenti sono poco preparati'', come se intorno a me si formasse ogni volta una abnorme singolarita` statistica)

l'homo sapiens sapiens condivide con gli altri animali una certa padronanza di alcune facolta` mentali legate alla spazialita`, e quindi alla dimensione cognitiva visiva (del resto un animale deve muoversi nello spazio per sopravvivere ecc)

ma l'homo sapiens sapiens e` l'unico che abbia sviluppato in altissimo grado il linguaggio simbolico, basato su sistemi di segni ecc

ora io sospetto che la civilta` dell'immagine, che privilegia in misura preponderante la dimensione visiva su quella del linguaggio logico-formale, sia in parte responsabile del disastro educativo di cui siamo testimoni

dico ``in parte responsabile'' perche' non sono un adepto del monocausalismo;

ad esempio, l'influenza di certe correnti di pedagogismo su alcune scelte ministeriali e` sicuramente un'altra causa (cf. ``chi sono i nemici della scienza'', di G. Israel)

si tratta comunque di due cause che agiscono a livelli diversi

chiedo: e` solo una coincidenza se i bambini che oggi imparano l'aritmetica alle elementari vengono costretti a DISEGNARE sette papere e otto conigli OGNI volta che devono sommare 7+8 ? (tanto che da far allontanare dall'aritmetica quei bambini che non sanno disegnare bene)

ed e` solo una coincidenza se si pretende di ridurre la storia a una IMMAGINE: la Freccia (del tempo) ?

e se si cerca, con risultati che non possono che essere tragi-comici, di sussumere la Geografia nella Topologia (del dentro e del fuori, del sopra e del sotto) ?

e se si pretende, guarda caso, di disconoscere il ruolo di simboli alle lettere dell'alfabeto (simboli che devono essere riconoscibili come tali, e non devono essere confusi con dei disegni che ciascuno disegna a proprio modo) ?

(ora cominciano ad arrivarmi studenti che di fronte a un segno ambiguo, di cui sono autori, mi dicono: ``io la ``a'' la faccio cosi`!)

i tre risultati fondamentali di cui sopra sono la risposta a queste tre domande: quanti sono i numeri primi? esiste un numero razionale il cui quadrato sia uguale a due? come calcolare l'area di figure del piano non elementari, come ad esempio una sezione conica?

nessun videogioco, per quanto il suo linguaggio sia ``peculiare'' potra` mai insegnare queste cose in maniera compiuta

ne` potra` insegnare a rispondere ai ragionamenti paradossali di Zenone di Elea sul tempo e sul movimento

e se la vita dei giovani e` DOMINATA dalla dimensione visiva, diventa per loro piu` difficile sviluppare le capacita` legate al linguaggio logico-formale

Fabio ha detto...

(ripeto: oggi la scuola non riesce a insegnare quei tre risultati fondamentali nemmeno agli studenti del liceo scientifico che prendono 7 a matematica! quindi il punto non e` che ``i miei studenti sono poco preparati'', come se intorno a me si formasse ogni volta una abnorme singolarita` statistica)

Chiarisco: io non dico che i suoi studenti in particolare siano poco preparati rispetto alla media (e del resto come sarebbe possibile?); io dico che sono poco preparati rispetto alla disciplina, poco importa quale fosse il loro rendimento scolastico.
Essi sono semplicemente la normale popolazione degli studenti dei licei, che avendo a che fare con programmi e didattica discutibili, nonché con molti suoi colleghi assai scarsi, non possono riuscire diversamente.
Io ho frequentato il liceo scientifico in una sezione PNI con un bravo professore di matematica e di fisica ed ho sempre avuto voti tra l'otto e il nove: la descrizione delle limitatezze dei suoi allievi non solo non mi stupisce ma mi sembra inevitabile, necessaria. La matematica come la intende lei si potrebbe dire che è una materia assente negli insegnamenti della scuola superiore.
Lo sa che io sono stato "sottoposto" a dodici definizioni di limite? (perché era più chiaro, secondo qualcuno)

Tra l'altro in questo suo ultimo messaggio lei profila un legame tra la cultura dominante - quella dell'immagine appunto - e i metodi didattici più di moda (le paperelle, la linea del tempo) che tanto danno sembrano portare.
Il che farebbe concludere che forse non è il rapporto diretto dei bambini con la cultura dell'immagine a nuocere e che, anche immersi in questa realtà, si potrebbe comunque tenere la barra dritta su un insegnamento più corretto e più fertile. Basta che i "grandi" e i "maestri" facciano la loro parte.

nessun videogioco, per quanto il suo linguaggio sia ``peculiare'' potra` mai insegnare queste cose in maniera compiuta
ne` potra` insegnare a rispondere ai ragionamenti paradossali di Zenone di Elea sul tempo e sul movimento


Ci mancherebbe che il videogioco dovesse insegnare queste cose (per quanto i paradossi spazio-temporali del su citato Braid siano puro godimento cerebrale). Io mi soffermo sulla peculiarità del linguaggio videoludico e sulla sua distanza dai linguaggi fatti di immagini per due motivi, rispettivamente.

Il primo è per uscire fuori dall'equivoco che in tale medium si debba trovare a tutti i costi il risvolto educativo o di contenuto.
La musica è il linguaggio più nobile ed im-mediato che siamo riusciti ad inventarci, e mai a nessuno salta in testa di metterne sotto processo la cittadinanza nelle attività umane o di chiedersi se insegni qualcosa.
Se il videogioco raggiungesse l'uno per cento di questa considerazione e separazione (che per me gli spetta, perché separato dagli altri linguaggi lo è) sarebbe un passo avanti. Per questo ne sottolineo la peculiarità.

Il secondo risiede nel fatto che parliamo da tre-quattro messaggi di effetti della cultura dell'immagine, partendo appunto dal videogioco, che a mio avviso è un linguaggio che riesce a distanziarsene notevolmente. Lei del resto ha concluso il suo messaggio precedente dicendo:

"Ecco perche' anch'io, in questa situazione, se avessi dei figli, li difenderei il piu` possibile dalle playstation (e dalla televisione)."

Quindi da tutto il discorso aveva tirato fuori una ricetta, o quantomeno un proposito. Era lì dentro che secondo me si era sbagliato ad individuare il colpevole. E si era tralasciato il cinema. Forse perché ci si fa influenzare da una questione di valore/disvalore (cinema=cultura, tv=robaccia, videogioco=giocattolo)?

Fausto di Biase ha detto...

la tesi che la civilta` dell'immagine, dove il visivo prevale sul verbale

(cioe` sul sistema simbolico di segni del linguaggio scritto parlato, e sugli altri sistemi simbolici: in una parola, sul linguaggio superiore, che ci distingue dagli altri animali)

avrebbe una influenza sullo sviluppo cognitivo dei giovani,

e piu` in generale sulle nostre attivita` intellettuali superiori (in cui e` richiesta una buona padronanza nell'esame critico di concetti astratti ecc, che non si puo` ridurre a una ``flow chart'' a colori)

trova conforto, credo, nelle seguenti notizie:

http://stagliano.blogautore.repubblica.it/2009/08/18/

http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2005/08/29/AR2005082901444.html

http://www.wired.com/wired/archive/11.09/ppt2.html

http://link.brightcove.com/services/player/bcpid18950891001?bctid=29848463001

Caroli ha detto...

Comunque le immagini sono un complemento dello scritto. I disegni di Guareschi in "Don Camillo - mondo piccolo" rendono ancora più bello un libro già bellissimo di per sé.

Fausto di Biase ha detto...

A Caroli: Il punto e` che qui non c'e` piu` lo scritto!
I giovani non leggono piu`. Non sanno leggere, non sanno scrivere, non sanno parlare.

La moderna tecnologia sta spazzando via i libri dall'esperienza di vita dei giovani.

Il tema non era: ``il rapporto tra parola e immagine: supremazia o complementarita`?'' e nemmeno ``i videogiochi: i meriti di una nuova forma d'arte''.

Il tema era quello drammatico lanciato lanciato dal prof.Israel quando scrive di ``lotta quotidiana contro tutti e tutto'' per far crescere i figli con piu` libri e meno aggeggi
video-tecnologici. Insomma, il tema era: ``le ricadute della civilta` dell'immagine sulla formazione dei giovani''.

Il discorso astratto sulla ``complementarita`'' non deve far dimenticare che ci sono contenuti mentali che NON sono riducibili a una immagine, ma che si lasciano manipolare correttamente solo per mezzo del linguaggio simbolico che non e` riducibile a immagini. Tipicamente, in matematica, questi sono i contenuti mentali che hanno a che vedere con le astrazioni e con l'idea di infinito.

Trovo significativo che nel greco antico ci sono due modi per tradurre il termine ``parola''. Il primo ``epos'' significa ``parola in quanto evocatrice di una immagine''. Il secondo ``logos'' significa ``parola in quanto portatrice di un concetto, di una idea, di una essenza''.

La fruizione dei prodotti audiovisivi e` sempre essenzialmente passiva. Un libro obbliga il lettore a cercare sul dizionario la parola ``filogenesi'', se non la conosce. Un libro, al di sotto di un certo livello, non viene compreso, mentre un prodotto audiovisivo puo` dare a tutti qualcosa, che dipende dal loro livello culturale, ma quel qualcosa rimane a un livello pre-verbale.

Per carita`, anche il pre-verbale ha la sua importanza, ma non dimentichiamo che la parola e la manipolazione linguistica e` la facolta` umana che piu` ci differenzia dagli altri animali (che tutti, in qualche modo, sono invece dotati di qualche forma di ricognizione della dimensione spaziale, dovendosi essi muoversi nello spazio).

E non dimentichiamo che il pre-verbale si presta piu` di tutti alla manipolazione propagandistica. Non a caso la propaganda, nel XX sec, si e` molto basata sull'immagine, e continua a farlo.

La parola, invece, ci permette di dialogare, approfondire, smentire, smentirsi ...

Fausto di Biase

Caroli ha detto...

Tempo fa mi scagliavo contro un orripilante sceneggiato "liberamente tratto" da "I Ragazzi della Via Pal" (io dicevo "che si prende la licenza di maltrattare" il testo di cui sopra). Poi è stato opportunamente fatto sparire.

Epperò la sua presenza mi servì per suggerire tra le righe alla prole di leggere, non fosse altro per documentarsi sul perché di tutti gli insulti da me proferiti all'indirizzo di quel vandalo di regista.

La femmina ha continuato imperterrita con i suoi infernali videogiochini, il maschio ha scoperto dapprima Frodo Baggins, Gandalf, Gimli e compagnia (dell'Anello); poi Sandokan, Tremal-Naik, la Perla di Labuan ed il Corsaro Nero, passando per il Capitano Nemo, Phileas Fogg.

Voglio dire che le occasioni ci sono e vanno colte. Magari non consigliarli noi ai ragazzi, ma dare il buon esempio leggendo.

Caroli ha detto...

Per il resto, caro Fausto di Biase, siamo d'accordo. Suggerisco anche le varie "Settimana Enigmistica" e "Domenica Quiz" et similia: le possiamo considerare provvidenziali alleate, che dice? Recentemente qualcuno mi pare abbia detto che l'enigmistica mantiene giovane la mente, od ho capito male?

Fausto di Biase ha detto...

Ho la tendenza a credere che l'ingegno dei genitori sappia trovare i rimedi giusti ai mali del mondo, ma e` chiaro che la ``civilta` dell'immagine'' non li aiuta, i nostri genitori, se e` vero che, ad esempio, mia madre, nata (1922) in un paese di campagna, passava tutti i dopocena, con i genitori e le sorelle e l'unico fratello, a leggere libri e raccontare storie. I suoi genitori non sapevano leggere, ma essi avevano per la cultura un rispetto sincero, che hanno trasmesso ai figli (che poi hanno imparato a leggere e scrivere nelle ``scuole rurali'', e che a loro volta lo hanno trasmesso ai propri figli).

Oggi scene di quel tipo sono difficili da ritrovare nella moderna ``societa` dell'immagine'', e i genitori si devono inventare i trucchi piu` vari.

Sembra che la modernita` e la tecnologia ci facciano tornare indietro, invece di portarci avanti (vedi i libri di S.J. Gould a proposito).

Infatti e` chiaro che, dal punto di vista filogenetico, la cognizione visiva e` la piu` antica (prelinguistica: la nostra capacita` di riconoscere le facce non e` linguistica), ed e` quella che piu` ci accomuna con gli altri animali (in particolare, quella piu` legata alle emozioni: le tecniche mnemoniche gia` note agli oratori romani si basavano sulla associazione con immagini emotivamente cariche). Poi a un certo punto si e` sviluppato il linguaggio superiore: in una prima fase, quello puramente orale, parlato, e poi quello scritto, basato su un sistema simbolico di segni (di cui parla Platone nel Fedro).

Ma il pensiero astratto e` legato ai sistemi simbolici di segni, e il pensiero scientifico e` legato al linguaggio (superiore). Infatti, l'immagine, spesso e volentieri, inganna (noi vediamo che e` il sole che ruota attorno alla terra). Piu` in generale, l'immagine ha sempre qualcosa della teofania: quello che appare in una immagine, appare senza chiedere il nostro permesso (e per questo ha qualcosa di sacro), e non possiamo che prenderne atto (a meno di non elaborare un discorso critico, che pero`, appunto, ci porta verso il lato linguistico della nostra capacita` di cognizione).

Invece, il discorso linguistico si presta, per sua natura, a una infinita possibilita` di analisi, di critica, di decomposizione, di ridefinizione, ecc.

Non a caso alcuni studiosi collegano la rivoluzione scientifica del seicento da un lato alla furia iconoclasta della riforma controriforma, e dall'altro con la tradizione cabalistica: l'infinita interpretazione del testo (sacro) e` una operazione linguistica, appunto.

E non a caso, nel XX sec (e anche oggi) la propaganda si e` basata essenzialmente sulle immagini, che, appunto, si possono smontare solo se passiamo a livello linguistico verbale.

Ho paura che abbiamo messo su un immenso esperimento in corpore vili, sulla nostra pelle, con questa civilta` dell'immagine, che potrebbe avere effetti fatali. Lucio Russo ha osservato che circa tre secoli dopo Archimede, Plinio il vecchio non era in grado di comprendere il tentativo di spiegare la forma esagonale delle celle d'api (in termini di ottimizzazione del rapporto tra volume e cera usata per le pareti) e spiegava la forma esagonale col fatto che le api hanno sei zampe ...
E ci sono voluti secoli per riscoprire la scienza perduta.

Caroli ha detto...

E l'enigmistica, caro Fausto? Che ne dice? Non aiuta a riscoprire il valore delle parole, almeno a livello iniziale?

Fausto di Biase ha detto...

A Caroli:

Mi sembra di si`, anche se a me personalmente non piace. Secondo me anche i fumetti (di cui sono stato voracissimo lettore), perche' offrono una certa sintesi tra verbale e visuale.

Fausto di Biase ha detto...

Lo psichiatra Tonino Cantelmi ha scritto un libro dal titolo ``l'immaginario prigionerio'' sul tema in oggetto; una intervista all'autore, in cui parla delle tesi del libro, si puo` leggere nel sito:

http://www.toninocantelmi.com/web/article42.html

un interessante intervento dello stesso autore, che contiene elementi di riflessione sullo stesso tema, si trova nel video:

http://www.toninocantelmi.com/web/modules.php?name=Video_Stream&page=watch&id=4

in particolare, il prof. Cantelmi conferma che in quelli che lui chiama ``nativi digitali'' la funzione simbolica viene depressa, a favore di quella percettiva, spaziale

una frase del prof. Cantelmi mi ha impressionato:

``il cervello di un nativo digitalico
e` diverso dal cervello di pier giorgio liverani che ha studiato sui libri e ha simbolizzato''

il prof. Cantelmi ha anche parlato di ``mutazione antropologica''

Caroli ha detto...

A me gli psichiatri fanno paura. Dopo l'uso che ha fatto della psichiatria l'Unione Sovietica nel secolo scorso, ancora di più.

agapetòs ha detto...

Caroli, mi permetta, ma allora dovremmo diffidare di tutti i medici per via di Mengele e rinunciare ad usare il tritolo per scavare tunnel visto che se ne possono ottenere anche bombe.

Caroli ha detto...

Eh, via, Agapetòs! Non esageriamo! Penso con orrore a tutte le volte (e sono state più del dovuto, diciamo così) in cui ho dovuto fare i conti con il mal di denti: se non ci fosse stato il bravo dottor Paolo... Oppure la colica di reni del 1991 (ma lì il perché è rimasto un mezzo mistero). Eccetera.
Quello che mi fa paura è lo sforzo psichiatrico (o psichiatristico? boh...) di incasellare il comportamento umano.
Lasciamo da parte il tritolo, poi: per quello scopo le talpe meccaniche sono molto meglio. Chieda all'ex ministro ing. Lunardi per conferma. Altro discorso per le cave, dove peraltro si usa la dinamite, meno pericolosa.

Caroli ha detto...

Gentile Agapetòs, ho detto "psichiatri", e non medici in genere. L'unica persona di Comunione e Liberazione che al Meeting di Rimini è stato sonoramente fischiato, diverse edizioni fa, era uno psichiatra (ero presente).

Quanto al tritolo, per le cave è meglio la dinamite; e per i tunnel, le talpe meccaniche. Su quest'ultimo argomento, chieda all'ing. Lunardi, che è un'autorità in materia, per conferma.

Fausto di Biase ha detto...

da un servizio di Enrico Franceschini, pubblicato su Repubblica il 16 ottobre 2009:

(inizio citazione) I genitori hanno abbandonato o diminuito una vecchia abitudine: leggere o raccontare una favola ai figli per farli addormentare. E il risultato è che i bambini imparano a parlare sempre più tardi.

Così sostiene un rapporto del ministero dell'istruzione britannico che fotografa l'alfabetizzazione nel Regno Unito: il fenomeno che balza agli occhi dallo studio è infatti quello, in parte già noto, degli adulti che hanno sempre meno tempo per occuparsi della prole. [...] nuove tecnologie distraggono gli uni e gli altri [...]

Risultato: il numero delle parole che i grandi scambiano con i piccini è in calo costante. Meno fiabe, meno dialogo, uguale apprendimento più lento: all'asilo e perfino alle elementari, in Gran Bretagna, entrano bambini di 5-6 anni con una capacità di comunicazione che sarebbe lecito aspettarsi da un bambino di un anno e mezzo, che ha appena imparato a camminare. [...] (fine citazione)

Il servizio completo, che non posso ovviamente riprodurre per intero, si trova nel sito di Repubblica.

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