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domenica 7 febbraio 2010

Se per Veronesi la fede oscura la ragione


 La filastrocca dell’incompatibilità tra scienza e religione sta diventando ripetitiva e provoca un senso di stanchezza. In certi casi, ormai il dialogo si rivela una pura perdita di tempo. Ma Umberto Veronesi è un uomo di grande levatura e pare impossibile che anche con lui si crei una simile incomunicabilità. Nessuno mette in discussione la legittimità di essere ateo o agnostico, tanto meno si può mancare di rispetto a una simile scelta, per esempio dicendo che l’ateismo impedisce di ragionare. Ma non è per una questione di galateo e di reciprocità che va evitata l’affermazione simmetrica: e cioè che la religione impedisce di ragionare. Va evitata semplicemente perché è falsa. Sarebbe falso affermare che l’ateismo impedisce di ragionare: basterebbe produrre l’esempio di tanti scienziati e pensatori atei che hanno ragionato e ragionano benissimo. È non meno falso affermare che la religione impedisce di ragionare e che scienza e fede non possono andare insieme. Anche in questo caso basterebbe una lista di scienziati credenti, gente che ragionava benissimo, senza cui la scienza neppure esisterebbe – una lista talmente lunga che una pagina di giornale non basterebbe a contenerla.
Non era forse un credente Keplero, al punto di motivare le sue leggi del moto planetario come espressione dell’armonia impressa dal Creatore al mondo? Spero a nessuno passi per la mente di dire che Galileo era ateo: se egli riservava alla mente umana lo studio della natura, lasciava il resto alla sfera religiosa. E che dire di Newton? Alla sua morte, venne scoperto un baule contenente una massa di manoscritti che rappresentava il 70% della sua produzione totale, dedicati all’alchimia ed alla teologia. In una memorabile conferenza letta nel 1946, il celebre economista John Maynard Keynes, che aveva acquistato all’asta questi manoscritti da tempo scomparsi – ora è disponibile in italiano il “Trattato sull’Apocalisse” –, diceva di essersi trovato di fronte all’«ultimo dei maghi» i cui «istinti più profondi erano occulti, esoterici», un «monoteista della scuola di Maimonide». Newton era un mistico, influenzato dal pensiero cabalistico, che portava queste sue convinzioni persino nella definizione di spazio (“sensorium Dei”). Non era forse un pensatore razionale? Senza la sua razionalità la scienza moderna semplicemente non esisterebbe.
La verità è che gli scienziati non credenti o atei sono stati sempre una ristretta minoranza. E questo persino nel periodo dell’Illuminismo francese, peraltro una breve parentesi dopo la quale di nuovo abbondano gli scienziati credenti, come Louis-Augustin Cauchy, cui certamente la religiosità non impedì di ragionare bene e di essere uno dei maggiori matematici dell’Ottocento.
Dice Veronesi che la religione è integralista mentre la scienza vive nel dubbio, nella ricerca della verità. Ma accoppiare la parola “integralista” alla religione è arbitrario. Essa si attaglia altrettanto bene a molti scienziati. Integralista è quella forma di religiosità che vede nel testo rivelato qualcosa di scritto direttamente dal dito di Dio e che va quindi preso alla lettera, in modo assolutamente testuale. Ma nell’ebraismo e nel cristianesimo le Sacre Scritture sono scritte da uomini e la rivelazione è mediata, per cui è fondamentale l’opera di interpretazione. L’esegesi biblica costituisce un’opera sterminata che ha accompagnato secoli di religiosità e che ha costituito una forma di pensiero razionale. Anzi, come è stato più volte osservato, questa attività di interpretazione ha rappresentato un esercizio di razionalità che ha favorito lo sviluppo dello spirito scientifico. Per spiegare (razionalmente) la presenza importante degli ebrei nella scienza moderna dopo la loro emancipazione, non occorre certamente evocare fattori razziali, ma proprio l’abitudine all’esercizio della ragione derivante dalla pratica intensa dell’esegesi biblica. I religiosi integralisti esistono certamente e li vediamo pullulare fra di noi, e spesso trucidare chi non crede alle loro verità, anche se curiosamente sono quelli verso cui si nutre la maggiore indulgenza. Ma esistono anche scienziati integralisti, quelli che si nutrono di un dogmatismo della scienza che si chiama “scientismo”, ovvero della pretesa senza fondamento che qualsiasi fatto possa essere ricondotto a una spiegazione basata sul metodo sperimentale o su un approccio matematico. Ma anche guardando al procedere della scienza si danno manifestazioni di dogmatismo. Il filosofo della scienza Thomas Kuhn, nel suo famosissimo “La struttura delle rivoluzioni scientifiche”, ha descritto la tendenza della scienza a cristallizzarsi attorno a un insieme di assunti (da lui detti “paradigma”) che la comunità ufficiale tende a difendere ad ogni costo, spesso con spirito dogmatico. Non sempre gli scienziati sono mossi dal bisogno di criticarsi e mettersi in gioco. Non di rado si chiudono in un atteggiamento di conservazione. Per cui il progresso della scienza spesso deve passare attraverso una rottura drammatica, un conflitto aperto di scienziati innovatori col paradigma dominante (la “rivoluzione scientifica”).
In conclusione, i dogmatici e le menti incapaci di ragionare liberamente esistono dappertutto. È inopportuno elevare contrapposizioni artificiose tra scienza e religione, che oltretutto non hanno alcun riscontro nella storia, e in particolare nella storia della scienza. Come disse Einstein, «la scienza senza religione è zoppa, la religione senza scienza è cieca». L’analisi razionale della natura è fondamentale, è lo sguardo che l’uomo porta verso il mondo che lo circonda; ma la scienza da sola non può sopportare il peso di tutte le richieste dell’uomo, in particolare delle domande che riguardano il senso del suo essere nel mondo o, se si vuole, di quella sfera che Kant chiamava il mondo morale e che sfugge a qualsiasi spiegazione naturalistica.



(Il Giornale, 5 febbraio 2010)

71 commenti:

Sara ha detto...

Vi è un'altra tipica prerogativa attribuita alla scienza che è il suo potere di affratellare i popoli, opposta alla naturale vocazione della fede a separare e dividere. L'idea di una razionalità che, finalizzata alla pura conoscenza, conduce con spontanea naturalezza alla pace, alla fratellanza, all'uguaglianza e non potrebbe essere altrimenti. Ricordo di aver partecipato un anno fa ad un brevissimo sit-in davanti alla facoltà di fisica, con un minuscolo gruppo di studenti israeliani, della facoltà di medicina i quali ritennero di manifestare il loro disappunto per la richiesta avanzata dall'Onda di boicottare (non è una novità) le università israeliane ecc ecc. E vero che la sceinza ti affratella,ma solo se la tua identità è supportata. Se invece si configura uno stato di non equipollenza, cioè un conflitto di identità non riducibili all'unità (dei popoli) ecco che la vocazione pacifista della scienza ti chiede di risolverlo quel confllitto, per il tuo stesso bene e non mancherà di assumersi la responsabilità di un boicottaggio pacifico, razionalmente affratellante, al solo scopo di affrancarti.
Cordiali saluti,
Sara

Andrea Viceré ha detto...

Al di là delle affermazioni di Veronesi, alle volte mi chiedo se questa presunta contrapposizione fra scienza e fede non nasca da un fraintendimento, e anche da un po' di ignoranza.
Spesso gli agnostici e gli atei sembrano condannare come irrazionale una religiosità che non è quella dei credenti ma è in realtà solo il deismo dei filosofi, cioè la pretesa di costruire una visione del mondo e della vita dell'uomo basata su assunti religiosi aprioristici, come l'esistenza di una entità superiore conoscibile a partire dalla sola osservazione del creato.
Le religioni rivelate sono invece basate sulla testimonianza di fatti che i fedeli considerano storici: la chiamata di Abramo e la liberazione dall'Egitto per gli Ebrei, cui si aggiungono per i Cristiani l'Incarnazione, Morte e Risurrezione di Gesù.
Sono solo questi eventi, testimoniati dai contemporanei e tramandati di generazione in generazione, che formano la base della fede, non le dimostrazioni filosofiche. Acutamente un prete una volta diceva che non credeva in Dio ma in Gesù; con ciò esprimendo che il Dio dei filosofi lo lasciava indifferente, ma piuttosto si riconosceva discepolo di un ben preciso maestro, nato e vissuto in un luogo e un tempo definiti.
L'equivoco col deismo del resto è anche piuttosto facile, quando si osserva che ancora i teologi sono tentati dal formulare "prove" dell'esistenza di Dio; e nei libri di catechismo delle elementari ritrovo ragionamenti basati sull'osservazione del creato per dedurne l'esistenza di un creatore, invero in contrasto con la vera religiosità ebraica o cristiana.
Questo detto, nonostante la facilità dell'equivoco, lo stesso trovo ingenue le posizioni di persone come Veronesi o Hack, che pure dovrebbero avere sufficienti strumenti culturali per comprendere il punto di vista dei credenti.
Non nego naturalmente ad alcuno il diritto di dubitare che gli eventi considerati storici dai credenti lo siano davvero.
Ma dato che non è possibile negarli con certezza, la coerenza scientifica dovrebbe trattenere sempre dal pronunciare giudizi definitivi e irriguardosi.
E se volessero essere razionali davvero, dovrebbe destare in loro qualche dubbio il fatto che nel mondo vi siano nonostante tutto delle persone, come i veri Santi o i Giusti, la cui azione alle volte eroica è davvero inspiegabile sulla sola base della razionalità.
Hai voglia ad invocare l'altruismo intraspecifico, per spiegarti un Don Bosco o una Madre Teresa!
Cordialità
Andrea Viceré

Myosotis ha detto...

Infatti - mi riferisco a quanto dice Andrea - Blaise Pascal ha scritto: "Dieu d'Abraham, Dieu d'Isaac, Dieu de Jacob, non des philosophes et des savants".
Comunque, mi hanno insegnato che la scienza cerca di rispondere alla domanda COME?, mentre la filosofia e la religione vorrebbero rispondere alla domanda PERCHE'? Mi sembra che questa distinzione fondamentale per non fare confusione sia sempre valida. Oltre al fatto che la scienza si occupa dell'immanenza, mentre l'ambito della fede è principalmente la trascendenza, come ha puntualizzato, tra i tanti, il prof. Zichichi. Galileo aveva ricordato quello che gli aveva detto argutamente un eminente ecclesiastico del suo tempo: che la Bibbia vuole insegnare ad andare in Cielo, non come è fatto il cielo.

Myosotis ha detto...

Dice Andrea: "...ragionamenti basati sull'osservazione del creato per dedurne l'esistenza di un creatore, invero in contrasto con la vera religiosità ebraica o cristiana". Non sono teologo, ma non mi sembra ci sia questo contrasto, altrimenti la fede mi sembrerebbe davvero in contrasto con la ragione. Voltaire ha scritto: "L'univers m'embarrasse / Et je ne puis songer / Que cette horloge existe / Et n'ait point d'horloger". Ecco: un ateo mi sembra uno che pensa che un orologio possa costruirsi da solo. Mi sbaglio? Lei, prof. Israel, come uomo di scienza e come esperto di ebraismo potrebbe chiarirci le idee? Grazie.

Myosotis ha detto...

Mi sono, poi, sempre piaciute le due quartine del Metastasio, che qualcuno ha trovato più efficaci di dieci volumi di teologia:
"Dovunque il guardo io giro,
immenso Dio, ti vedo:
nell'opre tue t'ammiro,
ti riconosco in me.

La terra, il mar, le sfere
parlan del tuo potere:
tu sei per tutto; e noi
tutti viviamo in te".
E' qui fuori dalla tradizione giudaico-cristiana il Metastasio?

GiuseppeR ha detto...

La rozzezza delle affermazioni di Veronesi (e compagnia bella) è sbalorditiva per la loro radicale e assolutistica negazione della sia pur minima possibilità di esistenza di una realtà trascendente. E' vero che l'ateismo può esser "rispettabile" ma non il suo perchè è pura ideologia negazionista che stabilisce a priori una gerarchia fra gli esserei umani in cui i "credenti" occupano un posto inferiore perchè non usano correttamente la "ragione". Ma per noi credenti la Fede è una "facoltà estrema della ragione" che ci dà la speranza di attingere a quel Mistero che per gli illustri scientisti non esiste punto. Peccato per loro che si rinchiudono volontariamente entro i confini del sensibile. Mi dispiace molto di più per i giovani che seguono il loro esempio, il loro orizzonte è inevitabilmente più limitato confuso e privo di buon umore.

paolo casuscelli ha detto...

Vorrei solo ricordare che noi tutti siamo in debito di riconoscenza verso il prof. Umberto Veronesi. C'è un prima e dopo di lui, nella medicina. Prima di lui, con un piccolo tumore al seno, si amputava e la fine era precoce. Dopo di lui, cioè dopo la scoperta della tecnica del linfonodo sentinella, molte donne vivono, spesso con un taglietto invisibile al seno.
Uno che ha saputo rincuorare migliaia di donne disperate, è un giusto che va benedetto, con tutte le sue castronerie illuministe.

Giorgio Israel ha detto...

Myosotis: definizione perfetta. La versione attuale sono le baggianate sulle proprietà "emergenti" nella teoria della "complessità".
Junco: e infatti mi pare di averlo trattato col massimo rispetto

shlomit ha detto...

La teoria che l'esegesi dei testi sacri giudaici e cristiani ha stimolato la razionalità scientifica è molto interessante, ma non spiega l'altrettanto oceanica (e altrettanto causidica e altrettanto, in certo modo, razionale) produzione esegetica musulmana che ha dato risultati lievemente diversi.

Giorgio Israel ha detto...

Perché il Corano è scritto direttamente dal dito di Dio (e non rivelato attraverso la parola degli uomini) e quindi non esiste né ermeneutica né esegesi del Corano. Esiste soltanto la spiegazione o il commento del testo.

shlomit ha detto...

Non so, mi pare un'affermazione un po' tranchante. Esempio terra terra: se in alcuni paesi arabi il Burqa è obbligatorio e in altri no, questo è il risultato di due diverse *ermeneutiche* del Corano.

Giorgio Israel ha detto...

Non direi proprio

shlomit ha detto...

Ok, vediamo se quest'altro esempio è più convincente: il fatto che qualsiasi esaltato di periferia possa ergersi a vero interprete del sacro testo, anzi possa autonominarsi imam è, ahimè, segno di un fin troppo libero approccio ermeneutico al Corano.

Nautilus ha detto...

Ciao Andrea Vicerè, veramente la Hack l’ho sentita io con le mie orecchie a “8 e mezzo” dire che fede e scienza non sono in conflitto perché appartengono a sfere diverse e che esistono numerosissimi scienziati credenti come altrettanti non credenti, entrambi i gruppi degni del medesimo rispetto.

Come dice Myosotys, la fede è un bisogno che alcuni hanno ed altri no di spiegare il PERCHE’: siccome la ragione umana non è adeguata per rispondere a questa domanda, ecco la necessità di cercare le risposte al di fuori di essa.
La ragione, più modestamente, cerca di spiegare quel che può essere spiegato, quel che è alla nostra portata, diciamo.

E’ poi vero come dice Attento che noi atei guardiamo con un certo senso di superiorità chi secondo noi crede ad alcune favolette create dall’umana specie per sfuggire alla disperazione del nulla; ma ugualmente credo che noi possiamo essere oggetto della stessa compassione da parte di chi ritiene di essere “un passo avanti” rispetto a chi “si rinchiude volontariamente entro i confini del sensibile”, che mi pare molto ben detto
Quindi quando diciamo che rispettiamo ciò in cui crede l’altro non è del tutto vero: rispettiamo il suo DIRITTO a credere e praticare ciò che vuole perché siamo persone civili e democratiche, ma ci sentiremo ugualmente diversi e “superiori” e inconciliabili, gli uni e gli altri.

Veronesi ha dato per scontato che la religione sia dogmatica e la scienza no e fin qui ha ragione: in effetti il fatto che ci siano scienziati dogmatici significa solo che sono cattivi scienziati, niente invece vieta di essere privi di dogmi nell’uso della ragione e contemporaneamente accettare i dogmi della propria religione, essendo due mondi completamente diversi. Ci saranno stati chissà quanti bravi scienziati che pure credevano nel comunismo, a suo modo una fede anche quella. E qui V. ha torto.

Giorgio Israel ha detto...

Lo è ancora di meno. Cosa c'entra con l'ermeneutica il comportamento di un pazzo di periferia?.... A questo livello, in qualsiasi contesto e con qualsiasi pretesto gli esaltati si fanno avanti. Ma non mi risulta che vi siano dissensi sulla sharia del genere della differenza che intercorre tra ebraismo ortodosso e ebraismo riformato. Oltretutto questo genere di divergenze riguardano soltanto in parte la interpretazione dei testi sacri.

shlomit ha detto...

Ammetterà che tra Tunisia (o Egitto) e l'Afghanistan dei talebani qualche differenza c'era...

GiuseppeR ha detto...

In questi casi quando si fa riferimento al "rispetto" mi trovo molto in difficoltà.

Come francamente ammette Nautilus, per un certo tipo di "ateo" il credente è uno sciocco che si è inventato delle storielle per combattere la paura della morte.

Questo non è "rispetto" e anche se i miei "diritti" fossero tutelati tutto questo non fa bene alla società perchè la mancanza di "rispetto" rende impossibile il dialogo.

Non tutti gli "atei" sono così, ci sono anche quelli che sentono la drammaticità della loro condizione che esclude la possibilità che la vita possa avere un senso e ne traggono tutte le conseguenze.

Che non sono necessariamente negative, anzi, meravigliose opere di letteratura, dell'arte della societàsono nate da questo sentimento di smarrimento che non esclude la compassione, la fantasia e la creatività ma addirittura può esaltarle (anche se atei sono pur sempre creature fatte ad immagine e somiglianza del nostro buon Dio!).

In questo senso li rispetto, e li accetto anche in posizione di leader.

Ma di fronte ad un Veronesi che mentre con una mano salva gli uomini a con l'altra cerca di dare in pasto ai nostri figli la ideologia totalitaria del nuovo scientismo, l'unica risorsa che mi resta è il perdono cristiano, non certo il "rispetto".

Luca T. ha detto...

Lei accenna fin dall’inizio dell’articolo alla “filastrocca dell’incompatibilità tra scienza e religione”. Lei appare molto infastidito da questa tesi e spesso sembra pensare, nonostante la stima tributata al dottor Veronesi, che si tratti appunto di una filastrocca ripetuta senza grande intelligenza. Tutta la teologia medioevale si è interrogata su questo tema e nonostante l’implausibilità di una risposta che implicasse all’ateismo, le posizioni erano piuttosto differenziate, ma questo non prova, tanto per eludere un equivoco, un legame di continuità diretto con la scienza moderna.
Vorrei porle alcune questioni riguardanti il suo stile argomentativo. Lei ricorda che sono esistiti tanti scienziati atei che hanno ragionato benissimo e tanti scienziati credenti che hanno ragionato altrettanto bene. Ma qui salta subito in mente un dubbio.
Il fatto che siano esistiti i credenti Keplero, Galileo e Newton non implica che essi ragionassero bene IN QUANTO credenti. La loro fede non era un ferro del mestiere, non era uno strumento necessario per dischiudere la cassaforte dei segreti della natura, era esterna al metodo. Certo che Newton era un pensatore razionale, ma fu il suo spirito mistico a fargli scoprire la legge di gravitazione universale (e non credo che basti dire che il concetto di legge naturale ha origine teologica)? E’ molto difficile e molto raro giudicare le persuasioni degli altri secondo il metro della pura correttezza delle argomentazioni. Certo che scienza e fede possono convivere, ma perché nel laboratorio il ricercatore si leva gli occhiali della volontà di credere e ragiona sui dati dell’esperienza. Analogamente possono convivere anche scienza e amore, scienza e omosessualità, scienza e fanatismo calcistico! Il problema sorge quando la fede vuole imporsi come luce suprema della ragione, come interna al metodo scientifico o all’ermeneutica: non sai leggere (o, versione mite, non sai andare fino in fondo) la natura o la Bibbia se non sei illuminato da Dio.
Spesso si è faziosi e ideologici e ci si affida, nascondendo lo scarso rispetto dell’originalità dell’altro dietro l’esigenza di risparmio cognitivo, a categorizzazioni prestabilite. Avrei potuto farlo anch’io tra l’altro, partendo dalla mia opinione secondo cui il giornale per cui le scrive è filogovernativo e complice di un progetto di occupazione della cultura tout court da parte della cultura spettacolare egemonica (evito di approfondire questa tesi). Ma vorrei non cadere nell’errore di cadere in questa fallacia. Non dico ad esempio che la fede danneggia la ricerca per principio, solo perché storicamente la Chiesa ha ostacolato il cammino della ricerca scientifica. Nemmeno voglio accodarmi a quelli che sollevano una crociata contro tutte le posizioni religiose ovunque appaiano, come se chi ha fede dovesse solo pensare ad andare a messa e pregare.
Lei ha tutte le ragioni quando spiega che non tutti i religiosi sono integralisti e che l’integralismo non una caratteristica propria solo dei religiosi, perché molti atei sembrano molto più dogmatici e arroganti dei credenti. L’ermeneutica biblica ha acceso l’acume e la sottigliezza dei credenti e ne ha anche laicizzato le menti; la straordinaria mobilità talmudica ne è un esempio.
Ma gli argomenti che chiamano in campo le auctoritates non valgono: Einstein avrà detto la frase che lei cita, ma ha detto anche questa: “La parola Dio per me non è niente di più dell’espressione e del prodotto delle debolezze umane, la Bibbia è una collezione di lodevoli, ma primitive leggende che sono abbastanza puerili”, precisamente nella lettera al filosofo Gutkind, il 3 gennaio del 1954. Che la scienza non possa rispondere da sola a tutte le domande dell’uomo è un’ovvietà indubitabile, che la scienza sia potenziata dalla fede mi permetto di dubitarlo. Beninteso, senza collera positivista, ma con “garbato scetticismo”.

GiuseppeR ha detto...

Il critico e garbato post di Luca T. mi ha indotto a rileggere l'articolo del professore "Florenskij e l'infinito" dell'1 novembre, che si trova più giù. E vi ho trovato, con soddisfazione, molte risposte.

Giorgio Israel ha detto...

Mi permetto di aggiungere "Il rapporto tra scienza e religione di fronte alle sfide della postmodernità", scaricabile dal sito http://giorgio.israel.googlepages.com/pubblicazioniscientifiche.
Qualche osservazione. Non mi sono mai sognato di dire che Keplero etc. ragionassero bene IN QUANTO credenti. Questa sarebbe la tesi rovesciata di Veronesi. Ho detto che è falso che ragionassero male in quanto credenti, perché la religione impedirebbe di ragionar bene (questa è la tesi testuale di Veronesi).
Ho aggiunto che religione e scienza non sono incompatibili, non che le conquiste della seconda derivino dalla prima. Ma certo, è difficile negare che spesso le riflessioni nel primo ambito si sono intrecciate con quello del secondo e l'hanno influenzato (e viceversa).
Newton non ha scoperto la legge di gravitazione per via sperimentale ma come ipotesi concettuale (cfr. l'analisi di Koyré di "hypotheses non fingo"). Poi (cfr. Scholium generale e la celebre lettera a Bentley) ha sostenuto che l'attrazione gravitazione nel vuoto è cosa tanto assurda che poteva soltanto avere spiegazione in una proprietà occulta della materia o nell'azione di Dio: da qui (anche) il suo interesse per alchimia e teologia. Inoltre, Newton ha sostenuto che la stabilità del sistema solare era garantita dall'azione del Divino Operaio, altrimenti le perturbazioni l'avrebbero distrutta, introducendo così direttamente un elemento teologico nel sistema (nel Settecento c'è stato un furibondo dibattito tra newtoniani e leibniziani sul tema). E se non è teologica la definizione di spazio assoluto ("sensorium dei") non so quale lo sia: e non si tratta di un orpello secondario.
Non chiamo in campo le autorità. Ho soltanto citato una frase che ritengo ragionevole e che dimostra la religiosità di Einstein, che non è inficiata dall'altra frase. Anzi le due sono perfettamente coerenti: Einstein era fermamente contrario a una religiosità personalistica, era un panteista di tipo spinoziano, il che non vuol dire ateo. Che panteismo sia sinonimo di ateismo è un argomento ignorante da integralisti religiosi fanatici (usato contro Spinoza...) e da integralisti atei impertinenti.
Infine, non ho mai detto che la fede "potenzia" la scienza. Dico piuttosto che, a parte le evidenti interazioni e influenze reciproche, la scienza non può coprire ogni aspetto della riflessione e del pensiero umano e che esistono aspetti che le sfuggono. Questo perché non credo, e con argomenti che ritengo validi e che ho difeso in libri e articoli, che il naturalismo sia fallace. Sono in buona compagnia nel sostenerlo, il che non vuol dire che abbia ragione, ma anche che non si tratta di posizioni liquidabili con una dichiarazione alla stampa.

Giorgio Israel ha detto...

P.S.
Apprezzo molto il suo astenersi da categorizzazioni pregiudiziali su dove scrivo, ecc. Lo apprezzo perché - ci si creda o no - sono persona indipendente che scrive dove trova spazio: ora su Giornale, Messaggero, Foglio, Tempi, raramente sul Corriere della Sera, mai sulla Repubblica che ha ospitato negli ultimi anni soltanto un insulto da querela nei miei confronti. Ho fatto parte di una commissione ministeriale col governo Prodi e ora di una con questo governo. Chi avesse la pazienza di leggere qualche mio articolo si renderebbe conto che quando non sono d'accordo con certe scelte, non lo mando a dire. Apprezzo che il Giornale mi abbia dato questa libertà. Nella mia lunga militanza di sinistra ho appreso che quando si sgarra di un centimetro dalla fedeltà ai paradigmi culturali ritenuti non negoziabili si finisce fuori e proscritti. Questa è l'unica occupazione della cultura che ho conosciuto e me ne dispiace molto perché non rinnego nulla della mia storia, e non penso che sia un bene per il paese una situazione del genere. Questo tanto per la chiarezza. Perché fino a che collaboravo con il ministero Fioroni ero circondato di stima. Da quando ho potuto fare qualcosa con questo ministero - e qualcosa che io e tutta la mia commissione, tutt'altro che composta di persone di destra, rivendichiamo - sono considerato un essere abbietto, degno di essere offeso e isolato in tutti i modi, indipendentemente da quello che dice. "Cosa ti aspettavi se non questo facendo la scelta di collaborare con questo governo?", mi ha detto in faccia un collega giorni fa. Questo per dire che apprezzo il suo tono e il rifiuto di imbarcarsi nelle scomuniche.

DarwinCarlo ha detto...

L'argomento, come sottolinea bene Israel, provoca davvero un "senso di stanchezza". Sono un biologo, non credente, e sento ripetere le stesse cose da anni. Tuttavia mi rendo conto che l'argomento sia emotivamente impegnativo, e quindi è giusto che di quando in quando se ne riparli.
Volevo aggiugere una riflessione. Spesso si ignorano gli aspetti psicologici del tema scienza-fede. Non si può discutere di "fede" e "scientismo" se non si accetta il fatto che l'umanità è ditribuita su una gaussiana, dentro la quale si trovano (e sempre si troveranno) tutte le sfumature dei nostri più intimi desideri, le pulsioni, le paure. Per esempio, io sono uno scienziato, mi occupo di oncologia molecolare. Per me (e non solo per me...) un tumore è il risultato di una anomalia nel funzionamento di una o più delle componenti che regolano la vita di una cellula. Punto. Ma mi rendo conto che (nella gaussiana) questo non basta per tutti. Un tumore può essere una punizione, un messaggio divino, una prova di fede... Io lo accetto, non potrò mai illudermi che tutti i miei simili si convincano di ciò che credo io. La nostra psiche è complessa, esigente, lunatica, difficile da gestire. A me bastano la scienza, la musica, l'arte, la letteratura per amare il mondo. Non ho bisogno di Dio. Tuttavia non ho problemi ad ammettere che la religione sia, per molti, una parte essenziale dell'esistenza. Finchè si convive in pace, va bene.
Il brutto viene quando qualcuno decide cosa è giusto per me (o per voi). E purtroppo, nel nostro paese, accade spesso.

Myosotis ha detto...

Essere conformisti, seguire la corrente, prof. Israel, è molto comodo, riposante. E serve talvolta a coprire le magagne che, piccole o grandi, tutti abbiamo. E' per questo che c'è tanto conformismo nel nostro paese. Ma vuol mettere la soddisfazione, la gioia di essere sé stessi, di dire ciò che si pensa, in una parola di essere liberi e veri a costo di andare controcorrente? I grandi che hanno fatto la storia o che, semplicemente, hanno dato un modesto, quasi sempre oscuro, contributo al suo progredire non sono mai stati conformisti.

Nautilus ha detto...

Vorrei riprendere una frase di DarwinCarlo:”Finchè si convive in pace, va bene.”
Questo è quel che conta, e convivere in pace vuol dire rispettare il diritto degli altri a praticare le proprie credenze e seguire le proprie convinzioni.
Ci può poi essere del rispetto o della commozione anche per manifestazioni di autentica religiosità di cui alcuni uomini sono capaci.
Se per “rispetto” s’intende invece accettare che le altrui idee, fedi o ideologie abbiano lo stesso valore delle nostre, allora questo non è possibile: un conto è l’esercizio della tolleranza o dell‘amore per i diversi da te, un altro è pensare che concezioni della vita diversissime dalle nostre siano ugualmente valide e vere e accettabili.
La “sufficienza” con cui un ateo può guardare un cattolico non è dissimile da quella con cui costui guarderà un adepto di riti voodoo, l’origine (lo scetticismo) è la stessa e non è eliminabile.
Però Attento, diverso è il giudizio su ogni singolo, si può esser scettici sulla sua fede e non apprezzarlo meno per questo, proprio perché la religione attiene a una sfera del tutto particolare degli esseri umani, indipendente da tutte le caratteristiche che rendono una persona stimabile: bontà, intelligenza, rettitudine, cultura, tolleranza ecc.ecc., è la presenza o meno di queste qualità che rende possibile il dialogo, non le rispettive concezioni del mondo.

GiuseppeR ha detto...

Vorrei precisare a Nautilus che non si può dialogare chi ti considera un imbecille, magari commuovente, ma sempre un imbecille. Il "rispetto" non è compassione e neanche una questione di buone maniere, ma la è la volontà manifesta di prenderti sul serio per quello che pensi. Se credi che il "quieto vivere" può bastare ti sbagli, senza una volontà di dialogo le contraddizioni prima o poi esplodono.

A Carlo Darwin vorrei osservare che se a lui "bastano la scienza, la musica, l'arte, la letteratura per amare il mondo" difficilemnte potrà fare a meno di un riferimento a una qualche forma di trascendenza a meno che, in analogia con i tumori oggetto dei suoi studi, la musica non sia definibile solo come "vibrazioni del mezzo di conduzione con caratteristiche di ampiezza e frequenza diverse" e la letteratura "un insieme di segni impressi con l'inchiostro su un supporto cartaceo". Bisognerebbe cercare di spiegare la loro presa sul nostro cuore ma, dimenticavo, il cuore è solo un "pompa". In effetti mi capita di ripetere questi concetti quasi quotidianamente ed anch'io avverto un "senso di stanchezza"...

Giorgio Della Rocca ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Gianfranco Massi ha detto...

Nel suo libro “Galileo Eretico” lo storico Pietro Redondi ( prima edizione Einaudi 1983) ha sostenuto la tesi che il gesuita Orazio Grassi, contemporaneo dello scienziato, inviò una lettera anonima e senza data di denuncia di eresia atomistica (non copernicana!) del Saggiatore. Indipendentemente dalla vicenda narrata dall’ autore, ben ambientata nella Roma del 1624 – anche se credibilmente romanzata – , vorrei porle la seguente domanda:
le sembra possibile che Galileo non abbia presentito che quella teoria corpuscolare della luce fosse il primo passo per spiegare “una delle più recondite e difficili questioni della natura”? Così come l’ intuizione del calore come movimento dei corpuscoli di una sostanza. Insomma si trattava dei primi balbettii di una teoria atomica della materia. Poteva sfuggire in quegli anni di massima severità degli scrutatori del Sant’ Uffizio ? Secondo me lo scienziato Galileo non poteva porsi queste domande.
Gianfranco Massi

Giorgio Israel ha detto...

Questa, come altre, è rimasta alla stadio di ipotesi. La questione è ancora aperta e bisognerà attendere che tutti gli archivi siano disponibili. Ma comunque le ragioni per la condanna vi sono ampiamente, atteso il clima dell'epoca, che vide tutti i maggiori scienziati sotto accusa, da Cartesio a Copernico, da Newton a Galileo. Per il resto, non possiamo fare la storia con "non può non essere che".

Giovanna ha detto...

Caro Attento, ciò che ostacola quel ”Finchè si convive in pace, va bene” di DarwinCarlo
non è soltanto il discredito nei confronti del credente da parte di alcuni atei, ma anche la pretesa di alcuni credenti di ritenere impossibile che chi non crede davvero non creda, a volte con l'aggravante del sarcasmo come nel tuo caso. Accettare di buon grado e con rispetto che si possa non credere ad alcuna forma di trascendenza fa parte delle regole di quella convinvenza pacifica che in parecchi di questi commenti si auspica. La presenza in ogni individuo della cosidetta spiritualità non basta a dimostrare l'esistenza di Dio: sentimenti, emozioni, cognizioni e memoria trovano spiegazioni molto convincenti nell'ambito della fisiologia umana. Ateismo non è sinonimo di nichilismo.

Giorgio Israel ha detto...

Quello che lei dice è ragionevole e condivisibile, salvo un punto: non è per niente dimostrato che emozioni, cognizioni e memoria trovano spiegazioni molto convincenti nell'ambito della fisiologia. Per ora si può dire il contrario: e cioé che non esiste alcuna spiegazione convincente. Altrimenti, ricominciamo con l'Hybris dall'altra parte.

Lucio ha detto...

Professore professore ...

Giovanna dice che sentimenti, emozioni, cognizioni e memoria trovano spiegazioni molto convincenti nell'ambito della fisiologia umana

non che non è per niente dimostrato che emozioni, cognizioni e memoria trovano spiegazioni molto convincenti nell'ambito della fisiologia

Sono due cose ben diverse. Quel che convince Giovanna, e molti altri, non e' detto che convinca lei. Se cerca una dimostrazione allora no, non ci siamo ... ancora.

Ho appena concluso la lettura del libro-dibattito di Ricoeur e Changeux, mentre lei ... si dilettava con Dan Brown. E' senz'altro una lettura stimolante, anche se non priva di prolissità' in taluni punti (immagino che, se a discutere fossero stati due intellettuali anglosassoni, ne sarebbe uscita un'opera più' esile con un linguaggio più' semplice e gli stessi contenuti). E' interessante notare come i due autori, pur partendo da posizioni personali in forte contrasto, riescono a trovare spunti di consenso e di accordo notevoli a livello dialettico. Come, ad esempio, nell'ultima parte, dove parlano del ruolo dell'arte nello sviluppo umano. Mi sembra anche che Ricoeur sia più' attento all'uso corretto del linguaggio ed alla corretta definizione dei termini, piuttosto che alle questioni di sostanza. Personalmente, mi ritrovo in pieno nella posizione di Changeux, che mi pare di grande coerenza scientifica e grande chiarezza concettuale. Dalle sue osservazioni emerge un quadro molto chiaro di come la scienza affronti le questioni trattate storicamente dalla filosofia e dalla religione. Non esiste nel pensiero, o nell'approccio, scientifico la pretesa di spiegare tutto hic et nunc, ma non esiste nemmeno un limite che la scienza si ponga aprioristicamente, quasi un confine scontato oltre del quale non si va. Che un limite ci sia e' ovvio, semplicemente perché' i fenomeni e le domande cui la scienza ha risposto con piena soddisfazione intellettuale non coprono tutto quello che osserviamo e tutte le domande che ci poniamo. Ma tutto quello che possiamo dire (e solo in modo approssimato) e' dove sta il confine al momento attuale, non sappiamo dove questo confine si sposta e quali fenomeni (naturali, fisici, mentali od altro - compreso il libero arbitrio) cadranno prima o poi al suo interno. Tutto sommato, escludere che certe cose possano mai venir spiegate in modo scientifico e' un atto di fede, cosi' come e' un atto di fede la posizione opposta, cioe' credere che si possa arrivare a tutto con la conoscenza scientifica. Anche sull'esistenza di Dio, lo stesso Russell, che e' un po' il "vate" del razionalismo antidogmatico e, per estensione, dell'ateismo, alla domanda se si considerasse ateo od agnostico rispose, con la sua impagabile ironia, che se a porgli la domanda fosse stato un filosofo, che conoscesse bene il significato dei due termini, avrebbe risposto di essere agnostico, perche' una dimostrazione razionale della non esistenza di Dio non e' conseguibile. Se a porgli la domanda fosse stata invece una persona non bene indottrinata sulla differenza tra ateismo ed agnosticismo, avrebbe detto semplicemente di essere ateo. Voglio dire: nemmeno il piu' ateo degli atei nega con certezza assoluta l'esistenza di una realta' non riconducibile al mondo naturale ed alle spiegazioni scientifiche; la differenza sta forse nel non pronunciarsi laddove le spiegazioni scientifiche non sono ancora arrivate. E, per dirla con Changeux, semplicemente continuare a studiare e ad allargare quel confine di cui dicevo prima.

Mi perdoni l'estrema lungaggine. Se per bilanciare devo stare in silenzio per qualche settimana lo faro'.

Cordialmente, Lucio Demeio.

vanni ha detto...

Egregio Nautilus, Lei dice che: << La “sufficienza” con cui un ateo può guardare un cattolico non è dissimile da quella con cui costui guarderà un adepto di riti voodoo... >>. Se capto in queste sue parole una sottile perfidia, posso essere tacciato di latente razzismo? Ad majora!

Myosotis ha detto...

Come si vede dai numerosi e appassionati interventi in questo blog, il tema scienza-fede è molto sentito, anche se, secondo me, improponibile dal punto di vista logico, essendo essenzialmente diversi gli àmbiti. Tutto deriva, credo, dall'enorme prestigio di cui gode la scienza, vista come la sola che possa dare all'uomo risposte vere e certe. Mi pare che Lei, invece, tenda a smitizzare non tanto la scienza quanto gli scienziati, persone limitate e fallaci come tutti i comuni mortali.
Ora mi permetta un rilievo che non c'entra niente con questo discorso: quella foto in cui Lei è seduto vicino a Giuliano Ferrara dà l'impressione di un'inimicizia che quasi certamente non c'è. Ma sa, siamo abituati a giudicare dalle immagini...
Un'ultima cosa: non vedo nel blog un'informazione anticipata relativa alle conferenze, dibattiti o convegni a cui Lei partecipa, e a cui piacerebbe, credo non solo a me, partecipare come uditore. Possibile colmare la lacuna? Grazie.

Nautilus ha detto...

Caro Attento, è fin dall’inizio di questa discussione che viene dato per scontato questo assunto: è dimostrato che uomini di grande valore e profonda intelligenza possono essere sia credenti che no, essendo quindi il possesso della fede evidentemente indipendente da tutte la altre loro qualità.
Però, non mi voglio nascondere dietro un dito, credo sia inevitabile che un ateo si domandi come questo sia possibile. Ciò significa considerare un “imbecille” ogni credente, fosse pure Einstein o Cauchy o Florenskij?
Per te evidentemente sì, è questo che senti. Non so, so però che ho cari amici credenti e non li considero certo imbecilli, di questo son sicuro.
Poco tempo fa ho assistito a un pubblico dibattito su questo argomento, c’erano un rabbino, un prete e due prof. universitari, l’uno matematico e ateo, l’altro biologo e credente. In effetti proprio il biologo si è trovato presto a disagio: aveva la difficoltà di spiegare all’uditorio come mai lui, uomo di scienza, fosse fervente cattolico. A tratti sembrava quasi doversi scusare di ciò, e si accorava sempre di più, non trovava le parole. Eppure si capiva che la fede gli sgorgava dall’animo e nessuno si è sognato di trovarci niente da ridire…era lui che cercava delle giustificazioni, segno che avvertiva una contraddizione di fondo da dover spiegare.
Alla fine il sottoscritto si è permesso una piccola battuta venata di scetticismo sulle religioni: il rabbino (meravigliandomi) è uscito in una franca risata, il biologo s’è offeso. Il primo non si è sentito trattato da imbecille, il secondo sì. La morale? E chi lo sa…

Giorgio Israel ha detto...

A Myosotis.
Francamente, non soltanto non c'è inimicizia, ma il contrario. Pensavo che quella foto lo dimostrasse. Visto che appare il contrario, la tolgo su due piedi!....
Accolgo l'invito a colmare la lacuna, anche se, in questo periodo non partecipo altro che a pochissime conferenze o altro, perché sto scrivendo un libro e ho molta didattica.

Giorgio Israel ha detto...

Professor Demeio, professor Demeio...
La logica innanzitutto...
Se lei ipotizza la verità di un teorema e non lo dimostra, io ho diritto di dire che, al momento, non esiste prova che sia vero, e quindi che il teorema non ha alcun diritto di cittadinanza. Lei non ha il diritto di dire che "ci crede".
Se non sul piano delle fede, del tipo di quella religiosa. Ma con l'aggravante che non fa riferimento a un mondo extra-fattuale.
Insomma, allo stato dei fatti, nessuno ha il diritto di dire che "emozioni,cognizioni e memoria trovano spiegazioni molto convincenti nell'ambito della fisiologia", per il semplice motivo che è falso.
Può dire che ci crede, allo stesso grado con cui si crede nella trasmigrazione delle anime.
Per parte mia, invece, se dico che, allo stato, questa affermazione non è provata e quindi non ha diritto di cittadinanza nel mondo scientifico, assumo una posizione razionale.
È asimmetrico, lo so, ma non c'è niente da fare.
Il guaio è di chi vuol far passare per scienza un wishful thinking.
Per restaurare la simmetria, dovrei essere anche io a dire che "credo" che quella affermazione sia falsa.
Ma mi guardo bene dall'assumere una posizione del genere!...
Potrei fare un passo avanti, ma con l'obbligo della prova, così:
1) dimostrare che l'asserzione che esista una spiegazione convincente, ecc. è un'ipotesi di un genere molto particolare (in un senso descritto da Husserl), ovvero un'ipotesi che resta eternamente tale, in quanto è soggetta a continua verifica e quindi può avanzare soltanto sul terreno pragmatico ma è assolutamente indimostrabile in termini apodittici. Questo credo che sia possibile provarlo. (N.B. non tutte le ipotesi sono di questo tipo, la scienza non è questo, numerosi risultati scientifici sono stati dimostrati definitivamente).
Oppure fare un altro passo avanti:
2) Dimostrare che è "a priori impossibile" ricondurre emozioni, ecc. a fatti fisiologici. Questo è molto più ambizioso e difficile.
Lei stesso enuncia la 1) e vi aderisce. Ma forse non si rende conto che, in questo modo, ha messo in mora il riduzionismo materialista. E su questo forse siamo più d'accordo di quanto sembri.
Dove sono certo che sbagli è quando dice che anche il più ateo degli atei, ecc. Ma quando mai? Non legge sui giornali le dichiarazioni dei membri dell'UARR? Ha letto Dawkins? Il mondo pullula di persone che proclamano come verità evidente e indiscutibile che nulla esiste al di fuori del mondo materiale e delle spiegazioni fisiche e che chi solleva il minimo dubbio in senso contrario è un irrazionalista, bigotto, becero e medioevale. Sono felice che lei non sia una di queste persone. Ma, per favore, non edulcori la realtà, non serve a niente.

Caroli ha detto...

Sulla "inferiorità" di noi credenti si è costruito il mostro dell'"homo sovieticus", parto di un sistema ateo che, proprio in quanto ateo, aveva l'umano come primo nemico. L'atteggiamento del sig. Veronesi (non "professore", non ha nulla da "professarmi", costui) non è diverso da quello di lenin, stalin, hoxha, breznev.

GiuseppeR ha detto...

Mi dispiace che Giovanna pensi che io abbia parlato con "sarcasmo". In realtà voleva essere il sorriso ironico che mi scappa tutte le volte che qualcuno voglia applicare il metodo scientifico per spiegare come "sentiamo" l'arte, i sentimenti e l'amore. Forse C. Darwin non non intendeva questo e speravo di sucitare una smentita, pazienza.

Non penso assolutamente che non sia possibile "non credere", sostengo però che non è possibile non percepire un inspiegabile "mistero" e che la fede incrollabile in una nostra capacita di cancellarlo totalmente è, nella ipotesi più blanda, qualcosa di "buffo". Mi sembra un attegiamento ben diverso dal dileggio che è invece diffusamente usato verso il credente "mente debole" e "credulone".

Mi piacerebbe avere a che fare invece con l'"agnostico" di cui parla Demeio, cioè colui che, per modestia, si ferma entro i limiti della materia. Ma se il signor "agnostico" aggiungesse che è in assoluto una bischerata cercare di oltrepassarli con la Fede non mi piacerebbe più perchè negherebbe una realtà che qualifica fortemente la mia esistenza e mi sentirei rifiutato per quello che sono.

Secondo Nautilus non dovrei prendermela più di tanto. Fa l'esempio del rabbino e del laico. Vorrei dirgli che sono un credente di non lontana conversione e che, in effetti, posso soffrire della passione del neofita. Non posso paragonarmi neanche lontanamente ad un rabbino che dall'alto di una millenaria storia di persecuzioni e intolleranza è capace di accogliere la sua impertinenza come io potrei accettare una sua innocente battuta di spirito.

Lucio ha detto...

Professor Israel,

la sua risposta stimola molte osservazioni che non manchero' di proporre. Ma per ora una sola cosa:
mi chiede se ho letto Dawkins? Ma certo che l'ho letto! E continuero' a leggerlo! Forse (per favore, lo interpreti senza volonta' polemica) non l'ha letto lei: tutto quello che dice e' che "there is no evidence" di un mondo soprannaturale, non c'e' nessuna affermazione che devii in modo significativo da una posizione squisitamente agnostica, se non strettamente personale (li', siamo tutti liberamente apodittici).

Alla prossima,
Lucio Demeio.

Andrea Viceré ha detto...

Caro Nautilus,

per chiarire perché citassi la Hack; in un suo libro "L'universo del terzo millennio", edizioni BuR, la Hack scriveva
"... è mia opinione che uno scienziato che fosse rigorosamente coerente dovrebbe essere agnostico".
Affermando così, a me pare, che scienza e fede possono coesistere in una stessa persona solo a patto che essa sia in sé divisa in sezioni non comunicanti, una sorta di schizofrenia; ma nell'uomo sano invece tutto si tiene, e a me piace sperare che scienza e fede possano coesistere senza ricorrere alla resezione del corpo calloso.

Cordialmente

Andrea Viceré

Giorgio Israel ha detto...

Caro Lucio Demeio, Dawkins non soltanto l'ho letto, ma l'ho recensito. E mi lasci dire per una volta una cosa pesante: che è il prototipo di un perfetto imbecille, oltre che manifestamente un ignorante crasso.

Giovanna ha detto...

Ha ragione il prof. Israel quando afferma che le "spiegazioni" di sentimenti, emozioni, cognizioni e memoria non costituiscono dimostrazioni scientificamente esaustive. Tuttavia, accanto agli studi di neuroscienze che andrebbero illustrati dagli addetti ai lavori, fanno riflettere anche alcune semplici esperienze alla portata di tutti: sostanze chimiche (farmaci antipsicotici o droghe) e lesioni dell'area frontale modificano non solo gli stati d'animo ma anche la memoria, le capacità cognitive e le caratteristiche della personalità. Spesso a un non credente capita di sentirsi dire che suo malgrado in realtà non può fare a meno di credere per il solo fatto di possedere una dimensione spirituale. Ma se etimologicamente il termine spirituale rimanda a ciò che concerne lo spirito, l’anima, nell’accezione comune sta ad indicare semplicemente la coscienza. Astenersi dal fare supposizioni metafisiche circa un senso finale non significa non essere consapevoli dei limiti dell’umana conoscenza o del mistero dell’esistenza. La spiegazione religiosa valica i limiti empirico-sensibili grazie ad un atto di fede, la scienza lo fa sperimentalmente un passo alla volta: nel corso dei secoli sono state man mano riportate nell'ambito dell'immanenza moltissime interpretazioni mitologiche o dogmatiche trascendentali. Il che non significa credere che grazie alla scienza verrà svelato ogni mistero.

Lucio ha detto...

Caro professore,
su Dawkins ho scritto una frase un po' avventata, lo rimetto subito nel posto che gli compete, cioe' tra gli atei. Ma non ritiro l'altra parte della frase, cioe' che nemmeno il piu' ateo degli atei puo' ... etc.
Che Dawkins sia un imbecille ed un ignorante crasso e' un'opinione sua personale, che non condivido affatto. Pero' detta da lei mi incuriosisce: infatti, sto ancora aspettando la lista delle castronerie che mi aveva annunciato qualche mese fa in un post precedente. Forse stanno sulla recensione di cui parla, allora se mi potesse indicare dove trovarla ne sarei felice.

Cordialmente, Lucio Demeio.

Myosotis ha detto...

Per fare dell'umorismo, che mi sembra un po' carente negli interventi di questo blog, si potrebbe dire che "le vie del Signore sono infinite, è la segnaletica che lascia un po' a desiderare" (virgolette perché la battuta non è mia).
Comunque per me sarà sempre vera l'opinione di Jean Guitton: l'ateo ha molte ragioni per considerare la vita assurda, mentre per il credente la vita è un mistero (Jean Guitton, L'Absurde et le Mystère, Ce que j'ai dit à François Mitterrand).

Nautilus ha detto...

Prima di tutto un saluto a Lucio! Proprio ieri mi domandavo dov'eri, eccoti qua!

Poi a Vanni: "Sottile perfidia"? Tu dici? Mah...in realtà cercavo un esempio di credente che anche Attento potesse guardare con sufficienza, tutto lì. Però l’accenno al razzismo è pertinente. E’ tutto così complicato…
Sai com'è Vanni, vorrei evitare ipocrisie su quel che penso davvero e nel contempo non offendere nessuno, ma con la religione è quasi impossibile.

Caro Andrea, hai ragione. Probabilmente in TV la Hack ha preferito andare sul politicamente corretto, per collocarsi in una posizione inattaccabile, sul libro invece ha scritto il suo pensiero più profondo. Come vedi, si torna sempre lì, per l‘ateo il credente è incomprensibile. E se aggiungessi per cortesia “con tutto il rispetto” ha ragione Attento, “ma rispetto de che…”

Attento, qui siamo di fronte a un atteggiamento speculare: il vero credente non capisce come non si possa credere, quindi pensa che anche gli atei in fondo in fondo…lo stesso succede all’ateo, non capisce ecc.ecc. La reazione però è differente, l’ateo si può infastidire per l’insistenza con cui gli viene attribuita una fede nascosta e negata, il credente invece si sente considerato “un imbecille” e oggetto di dileggio, come dici tu. Come mai? Forse perché per i non credenti meno sofisticati (quasi tutti) la religione viene accostata alla superstizione, con tutto quel che ne consegue.
Come se ne esce? Forse con la tolleranza e magari offrendo l‘altra guancia, la grande lezione di Gesù: quel rabbino ha capito che gli davo dell’”imbecille” (sia pure metaforicamente) e mi ha sorriso cordialmente, conquistandomi. Per me sarà pure un credente, ma è un grand’uomo.

Nautilus ha detto...

Prima di tutto un saluto a Lucio! Proprio ieri mi domandavo dov'eri, eccoti qua!

Poi a Vanni: "Sottile perfidia"? Tu dici? Mah...in realtà cercavo un esempio di credente che anche Attento potesse guardare con sufficienza, tutto lì. Però l’accenno al razzismo è pertinente. E’ tutto così complicato…
Sai com'è Vanni, vorrei evitare ipocrisie su quel che penso davvero e nel contempo non offendere nessuno, ma con la religione è quasi impossibile.

Caro Andrea, hai ragione. Probabilmente in TV la Hack ha preferito andare sul politicamente corretto, per collocarsi in una posizione inattaccabile, sul libro invece ha scritto il suo pensiero più profondo. Come vedi, si torna sempre lì, per l‘ateo il credente è incomprensibile. E se aggiungessi per cortesia “con tutto il rispetto” ha ragione Attento, “ma rispetto de che…”

Attento, qui siamo di fronte a un atteggiamento speculare: il vero credente non capisce come non si possa credere, quindi pensa che anche gli atei in fondo in fondo…lo stesso succede all’ateo, non capisce ecc.ecc. La reazione però è differente, l’ateo si può infastidire per l’insistenza con cui gli viene attribuita una fede nascosta e negata, il credente invece si sente considerato “un imbecille” e oggetto di dileggio, come dici tu. Come mai? Forse perché per i non credenti meno sofisticati (quasi tutti) la religione viene accostata alla superstizione, con tutto quel che ne consegue.
Come se ne esce? Forse con la tolleranza e magari offrendo l‘altra guancia, la grande lezione di Gesù: quel rabbino ha capito che gli davo dell’”imbecille” (sia pure metaforicamente) e mi ha sorriso cordialmente, conquistandomi. Per me sarà pure un credente, ma è un grand’uomo.

Lucio ha detto...

Contraccambio i saluti a Nautilus! Il blog ho sempre continuato a seguirlo; quanto ad intervenire, dipende sempre da tanti altri fattori ...

Vorrei dare una risposta parziale alla parte filosofica del commento del prof. Israel. Non sono capace di sintetizzare come riesce a fare lei, quindi mi limito a due punti.

Cominciamo dai teoremi. Non e' vero che fin tanto che un teorema non e' dimostrato non ho il diritto di dire che "ci credo". Lei sa meglio di me come funziona la matematica. La dimostrazione e' sempre preceduta da un'intuizione, in un senso o nell'altro e, in attesa della dimostrazione, si dice che si ha una congettura, e su molte congetture i matematici, pur ancora privi della dimostrazione rigorosa, hanno argomenti che li fa "credere", in un senso o nell'altro. E le congetture hanno tutto il diritto di cittadinanza che vogliamo, fanno parte integrante del lavoro di ricerca in matematica. Con questo significato, ho tutto il diritto di dire che "ci credo", ed e' un credere molto lontano dalla fede religiosa, anche perché' sono pronto ad inchinarmi di fronte ad una prova rigorosa che la contraddica.
Mi viene in mente un esempio, che e' una mezza trappola. Secondo lei, l'ultimo teorema di Fermat e' acquisito come verità' apodittica oppure no?

Questo discorso e' ancor più' pronunciato ed evidente nelle scienze naturali, fisica compresa. Li', davvero non c'e' nulla di apodittico, nemmeno nelle zone più' permeate dalla matematica, come la meccanica newtoniana o l'elettromagnetismo. Solo il rigore della dimostrazione matematica può' rendere un risultato apodittico. Nelle scienze naturali il percorso e' invece diverso, costruiamo teorie e modelli per spiegare i fenomeni naturali e prevederne altri, ma sempre con un certo livello di approssimazione (e quindi non apodittici). Possiamo forse parlare di verità' apodittiche nelle descrizioni qualitative, ma spesso nemmeno li'. Ecco allora che il "ci credo" delle scienze naturali e' un "ci credo" diverso dalla fede religiosa ed e' ancor diverso da quello legato al teorema dimostrato in matematica. Con il "ci credo" delle scienze naturali l'affermazione fatta da Giovanna e' perfettamente accettabile.

Infine, non ho capito una cosa: perche', aderendo a 1), metterei in mora il riduzionismo?

La lascio qui, senno' diventa troppo lungo. Ma mi piacerebbe continuare la discussione.

Cordialmente, Lucio Demeio.

GiuseppeR ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
GiuseppeR ha detto...

"ci credo", ed e' un credere molto lontano dalla fede religiosa, anche perché' sono pronto ad inchinarmi di fronte ad una prova rigorosa che la contraddice."

Non credo che questo sia sempre vero. Quando il prof. Veronesi afferma che "la Vita e' solo un insieme di reazioni chimiche"o alcuni neo evoluzionisti che l'uomo e la scimmia bonobo sono qualitativamente uguali perchè hanno il 98% dei geni in comune fanno delle "congetture" metafisiche che non potranno mai essere confutate o dimostrate. assomigliano a dei dogmi.

Lucio ha detto...

Per Attento:

lei cita la mia frase, cercando poi di contraddirla. In realta', se ci pensa bene, non lo fa; abbiamo detto cose molto simili con un linguaggio diverso. Se Veronesi afferma che la vita e' solo un insieme di reazioni chimiche, esprime "soltanto" un'opinione, sua personale e condivisa da una parte significativa del mondo scientifico, non certo un dogma. Chiamiamola pure congettura, forse e' piu' appropriato di opinione, ma siamo su un blog, non stiamo scrivendo un libro.

Lucio Demeio.

PS. Professor Israel, e' mio il post che ha eliminato?

Giorgio Israel ha detto...

Caro professor Demeio,
da non so quanto non cestino nulla. Casomai qualcosa non mi è arrivato.
In estrema sintesi, perhé, come dice lei, siamo su un blog.
Se lei vuol dire che la scienza non è il fortino della verità assoluta - il vero cattolicesimo, come dice Odifreddi - e che la scienza segue una molteplicità di approcci non sempre "rigorosi", non sempre approdanti a verità indiscutibili, ecc. ecc. ecc. non soltanto sfonda una porta aperta, ma la porta non c'è proprio.... Ma lo vada a dire ai suddetti, a persone come Margherita Hack, e altri che non sto a citare. Continuando di questo passo lei rischia di farsi accusare di irrazionalismo...
Ma non si tappi gli occhi. Coloro che sostengono che la scienza è pura ragione indiscutibile e il resto è credenza fanatica esistono, eccome. Il riduzionismo non è soltanto un metodo scientifico, è un postulato metafisico secondo cui l'unica realtà ontologicamente esistente è quella materiale. Ne sono i giornali pieni da mattina a sera, suvvia....
Lei non può identificare il metodo ipotetico-deduttivo con asserzioni apodittiche del tipo "è evidente che ogni pensiero si riduce a processi cerebrali": questa è cattiva metafisica, non è scienza. E anche a livello di teoremi, in assenza di dimostrazione, a me che dico "non posso accettarlo, non è dimostrato", lei non può rispondere "ci credo" ma, al massimo "ipotizzo che sia vero". Altrimenti sarebbe un pessimo matematico o piuttosto un matematico talebano. Non capisco il riferimento al teorema di Fermat: C'è una dimostrazione controllabile - non come il teorema dei 4 colori - e quando sono stati trovati errori il teorema è stato ridimostrato. Il controllo dei passaggi logici può essere faticoso e complicato ma porta a risultati indiscutibili.
Lei mette in mora il riduzionismo per i motivi detti sopra. Perché non si tratta di un'ipotesi soggetta a verifica continua e continuamente smentibile. Bensì di un postulato metafisico. Ripeto quel che ho detto sopra. Se lei mi dicesse "Il mio programma scientifico è di ricondurmi soltanto a spiegazioni di carattere fisico senza pretendere di trarne conclusioni ontologiche", non avrei nulla da dire, ma se afferma "la fisica è materialista" è un altro conto. La fisica non è né materialista né spiritualista. Può dire che vuol seguire un approccio di modellistica matematica per analizzare i fenomeni, ma se afferma che "il mondo E' matematico" scende su un terreno ontologico che con la tanto sbandierata oggettività scientifica non ha nulla a che vedere. Un'affermazione della fede, a fronte, vale almeno altrettanto. Dico almeno, perché basandosi su un altro terreno esperienziale (spirituale, ecc.) può avere un fondamento anche maggiore.

GiuseppeR ha detto...

Il post cancellato è mio. Il sistema blogspot consente a ciascun autore di cancellare i propri post se si accorgono di aver scritto una stupidaggine.

Un saluto ed un ringraziamento al professore perché da' sostanza e fondamento alle nostre confuse opinioni.

Lucio ha detto...

Avevo mandato un breve post dicendo che non ero d'accordo con la sua opinione su Dawkins (imbecille ed ignorante). Ma chiedevo anche dove trovare la sua recensione; ho girato e rigirato in rete ma non ho trovato nulla.

Lucio Demeio.

Giorgio Israel ha detto...

entile Lucio Demeio, non me lo ricordo dov'è uscita e probabilmente non l'ho messa in rete. Però mi lasci dire una cosa. Sono disponibile a discutere quasi su tutto. Eccetto che con persone tipo i negazionisti o i cialtroni patenti. Per me Dawkins è una persona intellettualmente non degna di rispetto. Il suo libro è un'accozzaglia di scempiaggini che una persona seria non avrebbe mai osato pubblicare. Perciò sono disponibile a discutere con molte persone, come lei, ma lasci perdere con me Dawkins. C'è un limite a tutto.

DarwinCarlo ha detto...

@Giovanna, @Attento, @ tutti-un-po'
Mi sono perso gran parte della diatriba! Sorry, ma pensavo che mi arrivassero via mail i commenti invece ne ho visti solo due o tre e ho creduto che la discussione fosse sepolta. Invece...
Ad ogni modo, faccio solo una considerazione aggiuntiva. Il fatto che io ritenga le "arti" umane sufficienti alla mia sopravvivenza ha come unico esito quello che ho scritto: non ho bisogno di Dio. Questo non ha nulla a che vedere con la trascendeza o il mistero (parole vostre). Io il mistero lo vedo tutti i giorni, ne intuisco la meraviglia, la straordinaria complessità. Subisco il fascino della Natura credo con la stessa intensità con cui lo subisce un credente. Semplicemente, abbiamo lenti diverse. Rifiuto categoricamente la visione dello scienziato gretto materialista che tutto spiega con la fisiologia e la fisica. Io sono rapito dalle meraviglie della scienza, e ciò che non comprendo mi stimola allo studio e all'analisi. Giusto ieri leggevo del fenomeno dell'inflation, teorizzata dagli astrofisici come evento prima del Big Bang. Ma non è una cosa straordinaria, misteriosa, affascinate questa? Io credo di sì.

Altro discorso, e chiudo, quello di credere che tutto ciò che l'arte ci ha donato sarebbe mai esistito senza il potere della religione (intesa come fede nell'aldilà e in una intelligenza divina). Rimango disponibile sul mio blog per chi vuole continuare. O anche qui.

Lucio ha detto...

Nessun problema con Dawkins, lasciamolo riposare. Mi viene in mente un ultimo commento, ma lo faro' un'altra volta, se ci sara' occasione.

Se non vado per la tangente, il riduzionismo e' semplicemente quella metodologia di indagine con la quale si spiega il funzionamento di un organismo complesso mediante l'analisi delle sue parti costituenti. La teoria cinetica dei gas ne e' un esempio in fisica. E cosi', anche leggendo Changeux, mi pare che le neuroscienze procedano in modo simile, cercando di ricondurre i fenomeni mentali "macroscopici" a fenomeni neuronali "microscopici". E la stessa versione genetica della teoria dell'evoluzione (Dawkins, di nuovo, ma stavolta in versione non ontologica) segue questo percorso metodologico. Non mi sembra un programma scientifico da condannare per "sconfinamento ontologico"; la ricerca - e lo sappiamo bene - procede un passo alla volta, quello che riesce a conquistare lo conquista e lo sedimenta, e quello che non ha ancora raggiunto semplicemente giace ancora fuori da quel confine di cui parlavo nel mio primo post. Non mi pare sbagliato (e nemmeno inutile) perseguire una comprensione dei fenomeni mentali attraverso lo studio dell'attivita' neuronale. Certo, non in senso ontologico.

Concludo con una piccola osservazione obliqua. Mi sento un po' a disagio ad usare la parola "ontologia" ed aggettivi conseguenti. La uso perche' lei lo fa e cosi' ci si capisce, ma ho sempre aderito a quelle dottrine che considerano i problemi filosofici legati all'ontologia ed alla metafisica come derivanti da un uso improprio del linguaggio. Mi riferisco ovviamente prima di tutto a Carnap; so bene che quella visione e' stata criticata (da Quine, Popper e forse dallo stesso Russell) e forse anche superata, ma ... a me sembra molto ragionevole.

Cordialmente,
Lucio Demeio

Giorgio Israel ha detto...

Il riduzionismo non è soltanto questo: riduzione del macroscopico al microscopico. Ma anche riduzione di ogni fenomeno a strutture "antecedenti" in una catena che "scende" dall'organico all'inorganico e che quindi "riduce" la psicologia alla biologia, la biologia alla chimica, la chimica alla fisica, a sua volta ridotta a strutture di tipo matematico. Questa idea dell'organizzazione del reale che si riflette nell'organizzazione delle scienze ha secoli di storia.
Sull'ontologia e la metafisica (cose diverse tra loro) è quasi superfluo dire che non sono d'accordo con i neo positivisti, e in effetti, si tratta di posizioni un po' datate.

Myosotis ha detto...

Intravedo un pericolo per questo blog, prof. Israel: che diventi troppo specialistico. Lo frequento con soddisfazione perché gli articoli di partenza sono, oltre che di ottimo livello culturale, comprensibili ad un vasto pubblico. Ma se dovesse divenire un dialogo tra "addetti ai lavori", rischierebbe di ridursi il suo uditorio. Dico male?
Con grande stima,
M.

Giorgio Israel ha detto...

Dice benissimo

Lucio ha detto...

Alle volte e' inevitabile che per difendere le proprie opinioni si finisca nello "specialistico". Altrimenti o non si discute oppure si lanciano solo slogan.
Ma possiamo anche chiudere qui.
LdM.

vanni ha detto...

Se sono ormai fuori tempo massimo peccato; ma per abbassare drasticamente la media del livello specialistico di questo blog (già Myosotis si è educatamente espressa sulla questione, e mi accodo a Lei con entusiasmo) vorrei domandare ai materialisti o riduzionisti - insomma a quanti vedono nella corrente insufficienza delle conoscenze scientifiche l'ostacolo a fornire spiegazioni esaustive dell'universo mondo e dell'uomo - se pensano (o credono, fate voi) che questo percorso di approssimazione avrà un termine, e se la nostra comprensione attingerà la verità, qualora una verità ci sia (mi scuso per l'imprecisione da incompetente delle mie parole).
Detto allora in termini allegramente irrispettosi: ci sarà un tempo in cui si potranno guardare con affettuoso compatimento, quello che possono suscitare certe antiche, obsolete e bizzarre spiegazioni del mondo, tanti scritti del prof. Israel, nonchè i commenti di tanti suoi partigiani?

GiuseppeR ha detto...

Affinando eccessivamente le proprie argomentazioni, spesso, alla fine, restiamo ognuno nella propria posizione di partenza. A volte sarebbe più utile discutere delle conseguenze pratiche (politiche, economiche, sociali, affettive ecc.) della loro influenza sulla realtà.

Per esempio domandandosi quanta della nostra umanità sarebbe violata se prevalesse l'idea dell'"organizzazione del reale che si riflette nell'organizzazione delle scienze"....

Giorgio Israel ha detto...

Ma è già abbondantemente violata.....

Lucio ha detto...

Caro Attento,

non sono d'accordo che le discussioni approfondite lascino tutti ai blocchi di partenza. Almeno non per me. Quelle che ho avuto su questo blog, non dico che mi hanno fatto diventare un irrazionalista o un credente, questo no, ma hanno certamente allargato un po' i miei presupposti di pensiero sugli argomenti discussi, ed aiutato a chiarirmi diverse cose.

LdM.

Giorgio Israel ha detto...

Sono d'accordo, discutere serve sempre, soprattutto se l'intento, per dirla con Ricoeur, è «se non di risolvere i dissensi, elevarli a un livello tale di argomentazione che le ragioni dell'uno siano sia considerate dall'altrocome plausibili, cioé degne di essere difese in uno scambio posto sotto il segno di un'etica della discussione».
Ciò posto, è chiaro che un blog è un blog, e non un'accademia. Difatti, qui non si fanno citazioni bibliografiche dotte e se ne sono andati soprattutto quelli che volevano pontificare apoditticamente in modo "spostato", cioé come se fossero in un'accademia senza gli oneri relativi.

Lucio ha detto...

All'ultimo commento di Vanni rispondo senz'altro di no! Un margine per "quelle spiegazioni del mondo" ci sara' sempre. I nostri modi di vedere si diversificano al passo successivo. Il materialista/riduzionista (o come altro lo volete chiamare) pensa che tutto cio' che abbiamo dalle conoscenze scientifiche e' davvero tutto cio' che abbiamo (dal punto di vista della conoscenza e della comprensione soltanto, si capisce), e non viene sedotto da altre spiegazioni (religiose, mistiche, spiritistiche, irrazionali, etc.). Oltre che alla "forma mentis" di ciascuno di noi, che e' estremamente soggettiva e personale, un punto che mette uno come me su questa strada e' l'osservazione che tanti, ma tanti, sono stati i fenomeni natural ai quali, nel corso dei secoli, l'umanita' ha dato spiegazioni non scientifiche, poi corrette e spiegate razionalmente quando la scienza ci e' arrivata.

Cordialmente,
Lucio Demeio

Giorgio Israel ha detto...

È verissimo. Ma si è trattato quasi esclusivamente di fenomeni appartenenti all'area naturale (come lei dice). Invece, tutte le avanzate che sono state fatte nella sfera psicologica, mentale, spirituale, appartengono alle scienze umane e, al più, alla psicologia "non scientifica" nel senso delle scienze esatte (esempio tipico, Freud, malgrado le sue speranze di fare della psicologia una scienza). O persino alla letteratura o al romanzo. Al confronto di queste avanzate quel che ci hanno date le scienze propriamente dette è praticamente nulla. Freud sperava che l'analisi fisiologica avrebbe dato risposte sulla dinamica e la genesi dei sogni. A distanza di un secolo è meglio leggere ancora il suo libro che non quel che ci dicono le neuroscienze in materia: nulla di nulla. In un secolo: avanzata zero.

vanni ha detto...

Ringrazio il professor Demeio e il professor Israel per le parole in risposta a un mio incerto commento. In particolare mi piace leggere nelle parole relative alla peculiarità della “forma mentis” di ciascuno, quasi una concessione velata e infinitesima del prof. Demeio - il quale certo non suffragherà questa sensazione - alle tesi altrui.
Come si vede bene le discussioni, a livelli minimi, che intavolo con qualche conoscente su questioni di questa portata, restano di grana piuttosto grossa; e il dibattito ai livelli miei e dei miei consueti interlocutori si mantiene su argomentazioni non troppo raffinate e di queste si alimenta (detto senza cattiveria, vale soprattutto per me). È per me dura introdurre - per dire - l'infinito di Florenskij, per di più con le mie imprecise e malferme parole.
È per me viceversa gratificante - e, da presuntuoso, la cosa talvolta mi sorprende pure - notare come tali questioni appassionino tante persone, pur non trattandosi propriamente di una disputa politica (mi resta solo un po' di amaro in bocca qualora fra le due posizioni in campo si v0glia tracciare pure il confine fra la dabbenaggine e l'intelligenza: non succede almeno in questo blog, poco frequentato da Hack e Odifreddi).
È nondimeno vero che - come osserva sacrosantamente Attento accennando alle conseguenze “pratiche” delle diverse visioni – la questione ci porta al di là dell'aspetto conoscitivo, e può influenzare - può - il nostro sentimento della vita e la sua percezione.

Giorgio Della Rocca ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Lucio ha detto...

Non si preoccupi, caro Vanni, anche per me e' difficile introdurre l'infinito di Florenski ed anche le mie argomentazioni restano di grana grossa se confrontate a quelle del prof. Israel, che lo fa di mestiere. Sono solo supportate, oltre che dall'interesse appassionato per l'argomento, da alcune letture giovanili e da un risveglio ormai tardivo.

Non ho problema a suffragare, invece, la "concessione alle tesi altrui", in forma sostanziale e non solo velata o infinitesima. Se cosi' non fosse, non mi metterei a discutere con persone che la pensano in modo diverso da me! La plausibilita' delle tesi altrui e' presupposto di partenza essenziale in qualunque discussione, come nel passo di Rocoeur citato piu' su dal prof. Israel.

Un'aggiunta su Einstein: egli non credeva in un Dio antropomorfo, e nemmeno nella sopravvivenza di una parte di noi (le religioni la chiamano anima) dopo la morte. E non aderiva a nessuna della religioni storiche presenti nel mondo.

Cordialmente, Lucio Demeio.

Myosotis ha detto...

Ritornando all'articolo di partenza, Lei afferma che né l'ateismo né la religione impediscono di ragionare. E porta l'esempio di scienziati di valore delle opposte sponde che sapevano ragionare benissimo. Sono parzialmente d'accordo; nel senso che le “scelte di campo” filosofiche e religiose possono non influenzare il ragionamento scientifico, ma quello filosofico e religioso (che è poi ciò che conta per un uomo) sì. Faccio un esempio. Per brevità, cito il filosofo austriaco Josef Seifert: “Che il puro caso abbia condotto da un mondo governato dalle leggi della chimica e della fisica alla generazione della vita, sembra troppo assurdo per essere preso sul serio. Ma noi dobbiamo ciononostante farlo in quanto tale ipotesi è presa seriamente da molti scienziati”. E altrove: “[...] Tale evoluzionismo ideologico […] non è solamente una tesi impossibile, ma realmente stupida, per non dire idiota: pensare che una materia ignara e inconscia arrivi a produrre le leggi di Darwin spontaneamente per qualche esplosione, e attraverso di esse l'intero ordine, finalità e bellezza del cosmo […] è più pazzesco che credere che i lavori di Darwin siano effetti a casaccio delle pioggie e dei venti nel suo cortile” (Evoluzionismo: il Tramonto di una Ipotesi). Come dire: il pregiudizio ideologico fa uscire di senno anche scienziati che nel loro campo hanno dimostrato notevoli capacità.

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