Pagine

lunedì 18 febbraio 2013

CHI VUOLE DAVVERO UNA SCUOLA SERIA?

UN APPELLO ALLE FORZE POLITICHE

15 commenti:

Maria Pia ha detto...

Mi sembra fondamentale la domanda n.10, sul Ministro.
Io aggiungerei anche che il Miur innanzitutto avrebbe bisogno di una rinfrescata di personale: i ministri di turno sembrano, ad occhio esterno, molto spesso manovrati da consigluerucoli che guardano i loro interessi più che quelli della scuola, da eminenze grigie nascoste nell'ombra...
Bando a complottismi di dubbia reputazione il Miur dovrebbe essere slegato dal Mef e, soprattutto, dovrebbe cercare di recuperare il rapporto con i lavoratori e le persone che gestisce: rapoorti che si risolvono spesso e volentieri in tribunale.
Il Miur non doveebbe essere 'il nemico', ma un valido sostegno e un supporto per l'Istruzione.
Altra considerazione: la lettera linkata, purtroppo non fa NESSUN riferimento al precariato scolastico.
Nessuna richiesta, innanzitutto, alla stabilizzazione dei precari,plurilaureati, pluriabilitati, iperspecializzati e SUPERSFRUTTATI dal Miur; ingabbiati e NON PER LORO DEMERITO nel limbo delle Graduatorie a Esaurimento, in balìa dei cambi di rotta dei governi che si succedono.
Stabilizzare i precari vuol dire soprattutto assicurare continuità didattica agli studenti e di conseguenza un apprendimento continuo e senza cambio della guardia ogni anno scolastico, oltre che dare dignità al lavoro e ai sacrifici di tanti INSEGNANTI...

Maria Pia ha detto...

Mi permetto di segnalare alla Sua cortese attenzione questo articolo su Orizzonte Scuola: http://orizzontescuola.it/news/precari-esercito-riserva

I_Have_a_Dream ha detto...

Le domande sono ottime ... ma l'iniziativa si esaurisce qui o si intende continuarla?
Se sì, come?
Sono arrivate anche delle risposte?
Se sì, dove è possibile reperirle?

Grazie.

Giorgio Israel ha detto...

Questo bisogna chiederlo ai promotori, ovvero al sito di cui si trova il link

flavio ha detto...

Le questioni poste sono assai rilevanti, ma vi è una lacuna a mio avviso molto grave. Alla sacrosanta libertà di metodo degli insegnati deve corrispondere una vera libertà di scelta dei genitori. Sarà perchè con l'età si diventa pessimisti, ma io ormai non credo più alla capacità di auto-migliorarsi della scuola, se non vi è costretta da una sorta di concorrenza.
E' del tutto irrilevate che tra tanti firmatari, nessuno si qualifichi "genitore"?

Giorgio Israel ha detto...

È giusto. Io sono un genitore e, come tale, combatto dalla mattina alla sera per una scuola seria. E se ho contribuito a questo documento è più come genitore che a qualsiasi altro titolo.

Maria Pia ha detto...

Gentile Professor Israel, ho appena letto con un certo sbigottimento questo articolo pubblicato stamattina sul sito Orizzonte Scuola, La Scuola del futuro: niente aule né cattedre ma giardini e open space e le domande che sorgono spontanee, vivendo quotidianamente la REALTÀ della Scuola sono inevitabilmente: "al MIUR giocano?"; "Ci sono o ci fanno?", perché, davvero!, la sensazione a pelle è che a Viale Trastevere leggano/vedano troppa fantascienza, che vivano in una dimensione parallela alla nostra, che siano davvero alieni allo stato REALE della Scuola con i suoi molteplici problemi strutturali e organizzativi.
Sono confusa e, come genitore, preoccupata: la Scuola avrebbe bisogno di un restyling, ma non esteriore e di facciata ma basato sui contenuti e la didattica e la valorizzazione della PERSONA (docente e discente) e compito sarebbe non certo di demagoghi modaioli...
a mio modesto avviso.

Giorgio Israel ha detto...

Lo so, lo so, e purtroppo non sono sorpreso. Questa è la linea del ministro Profumo, il quale tutto fa salvo che limitarsi agli affari correnti, la linea della dirigenza ministeriale, in combutta con ambienti confindustriali. Ed è anche la linea del Pd (non più insegnanti "erogatori di conoscenze, ma sollecitatori di apprendimenti", dal loro programma). Perché in quei locali non c'è più cattedra, ma l'insegnante gira tra i tavoli come una badante. È una battaglia senza fine. Non bisogna mollare, come insegnanti e come genitori, anche protestando e ad alta voce!

Pat Z ha detto...

Ovvio, in una scuola "open space" si spende molto meno per il personale: si riempie una bella palestra con 200 ragazzi e ci si mette un solo insegnante a "facilitare" il carnevale. I giovani si divertono (anche se, disgraziatamente per loro, non imparano più niente) e lo Stato risparmia licenziando una buona metà dei docenti. Così faremo contento anche il popolino minuto che non ha la più pallida idea di cosa sia il lavoro intellettuale e riempie i giornali di insulti contro i professori che lavorano 18 ore e fanno tre mesi di ferie. Se c'è una cosa che mi fa piacere di queste elezioni è che, comunque vada, non avremo più per ministro questo grandissimo incompetente che non è mai entrato in una scuola in vita sua. Non c'è niente di più terribile di un'ignoranza attiva, diceva Goethe.

Giorgio Israel ha detto...

Ne siamo certi?

paolo casuscelli ha detto...

Altro che “open space”, questa utopia caina. Chi ha senso della realtà e, soprattutto, di responsabilità, lavora a porte rigorosamente chiuse. Potessi, chiuderei a chiave, a doppia mandata, per non esser continuamente interrotto da circolari da firmare, comunicazioni di progetti e variazioni di orari e appuntamenti, merendine ritardatarie mandate dai parenti, persino alunni di altre classi, mandati a comunicare da mandanti. E porte chiuse, poi, a tenere in sordina orde di classi vocianti in esodo perenne verso palestre laboratori cineforum, uscite, sempre così aggiornate culturali.
Ma io stavo spiegando...
Cosa che in un “open space” sarebbe davvero complicata. Ma, si sa, è questo che vorrebbero gli ideologi (perché dietro, più che il risparmio, ci sono teste malpensanti): che si smetta di spiegare. E pare che tutto congiuri verso un futuro “aperto” alla desolazione, quello di una scuola in cui non ci sia più ragione di “trasmettere”. Per chi vuole ancora insegnare, la resistenza è dura, stressante, ma è necessaria.

Aggiungo che uno spazio aperto, nella sua indeterminatezza architettonica, favorirebbe rapporti indifferenziati, paritari, e quindi la spontanea inclinazione al disordine. Per questo, alla scuola è necessario uno spazio concluso, perché gli alunni hanno bisogno di concentrazione, di una vigile attenzione, e soprattutto hanno la connaturata esigenza di trovare nell'insegnante un punto di riferimento che trascenda il loro orizzonte, distante dal loro piano, ma presente e disponibile nella sua autorevolezza. Non stravaccato su un pouf.
Se poi qualche Candido volesse evocare gli spazi aperti della scuola peripatetica, ricordiamo che oggi quest'aggettivo significherebbe dannatamente altro.

paolo casuscelli ha detto...

Altro che “open space”, questa utopia caina. Chi ha senso della realtà e, soprattutto, di responsabilità, lavora a porte rigorosamente chiuse. Potessi, chiuderei a chiave, a doppia mandata, per non esser continuamente interrotto da circolari da firmare, comunicazioni di progetti e variazioni di orari e appuntamenti, merendine ritardatarie mandate dai parenti, persino alunni di altre classi, mandati a comunicare da mandanti. E porte chiuse, poi, a tenere in sordina orde di classi vocianti in esodo perenne verso palestre laboratori cineforum, uscite, sempre così aggiornate culturali.
Ma io stavo spiegando...
Cosa che in un “open space” sarebbe davvero complicata. Ma, si sa, è questo che vorrebbero gli ideologi (perché dietro, più che il risparmio, ci sono teste malpensanti): che si smetta di spiegare. E pare che tutto congiuri verso un futuro “aperto” alla desolazione, quello di una scuola in cui non ci sia più ragione di “trasmettere”. Per chi vuole ancora insegnare, la resistenza è dura, stressante, ma è necessaria.

Aggiungo che uno spazio aperto, nella sua indeterminatezza architettonica, favorirebbe rapporti indifferenziati, paritari, e quindi la spontanea inclinazione al disordine. Per questo, alla scuola è necessario uno spazio concluso, perché gli alunni hanno bisogno di concentrazione, di una vigile attenzione, e soprattutto hanno la connaturata esigenza di trovare nell'insegnante un punto di riferimento che trascenda il loro orizzonte, distante dal loro piano, ma presente e disponibile nella sua autorevolezza. Non stravaccato su un pouf.
Se poi qualche Candido volesse evocare gli spazi aperti della scuola peripatetica, ricordiamo che oggi quest'aggettivo significherebbe dannatamente altro.

Alessandro Marinelli ha detto...

Comunque, chi continua a battere e a ribattere sugli open-space e la libertà contro le abiette costrizioni della lezione frontale sa che una siffatta visione della scuola del futuro è molto popolare e diffusa. Certo, sa che non tutti la pensiamo così (fortunatamente), ma molti sì. E' questa, secondo me, la cosa più angosciante e più deprimente. Constatare quanti genitori e famiglie siano convinti che la scuola utile oramai possa essere solo e soltanto quella che si lascia definitivamente alle spalle la lavagna, l' insegnante, le file di banchi, le interrogazioni e tutto il resto. Tutto il vecchiume all' aria e tutti alla ricerca compulsiva di un altrove in cui sperimentare nuovi apprendimenti in un' osmosi collettiva di conoscenze e saperi. Che un partito come il PD abbia fatto propria una tale visione indica proprio quanto sia diffusa (e ritenuta diffusa). E la maggior parte degli insegnanti italiani non vota forse PD?

paolo casuscelli ha detto...

Veramente, nella mia venticinquennale esperienza di insegnante, non mi è mai capitato di sentire genitori lamentarsi di lezioni frontali, spiegazioni, lavagne e programmi tradizionali. Mai. Al contrario, le lamentele, giustificate, sono sempre dirette all'insegnante che non spiega, o che spiega male, a chi non svolge il proprio dovere, a chi è superficiale, al disinteressato, all'insensibile e via via giustamente lamentandosi.
Io obbligo (conduco) persino i miei alunni a studiare Dante e Leopardi a memoria, ma dopo aver spiegato verso per verso, aver letto come si deve leggere, aver ascoltato Carmelo Bene in classe e aver commentato il significato dei versi. Eppure, nessuno è mai venuto a dirmi che è sbagliato. Nessun genitore ha mai ghignato: “Ma a memoria?”.
Quella di una scuola alternativa non è l'esigenza dei genitori, ma una fissazione ideologica programmata a tavolino, direi, quasi da psicanalizzare. O, più semplicemente, da decodificare in termini di risvolti economici sulla base degli interessi di una classe di esperti vari.
Esiste certo il contagio mimetico delle opinioni, ma non vedo questa massa di genitori ideologicamente corrotti.

Raffaella ha detto...

Sottoscrivo parola per parola l'intervento di Paolo Cusescelli. Non credo siano poi molti i genitori convinti che la scuola giusta sia quella della Lim fine a sè stessa, non ho mai sentito nessuno acclamare l’open space (un’idea che peraltro non circola certo fra le mura di casa delle normali famiglie), tantomeno dichiararsi soddisfatto di insegnanti che non interrogano o che rinunciano alla lezione frontale. Ovviamente parlo per la scuoletta di paese che conosco io, dove sono addirittura i genitori a chiedere (inutilmente) che gli insegnanti siano più intransigenti in fatto di disciplina e assegnino più compiti per casa di quanto non stiano facendo (perché i bambini “lavorano già tanto in classe”).
Qui, ma forse anche altrove, le famiglie sono legate molto più di quanto non si creda all’ideale dell’insegnante severo ed esigente, cui generalmente corrispondono gli aggettivi preparato, giusto ed appassionato.

Posta un commento