Pagine

venerdì 14 maggio 2010

BESTIARIO MATEMATICO n. 6

ovvero qualche piccolo esempio di come si creano delle persone incapaci di calcolare ("discalculici"?), disabili in matematica e che comunque giustamente finiscono con l'odiarla

Scuola materna
Bambino: Maestra, Luca dice che 2 più 3 fa 5, io dico che fa 6. Chi ha ragione?
Maestra: Non dovete parlare di numeri!!
All'uscita dalla scuola:
Maestra al genitore: La avverto che il suo bambino parla sempre di numeri. Non si deve parlare di numeri prima della prima elementare. Assolutamente. È controproducente. In questa fase noi dobbiamo introdurre i bambini soltanto agli indicatori topologici, "davanti", "dietro", "sopra", "sotto", in modo che acquisiscano il senso della spazialità, assieme a quello della temporalità. Ma niente numeri, mi raccomando, nemmeno a casa!



Prima elementare
Maestra: Aprite il libro a pagina tre, due.
Perché la maestra dice «tre, due» e non «trentadue»? Perchè in prima elementare non si possono conoscere i numeri oltre il 20!......



Terza elementare
Bambino: Maestra, è questa l'altezza di un trapezio?
Maestra: Ancora non dovete sapere cos'è l'altezza.



Quarta elementare
Maestra: L'area del trapezio si calcola moltiplicando la metà della somma delle basi per il lato del trapezio (sic).
Si potrebbe "nobilitare" questa castroneria dicendo che così facevano gli antichi egizi... si noti che il trapezio è dato implicitamente come isoscele.



Quarta elementare
Maestra: Calcolate l'area di questo triangolo (assegna base e lato in cm dando per implicito che il triangolo è isoscele: il calcolo è impossibile a meno che non si conosca il teorema di Pitagora). Ricordate che l'area si esprime in centimetri (non in centimetri quadrati! Del resto di misure piane non ha mai parlato...).

Tutti questi esempi derivano da testimonianze dirette di varie classi di più scuole comprovate dal contenuto dei quaderni.





21 commenti:

Fabio Milito Pagliara ha detto...

Caro Professore,

secondo me è la stessa situazione del "metodo globale" per imparare a leggere (che non funziona ed è basato su ricerche poi dimostratesi errate) ma è entrato in una sorta di mitologia pedagogica per cui sarà difficile debellarlo se non ci s'impegna a farlo. Anche in matematica si è deciso (a mio parere sempre in base a discorsi a metà tra l'ideologico e la cattiva scienza) che la matematica va insegnata in un certo modo senza curarsi di verificare l'ipotesi o le teorie alla base di questi numeri....

la ringrazio ancora per queste segnalazioni del "bestiario matematico"

cordialmente, Fabio Milito Pagliara

Caroli ha detto...

Un suggerimento. Raccogliere il "bestiario matematico" in un volume da diffondersi nel modo più ampio possibile.

Mella ha detto...

Io a quattro anni facevo a mente i calcoli coi miliardi. Nessuno ha provveduto a dire ai miei genitori che non dovevano lasiarmelo fare ... e non mi pare di essere poi riuscita così male ...
barbara mella

Alessandro Marinelli ha detto...

Queste testimonianze mi mettono i brividi... Se un caso del genere dovesse capitare anche a mio figlio, sarò pronto a ricorrere al buon vecchio precettore: lezioni private a casa impartite da una persona che conosca la materia (il tutto alla faccia della scuola "di classe", ovviamente).

Giovanna ha detto...

Una maestra in prima elementare solitamente dice "andate a pagina trentadue, tre-due", e spesso scrive anche 32 alla lavagna, perchè la maggioranza dei suoi alunni non conosce le cifre che compongono i numeri oltre il nove. (Su 20/25 appena 3/4 giungono a scuola con questa capacità.)
Nonostante ciò, successivamente l'insegnante deve girare tra i banchi per aiutare i bambini a trovare la pagina richiesta; infatti gli alunni ancora non sanno che il 32 viene dopo il 23 e prima del 42...per cui sfogliano il libro a casaccio senza pervenire ad alcun risultato. Per arrivare alla padronanza di questa abilità occorre comprendere il valore posizionale delle cifre.
Quasi sempre si supera il 20 nel corso della prima elementare: una volta acquisito il meccanismo del sistema decimale e compreso quindi il valore dello zero, la successione dei numeri non nasconde più segreti. Naturalmente occorre assicurare a tutti i bambini, soprattutto a quelli con ritmi di apprendimento non eccezionali, modi e tempi per giungere ad un livello minimo di destrezza strumentale. Per questa ragione non tutte le classi possono procedere alla stessa velocità. A volte soffermarsi su alcuni passaggi cruciali di una classe inferiore permette un'accelerazione in quelle superiori; viceversa si può essere costretti a tornare indietro.
(Per Pagliaro: in realtà il metodo globale è stato abbandonato da molti anni)

Giorgio Israel ha detto...

Lasci perdere. Cito casi in cui si dice "tre, due" e non "trentadue, tre, due". Se i bambini in prima elementare non sanno che il 32 viene dopo il 23 è perché sono stati resi "discalculici" (ovviamente uso il termine ironicamente) dall'analfabetismo matematico-calcolistico dilagante. Non mi si venga a dire che un bambino a 6 anni deve essere a questo livello deplorevole!... Conosco personalmente numerosi casi di bambini che, opportunamente introdotti ai numeri fin da piccoli, sanno contare senza limiti e hanno già un'idea ordinale dei numeri fin da due anni e mezzo. Molti bambini "hanno ritmi di apprendimento non eccezionali" non perché siano scemi o altro, ma per le carenze dell'istruzione. Ecco perché è del tutto legittimo dire che moltissimi casi pretesamente DSA sono in realtà DSI. Bisogna iniziare dalla scuola dell'infanzia, come del resto si fa nei paesi che ci stanno rendendo ridicoli.

Giovanna ha detto...

Sono d'accordo con lei sulla necessità che la scuola dell'infanzia aggiorni i suoi programmi. Ma le assicuro che noi insegnanti della scuola primaria riceviamo i bambini proprio in queste "deplorevoli condizioni". (Sono di ruolo da 34 anni)
Anche a me viene difficile comprendere perchè i miei figli a 4 anni si orientassero tra le pagine degli album di figurine e molti dei miei alunni di 6 anni non siano nemmeno in grado di contare fino a 20. Ma questo è ciò che si verifica. Poco fa, leggendo i commenti ai suoi post su questo argomento, mi sono anche chiesta se le esperienze riportate circa gli atteggiamenti ottusi dei maestri fossero capitate in mondi davvero alieni dal mio. Non vorrei che tra le varie regioni italiane ci sia, come sostenuto da molti, un vero abisso culturale. In Emilia romagna, dove vivo, certe cose non succedono da almeno vent'anni.

Giorgio Israel ha detto...

Siamo d'accordo e se riusciremo a cambiare le IN della scuola dell'infanzia le cose potrebbero migliorare. Abbiamo fatto un'esperienza in una scuola dell'infanzia che ha avuto un successo notevole a dispetto di tutte le opposizioni. Vi possono essere squilibri territoriali, certamente, anzi certamente vi sono. Non dubito che l'Emilia Romagna si trovi in condizioni migliori anche se, per altro verso, è la patria di assurdità come l'educazione all'affettività e visioni dell'insegnamento di tipo autoformazione che francamente detesto.

Giovanna ha detto...

Le detesto anch'io. Senza parlare dell'autoreferenzialità imperante nelle scuole dell'infanzia comunali.

Unknown ha detto...

Anche io abito in Emilia Romagna, e posso assicurare, per esperienza personale, che le cose citate dal professore esistono, eccome.
Oggi, adesso.
Sono d'accodo, purtroppo ancora per esperienza personale, in casi come questo i ragazzi finiscono per odiare la matematica (in realtà odiano l'insegnante, ma per loro è la stessa cosa).

Per favore, però, non possiamo affermare che i ragazzi per questo diventino discalculici.
Mi chiedevo come rappresentare un discalculico, come cercare di far capire cosa significhi esserlo e non avevo pensato a presentare mio figlio, quarta superiore: percorso scolastico regolare, mai una bocciatura, mai un debito, a testimonianza del suo interesse allo studio, all'impegno, nonostante difficoltà pesanti in matematica fin dalla seconda elementare.
Non parlerò dei test diagnostici, non parlerò dei test psicoattitudianli cui per scrupolo l'abbiamo sottoposto al momento della scelta delle superiori,
visto che non ne volete sapere.

Parlerò a un esperto che maneggia la matematica con dimestichezza estrema; riuscirebbe, le assicuro, in poco tempo a spiegargli procedimenti complessi, calcoli superiori. Lo potrebbe verificare, di averglieli spiegati, lo stesso giorno in cui questo è avvenuto, forse il giorno dopo. Se lei lo interrogasse o lo sottoponesse a verifica scritta, lui eseguirebbe perfettamente, nel tempo stabilito-

Allora? Dovrebbe provare, professore, ad interrogarlo di nuovo due giorni dopo.
Avrebbe bisogno di un tempo lunghissimo per ricostruire da principio il procedimento logico necessario ad arrivare alla soluzione. Lo saprebbe fare, è estremamente intelligente, ma non ricorderebbe più nulla, nessuna formula, la dovrebbe ricreare, sarebbe da capo, a meno di concedergli schemi, o scalette o tabelle che lo accompagnassero.

Perchè, professore, secondo lei?

Giorgio Israel ha detto...

Ora comincio a stufarmi e alla prossima non rispondo più. Sono stato accusato di non rispondere agli argomenti, di occuparmi di argomenti che non conosco, di essere ignorante, sciocco, ecc. e poi mi devo sentir dire con sicumera e saccenteria «per favore, però, non possiamo affermare...»?
Ma mi scusi, ma lei che competenza ha per pontificare così a me che ho 40 anni di esperienza come insegnante di matematica, ho frequentato non so quante scuole e ho avuto tre figli? Non si vergogna un poco? Non prova ad avere un po' di modestia?
A parte che io dico "discalculici" tra virgolette - perché ritengo che i discalculici non esistono se non come dislessici, oppure si tratta di rari casi di disabili gravi - il fatto di non insegnare il calcolo mentale prima dei sei anni - e anche dopo in modo ridottissimo - provoca vere e proprie atrofie mentali più o meno gravi secondo i soggetti, anche perché c'è chi è più o meno disposto al calcolo e al ragionamento matematico, come ci sono le persone stonate o intonate. Non siamo tutti uguali, il che non vuol dire che siamo disturbati!!... Conosco benissimo casi e situazioni direttamente dalle scuole delle infanzia e dalle primarie e quindi riponga la sua sicumera, per favore.
Del resto, che c'è da stupirsi? I miei figli sono bilingui perché hanno appreso le due lingue dei genitori dalla nascita, se ne avessero appresa una soltanto per l'altra avrebbero avuto grandi difficoltà, quanto più tardi iniziavano. E certamente qualcuno di loro è più capace di apprenderle dell'altro.
Lasci perdere gli "esperti che maneggiano la matematica". Si chiamano piuttosto bravi insegnanti di matematica che hanno riflettuto sui problemi didattici.
Siccome siamo diversi c'è chi ha enorme memoria matematica - apprende le formule subito e non le dimentica più e afferra i meccanismi facilmente e li ritiene - c'è chi non ne ha per niente o poca. Io, per esempio, ne ho sempre avuta poca e per questo ho avuto difficoltà in matematica all'inizio. Proprio così.... In questi casi, bisogna seguire procedure diverse: esercitare la capacità di ricostruzione del procedimento - anche questa non è naturale e va esercitata, in questo caso evitando assolutamente ogni forma di tecnica meccanica e stimolando l'attenzione con riferimenti a problemi concreti o immagini che colpiscano l'attenzione e l'interesse - soprattutto l'interesse. Perché è quello che è molto difficile suscitare in matematica. In questi casi bisogna concedere più largamente l'uso di riferimenti scritti (schemi, come dice lei), non c'è proprio niente di male. Poi magari se ne farà a meno.
Conosco matematici che vanno alla lavagna e propinano una dimostrazione praticamente a memoria, altri che la debbono ricostruire e persino si bloccano e ho visto casi in cui non ne uscivano. E parlo di "matematici" di valore. Figuriamoci se una problematica del genere non può emergere in un bambino in difficoltà! Bisognerebbe studiare tante cose: il passato scolastico del bambino fin dalle materne, i suoi interessi, conoscerlo a fondo, ecc. ecc. E per questo, mi permetta, non basta certamente uno psicologo. Poiché, se il problema è la matematica, occorre qualcuno che abbia una profonda esperienza dei meccanismi del ragionamento matematico, delle modalità di apprendimento del calcolo mentale, di cosa è un numero. Ho sentito mettere sullo stesso piano numeri e lettere.... Roba da autentici ignoranti. E poi mi debbo sentire messo sotto accusa per incompetenza!...
Bisogna affrontare i casi singolarmente, con rispetto e attenzione. Conosco bene casi di bambini che a 11 anni non sanno le tabelline e siccome conosco la loro storia so perché è così. Ma non sono né disturbati, né deficienti, né asini, né disabili, tantomeno Dsa.
Comunque, nessuno riuscirà a indurmi al silenzio né con minacce o insulti (come sta avvenendo). E, di certo, questa è l'ultima volta che consumo il mio tempo - anche il mio tempo vale, se non dispiace - a discutere in questo modo.

vanni ha detto...

Rimasticando senza originalità concetti già espressi meglio da altri, voglio gratificare il mondo di una esigua esperienza personale, che vale - se vale - come mera e minima testimonianza, non del tutto sull'obiettivo e confinata peraltro nel campo della “normalità” scolastica, nessuna sigla di sindromi. Una rondine che non fa primavera.
A scuola non ero malaccio, ma di me gli insegnanti dicevano:” Non è portato per la matematica ”. Sempre in matematica i miei voti più bassi, al di sotto o al limite della sufficienza. In quanto a me - lavativo fra lavativi compari - ciò bastava e avanzava perché mi adagiassi sul minimo indispensabile d'impegno e diligenza, godendo del provvidenziale soccorso giustificatorio di vari insegnanti appunto, per raccattare una benevola indulgenza in famiglia (beh, in realtà la dubbiosa diffidenza di mio padre incombeva... era ridotto però ad abbozzare).
Ho atteso il terzo anno di liceo scientifico perché un professore mi iinsegnasse l'ovvietà che la matematica è una creazione del pensiero, nella quale vivono pertanto fantasia e bellezza. Restano dunque esse sempre celate in un'ombra fredda e oscura, che respinge i non privilegiati e che non si può rimuovere? Non è vero: ho sperimentato - non io solo - che fantasia e bellezza si levano talvolta da numeri e formule con abbagliante evidenza.
È un discorso secondario e provocatorio, ma ricorderò qui pure che, relativamente alla coesistenza armata con questo professore livornese, costui appiccicò me ed altri al muro (metaforicamente! lo devo precisare?), diffidandoci dal prendercela comoda con colpevole e miope talento di furbastri. Buoni i risultati: certo, in terza liceo eravamo già grandicelli, il sugo di qualche discorso si riusciva già a capirlo.
Non soltanto in architettura o ingegneria, che vengono subito in mente, ma in qualunque opera del pensiero (soffermiamoci ad esempio sullo sviluppo, le proporzioni, il movimento di una pittura che ci colpisce e ci parla) c'è visione ma pure calcolo - e quanto calcolo c'è - armonizzati ambedue in bellezza.
Che io abbia una predisposizione per le materie letterarie può essere, nessun professore livornese lo negò mai: che non siamo uguali - sia lodato Dio - è un argomento sul quale non dovremmo insistere troppo. Ricordo però con civetteria che all'Università un professore mi disse benevolmente:”Lei ha il culto dei numeri, ed ha pure qualche numero”.
Comunque, se è il richiamo della foresta che mi fa scartabellare nel “De bello Gallico”, non mi sento di escludere di riprendere in mano il vecchio Martinelli di Geometria per rivedere lo studio del folium di Cartesio.

UmbertaMesina ha detto...

Io sono riuscita a far pace con la matematica appena ho capito che era un linguaggio. Sfortunatamente l'ho capito all'università, altrimenti mi sarei potuta divertire molto.

Professore, se decide di scrivere un libro su queste bestialità e non ha tempo di rivederlo, glielo correggo gratis.

Umberta Mesina
http://initaliano.wordpress.com/

vela ha detto...

Bene Professore, nel suo commento del 17 /05 ha appena descritto la riabilitazione per la discalculia! Lo vede che stiamo dicendo la stessa cosa? Si tratta di semplice variabilità individuale e la riabilitazione non sarebbe necessaria se la scuola fosse diversa, aggiornata, attenta, preparata....tutto qui, senza medici (i quali servono solo ad escludere problemi neurologici), si tratta solo di accettare una variabilità umana nell'apprendere che per altro è presente per tantissimi altri caratteri genetici e congeniti in ognuno di noi. Io e credo molti altri non vogliamo il suo silenzio ma la sua collaborazione per far uscire la legge sui dsa dall'ambito medico e portarla su un piano didattico, una rivoluzione nel modo di apprendere che farebbe bene a tutti i bambini, ma questo lei già lo ha detto.

Giorgio Israel ha detto...

NON E' RIABILITAZIONE PER LA "DISCALCULIA"! E recupero di apprendimenti mancati per cattivo o ritardato insegnamento. Usare quella terminologia insensata e ignorante non è indifferente. Perché di là passa la medicalizzazione della scuola. Mentre il trattamento neuropsichiatrico va riservata ai pochi casi effettivamente patologici. L'unico modo di fare uscire quella legge dall'ambito medico è buttarla per aria completamente, perché così come è scritta è un cumulo di assurdità concettuali e pratiche. È un pasticcio che serve soltanto a gruppi di potere che vogliono espandere la loro presa ottenendo più cattedre universitarie, più posti nelle ASL, più spazio nella scuola. E poi, siamo realisti: credete davvero che un provvedimento con costi stratosferici come questo abbia qualche futuro nel dramma economico che stiamo vivendo? Forse dovremmo tutti pensare di tornare a un modo di vivere diverso, in cui scuola, famiglia, tutti si assumano fino in fondo le loro responsabilità senza delegarle al soccorso dello stato.

Anonimo ha detto...

Sono sconcertato. Ero intervenuto sull'argomento della medicalizzazione della scuola, segnalando da maestro che molti dsa non sono altro che la rappresentazione plastica delle difficoltà che incontra la scuola nell'affrontare i diversi stili di apprendimento dei bambini; vedo tuttavia che si fa ancora confusione tra strategie didattiche e medicalizzazione. I "nomi delle cose" sono importanti: hanno una "storia" e veicolano significati, idee, concetti e pensare di dare lo stesso nome ai percorsi di apprendimento e alle difficoltà neurologiche lo trovo sconcertante. Ribadisco che ampliare, per giunta con legge dello Stato, la platea dei bambini con DSA è pericoloso e concorre allo sfascio definitivo della scuola pubblica: se ogni problema di apprendimento lo trasformiamo in problema neurologico, avremo una scuola ancora più povera di didattiche e docenti capaci di lavorare solo con i bambini nella "norma" (vai a sapere quale), affiancati da un numero spropositato di docenti di sostegno: già ora nella mia scuola su 24 docenti ben 5 svolgono questo ruolo. Inutile sottolineare non solo i costi economici, ma soprattutto sociali e le ricadute sul futuro del Paese. Occorrono seri investimenti sulla formazione dei docenti e sulla scuola per avere nelle classi didattiche e metodologie migliori e più efficaci di quelle attualmente diffuse, per dare ai bambini ciò di cui la gran parte ha veramente bisogno: istruzione, conoscenze, educazione. In questo modo avrebbero maggiore attenzione, risorse e personale qualificato anche i bambini che un DSA ce l'hanno davvero, e che domani invece finirebbero nella massa indistinta dei bambini cui un disturbo è stato attribuito solo per supplire alle carenze della scuola.
Cordialità, Vincenzo Manganaro

vanni ha detto...

Invidio la lineare lucidità di Vincenzo Manganaro e del prof. Israel: non si saprebbe cosa e come dire meglio. Pertanto faccio seguire alcune righe.
Il problema delle difficoltà nell'apprendimento scolastico (con le implicazioni extrascolastiche imponenti che sottintende) mi ha molto toccato, pur non avendo io un interesse ed un coinvolgimento specifico.
Non mi sorprende - e lo dico senza punte polemiche, anzi con vicinanza di cuore - che genitori che patiscono nella loro carne questi problemi manifestino nelle discussioni veemenza nei confronti dell'interlocutore in dissenso. Ma non tutti in realtà. Conta che siano peraltro sempre desti in ascolto e attenzione.
A pensarci su bene, neanche mi sorprende che troppi esperti manifestino tale aggressività focalizzata. Ma non voglio mettermi adesso a fare ciò che critico negli altri, anche se la polemica è stimolata dal dubbio (un dubbio che i patetici appelli effettuati o minacciati all'“Autorità” rinfocolano) che si stia parlando di business piuttosto che dell'argomento sul tappeto, e che l'umanità stia altrove. Oggi no, non è giornata.
Nell'esaminare i problemi e affrontare situazioni mi sforzo come tanti di mantenere il legame con la chiarezza della ragione ed il raffronto con la realtà, ma devo ammettere una mia istintiva propensione per le diagnosi e le soluzioni che richiamano alla responsabilità personale e all'impegno. Anche di fronte a cosette di minimo peso. Per esempio ai tempi del liceo nella discussione dei problemi di secondo grado, che allora andavano per la maggiore, mi ingegnavo - con successi inferiori agli sforzi - di trovare qualche soluzione più elegante che evitasse l'uso della formidabile macchinetta di Tartinville-Girod, che insieme ad affrancare da parecchio impegno aveva il non trascurabile pregio di condurre al risultato.
Quanto esposto da Vincenzo Manganaro e dal prof. Israel mi conforta e mi conferma.
Ma per fare un bagno nella semplicità: sbattuti da tutti nella sentina Ritalin & C., e dopo la descrizione del rimedio - a quanto pare di incerta attribuzione - alla discalculia, son curioso di conoscere quali sono e da quali risultati sono suffragate le “terapie”, anzi, gli interventi di sostegno (non so più come parlare per non offender la gente) ispirati dagli approcci neuropsichiatrici o DSA, o se stiamo vagamente discutendo di assunzioni statali e di lezioni private statali per tutti e per ciascuno.

vela ha detto...

Bene professore ho una curiosità che la prego di chiarire, quindi lei non crede che esista una variabilità congenita nel modo di apprendere? Cioè lei crede che sia solo l'ambiente (scuola e famiglia) che determinano gli apprendimenti? dalle sue affermazioni sembrano entrambe le cose, cito lei:" anche perché c'è chi è più o meno disposto al calcolo e al ragionamento matematico, come ci sono le persone stonate o intonate. Non siamo tutti uguali, il che non vuol dire che siamo disturbati!!... " cosa intende per disposto? Geneticamente determinato? Quindi siccome non siamo tutti uguali c'è una variabilità, la variabilità è data dall'interazione spesso complessa tra geni e ambiente, siamo cioè in parte predeterminati ma con una certa plasticità. Lo dimostra anche l'evoluzione della scrittura e lettura che nella storia umana non faceva parte del bagaglio di partenza (parlo di Australopithecus ecc..) ma, partendo dalla selezione naturale, porta a pensare che tali capacità siano state selezionate su base genetica, di cui la materia prima sono geni, cioè sequenze di dna, mediante mutazione puntiforme.
Quindi i geni possono variare e interagire in modo complesso determinando fenotipi complessi e varianti. Non crede quindi che anche le capacità di calcolo, memoria e automatizzazione di procedure matematiche possano avere una base genetica complessa (conplesso significa che non rispettano le leggi mendeliane ma sono dovute a interazioni di più geni con l'ambiente)oltre l'influenza ambientale? Le persone stonate sono stonate perchè la musica gli è stata insegnata male o hanno avuto traumi familiari? O forse non sarà che il loro bagaglio neurologico (determinato geneticamente) che si occupa della elaborazione dei suoni percepisce tali suoni in modo alterato rispetto al loro reale significato?
"disposto" è la parola chiave, i dsa sono "disposti" diversamente, e non intendo disturbati, però questa disposizione deve essere compresa e supportata. Troviamo un modo?

Giorgio Israel ha detto...

Direi entrambe le cose. Ma aggiungerei che trovo che ridurre la personalità a interazione tra genetica e ambiente sia un'assurdità totale. E nessuno può seriamente dare per scontata una visione simile su basi "scientifiche". Ma non intendo andar oltre. Non perché non sia possibile, ma l'idea di dirimere questioni di questa portata in un blog mi sembra inaccettabile. Allora sì che mi si potrebbe accusare di scarsa serietà e di fare lo scienziato della domenica. Perciò qui non troviamo nessun modo... Forse le consiglierei di leggere un libro che ho già consigliato altre volte: il libro-dialogo tra Changeux e Ricoeur. Io sto dalla parte di Ricoeur, tanto per capirsi. Ma, ripeto, qui queste cose non le discuto. Vogliamo o no avere rispetto per le difficoltà del più grande, irrisolto (e forse irresolubile) problema della conoscenza?

Caroli ha detto...

Manca completamente in molti interventi il discorso delle "evidenze elementari", tanto caro a Giussani, perfettamente razionale, e che Lei sta cercando di fare emergere. Ma perché non tornano, costoro, da Marte, dove pare stiano vivendo? Che tristezza.

d. ha detto...

Le regalo alcune perle matematiche, che temo abbia già incontrato. Parliamo di scuola elementare.

Divisioni con il resto:
40:7=5+ 3 (r.)

Frazioni:
5/8 di 400= 400:8=50 50X5=250

Solito insegnamento della proprietà dissociativa dell'addizione.

Geometria:
imparare a memoria tutte le formule di aree e perimetri, senza spiegazione. I migliori della classe le sanno a memoria. Ma non riescono a risolvere neppure un problema, se nella domanda non c'è scritto chiaramente "calcola l'area" o "calcola il perimetro", ovvero usano una formula a caso, sperando di azzeccarci.

Non mi stupisce, alla fine di questo percorso, che mio figlio di 10 anni abbia avuto la seguente conversazione con suo fratello di 8:
Figlio 1 (ottenne) "Ho capito come si moltiplicano per 10, 100, 1000 i numeri con la virgola, anche se il maestro non ce l'ha ancora spiegato. Ad esempio, io prendo 3,5X10 diventa 35, perché so già che 3X10=30" (la spiegazione era incompleta, ma si capiva che il bambino si era fatto un'idea mentale di questo genere di moltiplicazioni, e lo si evinceva provando a chiedergli molti esempi pratici).
Figlio 2 (decenne):"Eh, questo perché non te lo hanno ancora spiegato e hai trovato un trucchetto, poi capirai che la vera operazione è SPOSTARE la virgola". Mi ha molto colpita, perché il più grande ha talmente confuso l'operazione con la procedura che quando si trova di fronte a un vero ragionamento lo scambia per un trucco.

Il problema è che l'insegnante non vede il problema, la scuola non vede il problema, gli altri genitori non vedono il problema, sembro io una fissata.

Posta un commento