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venerdì 15 gennaio 2010

C’è un nemico che nessuno vuole vedere ma continua a uccidere. Ecco le sue vittime

 (Tempi, 14 gennaio 2010)


Tutti dovrebbero leggere il recente libro di Giulio Meotti: Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri d’Israele (Lindau). Mi sono reso conto che era indispensabile che lo leggessi anch’io, che pure non dovrei essere di quelli che sottovalutano il nuovo antisemitismo. Ma, leggendolo, mi sono reso conto che di questo nuovo antisemitismo parliamo troppo al futuro, come se fosse un pericolo, una minaccia, e non qualcosa con cui stiamo già convivendo, talmente attuale e incombente da farti rabbrividire al ricordo di come fu considerata con leggerezza una situazione analoga un’ottantina di anni. Perché, se questa è l’Europa della Giornata della Memoria, della condanna dell’antisemitismo «con animo pietistico, fino a rendere indigeribile l’Olocausto» (per dirla con Meotti), è anche l’Europa in cui la Francia deve nominare un prefetto per la lotta contro l’antisemitismo in quanto nei primi mesi del 2009 gli atti contro gli ebrei sono raddoppiati rispetto allo stesso periodo del 2008: ben 794, fra cui 123 azioni violente vere e proprie. È un clima ben rappresentato dalla recente profanazione: l’asportazione della scritta “Arbeit Macht Frei” che sovrasta l’ingresso al lager di Auschwitz e ne costituisce un simbolo pregnante. «L’antisemitismo è un veleno della nostra Repubblica», ha dichiarato il ministro degli interni francese. Ma non si è chiesto cosa alimenti questo veleno e se le politiche europee di commemorazioni, proclami, prefetti e pietismi esclusivamente rivolti al passato non siano uno svuotare col cucchiaino un serbatoio alimentato poderosamente dal «veleno antisionista, dall’odio per Israele, accettato e propagato a piene mani». La critica – in principio legittima – per le politiche di Israele si tramuta in Europa in una condanna senza appello, in una condanna metafisica, che stona in modo stridente con il voltarsi dall’altra parte di fronte ad atti efferati compiuti da tanti altri governi nel mondo al cui confronto il comportamento di Israele è un modello di correttezza.
«Israele può essere minacciato esistenzialmente perché non esiste nelle carte geografiche su cui studiano generazioni di arabi e di iraniani, può essere messo in stato d’assedio perché la sua storia è negata in Europa. Negata come vicenda umana fatta di emigrazione, di guerre contro il rifiuto arabo, di lotta per l’indipendenza sotto il mandato britannico. Negata come diritto sancito dalle Nazioni Unite. Negata nella dignità delle sue vittime». Ed è appunto una storia di vittime quella che racconta il libro di Meotti. È una storia che inizia nel 1972 alle Olimpiadi di Monaco e non si è più arrestata lasciando sul terreno migliaia e migliaia di morti e che non è conosciuta neanche superficialmente, perché viene rubricata sotto la questione palestinese anziché sotto la voce “antisemitismo”, cui propriamente appartiene. Tutto è mascherato dalla tendenziosa distinzione fra questione ebraica e questione israeliana: una distinzione che i carnefici si guardano bene dal fare. In un’epoca in cui tutti si dichiarano laici, razionalisti, in cui il diavolo è stato dichiarato morto assieme a Dio, l’unico Male assoluto del mondo rimasto è Israele. Come scrive nell’introduzione al libro Robert Redeker – il Salman Rushdie francese, clandestino in patria perché condannato dagli islamisti – «il solo fatto di pronunciare il nome di Israele fa perdere la ragione a molte persone». Per molti, soprattutto per una certa sinistra, Israele è il «sostituto laico di Satana». Il libro di Meotti getta luce sul nuovo martirio già in corso e sulla esplosione di irrazionalità che lo giustifica e che preferiamo non vedere.

11 commenti:

Nautilus ha detto...

«il solo fatto di pronunciare il nome di Israele fa perdere la ragione a molte persone».
Verissimo, vogliamo provare a chiederci come mai, o lo sappiamo già? Dall’articolo pare di capire che sì, lo sappiamo, la colpa è del “veleno antisionista…dall’odio per Israele, accettato e propagato a piene mani».
Cioè Israele sarebbe odiato in quanto nazione ebraica e sionista. La condanna quindi è addirittura “senza appello e metafisica”, indipendente dal comportamento dei suoi governi.
Credo che ci sia una parte di vero in queste considerazioni, e che però questa verità non esaurisca del tutto la questione. Prendiamo l’odio della sinistra. Perché la sinistra dovrebbe essere antisemita? Lo è sempre stata? A me pare di no.
A me pare che la sinistra sia diventata antisemita (ammesso che lo sia) in odio a Israele, e non viceversa. Se è così, perché la sinistra odia Israele?
Meotti dice:”la sua storia è negata in Europa. Negata come vicenda umana fatta di emigrazione, di guerre contro il rifiuto arabo, di lotta per l’indipendenza sotto il mandato britannico…”
Vero, in quella parte d’Europa che l’avversa non è così che si vede la storia d’Israele. La si vede come una specie di “reconquista” di territori perduti venti secoli prima da parte di un popolo ormai formato essenzialmente da europei: tedeschi, italiani, polacchi, russi ecc. ai danni di una popolazione araba che viveva in quella terra, scacciata con la forza. Si può girare intorno alla questione con mille parole, parlare di immigrazione, di rifiuti arabi, di lotta per l’indipendenza, di dire come Netanyahu:”Noi non siamo conquistatori in terra altrui…questa è casa nostra” ma una parte dell’opinione pubblica mondiale è convinta che la nascita d’Israele si basi sul “peccato originale” dell’occupazione di territori dove stava un altro popolo. Sarà un analisi sbrigativa, magari priva di conoscenze storiche approfondite ma non c’è bisogno d’essere antisemiti per pensarla così.
Personalmente avevo due zii fra i partigiani, nel ’45 si adoperarono per mandare casse di STEN e di ‘91 per aiutare gli ebrei a difendersi da “quei fascisti degli arabi”…poi hanno cambiato idea, ma non certo perché antisemiti.

GiuseppeR ha detto...

Caro Nautilus, avevi già fatto queste considerazioni qualche mese fa e io avevo provato a obiettare qualcosa, ma tu hai sorvolato. Dovresti quanto meno cercare di mitigare le tue certezze approfondendo la storia della presenza ebraica e dei poteri sovran che si sono succeduti in Palestina, la storia del movimento sionista e la (molto) successiva nascita di un controaltare nazionalista palestinese (ma è mai esistito?). Prima di tagliare la storia con l'accetta dovresti chiederti se le moltitudini di profughi scacciati dalle terre dei loro avi, italiani in Istria e Dalmazia, tedeschi in europa orientale, avrebbero dovuto anche loro incancrenire nell'odio e nella risentimento invece di voltare pagina e integrarsi in una societa rivolta al bene delle future generazioni piuttosto che alla distruzione del nemico.
Quest'odio non si può spiegare con una semplice relazione causa effetto ma ha un che di irrazionale o di metafisico. Non riconoscere al popolo ebraico il diritto allo Stato per cui hanno lottato e sono morti è una forma lampante di antisemitismo.
Almeno su questo tema non credo che abbiamo più altro da dirci.

Giovanna ha detto...

Per Nautilus.
Sull'antisemitismo di sinistra ti segnalo questo link dove troverai un interessante documento di Pasolini. http://www.youtube.com/watch?v=-27FLkmvRsk&feature=player_embedded

Caroli ha detto...

http://www.fastweb.it/portale/canali/news/mondo/contenuti/notizia/?id=WJO60586

Ecco qua.

Caroli ha detto...

L'ho letto anch'io anche se era destinato ad altri. Grazie, Giovanna.

Nautilus ha detto...

Cara Giovanna
Intanto ti ringrazio per questo documento che non conoscevo e ancor di più perché mi riconosco in quasi tutto quel che dice Pasolini, che esprime da par suo certi miei stessi sentimenti. Il primo dei quali, espresso già in questo blog è: Israele ha diritto ad esistere e ha diritto quindi di difendersi in modo da poter garantire questa esistenza, vedi ad esempio la costruzione del muro. Questo “diritto” però secondo me deriva non dal fatto che la Palestina sia la patria ebraica: non lo era più da millenni e da millenni era la patria, o se non la vogliamo chiamare così, la terra di un altro popolo. Il diritto quindi nasce dal fatto che ORMAI milioni di ebrei stanno su quei territori e non hanno un altro posto dove andare, e mi pare utopistico pensare a una pacifica convivenza coi palestinesi sullo stesso territorio.
Come vedi posso far mie le parole di Pasolini: ”un misto di pietà e di disapprovazione, di identificazione e di dubbio”
“Scegliere con dubbio” insomma è quel che chiede lui alle persone di sinistra, mettendo sul piatto della bilancia il fatto che l’esistenza degli ebrei, dopo la Shoah, non può più essere garantita da nessun governo, nessuna ONU, se non da se stessi. Personalmente ho fatto quella scelta.
Però il dubbio rimane. E questa era la controversia con Attento: come potessi capire sia Israele che i palestinesi.
Qui a quanto pare nessuno ha quel dubbio: tutto va bene, gli ebrei sono a casa loro, la guerra c’è solo perché i palestinesi sono un popolo di terroristi e di belve, non pacifici come istriani e tedeschi, gli arabi odiano Israele “metafisicamente”, altrimenti non si capisce perché mai dovrebbero.
Con Pasolini non concordo con la frase:”Quale stato non è nato male?”, a meno che non si riferisca al fatto che ogni stato è nato da un atto di forza, nel qual caso va bene, Israele è nato da un atto di forza, punto e basta, lasciamo perdere i “diritti”, i “ritorni”, le “terre degli avi” e quant’altro, l’atto di forza c’è stato e a subirne le conseguenze è stato ed è qualcun altro.
A parte tutto ciò: il mio intervento era un altro, volevo dire che l’antisemitismo non è sempre la causa dell’odio per Israele, non mi pare che le parole di Pasolini cambino le cose.
Per l’atteggiamento della sinistra ufficiale: una, se non la più importante delle ragioni che la determinarono fu certamente lo schierarsi dell’URSS contro Israele e l’identificazione dello stesso stato come nuova potenza coloniale al servizio dell’Occidente.
Saluti.

Giorgio Israel ha detto...

Ma l'odio per Israele che cosa ha di accettabile e moralmente meno spregevole dell'antisemitismo? È lecito odiare un popolo o un paese? Per esempio, è lecito odiare i palestinesi, gli arabi, gli immigrati, i romeni, gli zingari? No. È razzismo, vero? E allora che diritto di cittadinanza ha l'odio per Israele? (Indipendentemente dal fatto che le motivazioni di questo odio sono inconsistenti). L'antisemitismo non è sempre la causa dell'odio per Israele... È la stessa cosa che dire che l'antisemitismo non è sempre la causa dell'antisemitismo... Mah...

Giovanna ha detto...

Caro Nautilus, la frase di Pasolini "Ogni Stato è nato male" secondo me significa che storicamente la costituzione di tutte le entità nazionali ha dovuto passare attraverso dispute territoriali. Le società moderne hanno archiviato le loro ormai anacronistiche rivendicazioni ed optato per accordi di civiltà portatori di pace e sviluppo. Come tutti sanno Israele da molti anni si muove in questa direzione, i Palestinesi purtroppo no: finora non hanno accettato nessun compromesso nonostante le ripetute e generose offerte ricevute (anche dopo lo sgombro della striscia di Gaza che si è rivelato un terrificante boomerang). Per questo rifiuto dei palestinesi di prendere in considerazione lo status quo e gli effetti di 60 anni di storia, non è possibile non parteggiare per Israele.

GiuseppeR ha detto...

Nautilus, se l'oggetto della nostra "controversia" è che io, al contrario di te, penso che tutti i palestinesi siano bestie assetate d sangue, ti vorrei rassicurare. Non lo penso, credo solo che per motivi storici, culturali e religiosi sono caduti vittime di classi dirigenti irrazionali, fanatiche ed intolleranti e non hanno la forza di ribellarsi.

Nautilus ha detto...

Caro professore, capisco quel che vuol dire: impossibile separare l’odio per uno stato dal razzismo verso i suoi abitanti. Risponderei sì e no, personalmente non ho grande simpatia verso i tedeschi, per il comportamento della Germania nel ‘900: questa nazione si è posta come una specie di belva nel cuore dell’Europa convinta della propria forza e superiorità e considerando gli altri popoli come sue legittime prede. Quella Germania lì la odio. Posso però odiare i tedeschi come etnìa? No, perché questo vorrebbe dire che odierei ogni singolo tedesco in quanto tedesco, il che non è. Lo stesso può essere per Israele: si può odiare il modo in cui esercita il suo dominio sui palestinesi senza ritenerne responsabili tutti i suoi abitanti, questo ripeto non è antisemitismo.
Lei potrà dirmi che purtroppo l’odio verso Israele è indistinguibile da quello verso gli abitanti: fra gli arabi sarà così, in Europa non credo, comunque chi non fa questa distinzione sì, è razzista. Ma si deve ammettere che i confini possano essere molto sfumati, ecco perché in certa parte son d’accordo con lei.

Cara Giovanna, forse il problema c’è perché Israele è “l’ultimo nato” in quel modo lì, quando da un bel po’ i popoli avevano smesso d’occupare le terre altrui.
Vediamo quel che è successo in Kossovo, dove la ormai minoranza serba ha dovuto cedere il passo agli albanesi, che razza di pasticcio ne è nato.
Parteggiare per Israele? Vedendo in che stato versano i palestinesi stretti fra tutti quegli insediamenti posti nel bel mezzo del loro territorio mi è impossibile.
Pasolini non parteggiava per nessuno, era convinto che fossero due popoli disgraziati entrambi, e scriveva nel ‘67, prima della guerra dei 6 giorni (in cui Israele rischiava la cancellazione) e molto prima che cominciasse la politica delle colonie in Cisgiordania.

Ciao Attento, ricordavo male. Personalmente temo che se fossimo nati in Cisgiordania saremmo stati anche noi preda dell’irrazionalità e del fanatismo: è una situazione infernale della quale secondo me tutti sono responsabili e vittime.

Io la penso e sento così, poi non ho mica la verità in tasca.

Giovanna ha detto...

Caro Nautilus, i popoli non hanno smesso di occupare le terre altrui nemmeno oggi, figuriamoci negli anni quaranta. Come è noto, oltretutto, Israele non è nata occupando terre altrui: la Palestina è stata suddivisa dagli inglesi su mandato dell'ONU, cosa che gli Stati arabi confinanti non hanno accettato. Già lo stesso giorno della sua nascita Israele è stata attaccata dai suoi vicini, i quali si sono anche opposti alla costituzione di un'entità nazionale palestinese. Il resto è stato un susseguirsi di guerre difensive contro la volontà araba di cancellare Israele dalla carta geografica. I guai dei palestinesi purtroppo sono stati causati dai loro confratelli, non da Israele.
Parteggiare per Israele, unica democrazia del Medioriente, significa parteggiare anche per la popolazione palestinese che da 60 anni è ostaggio dell'integralismo religioso e politico dei suoi leaders e della cultura del terrorismo. Significa preferire lo sviluppo e la pace al sanguinoso perpetuarsi
di irrealizzabili e pretestuose
rivendicazioni territoriali. Il problema delle cosidette colonie nasce dalla volontà di Israele di percorrere la strada del negoziato(infatti il Sinai è stato restituito all'Egitto quando quest'ultimo ha accettato di concludere un accordo di pace e lo stesso è accaduto per Gaza purtroppo con le conseguenze che conosciamo): per il diritto internazionale la disponibilità a negoziare e a cedere territori conquistati in azioni di guerra, oltretutto difensive, non è obbligatoria, ma rappresenta una prassi di civiltà in caso di rivendicazioni. (Noi non ci sogneremmo mai di chiedere la restituzione dell'Istria...) Sfortunatamente ciò che viene offerto non basta mai. Interessante nel merito questo articolo : http://www.israele.net/sezione,,1293.htm
Saluti.

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