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mercoledì 13 aprile 2011

Ma davvero solo l’istinto animale spiega i nostri comportamenti?



Francis Fukuyama è divenuto famoso una ventina di anni fa per aver pubblicato un libro in cui prevedeva La fine dalla storia. Raramente una profezia fu tanto nettamente smentita: la storia continua a scorrere impetuosa, sempre più turbolenta e spessa, sotto i nostri occhi. Ma il saggista statunitense-giapponese è indubbiamente tentato in modo compulsivo dal desiderio di prevedere la fine di qualcosa, visto che pochi anni fa ha addirittura previsto la fine dell’uomo in un libro sul futuro postumano, la quale fine sarebbe conseguenza della rivoluzione biotecnologica. Ora viene annunciata la prossima uscita di un altro libro di Fukuyama dedicato ad analizzare l’evoluzione culturale dell’umanità dalla preistoria fino a quei tempi presenti che si protendono verso il futuro postumano. Non sarebbe serio parlare di un libro prima che sia uscito e prima di averlo letto. Ma colpisce il fatto che esso venga annunciato in associazione con l’uscita di un altro libro scritto dal saggista statunitense David Brooks dal significativo titolo The Social Animal, l’animale sociale, l’uomo ovviamente. Questo libro è frutto di un’intensa frequentazione dell’autore con neuroscienziati, sociologi, psicologi behavioristi e mira a ricostruire i meccanismi dei comportamenti umani in termini di istinti ed emozioni anziché entro i vecchi consunti schemi della razionalità, e quindi in un’ottica che definiremmo “postumanistica”. Insomma, il lancio di questi libri è all’insegna del motto “più biologia, meno filosofia”. Come dice Brooks, «la filosofia e la teologia ci aiutano meno che nel passato, si sono come atrofizzate». Certo, se si assume come unico motore dei comportamenti umani l’istinto animale e si riduce tutto a biologia c’è poco da sorprendersi: più che atrofizzata la filosofia viene eliminata d’autorità, non ha semplicemente ragione di esistere.
Questa dilagante ossessione di rifugiarsi nel riduzionismo biologico fa venire in mente un passaggio de L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera. L’autore narra che la prima volta che Tereza entrò nell’appartamento di Tomás, il suo futuro amante, la sua pancia si mise a gorgogliare, rivelando così «l’inconciliabile dualità di corpo e anima, esperienza umana fondamentale». È un’esperienza che ciascuno vive quando si manifesta il conflitto tra i propri fini e i limiti imposti dal corpo, soprattutto nella malattia e nella vecchiaia. Ormai, osserva Kundera, la scienza ci spiega «che l’anima non è che un’attività della materia grigia del cervello. La dualità di corpo e anima si è avviluppata in una terminologia scientifica e ne possiamo ridere allegramente come di un pregiudizio fuori moda. Ma basta innamorarsi follemente e sentire il brontolio del proprio intestino, perché l’unità di corpo e anima, questa lirica illusione dell’età della scienza, svanisca di colpo». E nel suo svanire ritornano i problemi cruciali della filosofia, falsamente accantonati. Ma la lirica illusione “vende” molto di più anche in nome di stereotipi abilmente diffusi con metodi da marketing pubblicitario, tra cui lo slogan secondo cui la filosofia non rispetta i principi del “problem solving”; come se le teorie comportamentistiche su basi biologiche fossero in grado di spiegare alcunché. Ma non importa. Come scriveva di recente una rivista di divulgazione scientifica americana, chi confessi di star leggendo un libro di filosofia fa la stessa figura di una persona che venga sorpresa mentre esce da un cinema dove viene proiettato un film pornografico.
(Tempi, 13 aprile 2011)

29 commenti:

Carlo Antonio Rossi ha detto...

Carissimo Professore, l'ultima frase e' disarmante, ma veritiera. Pare che oggigiorno chiunque lavori nel campo scientifico debba rifuggire attivita' intellettive come filosofia, teologia (ancora peggio) come la peste. Eppure, non mi sembra che, a dispetto delle deliranti tesi di Pier (per citarne uno che detesto particolarmente), l'attivita' di ricerca scientifica e curiosita' filosofico-religiosa siano cosi' incompatibili. Di esempi ce ne sono...
Che tristezza infinita...
Cari saluti,

c.

Myosotis ha detto...

Eppure la scienza non risponde a nessuna delle domande vitali fondamentali dell'uomo, né se lo propone. Si pone il problema del COME, non del PERCHE'. Il PERCHE', anzi I PERCHE', sono oggetto della filosofia e della teologia. Quindi - se si esclude il fatto che attraverso la sua applicazione (la tecnica) ci semplifica enormemente la vita e ci aiuta nel quotidiano - la scienza, per quanto fascino possa avere (e per me ce l'ha in alto grado), è solo un divertissement, un bellissimo trastullo come la letteratura o il cinema.

Gianfranco Massi ha detto...

Non capisco l'analogia tra la vergogna di essere sorpreso a vedere un film porno e quella di confessar di leggere un libro di filosofia. Un filosofo scolastico - che conoscesse la psicanalisi - chissà quanti complessi riuscirebbe ad appioppare all'autore di simili facezie!

Nautilus ha detto...

"la scienza, per quanto fascino possa avere...è solo un divertissement, un bellissimo trastullo come la letteratura o il cinema."
Mentre invece, la filosofia... :)

Chiedo scusa a Myosotis per la battuta, ma a me sembra esattamente il contrario: la scienza permette di mantenere in vita 7 miliardi di persone , la filosofia a me pare "un bellissimo trastullo" per qualche iniziato, e comunque nessuna teoria filosofica per poco che ne sappia ha risolto il problema del "perchè", e non potrebbe essere altrimenti.

vanni ha detto...

Figuriamoci se ho antipatia per quanti indagano l'uomo e il suo pensiero, cercano criteri per valutarne l'attività o definirne le modalità di funzionamento; alcuni sono ora perfino in grado di investigarne le connessioni con aree del cervello. E taluni già intravedono il pensiero quale flogisto che promana dallo stress organizzato della corteccia cerebrale.
È entusiasmante usare la mente per indagare la mente. E poi darsi da fare studiando l'uomo attraverso la sua storia e le sue opere, cercandovi un filo e una ragione; osservare il suo comportamento trovando analogìe e correlazioni; arrischiarsi a spiegare la natura di cui è parte e in cui si muove: tutto ciò affacciandosi da mille punti di vista con lumi creativi e complementari - anzi, come dicono con eleganza - con mille chiavi di lettura. Alla fine poi che cosa altro abbiamo fatto - profondendoci nel fallimento e nel successo - soprattutto (si può dire?) in Occidente? Sforzarsi di capire, orientarsi, procedere. Sia ora e sempre work in progress.
Peraltro mi assale una sensazione di disagio (la superbia - si sa - è il primo dei peccati), quando avverto nelle opinioni scientifiche (!) una inclinazione per il limite, un limite che pare volersi disporre intorno alla persona per determinarla, e finalmente serrarla vittoriosamente.
Questa propensione al limite, quando l'accosto e la comparo alla sensazione - coscienza? - e alla manifestazione dell'infinito, mi sembra (modestamente) fallace e ideologica. Soprattutto se è scarsa una sportiva attitudine a prendere in considerazione eventuali limiti e fallibilità del proprio approccio.
Pur essendo un po' carente in campo ontologico-metafisico (in buona compagnia peraltro) mi arrischio a dire che, procedendo di atrofia in atrofia, si potrebbe approdare ad una atrofia mentale globale di poco aiuto per il futuro.
Queste voglie di oggettivare, di misurare, di materializzare quando c'è di mezzo l'uomo... insomma, mi è duro mandar giù l'opinione che l'uomo sia un banale ancorché bizzarramente complesso accidente della natura.
Vecchi maldigeriti studi, vecchi e superati concetti. Sono rimasto a:” Due cose riempiono... La seconda comincia dal mio io... “. Non ho letto mai niente di più bello - nel senso più totale del termine - scritto da mano umana.

Myosotis ha detto...

L'obiezione del sig. Nautilus richiederebbe un tomo di risposta. Mi limito a qualche battuta. Non va tralasciato il mio inciso: "se si esclude il fatto che attraverso la sua applicazione (la tecnica) ci semplifica enormemente la vita e ci aiuta nel quotidiano". Quanto al fatto che "la scienza permette di mantenere in vita 7 miliardi di persone", è compreso nel mio inciso. Però la scienza, di cui si avvale la tecnica, ci mette a disposizione le conoscenze e i mezzi per distruggere il mondo o una parte di esso. Questo è un problemo etico. E l'etica è una parte fondamentale della filosofia.
Aggiungo che intendo la filosofia in senso lato: quando mi pongo il problema di ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è giusto e ciò che è ingiusto ecc., non mi pongo dei quesiti scientifici, ma "filosofici". Mi sbaglio?

GiuseppeR ha detto...

Secondo me Mysotis non si sbaglia ma purtroppo è diventato abituale considerare la meditazione sul "bene" ed il "male" una attività absoleta, un po' da "fondamentalisti". Meglio pensare alla salute ché di sicuro non si fa danno.

broncobilly ha detto...

Pur condividendo il nocciolo della questione, mi ha colpito la perentoria apertura del pezzo:

… Fancis Fukuyama è divenuto famoso una ventina di anni fa per aver pubblicato un libro in cui prevedeva La fine dalla storia. Raramente una profezia fu tanto nettamente smentita…

Anche perchè mi sono recentemente imbattuto in chi sosteneva l’ esatto contrario:

Osservando il mondo negli ultimi vent' anni, quali sono le più importanti tendenze in atto?… 1) il mondo è sempre più pacifico, 2) il mondo è sempre più democratico e 3) il mondo è sempre più aperto al mercato.
In altre parole, si potrebbe azzardare: il mondo intero tende ad adottare il modello occidentale.
Vent' anni fa qualcuno predisse questa convergenza e mal gliene incolse. Ricordate Francis Fukuyama e la sua affermazione per cui "La Storia sta finendo"?

Giorgio Israel ha detto...

Passi il punto 3 (e ci sarebbe molto ma molto da dire al riguardo: quello cinese si può davvero dire un "mercato"?), ma davvero qualcuno può seriamente dire che 1) e 2) si sono avverate?... Ci vorrebbe una mancanza, se non altro, di senso del ridicolo...

Nautilus ha detto...

Ciao Myosotis, no che non sbaglia. Ma le risponderò in due parti.
Intanto concordo, mi sembra improprio il confronto filosofia-scienza: trattano di ambiti completamente diversi. M'ero permesso una risposta (appunto scherzosa) al riguardo solo perchè parlare di scienza come "trastullo" m'ha irresistibilmentre ricordato che la stessa impressione a me la fa la filosofia, quando mi capita (raramente) di leggerne qualcosa. Naturalmente mi riferisco alla filosofia in senso stretto.
Manco a farlo apposta m'han regalato ieri un libro sulla felicità di Salvatore Natoli, prof. di filosofia teoretica. In copertina è riportata questa frase di Sant'Agostino:
" Non vi è per l'uomo altra ragione del filosofare che quella di essere felice".
Insomma un "trastullo" no? Anche se nobile e con fini più vasti.
Nelle prima pagina trovo poi questa frase:"La felicità dunque esiste e come tale è di questo mondo."
Il che mi provoca un sorriso vagamente divertito per la grande scoperta, non posso farci nulla, sarà la mia ignoranza in materia filosofica.
La scienza invece non si pone affatto problemi di felicità o di bene e male, è mossa dalla sete di sapere, e se elabora delle teorie si preoccupa di dimostrarle, tutto qua.
In secondo luogo, volevo dire che mille dibattiti e meditazioni sull'etica, sul bene e sul male non so se han salvato qualche vita, mentre semplici applicazioni di scoperte scientifiche han permesso di debellare le terribili epidemie e carestie che decimavano l'umanità.

alfio ha detto...

la scienza aiuta l'umanità solo se supportata dall'etica (quindi dalla filosofia).

buona pasqua, prof.!

Giorgio Israel ha detto...

Senza la filosofia la scienza non sarebbe semplicemente mai nata. Leggere i testi dei grandi scienziati. Non a caso, ora che si crede che possa farne a meno la scienza deperisce, non la tecnologia. Ma la tecnologia potrà a lungo fare a meno della scienza teorica senza risentirne?

broncobilly ha detto...

Solo per stare al punto uno, qui uno studioso che sfida il senso del ridicolo affermando che “la guerra è in costante declino”. A me risultava esserci un certo consenso in merito. Professore, è possibile avere riferimenti a fronte di affermazioni tanto risolute?

La scienza invece non si pone affatto problemi di felicità


Magari, dopo le opportune riduzioni, una certa scienza o pseudo-scienza, i "problemi di felicità" se li pone pure, vengono in mente in benthamiti e i loro nipotini utilitaristi. I problemi che non si pone la scienza sono piuttosto quelli relativi al "significato".

broncobilly ha detto...

Altro studio (più mirato sul dopo guerra fredda): il numero di conflitti dopo la guerra fredda è in costante declino e non accenna a rallentare la sua rassicurante marcia.

Nautilus ha detto...

Caro Alfio, mica son tanto d'accordo, dall'invenzione della ruota alla teoria della relatività ci sono state moltissime invenzioni e scoperte scientifiche nelle quali non vedo cosa c'entrasse l'etica. Fra l'altro scienza e tecnologia han fatto enormi progressi specialmente quando si è trattato di escogitare mezzi di distruzione sempre più perfezionati, dov'era l'etica che presiedeva a questi progressi?
Professore, che la scienza, specie ai suoi albori, abbia dovuto tantissimo alla speculazione filosofica e cioè al ragionamento astratto e rigoroso coniugato con l'osservazione non ne dubito, ciò non mi pare escludere però che da un bel po' se ne sia affrancata e procedano tranquillamente separate.
Ho l'impressione che la scienza sia in declino e i progressi lentissimi perchè ormai i confini del "facilmente raggiungibile" sono stati toccati, c'è bisogno di macchine e ricerche costosissime per fare piccoli faticosi passi e verificare teorie sempre più difficili da portare a sperimentazione, e che la filosofia c'entri ben poco.

broncobilly ha detto...

Un' analisi di Andrew Mack sul mondo sempre più sicuro che è uscito dopo la guerra fredda (punto 1). Si cerca di spiegare il fenomeno; anche qui che il fenomeno esista, sembra scontato.

Giorgio Israel ha detto...

Di persone che scrivono ce n'è tante. Di certo, se uno assume come definizione di conflitto la guerra mondiale da quasi settant'anni siamo in pace… E anche se assume come definizione la guerra di media portata. Ma da quasi quarant'anni abbiamo il fenomeno crescente del terrorismo e dei conflitti permanenti di carattere etnico-religioso. Non contano? L'elenco sarebbe interminabile: dall'Algeria (150.000 morti) all'Indonesia, dall'Afghanistan all'Iraq, per non dire del Medio Oriente, e poi la Cecenia, i genocidi del Rwanda e le stragi del Sudan (numeri enormi di morti), le innumerevoli guerre africane con orrori indicibili, i conflitti interreligiosi in India, le stragi dei cristiani, il Pakistan, l'ex-Jugoslavia, la Somalia, ora la Libia, e poi naturalmente il terrorismo diffuso. E si potrebbe continuare. Davanti a questo, e di fronte a un mondo in cui si indeboliscono le superpotenze e si affaccia il nucleare iraniano e la prospettiva di un conflitto in Medio Oriente che potrebbe diventare nucleare, parlare di un mondo sempre più sicuro… mi scusi, ma mi pare più che assurdo, di pessimo gusto, come una barzelletta che non fa ridere. È, al contrario, un mondo le cui prospettive sono sempre più inquietanti e sempre più insicuro, in cui la democrazia è in ritirata ovunque, e l'occidente è sempre meno in grado di difenderla, fino ad essere costretto a conciliare entro i propri confini i principi giuridici liberali con la sharia (ormai ammessa dalla suprema corte inglese per una serie di materie).
Ma comunque, il problema è un altro. Come si fa a dire che un panorama come quello che stiamo vivendo da alcuni decenni e che ci offre davanti sommovimenti del mondo islamico paragonabili alla caduta del Muro di Berlino - con esiti del tutto imprevedibili e possibilmente anche di maggiore instabilità - sta finendo la storia?… Davvero sta finendo la storia?….
Questo è davvero stupefacente. E il fatto che un venditore di fumo come Fukuyama sia preso ancora sul serio, non dimostra che la storia sta finendo, ma che sta declinando la storiografia, in mano a persone che la confondono con statistiche mal fatte e viziate alle radici.

Myosotis ha detto...

La ringrazio per avermi esentato dal rispondere all'obiezione che mi ha mosso l'"amico" Nautilus (a proposito, come si chiamano tra loro le persone che partecipano a un blog?).
Leggendo i vari interventi ho avuto l'impressione che siamo andati un po' tutti fuori tema, prendendo spunto sì da qualche frase dell'articolo, ma perdendo di mira il tema centrale sintetizzato dal titolo. Argomenti e argomentazioni comunque interessanti, che ci hanno permesso di "filosofare" nel senso antico del verbo, quando era, mi pare, sinonimo di Ragionare, Argomentare.

broncobilly ha detto...

Grazie per le sue considerazioni, prof.

Mack tiene comunque conto di terrorismo e guerre civili, evita poi di dare molto peso alla “democratizzazione” trovando più efficaci, per la pace, le interdipendenze economiche.

In merito ho reperito alcune considerazioni sul tema di Charles Kenny che chiude così la sua analisi quantitativa post guerra fredda:

The global spread of the idea of democracy and its growing ubiquity is of course the stuff of the End of History –an entropy theory of progress which ends up with the whole world at room temperature. “The triumph of the West, of the Western idea, is evident first of all in the total exhaustion of viable systematic alternatives to Western liberalism…” (Fukuyama, 1989, p.3). The last few yeas has seen such comfortable notions replaced in the zeitgeist with the Clash of Civilizations and visions of millenarian conflict. While it might be too soon to call an end to history, this model might nonetheless fit better with the evidence of historical experience over the long term than the trend to Armageddon model.

Giorgio Israel ha detto...

Certo, se non si da peso alla democratizzazione e poi si parla di trionfo dell'idea occidentale... per giunta, mettendola in termini di alternativa tra modello trionfalistico e modello Armageddon... Molto comodo... L'idea occidentale era molto più trionfante anni fa. Basti guardare al mondo islamico e al caso della Turchia. Se è permessa un'osservazione personale, per quel che vale e a proposito di sicurezza, oggi sono pochi i paesi in cui potrei recarmi tranquillamente rispetto a quelli di pochi anni fa. Giorni ha ho recuperato delle conferenze di Koyré tenute negli anni quaranta al Cairo... Ce lo vorrei vedere adesso, che si parla di eliminare le statue greche dal museo di Alessandria. Trionfo della civiltà occidentale...

broncobilly ha detto...

Lo scetticismo sulla “democratizzazione” non è dovuto tanto alla portata del fenomeno che comunque in parte esiste:

Since the mid-1980s the number of autocracies in the world has declined by some 70 percent (Monty Marshall, “Global Trends in Democratization,” Center for Systemic Peace, http://www.systemicpeace.org/polity/polity4.htm. p.17.)

quanto alla validità della nota teoria “liberal” della “democracy peace”:

The debate among quantitative scholars over the relative impacts of democracy and economic interdependence on the risk of war is both unresolved and highly technical, but there is little dissent from the proposition that increasing levels of international trade and foreign direct investment (FDI) are associated with a reduced risk of war

E comunque “economic interdependence” significa economie libere, e quindi pur sempre “valori occidentali” che si diffondono nel mondo.

n.b. per puro caso oggi ho ripreso in mano “Chi sono i nemici…” constatando che l’ “attacco” del testo è dedicato a Fukuyama, serviva per accostare la sua “fine della storia” ad una ventilata “fine della scienza”. Non ho mai letto questo autore e lo considero solo come un portavoce di comodo della visione “convergentista”, una visione che, al di là delle immagini paradossali fatte per colpire, io non riesco a liquidare come “risibile”. A proposito, il mio “recupero” aveva comunque altre motivazioni: dopo aver letto l’ articolo di Massarenti sulla prima del domenicale del Sole, ho sentito l’ urgente bisogno di riossigenarmi ripassando il magistrale capitolo “Quel che non riuscì a Croce…”

Nautilus ha detto...

Molte grazie a Broncobilly, l'articolo di Andrew Mack che cita è veramente interessante e spalanca pure le porte su studi che non conoscevo: le statistiche sulle guerre e le relative perdite umane dopo la IIWW.
Come sempre le statistiche van lette con molto spirito critico e non son certo facili a interpretare, quel che mi pare indubitabile sono però alcuni fatti:
-son diminuite le guerre fra stati, azzerate addirittura dopo la caduta del muro.
-le democrazie non si fan guerra fra loro.
-come conseguenza le perdite in combattimento sono enormemente diminuite (i combattenti civili son molto meno letali degli eserciti regolari)
-le perdite nella popolazione però sono ormai i 9/10 del totale.
-la quasi totalità dei conflitti sono intrastatali, cioè fra un governo e forze civili dello stesso stato.
-Se si tolgono i 5 grandi conflitti (Vietnam, Corea, guerra civile cinese, Iran-Iraq, Afghanistan) le statistiche sui morti in battaglia in tutto il mondo hanno un' alternanza abbastanza "regolare" di picchi e cadute dal '45 al 2002, segno di una certa condizione endemica nei conflitti armati, il mondo quindi sembrerebbe più pacifico perchè mancano le guerre fra stati (forse davvero per l'interdipendenza economica).
Quanto al fatto se sia più sicuro per il futuro...il trend statistico pare quello, ma sappiamo come faccia presto a cambiare la situazione mondiale, problemi come la carenza di risorse energetiche, idriche e alimentari son lì dietro l'angolo.
Ah Fukuyama, come disse quello:"Non l'ho letto e non mi convince"

GiuseppeR ha detto...

Non credo, come pensa Mysotis, che si sia andati fuori tema rispetto al testo dell'articolo del professore. Si è sostenuto che la filosofia (e ancor di più la religione)possono essere considerate attività inutili, se non dannose, perché non "risolvono problemi" ben definiti quali la fame, la salute, la ricerca del piacere. Ma non è proprio questa una forma di riduzionismo che nega valore alla ricerca fine a se stessa, non finalizzata ad alcunché se non a soddisfare il bisogno di sapere. E' la stessa spinta, profondamente umana, che anima la ricerca scientifica, anche se questa è attuata con metodi diversi. Ma il fine è uno solo, avvicinarsi alla verità anche se sappiamo che nella sua forma assoluta è irragiungibile. E' questo che rende il genere umano "speciale". Se tutto quello che facciamo fosse meccanicamente finalizzato ai nostri bisogni "primari" come si potrebbe spiegare la follia che ha spinto i nostri antenati ad avventurarsi verso l'infinito e costruire i grandi sistemi scientifici, filosofici, teologici? per garantirsi un piatto di minestra? No, non è l'istinto animale che spiega questi nostri comportamenti.

Giorgio Israel ha detto...

Questo se mai dimostra che la statistica può essere la scienza degli imbecilli. Scusatemi, ma trovo un simile panorama del periodo postbellico assolutamente miserabile. "Se si tolgono i 5 grandi conflitti"... I genocidi cambogiano e del Rwanda - che dimostrano quale eredità abbia lasciato il lager nazista - hanno fatto molti più morti di quelle 5 "grandi" guerre messe insieme: milioni. Per non parlare dei 150.000 morti in Algeria. Tutto questo per l'idiota è derubricato sotto la voce combattimenti civili, molto meno letali di quelli degli eserciti regolari. Ma vada a farsi friggere con la sua miserabile statistica. Il genocidio della Cambogia e quello del Rwanda - che immagino vadano sotto la voce "conflitti intrastatali... che schifo di linguaggio, definire un genocidio "conflitto intrastatale" - da soli disegnano un mondo terribile che non ha appreso niente da Auschwitz. E che non a caso si ripete in Sudan. Ma questo pover'uomo invece di analizzare la qualità e la sostanza di quel che è successo e succede, gioca (male) con i numeri. Continuate pure a discutere. Io sono nauseato.

broncobilly ha detto...

Nessuno nega che esistano problemi a raccogliere, classificare e interpretare i dati su queste tematiche, anche perchè fatti all’ apparenza rassicuranti possono sempre nascondere la maturazione di un pericolo futuro (qui un dibattito polifonico); quel che mi sembrava strano è che da una particolare visione sulla sicurezza mondiale, ci si potesse dissociare affermando che “sfida il senso del ridicolo”. Una considerazione che continua a valere qualora si discute di “democratizzazione del mondo”.

Nautilus ha detto...

Ciao Bronco, più che difficoltà a raccogliere dati mi pare che gli studi cui si riferisce Mack tengano conto solo dei caduti in combattimento, col che i civili massacrati, magari a milioni come dice il professore, non son compresi nel conto, diciamo così.
C'è scritto chiaro in un report:
‘The massacres carried out by Hutu militias and Hutu civilians in 1994 are often estimated as having resulted in 500,000–800,000 deaths. The deaths are not classified as battle-related and are not included in this study’
Così gli studi son magari attendibili e i numeri pure, ma la conclusione che il mondo stia diventando sempre più sicuro basandosi solo su quei dati sembra davvero fuori luogo, lasciando fuori i genocidi.
L'insicurezza dipende molto dall'instabilità, e da questo punto di vista non si può certo dire che l'ordine mondiale, nonostante la crescita numerica delle democrazie, sia in una fase che lascia tranquilli.
Certamente l'occidente era molto più trionfante negli anni '40, prima della decolonizzazione, quando Koyrè parlava al Cairo c'era re Farouk.

Giorgio Israel ha detto...

Cominciamo col dire che tutti gli studi seri collocano il numeri di morti nei massacri rwandesi tra 800.000 e 1.100.000 (il minimo è il massimo di Mack...). Il che già la dice lunga su quanto si possa attribuire rigore "scientifico" a questo maneggiare disinvoltamente i numeri. Gli studi non sono quindi attendibili. Poi c'è l'aspetto qualitativo di quel genocidio, e cioè le sue modalità inaudite, su cui vi sono centinaia di studi (cfr. in it. Fusaschi, Hutu-Tutsi) e che hanno una relazione diretta col tema.
Perseguire la dimostrazione della tesi che il mondo sia sempre più sicuro mettendo fuori due genocidi (questo e quello cambogiano) che ammontano a circa 3 milioni di morti, con l'argomento inaudito che non sono "battle related" - e non parliamo delle tantissime altre stragi analoghe che fanno comprendere come il nodo della questione sia tutto lì - è una cosa così poco seria, diciamo piuttosto così inutile, così viziata proprio sul piano "scientifico", da gettare un discredito totale su queste ricerche.
Credo che si possa capire perché mi senta sdegnato sia scientificamente che moralmente di fronte a questo modo di procedere.
Proprio come matematico, che ama il mondo dei numeri, sempre più mi sento di dire che uno dei mali della nostra epoca è l'indebita, superficiale sostituzione delle analisi di merito su questioni complesse con quattro chiacchiere disinvolte di carattere quantitativo-statistico, basate su semplificazioni assolutamente fuorvianti (analisi biased). Come ha scritto una personalità scientifica di primo piano, D. Arnold, presidente di SIAM, a proposito dell'abuso del numeri in bibliometria, che sta distruggendo le valutazioni di merito e anche la ricerca, "Nefarious Numbers"...

broncobilly ha detto...

Facciamo allora un piccolo riassunto. Il mondo è più sicuro?

In effetti se guardo alle guerre, sia tra stati che civili, la profezia di Fukuyama sembra accurata:

The total number of conflicts--international and civil wars--being waged around the world increased threefold during the Cold War years, then sharply declined…

Per quanto riguarda il terrorismo, dopo il declino post guerra fredda…

... starting in 2001 the downward trend in international terrorism incidents was reversed

e questo soprattutto a causa dell’ islamismo.

E i civili vittime della “one-sided Violence"?


Sono in leggero aumento persino togliendo il Rwanda, ma drammaticamente concentrati nell’ Africa sub-sahariana (anche senza Rwuanda!). Aggiungo solo che se esiste una parte di mondo (ancora) poco toccata dalle istituzioni occidentali (libero mercato e rule of law), è questa. Lì in effetti la "storia" non è certo finita.

I genocidi sembrano in netto calo (ma la cambogia non è pre muro?).

link


Detto questo, se il mondo sia più sicuro è difficile dirlo, d’ altronde, nel dibattito, un certo scetticismo in cui sembra riconoscersi il professore è espresso da Bartosz Stanislawski. Personalmente mi sento più ottimista: le guerre fra stati sono una sciagura e il loro declino è una buona notizia, l’ asia si sta in parte "occidentalizzando" e chissà che l’ africa (il vero problema) non segua a ruota, visto anche che "occidentalizzazione" significa più interdipendenza ma anche più ricchezza. Chi non avrebbe tremato ieri di fronte all’ insorgere di una superpotenza come la Cina? Resta poi il pericolo islamista.

Un’ ultima riga per dire che non mi interessa sostenere delle “tesi” su questi argomenti limitandomi a “contare” morti e feriti attraverso statistiche problematiche. Al limite le considero per accantonare tesi che già intuitivamente appaiono avventate.

Giorgio Israel ha detto...

Apprezzo il riassunto, ma non lo condivido, proprio per la metodologia da cui è ispirato. Mi scuso davvero se ora non posso rispondere, sono in partenza e al massimo per qualche giorno potrò mettere in rete i messaggi.

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