Jorge Luis Borges racconta di aver conosciuto La Divina Commedia di Dante nei “silenziosi e lenti tranvai” che percorrevano Buenos Aires: una lettura in inglese col testo italiano a fronte. Quest’opera «che tutti dobbiamo leggere» per non «privarci del dono più grande che la letteratura può offrirci» divenne un compagno di tutta la vita di Borges che suggeriva di leggerlo dimenticando guelfi e ghibellini e filosofia scolastica. Altri lo hanno letto avendo invece in mente la cosmologia aristotelica o alternando, nelle varie letture, diversi strati di comprensione. Così è fatta la cultura: un’impresa che continua tutta la vita, senza un punto di arrivo finale, scoprendo sempre nuovi aspetti e nuove prospettive, ed è proprio questo che la rende entusiasmante. È un’impresa che ha necessità assoluta di guide e maestri. Nell’avvicinarci a Dante non possiamo privarci dei commenti eruditi accumulatisi nel tempo o dei Saggi danteschi di un Borges. Ciò è vero anche per la cultura scientifica. Pur dopo tanti anni da quando ho iniziato a studiare matematica mi capita di ripensare agli aspetti straordinariamente complessi del concetto di infinito in matematica, o alla natura dei numeri, secondo prospettive sempre nuove e per le quali sento la necessità di confrontarmi con il pensiero dei “maestri” che a questi temi hanno dedicato tanti sforzi di pensiero.
Ma ora apprendiamo che la prospettiva sta cambiando, che sta producendosi una cesura epocale nella storia del pensiero e della cultura: è l’avvento della “cultura della partecipazione, della condivisione delle competenze e delle conoscenze”. Nel sito web del noto esperto di istruzione Norberto Bottani si parla di una ricerca svolta nel Massachusetts Institute of Technology da Henry Jenkins, Direttore del Comparative Media Studies Program, secondo cui almeno un terzo degli adolescenti che usa Internet condivide con altri il contenuto di quanto fa. Ciò favorirebbe il conseguimento di obiettivi raramente conseguiti dall’educazione scolastica: espressione artistica, creatività, impegno civico, produzione personale, scambio di opinioni. I membri di queste comunità si frequenterebbero assiduamente sia pure in modo virtuale e sarebbero convinti che la loro produzione abbia un valore di per sé.
In tal modo si starebbe imponendo una concezione nuova del sapere e del modo d’apprendere. Colui che sa non è l’insegnante, il professore, ma il primo tra pari. Cambierebbe così il concetto di proprietà della conoscenza che diverrebbe un patrimonio non esclusivo ma condiviso, aperto, accessibile a tutti, ovunque, sull’istante. Ne deriverebbe un cambiamento del modello vigente di produzione e diffusione delle conoscenze e quindi dell’istituzione scolastica cui verrebbe sottratto il monopolio dell’accesso al sapere.
Questo ragionamento si basa sulla confusione elementare tra informazione e conoscenza. L’accessibilità massima all’informazione – che è un frutto positivo delle tecnologie informatiche – non implica affatto il possesso della conoscenza. Quest’ultima si costruisce nell’interminabile processo di cui si diceva all’inizio e richiede maestri. La conoscenza non è qualcosa cui si accede sull’istante e di cui ci si impossessa come una notizia. Questo andrebbe “insegnato” alle comunità dei piccoli presuntuosi. Mi scuso per la brutalità, ma la riduzione di conoscenza a informazione è frutto di una mente di gallina e fa rabbrividire il pensiero che il futuro della cultura e dell’istruzione possa essere gestito da un tale connubio di stupidità e di ignoranza. Da una persona intelligente come Bottani ci si sarebbe atteso che riferisse queste opinioni con il sarcasmo che meritano.
(Tempi, 25 maggio 2011)
21 commenti:
Elementare, Watson!
Su informazione e cultura avevo scritto un post nel mio blog nel 2007. Riporto un brano di uno sfogo che mi sembra divertente. Se diverte anche lei, copio e incollo.
“Carmelo Bene dice a Costanzo (Interventi in TV): “informazione e cultura, un bisticcio di parole”. Ecco, io cerco di disinformare i miei alunni, anni di fatica nella disinformazione, giacché, benché pargoli, mi giungono informati, da televisione, giornali, giornaletti, internet, famiglie, soprattutto famiglie, soprattutto “scuola”. Anni di fatiche a togliere informazioni dall'orizzonte mentale e metterci sapere, e metterci cultura, a dislocarli altrove, in paradiso (perché dell'altrove risparmio loro l'inferno), fuori dai comuni luoghi della chiacchiera, della rissa pubblica, del pettegolezzo di Stato, fuori dalla res-pubblica e dalla pubblica rissa, lì fra Bach e il Don Giovanni, fra Campana e Leopardi, tra Paolo e Francesca, in mezzo a Tristano e Isotta, in un naufragio di Capossela, in una sbracatura di Tom Waits o in un precipizio della Callas, e alla fine che fanno? Si tradiscono. Si consegnano al nemico. Si consegnano alla res, mi diventano pubblici, e ri-formati. Per fare esami di Stato, si informano. Scaricano da Internet tutte le minchiate possibili per arrivare agli esami informati. Un anno tra le righe di Manzoni, Promessi sposi, a tentare di dispiegarne la grandezza, e di che parlano agli esami? Di che vogliono parlare? di che li fanno parlare? da che son parlati? La droga, droghe pesanti e leggere. L'inquinamento. La differenza tra romanticismo soggettivo e romanticismo realistico: un fallimento, un tradimento. Informati, deformati, irriconoscibili, privati di quel minimo di sapere, a causa delle informazioni ultime, urgenti, in vista degli esami. Avevo alunni così intelligenti, trasformati dall'informazione in mostri della banalità. E le famiglie contente: sono così informati. Del sapere, della vita, dell'altrove, non interessa niente a nessuno.
Ma allora, mi dico, per quale motivo li mandano a scuola da me? Fanno il sorteggio pubblico per entrare nelle mie classi. Perché? Li volete informati? Volete figli educati ai valori dell'informazione? Non li mandate da me. La scuola è piena di insegnanti che informano. Non fanno altro che informare. No, li vogliono informati da me. Non lo saranno mai, sappiatelo, per le generazioni a venire. Non avrete i vostri figli da me informati. Ve li disinformo. Lasciare spazio nelle mie classi agli alunni che hanno famiglie consapevoli dell'alto valore civile, culturale della disinformazione”.
Straordinario
Purtroppo il concetto della conoscenza viene spesso identificato come "quantità di informazioni", perdendo ogni dimensione contemplativa e allontanandosi sempre più da quella libertà interiore che solo la "conoscenza", il sapere che non sia merce di scambio, che non abbia come fine quello produttivo, può dare. Purtroppo anche la scuola persiste nel seguire modelli efficientisti, trascurando il vero valore dell'educazione, sostenuto da un patrimonio di valori e di saperi,che dovrebbe essere trasmesso da maestri che sappiano insegnare, e non da" facilitatori " che sanno addestrare ad acquisire competenze, intese come abilità fruibili in vista dell'acquisizione di altre "informazioni".
Per fortuna,però,c'è ancora chi rimane saldo su ciò che è il bene dei ragazzi e il Suo ultimo commento ne è la prova.
Bravo junco a proporre questa brillante esibizione di Carmelo Bene, calzante e appropriata.
Sicché potremo fare a meno anche del "facilitatore", abbiamo il web!
Bravo junco! Me lo son letto due volte, quasi quasi m'iscrivo anch'io alle tue classi...sarei proprio curioso di vedere all'opera la tua "disinformacja" :)
Credo altresì che la scuola potrebbe utilizzare insegnanti come questi per far da esempio e guida agli aspiranti docenti, e perchè no anche a qualcuno più navigato, i buoni risultati di qualcuno dovrebbero poter diventare patrimonio comune per permettere il miglioramento di tutti, cxosa di cui la scuola ha tanto bisogno.
La confusione tra informazione e sapere ha davvero effetti devastanti ed è alla base dell'idea che la scuola e gli insegnanti non servano... tanto le informazioni oramai si trovano ovunque...
Grazie dell'articolo
"In tal modo si starebbe imponendo una concezione nuova del sapere e del modo d’apprendere. Colui che sa non è l’insegnante, il professore, ma il primo tra pari. Cambierebbe così il concetto di proprietà della conoscenza che diverrebbe un patrimonio non esclusivo ma condiviso, aperto, accessibile a tutti, ovunque, sull’istante. "
ti fa paura eh? il monopolio sionista della cultura e dell'informazione finirà presto, e anche patetiche favolette come la divina commedia tanto cara ai sionisti come te
Ti concediamo - io e Dante, noto sionista - un pezzetto di monopolio dell'informazione, affinché tutti possano vedere cos'è un rigurgito di fogna razzista.
la fogna razzista sei solo tu . e non hai nemmeno il coraggio di ammetterlo . inoltre che la divina commedia sia il testo preferito dalla massoneria sionista è noto da tempo quindi non vedo di cosa ti stupisci .
Ma come si possono scrivere immonde sciocchezze di questa portata? Come ci si può ridurre a pensare in modo così violento ed angusto? E sopratutto da dove escono questi non-sequitur senza alcun rispetto per i fatti? Davvero l'ideologia fa danni senza fine
Ovviamente protetti dall'anonimato!
Caro professore è proprio il caso di ripetere con Dante "non ti curar di loro ma guarda e passa"!
cordiali saluti e solidarietà, Fabio Milito Pagliara
Certo, ma è solo per far vedere che roba c'è in giro. Quel che continua ad arrivare finisce nel suo luogo naturale.
Mi chiedo se dallo userid si riesce a risalire all'autore.
In fondo, ad ogni account deve essere associato un indirizzo e-mail reale.
Molte volte a scrivere insulti del genere sono, purtroppo, persone che si conoscono, protetti dall'anonimato come dice Fabio Milito Pagliara.
Cordialmente,
Lucio Demeio.
Su internet non esiste la possibilità di nascondersi è solo un'illusione... la polizia postale, e non solo, può sempre risalire all'identità di chi pensa di essere anonimo. Chi vuole davvero restare anonimo dovrebbe evitare di postare, con grandi conoscenze informatiche specifiche della rete si possono prendere alcune precauzioni per nascondere la propria identità.... ma dato che la cosa è molto impegnativa non penso che poi si perda tempo a fare questo tipo di "hate mails".
cordialmente, Fabio Milito Pagliara
“Dante sionista” è troppo bella. Non so (sono indeciso) se sia all'altezza di “Dante fascista” sentenziato da un sindacalista durante una pausa di una partita a biliardo. Due perle. Bisognerebbe scrivere un perlario.
Prof. Israel, oggi sono in fase creativa e vorrei dedicarle questi endecasillabi:
Giorgio, i' vorrei che tali sapientoni
fossero presi per incantamento
e messi in un vasel ch'ad ogni vento
ce li spostasse fuori dai c.......
sì che fortuna od altro tempo rio
potesse dare loro impedimento
di ritornare al luogo che so io
e ciascuno di lor fosse contento
si come i' credo lo sarebbe Iddio.
Stamattina dovevo essere alla seconda giornata di un seminario, obbligatorio, per chi, come me, ha tenuto un corso nell'ambito di un P.O.R. Ebbene, ho marinato. Non avevo alternative: o marinavo o stamattina finiva, come si dice qui nella Trinacria, a schifìo. Ieri ho sentito un professore universitario (in cattedra), pagato dalla Regione, con tutto il suo staff (sei fanciulle più un esperto di azione teatrale), che ha illuminato docenti, genitori, alunni del corso su vari argomenti. Abbiamo appreso che a scuola e fuori esiste il bullismo; che nel rapporto con gli alunni occorre empatia; che la scoperta dei neuroni a specchio rivoluzionerà il sistema educativo; che (giuro!) la parola “crisi”, etimologicamente, deriva dal cinese (ho fatto un salto sulla sedia, ma l'esperto non ha battuto ciglio). Stamattina i corsisti avrebbero dovuto esercitarsi nell'ABBRACCIO, perché dobbiamo riscoprire la valenza relazionale dell'abbraccio; durante la sua relazione, forse a causa della mia mimica più o meno involontaria e riflessa, il professore ha ammesso candidamente di esprimere concetti ovvi e scontati, poiché l'ovvio non è mai così ovvio... Sono comunque rimasto ammirato, all'uscita, dal SUV, prezzo base oltre centomila euro, su cui è salito. Peccato fosse bianco: qui nella Trinacria bianco ce l'hanno solo i papponi. Ora, quando la mia preside mi chiederà (spero me lo chieda) perché non mi sono presentato al secondo appuntamento, ci sarà da ridere.
Grazie, geniale poeta!...
Beh, si prepari al peggio. Ho sottomano una circolare ministeriale in cui si annuncia un prossimo giro di valutazione delle scuole che sarà effettuato da team costituiti con la consulenza di... (udite bene)... il dipartimento di psicologia della Sapienza!...
Ho espresso garbatamente quel che pensavo di questa trasformazione della scuola in ospedale psichiatrico a Chi di dovere, prendendomi una raffica di insulti...
"Ho sottomano una circolare ministeriale in cui si annuncia un prossimo giro di valutazione delle scuole che sarà effettuato da team costituiti con la consulenza di... (udite bene)... il dipartimento di psicologia della Sapienza!..."
rabbrividisco.... e non voglio dire altro... sigh :(
"...virtute e canoscenza"?
Volevo dire: non sarà stato un lapsus di Dante o più probabilmente un'errata lettura di altri (visto che lui non aveva a disposizione né macchina da scrivere né computer)? Anche perché altrove nell'Inferno si trova sempre conoscenza con la o.
No, non è un lapsus o un errore di lettura perché "canoscenza" e "canoscere" (come anche "cognoscenza" e "caunoscenza") sono versioni arcaiche nella lingua italiana. Cfr. Dizionario Treccani della lingua italiana. Quella versione (Inferno, 26, 120) è accreditata dalle più autorevoli edizioni: cfr. p. es, l'edizione della Società dantesca. Inoltre, è una dizione che si trova anche nella Vita Nuova, oltre che, come le precedenti, in molti altri autori dell'epoca.
La ringrazio della dotta risposta. Era solo una curiosità filologica, ovviamente d'importanza minima, perché generalmente si sente citare "virtute e conoscenza".
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