Ricevo messaggi in cui mi si chiede se sia vero che sono stato, o sono, consulente del ministro Gelmini, accompagnati in alcuni casi da commenti tra lo stupito e lo sdegnato («ma come ha fatto?», «ma non si vergogna?»).
Allora, tanto vale esser chiari una volta per tutte.
In primo luogo, non sono mai stato né sono “consulente” di nessuno. Un “consulente” è una persona che offre le sue competenze dietro compenso. Il mio mestiere è un altro e non sono mai stato né sono in un rapporto di dipendenza con alcuno, salvo che con l’istituzione universitaria.
Nel 2008 il ministro Gelmini, essendo a lei noto per i miei numerosi scritti sulla scuola, mi ha chiesto un parere circa il modo con cui andava eventualmente riformato il processo di formazione iniziale degli insegnanti. Evidentemente convinta da quanto ho prospettato ha nominato una commissione di cui mi ha affidato la presidenza: incarico gratuito previsto come tale per legge. La commissione ha lavorato sodo e ha prodotto un progetto sulla cui base è stato redatto un regolamento. Difendo il progetto senza riserve. Penso che sia stato un ottimo lavoro, tra l’altro realizzato in un tempo record: meno di quattro mesi. L’estenuante percorso che ha condotto all’approvazione del regolamento è stato da me descritto in una intervista al Sussidiario il cui link si trova anche in questo blog (“Come sta andando a picco la riforma della formazione degli insegnanti”, settembre). Quindi, chi vuole sapere come abbiamo operato e perché le cose non sono andate per il verso giusto può leggerla.
Ciò detto, anche in questa veste alquanto sfigurata la riforma ha prodotto risultati positivi. Tale è il caso della nuova laurea quinquennale a ciclo unico per la formazione primaria che ha prodotto miglioramenti sensibili, in termini di una riqualificazione della componente disciplinare della laurea. Gli effetti già si vedono. Altro discorso per le lauree magistrali per le medie inferiori e per il TFA: qui il ministero ce la sta mettendo tutta perché le cose vadano nel peggiore dei modi. E c’è già chi neanche tanto di nascosto si frega le mani.
Sono stato anche nominato membro di una commissione per riscrivere le Indicazioni nazionali per i licei (alla quale hanno partecipato diversi membri della “mia” commissione). Rivendico in toto i risultati ottenuti: le nostre Indicazioni costituiscono un progresso enorme rispetto allo sciagurato testo della Riforma Moratti. Non ho dubbi che c’è chi vorrebbe bruciarle.
Ho fatto anche parte della commissione per la valutazione delle scuole e degli insegnanti e, in questo caso, mi sono trovato in totale dissenso con gli orientamenti prevalenti, non ho mancato di dirlo chiaramente e, quando ho visto che il mio contributo non era neppure preso in considerazione, ho espresso il mio punto di vista pubblicamente, anche in articoli e in una relazione leggibili in questo blog. Così come ho espresso il mio parere circa gli orientamenti assunti dalla nuova agenzia Anvur.
In buona sostanza: ho fatto il mio lavoro nella convinzione che un cittadino non può mancare di dare il proprio contributo al bene del proprio paese, seguendo i propri convincimenti, senza compromessi e fino a che questo risulti possibile senza entrare in conflitto con la propria coscienza.
Così penso si debba fare, così ho fatto, non ho assolutamente nulla di cui rimproverarmi e, anzi, dichiaro che lo rifarei tal quale. Non riesco neppure a vedere quali errori abbia commesso. Nello stesso spirito accettai di far parte di una commissione sotto il ministero Fioroni.
Non sono così ingenuo da non capire quali sono i moventi di chi mi ha scritto quei messaggi e posto quelle domande. Per queste persone non si può collaborare con un governo e un ministro di cui non soltanto sono legittimi oppositori ma che ritengono “indegni” persino di qualsiasi contatto.
Questo è un atteggiamento profondamente sbagliato. È davvero singolare che ogni giorno si parli dell’Italia come un paese anormale in quanto non vi è possibile pensare costruttivamente al bene comune, che si parli continuamente di una solidarietà nazionale per la salvezza del paese, e poi si consideri scandaloso che una persona contribuisca in modo consapevole, dignitoso e in piena indipendenza di giudizio e libertà di opinione, a un’attività che reputa utile alla collettività.
Peraltro così agiscono e hanno agito moltissime persone. Il ministero rigurgita di membri e presidenti di commissioni, e anche di consulenti, dell’opposizione, di sinistra e di estrema sinistra, nominati dal ministro Gelmini (e così l’Anvur, l’Invalsi o l’Indire). Nella mia commissione non c’era un solo componente di orientamento governativo. Sarebbe davvero ridicolo che l’unica persona ad essere criticata per aver “collaborato” sia il sottoscritto...
Il vero nodo della questione è con quali intenzioni e con quali progetti si interviene, che cosa si tenta concretamente di realizzare.
Quel che molti dimenticano - e, in certi casi, fanno finta di dimenticare - è che da molti anni in Italia si è creato un fronte che sommariamente indicherò come ispirato al costruttivismo pedagogico, alla teoria dell’autoapprendimento, dell’insegnante come facilitatore, della valutazione quantitativa per quiz, ecc. ecc., il quale ha un carattere politicamente trasversale.
L’immagine più vivida di tale situazione è data dalla perfetta continuità tra i ministeri Berlinguer e Moratti, malgrado le più superficiali apparenze: stessa ideologia, stessi progetti, e addirittura stessi consiglieri e “consulenti”. Evito di far nomi ma chiunque può controllare.
A mio avviso, i ministeri Berlinguer e Moratti hanno portato a compimento un’opera di distruzione del sistema dell’istruzione già iniziata da tempo ma da essi perfezionata in modo metodico. Ritengo che all’inizio del ministero Gelmini si sia aperta una situazione nuova che non era contrassegnata dai soliti personaggi e dalle solite idee. Se è lecito, il fatto stesso che sia stata offerta a una persona con le mie idee l’opportunità di agire sul terreno della formazione e delle Indicazioni nazionali dimostra che la situazione aveva aperture di novità. Ho detto e sto ripetendo da molto tempo che questo spiraglio si è richiuso, soprattutto per una reazione della “tecnostruttura” di una virulenza senza pari.
Prima si era costretti a subire le litanie bigotte sull’insegnamento/apprendimento: se non c’era la “barra” eri politicamente scorretto. Siamo passati in una situazione in cui si potevano scrivere delle Indicazioni nazionali in cui finalmente riemergeva in un discorso culturale, pur nell’ira dei burocrati che non sopportavano una redazione che non fosse fatta nello schema del “dolmen” (conoscenze/competenze/abilità) di stile morattiano. Come diceva un membro di una commissione (di sinistra, ma non di quel fronte trasversale di cui sopra): «prima o poi ci sbattono fuori e ci fanno a pezzi». Aveva ragione.
Infatti, ora sentiamo dire che la scuola dovrà passare per una rivoluzione totale che sostituirà alla scuola dell’insegnamento la scuola dell’apprendimento... Insomma, altro che insegnamento/barra/apprendimento! Apprendimento e basta... Insegnanti, preparatevi a diventare facilitatori a tutti gli effetti. Non insegnerete più, farete gli animatori scolastici, peraltro subordinati a test di valutazione preparati da quei cialtroni che hanno dimostrato le loro capacità con l’indegno circo delle migliaia di domande per i futuri presidi, e per i quali l’accountability non vale.
Ho fatto la mia parte per qualche tempo contribuendo a lasciare qualche traccia e qualche risultato positivo che ora si cerca in tutti i modi di spazzar via. Di fronte a questa reazione dico quel che penso, pagando anche il prezzo di essere tagliato fuori da vari organi d’informazione (un giorno racconterò anche questa). Torno alla battaglia culturale e continuerò su questa strada.
Non vedo di cosa dovrei pentirmi o, addirittura, vergognarmi.
Quando poi tornerà un ministro di sinistra a continuare l’opera di distruzione sarà istruttivo vedere se coloro che oggi mi chiedono conto stupiti di aver collaborato col ministro Gelmini, avranno il coraggio di opporsi altrettanto risolutamente, oppure faranno finta di niente e piegheranno la schiena trattandosi di un “compagno”.
22 commenti:
Gentile professore,
questo suo post chiarisce i miei dubbi, quelli che le ho espresso in precedenza, sul fatto che lei abbia collaborato con questo ministro.
Non sono politicamente affine alla Gelmini, ma il motivo per cui la trovo indegna di fare il Ministro della pubblica istruzione non è il suo orientamento politico, bensì la sua manifesta incapacità e il suo rifiuto di parlare con chi la scuola la fa e la vive.
Detto ciò, ci sono alcune cose nel suo post che non capisco. Lei associa il costruttivismo ai quiz. Per come io ho studiato e ho lavorato sul costruttivismo - insegno tra le altre cose pedagogia e psicologia - le due cose stanno agli antipodi.
Le dico chiaramente che, non solo per la mia formazione, ma anche per l'esperienza di questi anni di lavoro, la nostra scuola fatta di interrogazioni e di termini non serve a prepararsi a nulla. Molto meglio sarebbe studiare casi con i miei studenti e metterci alla prova su compiti di realtà (brutto termine ma non ne trovo di migliori), che ci portino a scrivere in forme che abbiano qualcosa a che fare con la vita reale (non dico solo professionale, perché non credo nella specializzazione precoce) .
Io mi ritengo una facilitatrice, ma non credo che questo significhi smettere di insegnare. Credo invece che significhi insegnare alcuni concetti, nuclei tematici essenziali, su cui innestare poi la riflessione dei e con gli studenti per produrre un contenuto culturale condiviso. In questo senso quando insegno faccio lezione frontale, ma stimolo il dibattito, leggo e commento con la classe testi di autori ben più interessanti di me e provo a volte a mediare contenuti "alti" attraverso degli adattamenti didattici. Quando insegno italiano L2 (una delle mie innumeri specializzazioni che valgono carta straccia), parto da un contenuto reale e poi rifletto sulla lingua con la classe, sapendo esattamente dove li porterò, e solo dopo chiedendo loro di riflettere su quello che fanno. In dieci anni i miei metodi mi hanno dato buone soddisfazioni, molti miei studenti hanno superato i (demenziali) test per le università a numero chiuso e proseguono con buoni risultati e soddisfazione i loro studi.
Il costruttivismo vero, poi, dovrebbe portare alla capacità di autovalutare il proprio percorso di apprendimento, allo studio per sé e non per il prof., alla consapevolezza culturale... O forse ho sempre frainteso quello che studiavo?
Sempre con cordialità
Lucia (la docente preacaria d a 11 anni di poco fa)
Gent.mo Professore,
mi permetta di complimentarmi e apprezzare la sua schiettezza e chiarezza nel manifestare le sue posizioni. Sono di sinistra, ma oggi non sò cosa ciò vuol essere. Sono stato fra coloro che hanno criticato Berlinquer per aver consentito, dopo il primo , dico sacrosanto ,corso abilitante, era da dieci anni che non si bandivano concorsi, l'effettuazione degli altri. Ciò ha consentito che si abilitassero docenti delle medie e maestre per insegnare Italiano e latino o Storia e Filosofia alle superiori, docenti di Italiano e Storia per l'insegnamento di Filosofia , ingegneri per insegnare matematica e fisica, con i relativi disastri, nella stragrande maggioranza dei casi, nelle scuole superiori. Le sue considerazioni su cosa faranno i docenti,
" Insegnanti, preparatevi a diventare facilitatori a tutti gli effetti. Non insegnerete più, farete gli animatori scolastici, peraltro subordinati a test di valutazione preparati da quei cialtroni che hanno dimostrato le loro capacità con l’indegno circo delle migliaia di domande per i futuri presidi, e per i quali l’accountability non vale."
faranno si che , purtroppo, i figli dei meno abbienti subiranno un danno irreparabile, mentre gli altri troveranno, come lo trovano anche oggi, il modo di salvarsi.
PENSO CHE MOLTI DI COLORO CHE, IN MODO ERRATO, hanno criticato il fatto che lei sia stato un consulente della Gelmini ,siano accecati da pregiudizi ideologici e non comprendono il danno che si arrecherà alle future generazioni.
Con stima
Giuseppe Moncada
Che vuole che le dica, cara Docente precaria? Ritengo che l'idea dell'insegnante come facilitatore sia devastante e degradante. L'alternativa non è il nozionismo. Vede, anch'io insegno da qualche decennio e conosco bene cosa significa insegnare in modo formativo, non nozionistico e non distruggendo la figura del maestro a profitto di quella del facilitatore. Ma non credo che questa discussione possa proseguire. Sono un positivista polveroso incapace di capire persino quello che legge. Pensi che arrivo al punto di pensare che il vero scientismo positivista di oggi è la pedagogia dell'autoapprendimento... Guardi che in questo periodo il ministero è il trionfo del costruttivismo pedagogico. Si parla di passare dalla scuola dell'insegnamento a quella dell'apprendimento. E coloro che fanno questi proclami sono esattamente gli stessi che promuovono la valutazione mediante test e quiz a tutti i livelli. Ma a parte questo - non voglio riaprire la discussione - mi chiedo perché, visto l'attuale orientamento del ministero, non plaude alla Gelmini? Si è messa sulla linea di Berlinguer e Moratti.
Va bene, faccia com crede, non è un problema mio, direi. Il mio problema è sopravvivere in questa scuola. Il suo mi sembra è discutere con chi la pensa diversamente da lei. E non si senta obbligato a pubblicare quel che dico, ci mancherebbe.
Sempre con cordialità (non proprio sentita, mi consenta)
Infatti, io discuto abitualmente con chi non la pensa come me. Diciamo che quasi non faccio altro. Ma non mi interessa discutere con chi prima premette che sono un cretino e poi si offende e mi accusa di essere un barone se non voglio discutere su queste basi. La cosa positiva di questo blog è che, dopo vari sforzi, uno stile opposto a questo si è imposto naturalmente e, non ci si crederà, ma non cestino quasi più nulla da un anno. La cordialità non sentita è un ossimoro: la vita è già abbastanza complicata, non complichiamola ulteriormente.
Contributo "schierato" al dibattito.
Sono sempre stato di "sinistra" (da giovane un po' di più, successivamente nel senso della proposta di definizione di Bobbio: come noto, si nasce incendiari e si muore pompieri) e mi sono schierato immediatamente contro la riforma Berlinguer, perché ne intravvedevo alcuni possibili esiti: la situazione è andata oltre le più pessimistiche aspettative.
Insegno anche io da molti anni nella scuola ex elementare e non sono in grado di restituire in poche parole l'idea dello "stato delle cose" attuale: ma il supposto primato della nostra scuola elementare è sempre più mitologia superata dalla realtà. E non parlo solo dei tagli: quelli ci sono ma accompagnano una situazione di generale degrado culturale che non è possibile riassumere in breve.
Alla collega precaria, cui auguro di assumere presto il ruolo ordinario, vorrei dire che a volte temo non ci siamo più mossi da don Milani, per il quale ho profondo rispetto ma che troppo spesso viene usato come "una foglia di fico": lo sento citare spesso in Collegio docenti e temo a sproposito, perché in questi anni nella scuola è successo di tutto e se fosse vivo, don Milani direbbe altre cose alla nota professoressa e anche i suoi ragazzi segnalerebbero nuove istanze, nuove esigenze, nuovi bisogni inascoltati.
Seguo questo blog perché il professor Israel è un magnifico polemista e soprattutto perché è in grado di argomentare le sue idee, cosa piuttosto rara di questi tempi: non sempre le condivido, ma spesso sulla scuola mi trovo dalla sua parte. Perché la scuola non è di destra né di sinistra, è di tutti ed è una parte importante del nostro futuro come Paese: dovremmo, noi professionisti dell'istruzione, trovare il modo per opporci a quanti la stanno smontando un pezzo alla volta.
Cordialità, Vincenzo Manganaro
Gentile professore,
La ringrazio per la Sua cortesia e la risposta. Mancava del tutto, nella mia domanda, qualsiasi senso di sdegno per il Suo operato - che non conoscevo nei dettagli. La mia era pura sorpresa: di fronte a un intellettuale che a) ritiene i test spesso delle imbecillità e b) ritiene Odifreddi degno di critica :) (e non mi dilungo su altri Suoi meriti; sono un Suo lettore e avrei materia di apprezzamento), non sapendo con precisione qual'era il Suo ruolo, non riuscivo a capire cosa poteva fare con un ministro come la Gelmini (giudizio negativo che estendo a tutti i ministri dell'istruzione a partire da Berlinguer - il più esiziale - fino a oggi).
La ringrazio e La saluto cordialmente.
Graziano Fois
Gentile Professore,
giusto per dare una testimonianza bipartisan (come si usa dire), le do tutta la mia solidarietà "da destra".
Io non sono di sinistra, ma non credo che l'autodemolizione in atto della scuola sia un fatto nei confronti del quale i governi di centro-destra possano ritenersi innocenti.
Per vari motivi, molta parte del centro-destra ha vissuto il tema “istruzione” a rimorchio delle ideologie imperanti a sinistra. Parte del problema è certamente l'organico delle strutture ministeriali, che può mettersi di traverso a fronte di ogni buona intenzione anche del ministro stesso, altra parte del problema è che probabilmente non si è ben compresa la portata di alcune pedagogie imperanti o che non si è tematizzato a sufficienza l'argomento (come, lo ammetto anche se gli esiti non mi piacciono, viene fatto invece da decenni a sinistra). Possiamo aggiungere che il centro-destra attualmente al governo è (nella migliore delle ipotesi) espressione di numerose culture molto diverse tra loro (cattolici ed ex-radicali, socialisti e leghisti...), ognuna delle quali portatrice di valori pedagogici probabilmente in conflitto reciproco.
La mia convinzione personale, da cittadina comune, è che se si perde il senso di appartenenza a un orizzonte di civiltà, se si perde la sensazione di fare parte di una cultura (magari dialetticamente, magari con riserve, ma anche con senso di abitazione in tale cultura) e al contrario si sente imbarazzo o odio o furia distruttrice per tale tradizione, allora a nulla valgono i metodi e le prassi, perché è venuto meno il contenuto. Mi chiedo: al ministero c’è qualcuno che si ponga il problema (magari di tanto in tanto) di cosa dovrebbero imparare gli studenti? O c’è solo il come?
Di più: in mancanza di cultura condivisa, è inevitabile rifugiarsi nella prassi, da cui l’enfasi sulle metodologie e, se proprio qualche attimo rimane per pensare ai contenuti, questi sono quello che definirei il minimo profilo possibile. Ecologia, alimentazione, multiculturalismo, educazione stradale, persino teorie del genere…
In questo teatro ci sono i cattivi (coloro che hanno come obiettivo ultimo uno spezzatino sociale senza appartenenza, senza cultura vera, senza senso critico) e gli stupidi (coloro che si accodano ai primi con le migliori intenzioni), non è chiaro chi faccia più danni, ma certamente non fanno danno le persone come lei, professore, che provano a inserire nel dibattito un po’ di buon senso.
Aggiungo una postilla in forma dubitativa: la mia impressione è che lei, come me, sia l’espressione di una tradizione, anche religiosa, ben precisa. Le nostre rispettive tradizioni (la sua ebraica, la mia cristiana) hanno fornito senso e prospettiva all’occidente per alcuni millenni. Oggi non solo sono sostituite da tradizioni diverse (quella laica- giacobino- materialistica, per certi versi anche irrazionalista), ma sono sostituite da un’anti-tradizione, cioè da un odio specifico che fa di noi dei dinosauri di altri tempi, vestigia di cui liberarsi per eliminare il modello di uomo, di mondo e di cultura che abbiamo proposto fin qui nel corso della storia. Ha anche lei questa impressione?
Certo che condivido tutto quanto lei dice (salvo il fatto che trovo troppo ottimistico dire che al ministero non si rendono conto: lo sanno benissimo e lo perseguono in modo efferato). Sono d'accordo anche con la conclusione, salvo il fatto che si può essere anche sconfitti, ma resta da vedere chi è l'autentico relitto della storia. Del resto l'ideologia materialistica e irrazionalista esce da una cucina vecchia di secoli.
Non sarò una professionista del settore, di alcun tipo, ma in ogni caso riconosco in ciò che Giorgio (permette?) scrive la "semplice" realtà che ho davanti agli occhi.
Sì, la scuola è tutta un quiz, si potrebbe dire parafrasando Arbore. E lo si nota anche non volendo.
Non sarò una professionista del settore, di alcun tipo, ma in ogni caso riconosco in ciò che Giorgio (permette?) scrive la "semplice" realtà che ho davanti agli occhi.
Sì, la scuola è tutta un quiz, si potrebbe dire parafrasando Arbore. E lo si nota anche non volendo.
"se si perde il senso di appartenenza a un orizzonte di civiltà" (omissis)
Mi domando se sono l'unica ad essere infastidita da una scuola - peggio che sovietica - che si proponga di inculcare nei nostri figli una identità non voluta e non gradita. La definisco "peggio che sovietica" in quanto la scuola totalitaria non si limitava a esortare i bambini a denunciare alla polizia i propri familiari e genitori - ma insegnava, e neanche poi tanto male. Anche il rozzo Stalin si rendeva conto che l'URSS - come ogni altro paese che non sia destinato a un rapido oblio - aveva disperato bisogno di gente che sapeva il fatto suo.
La mia modesta opinione è che la scuola deve fare il suo mestiere che è quello di insegnare, e, se previsto (come attualmente almeno in teoria avviene in italia) di valutare. Per cui se per ipotesi Pinco Pallo frequenta il liceo scientifico, la scuola gli deve, due esempi fra i tanti, insegnare lo studio di funzioni reali di variabile reale e metterlo in condizione di tradurre testi latini di complessità media. Se poi lo sa fare, gli darà 9, se è un somarello gli darà 3 e il ragazzo cambierà strada. Quale rilevanza ha che il Pinco Pallo sia cattolico o ateo o di qualsiasi altra religione o ideologia? Quale rilevanza ha l'identità che il Pinco Pallo (e vista la sua giovane età, la famiglia del ragazzo) si attribuisce? Qualsivoglia essa sia, e sia essa ben definita, conflittuale, o evanescente? Scusate se mi permetto ma - mi sembra che saranno fattacci del Pinco Pallo ed eventualmente di chi condividerà la sua vita con lui a livello personale.
Mi sembra semmai che la scuola attuale, per quanto annacquata (per ragioni strumentali e non certo per un genuino rispetto dell'altro), sia già fin troppo invadente nei confronti dell'identità del bambino che anno dopo anno, passando gran parte delle proprie giornate a scuola, diventa adulto. Mi sembra che la scuola dovrebbe avere una e una sola cosa da dire in merito - sottraendo pochi secondi al suo compito primario - ciascuno di noi ha una propria identità da costruire: abbiamo diritto alla nostra e dobbiamo rispettare l'altrui.
Assolutamente d'accordo
Mi scusi se mi faccio risentire, e mi creda non desidero essere pubblicata, anzi mi scuso se sono stata maleducata, è che certi intereventi sul suo blog mi fanno star male quasi fisicamente (non sto facendo ironia). Quello che mi interessa è solo dirLe che resto stupita dal tono generale degli interventi. Li leggo e mi chiedo se lavoriamo nelle stesse scuole. Io, in 11 anni, poichè purtroppo la mia classe di concorso coincide con tuttologia - io sono laureata in teoretica, ma posso insegnare oltre alla filosofia e alla storia, sociologia, psicologia, sc. della formazione, psicologia della comunicazione - ho insegnato nei licei e nei professionali, a molti tipi diversi di ragazzi e, lei mi ha definito una "costruttivista", ma io non mi considero tale, anzi credo che un docente non debba avere una metodologia di riferimento assoluta, ma debba sperimentare tutto ciò che gli sembra possa funzionare e accantonare quel che non funziona. A volte ho usato tecniche che si possono ricondurre al costruttivismo cognitivista (ho sperimentato per esempio che la correzione di un pari, con alcune tipologie di ragazzi, funziona meglio della mia), ma ho fatto lezione anche in altri modi. Credo che il mio lavoro sia una questione di passione, passione nel vedere un soggetto che cresce e si autonomizza progressivamente, soprattutto nel giudizio critico. Credo che insegnare ed apprendere sia un trovarsi a metà strada, metà la faccio io, ma se metà non la fanno gli studenti, qualsiasi mio sforzo sarà inutile, ma questo è ben diverso dal dire 'ho spiegato e sei più o meno bravino o più o meno capretta, se sei capretta ciao'.
Ma ci sono contesti in cui la lotta prioritaria è tenere un ragazzo a scuola, anche per i capelli, far scattare in lui anche solo una piccola scintilla di interesse, una vaga idea di poter costruire una vita normale - prima di insegnare ho lavorato come educatrice con minori maltrattati e abusati e so quanto un solo adulto "vero" possa far la differenza - può fare essere essenziale per scegliere tra cercare un lavoro e andare a rubare. Lì non potrò lavorare come in un liceo, dove i ragazzi sono più consapevoli del perché sono lì. Quando ho letto le indicazioni per i Licei, sa qual è stata la mia prima domanda? Ma come faccio a raggiungere livelli così alti con un numero di ore nettamente inferiore? Che già ora è così difficile? Mi sono incavolata, perché ho pensato che si riempissero la bocca di belle parole che non avremmo potuto mettere in pratica. E quando vedo che nel liceo delle scienze umane, dobbiamo fare Platone e Aristotele da un punto di vista pedagogico in prima, mi chiedo che senso abbia. Così diventano favolette, solo agganciando questi pensatori alla prospettiva filosofica ed etica che li caratterizza, si può indagarne la parte relativa all'educazione, e quindi vanno fatti in terza, affiancati al programma di Filosofia. Ecco questi pensieri sono un po' confusi, ma sono le mie preoccupazioni di docente , quelle che poi quando leggo certi interventi mi fanno un po' star male. Non è davvero questione di ideologia. Che la pensi come vuole il ministro dell'istruzione, ma che metta mano seriamente nella scuola. Che la si smetta di trovare sempre le paroline salvifiche (prima erano sapere/saper essere/saper fare, oggi abbiamo la competenza, un contenuto quasi mistico su cui non c'è accordo manco per la definizione). Che si evitino gli slogan della peggior tradizione pedagogica, che tutto evocano e nulla chiariscono. Per fare un esempio, sa in cosa si è risolto il famigerato voto di condotta? Che non si può dare meno di 7, ma è un 7 che fa media come quello di scienze, o italiano o matematica. E per dar 5 bisogna aver sospeso un ragazzo per un mese e non deve aver dato segni di pentimento... severità? Forse più stupidità..
Pubblico la sua lettera, Docente precaria, nonostante tutto. E, mi creda, non ce l'ho su perché mi ha definito un positivista polveroso o un reazionario. Figurarsi… Ho la pelle abbastanza dura. Ma perché ho trovato molto odioso il paternalismo del "sono cordiale con te perché sei vecchio" e del "professori tradizionalisti della tua età i giovani non li seguono più". Che tentativo di vincere con i colpi sotto la cintola… E ancora peggio dirmi che un vecchio come me ha poco da "vantarsi" di avere figli piccoli (di essere un modello poco commendevole). Non mi vanto di niente, ma la mia famiglia è la mia felicità su cui nessuno può permettersi di camminare con le scarpe chiodate per vincere cosa? una contesa sulla scuola…. Le cose che lei scrive ora sono in parte condivisibili e non capisco cosa ci sia tanto da arrabbiarsi (il che non giustifica comunque aggredire sul piano personale il prossimo, soprattutto un insegnante non dovrebbe farlo). Continuo a insegnare, conosco anche il mondo della scuola e so che i giovani (inclusi i miei figli che mi dovrei vergognare di avere) preferiscono di gran lunga un buon insegnante tradizionale al facilitatore. Beninteso, un buon insegnante che ti insegna a capire e a camminare con le tue gambe, non quello che recita la lezione e poi sono fatti tuoi: quello è un cialtrone, scansafatiche e incapace, da quando mondo e mondo, ben prima che si scoprisse l'acqua calda dell'autoformazione. Come sono pessimi certi facilitatori che passano il tempo a confezionare ricette e non ti danno niente (forse perché non sanno niente, e non gli va di sapere). Ti danno l'imbeccata e poi Dante te lo leggi da solo, beninteso se ti va, altrimenti leggi Geronimo Stilton o proprio nulla. Un buon insegnante è quello che si fa a pezzi per farti capire Dante (è solo un esempio), la cultura e i significati che vi sono dietro, ti addestra a leggerlo e ti lascia questo patrimonio prezioso per tutta la vita. Pensi che sto leggendo Dante ai miei figli (quasi 12 e 9 anni) e stanno a bocca aperta ad ascoltare, e mi chiedono loro (non io) di continuare. Per il resto, possiamo discutere di tante cose e certamente su parecchie trovarci d'accordo: per esempio lei sbertuccia le competenze, ma non è quello che scrivo da qualche anno? Provi a dirlo in giro e si sentirà definire una reazionaria. Lo vada a dire a quei pedagogisti di stato che ci affliggono da anni con questa tiritera. Potremmo discutere delle Indicazioni nazionali che sono certamente messe in gran difficoltà dai quadri orari. Ma se le chiedono di scrivere delle indicazioni nazionali nuove, che fa? Si rifiuta, se non le danno anche potere sugli orari, ovvero se non ha il potere del ministro? Direi che è meglio farle e segnare qualche punto a favore. Quantomeno qualcuno dovrà passare un bel po' di tempo a distruggerle… E non mi parli del Liceo delle Scienze Umane: per me non dovrebbe esistere, semplicemente. Anzi per me la pedagogia andrebbe reinserita nella filosofia… Ma appunto, non si può fare tutto. Almeno, le indicazioni nazionali per i licei scientifici e classici sono buone. Quanto ai tecnico professionali, si chieda ai maniaci della complessità e dell'olismo le ragioni del disastro cui sono stati condotti, e in cui vengono ulteriormente sprofondati dalla mano dei consulenti di Sacconi (segnalo il mio intervento: http://www.loccidentale.it/node/110182). Ho anche scritto in tutti i dettagli le Indicazioni nazionali per la matematica per il primo ciclo. Non le hanno volute, la commissione è stata praticamente affondata. Un giorno o l'altro le renderò pubbliche. Almeno i maestri che hanno voglia di impegnarsi - non i recitatori di nozioni o i facilitatori scansafatiche - potranno rifletterci su, non dico prenderle come il verbo, ma riflettere un po' su come insegnare la matematica ai bambini in modo meno idiota e frustrante dell'attuale.
Professore, non posso che condividere buona parte di quello che scrive. A scuola è più facile far progettini, che insegnare. Ma con i progettini si porta a casa qualche misero soldino in più... questa è l'autonomia. E allora ben venga tutto, e tutto sullo stesso piano, dalle iniziative sulla Giornata della Memoria, al corso sulle Ruote Sicure. E poi verificare se quel progetto ha avuto una qualche ricaduta didattica, neanche a parlarne.
Se per facilitatore intendiamo quello che intende Lei, non c'è dubbio, meglio perderli che trovarli. Ogni tipo di testo, in ogni tipo di linguaggio, di ogni scienza, o disciplina, bisogna essere formati a leggerlo e questo vuol dire lavorare con i ragazzi, che non significa:"Beh siccome abbiamo lavorato insieme, allora qualsiasi cosa tu produca, mi sta bene”: Lavorare con i ragazzi significa diventare anche più esigenti sulle loro risposte. Sappiamo entrambi però che parliamo di cose molto difficili da fare in classi di 32 (tanti sono in prima da me quest'anno). E mia figlia alla scuola per l'infanzia è in una classe di 28 alunni, con 2 diversamente abili, veda Lei. E' questa ipocrisia (che non imputo a Lei sia chiaro) che mi imbestialisce. Non frega niente a nessuno della qualità e le becere affermazioni di Brunetta sono fumo negli occhi. Non condivido il suo giudizio sul Liceo delle Scienze Umane, ma dovrei dilungarmi a spiegare il perchè e non mi sembra il caso, condivido il giudizio sulla cattiva pedagogia, ma penso che esista una “clinica della formazione”, per dirla con Massa, che ha un suo peso e una sua utilità. Le dico anche che è più facile fare cose di degno livello lavorando su Sociologia, Psicologia e sc. dell'ed. che sulla Filosofia, dove la semplificazione (anche al classico, anche in istituti illsutri, come quello che ha frequentato la mia più grande) tocca livelli abissali. Ma anche qui sarebbe davvero lungo da spiegare.
ammetterà però che de mauro, berlinguer e mussi sono stati, giustamente, massacrati dalla c.d. intellighenzia de sinistra -- ricordo certi articoli, per dire, di canfora e di cesare segre che lévati.
Saranno stati pure massacrati da intellettuali di sinistra isolati e senza influsso politico come Canfora e Cesare Segre. Ma, del tutto impermeabili al massacro hanno continuato a comandare e continuano a comandare loro. In particolare, Berlinguer che al ministero conta più del ministro. Non ci facciamo beate illusioni. Guardi con che sicumera ha risposto De Mauro sul Corriere alla Mastrocola.
Gentile prof.Israel,
da questo intervento mi pare di capire che parte delle nuove indicazioni di matematica per i nuovi licei siano state scritte da Lei.
Con tutta la mia buona volontà, non riesco a capire cosa si intenda per
"comprendere la natura dell’induzione matematica e la sua specificità rispetto all’induzione fisica"
Sarebbe possibile averne una spiegazione?
Cordiali saluti,
un'altra insegnante precaria
Può avere la bontà di leggere uno dei bestiari in cui trova risposta alla sua domanda, anche con riferimento a quanto scritto da Poincaré in merito?
La ringrazio per avermi risposto. Finalmente posso vere le idee più chiare su quanto dovrei spiegare secondo le nuove indicazioni ministeriali!
Mi permetto un breve commento: non sarebbe stato più semplice inserire il riferimento a Poincarè direttamente nelle indicazioni ministeriali, invece di lasciare spazio e adito a dubbi e insinuazioni sull'affinità tra induzione matematica e induzione fisica? Per me è stato formativo risalire alla "fonte", ma credo che diversi miei colleghi abbiano liquidato il tutto - nel migliore dei casi - con un grosso punto interrogativo..
Grazie ancora per aver chiarito il mio dubbio!
E lei crede che la burocrazia ministeriale avrebbe accettato che mettessimo un riferimento bibliografico (o una citazione) nelle Indicazioni nazionali?!... Va a suo merito non avere la più pallida idea del contesto in cui ci si trova.
Posta un commento