ANVUR NON POTUTO FARE ALTRO
La
sconcertante sceneggiata del calcolo delle mediane per l’abilitazione nazionale
universitaria è giunta, con il comunicato del 14 settembre a un livello
tale che ogni persona ragionevole non può che considerare finale. La decenza
imporrebbe di abbassare il sipario e di congedare gli “attori”. Quali, non è
chiaro, visto che l’Anvur ha chiamato in causa il Ministero, e quindi il
Ministro, e il Ministero tace.
Questo
comunicato è un imbarazzante documento che è stato commentato dettagliatamente
nel sito Roars.
Noi
qui vogliamo contenerci entro la cornice dei “bestiari matematici”, per
commentare il seguente impagabile passaggio:
« Il
terzo motivo di incertezza è costituito dal fatto che il DM 76 (art. 1 lettera
p) definisce il concetto di mediana come “il valore di un indicatore o altra
modalità prescelta per ordinare una lista di soggetti, che divide la lista
medesima in due parti uguali”. Questa definizione, pur univoca, lascia però un
importante punto di ambiguità nella decisione su come procedere se la mediana
viene usata per selezionare tra una serie di soggetti (i docenti), nel caso in
cui più soggetti abbiano lo stesso valore mediano. In altre parole, se più
soggetti hanno lo stesso valore dell’indicatore e questo corrisponde alla
mediana, non vi sono criteri per creare tra di essi una lista ordinata. Questa
circostanza è aggravata dal fatto che il decreto dispone (agli allegati A e B)
che per soddisfare il criterio i soggetti devono avere valori degli indicatori
“superiori” alla mediana, e non superiori o uguali. Diviene quindi, di fatto,
impossibile utilizzare il valore mediano così definito come separatore tra il
50% inferiore ed il 50% superiore di un insieme di soggetti, e ciò
sostanzialmente contrasta con una possibile interpretazione dello spirito del
decreto, ciò quello di consentire la partecipazione alle commissioni a quei
professori ordinari che si trovano, rispetto ad almeno uno o due (a seconda dei
settori concorsuali) dei parametri considerati, nel 50% superiore rispetto
all’insieme. In linea teorica, potrebbe darsi il caso, per distribuzioni
particolari, di un numero di soggetti che superano la mediana pari a zero, o in
ogni caso molto piccolo. Ciò accade quando una elevata proporzione dei soggetti
si trova con lo stesso indicatore, e questo rappresenta proprio il valore
mediano. Per i motivi sopraccitati, e anche per i limiti delle persone
coinvolte (“errare humanum…”), le tabelle con i valori numerici delle mediane
degli indicatori sono state pubblicate in più riprese, e anche con errori».
1 — L’Ente Supremo preposto alla
valutazione dell’università e della ricerca propone il seguente nuovo concetto:
quello di definizione univoca che lascia punti
di ambiguità. Noi, poveracci, abituati all’aridità del pensiero matematico,
avevamo l’idea rozza che, se una definizione è univoca, non dà luogo ad
ambiguità, essendo questo tipico delle definizioni non univoche. Non ci era
venuto in mente che potessero esistere definizioni univoche e al contempo
ambigue. Siamo di fronte alla più grande scoperta della logica, dai tempi del
teorema di Gödel, e – poteva essere altrimenti? – essa è opera del supremo Presidium
della scienza italiana.
2
— A noi risultava che la
definizione di mediana fosse la seguente: dicesi
mediana di una variabile aleatoria, posti i suoi valori in ordine di grandezza
crescente, il valore centrale dei dati se il numero dei dati è dispari, o la
media aritmetica dei due valori centrali, se il numero dei dati è pari. Ora
la definizione del DM 76 è che la mediana è un indicatore che divide la lista
medesima in due parti uguali. Se il numero dei dati è dispari non c’è problema:
l’indicatore può essere scelto come il valore centrale dei dati. Se i dati sono
101, sarà il cinquantunesimo: 50 da un lato, e 50 dall’altro. Per esempio, la
mediana della sequenza 1, 2, 2, 3, 5 è 2. Ma se il numero dei dati è pari che
si fa? Qualsiasi numero compreso tra i due valori centrali va bene… Se la sequenza
è 1, 2, 3, 5, vi sono infiniti valori che che dividono la lista in due parti
uguali. Potrebbe essere 2.1 come 2.3, 2.5 oppure 2.8 ecc. ecc. La definizione
classica evita questa ambiguità prescrivendo di scegliere come “mediana” la
media aritmetica dei due valori centrali, ovvero, nell’esempio citato 2.5.
Insomma, a meno che i due valori centrali non siano uguali, la definizione del DM non è per niente
univoca. E quindi è ambigua. Perché non univoca. Ci sarebbe da
commentare ancora. Difatti, noi abbiamo ragionato sui numeri della sequenza, ma qui
si parla di “valore di un indicatore”. Che vuol dire? Che si potrebbe scegliere
un indicatore numerico esterno alla sequenza? Peggio ancora: si apre la strada
ad “altra modalità prescelta”. Quale, di grazia? Qui, altro che univocità, non
dispiaccia all’Ente Supremo. E altro che ambiguità. Siamo in presenza di una
vera bruttura.
3. — Chi ha scritto quella
definizione? Dal comunicato dell’Anvur si desume che non è l’Agenzia, ma qualcun
altro. Sarebbe interessante sapere chi, visto che tutte queste cose sono fatte
a spese del contribuente. Ma quel che è impagabile è: (a) che l’Anvur si
produca in una duplice baggianata: dare per univoca una definizione che non lo
è, e ribaltare la logica elementare introducendo il concetto di definizione
univoca ma ambigua; (b) scoprire soltanto ora, dopo che da almeno un anno sta
torturando l’universo mondo con questa immensa bufala della mediana, che la
definizione con cui sta misurando la qualità di migliaia di professori
universitari è fasulla. Forse siamo di fronte a qualcosa che oltre ad essere
esibizione di incompetenza è materia da Corte dei Conti.
3
— Leggiamo la seguente
frase che si presta a una sola definizione “univoca”: «Se più soggetti hanno lo stesso valore dell’indicatore e questo
corrisponde alla mediana, non vi sono criteri per creare tra di essi una lista
ordinata»… Ma pensa un po’… E chi se l’era immaginato? Se prendo la sequenza dei
numeri 3, 3, 3, 3, 3, 3 non c’è modo di metterli in lista ordinata, perché –
accidenti – sono tutti uguali. Per esempio, se metto il primo 3 al posto del
secondo, mi viene sempre fuori 3, 3, 3, 3, 3, 3. Un vero problema, e ci
volevano mesi per scovare questa difficoltà. Saranno diventati calvi per lo sforzo
di scoprirla. Anche qui siamo di fronte a una scoperta matematica che rivolta
da cima a fondo l’aritmetica dai tempi dei Greci. Tralasciamo il resto delle
considerazioni perché confessiamo umilmente di averle rilette una decina di
volte senza capirci un acca, anche perché la sintassi e la grammatica non
aiutano. Si dice: «… potrebbe darsi il caso, per distribuzioni particolari, di un
numero di soggetti che superano la mediana pari a zero, o in ogni caso molto
piccolo». Chi è molto piccolo? Lo zero? Uno zero molto piccolo è una novità, ma
non ci sarebbe da stupirsi, qui siamo di fronte a continue scoperte
rivoluzionarie. Oppure un numero di soggetti molto piccolo? Perché? E,
soprattutto, perché mai “in ogni caso”? Forse perché le distribuzioni sono
particolari? E quali sarebbero queste distribuzioni particolari? Oppure molto
“piccolo” è il mediana? Ma anche così non si capisce niente. Ci sfugge anche il
concetto di “elevata proporzione di soggetti”, ma lasciamo perdere. L’unico
commento chiarissimo è quello finale: le tabelle sono state pubblicate a più
riprese e con errori («errare humanum», e anche se non ci credete l’Anvur è composto
da esseri umani), per i motivi anzidetti e
«per i limiti delle persone coinvolte».
Ah, questo è davvero il punto più chiaro e
condivisibile. Limiti pesanti, non
c’è che dire.
Bene, tutto questo sarebbe materia per
quattro risate se non fosse il prodotto del lavoro di un Comitato di “luminari”
chiamato a valutare l’università e la ricerca scientifica italiane. E se questo
lavoro non fosse costato un patrimonio, in un momento in cui l’università è
soggetta a tagli pesanti (sui quali, per il modo con cui vengono fatti, ci
sarebbe molto da dire). I commissari dell’Ente Supremo prendono circa 180.000
euro l’anno ciascuno (200.000 il presidente) per scrivere questi documenti,
senza contare le retribuzioni dei dirigenti e dell’amministrazione, i compensi
ai “valutatori” ingaggiati e quel che sarà costato l’uso dei database ISI e
Scopus per calcolare le mediane di migliaia di professori universitari, la
classificazione delle riviste e il calcolo della terza mediana.
Ma, come è stato detto, ANVUR NON POTUTO
FARE ALTRO…
Fa venire in mente la canzoncina del film
di Alberto Sordi: «Bongo, bongo, bongo, stare bene solo al Congo, io rimango
qui…»
Quando questa storia si saprà all’estero –
e si saprà – affonderemo nel ridicolo universale.
5 commenti:
Salve siamo dell'ANVUR vorremmo comunicarle che questo blog sarà chiuso perchè i contenuti qui espressi non rientrano nelle nostre mediane... :-)
ANVUR: Anonima Negatori di Verità Universalmente Riconosciute?
Gentile Professore, ho pensato a Lei e alle Sue tesi leggendo nei giorni scorsi queste parole:
"... un fondamentale assioma del pensiero orientale: che il sapere, una bravura, le arti si trasmettono nella loro pienezza soltanto attraverso la viva voce del maestro, attraverso un'esperienza vissuta istante per istante, con tutte le facoltà della persona. L'intelletto, ciò che si scrive nei libri, son cose che sfiorano soltanto i territori periferici della vita spirituale." (Fosco Maraini, Ore Giapponesi, Corbaccio, 2000, p. 399)
Io credo che il problema fondamentale non sia tanto la maldestra applicazione della statistica, già di per sé grave, ma, come più volte puntualizzato dal Prof. Israel, la pretesa di voler misurare il valore del singolo ricercatore con indicatori quantitiativi più o meno privi di significato. E' su questo punto nodale che, secondo me, va portata avanti la critica.
Su questo non c'è il minimo dubbio, anche se chi applicasse questi metodi fossero persone serie. Ma qui siamo di fronte a qualcosa che sta a monte, e che riguarda la elementare capacità di ragionare e scrivere da parte di chi è stato chiamato a presiedere alla valutazione dell'intero sistema italiano della ricerca e unievrsitario. Non è solo un problema di statistica, ma di logica (definizioni univoche ma ambigue...).
f
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