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mercoledì 25 settembre 2013

Valutare, valutare... e ricomincia la ridicola solfa dell'«oggettività»


La necessità di un’azione profonda e durevole sull’istruzione non è favorita dal contesto instabile della politica. Ma l’esigenza resta. Alla scuola dovrebbero essere dati gli strumenti per divenire protagonista, e non oggetto, di un’azione che ne inverta il declino. Il primo obbiettivo dovrebbe essere una grande indagine conoscitiva, mediante un questionario con cui le scuole illustrino, in prima persona e in modo non burocratico, la condizione degli edifici e delle strutture, dell’organico, la densità delle classi, la presenza di studenti immigrati e di studenti diagnosticati con disturbi di apprendimento, la propria valutazione dei risultati conseguiti sul piano didattico.
A tale indagine dovrebbe accompagnarsi l’inizio di un processo di autovalutazione che si sviluppi in modo progressivo negli anni. È chiaro che una valutazione deve riferirsi a obbiettivi prefissati. Crediamo poco alle mitologie aziendaliste dei “benchmark” quantitativi. Diane Ravitch, già consigliere del presidente Clinton e autrice della riforma basata su test e “accountability” ha scritto un libro di radicale autocritica in cui sostiene che il ricorso estensivo ai test sta distruggendo l’istruzione negli USA. Secondo noi, Ravitch ha indicato perfettamente in che cosa consista il successo educativo e quindi l’obbiettivo da perseguire. Esso è dato dalla definizione di persona ben istruita: «Una persona bene istruita ha una mente ben fornita, formata dal leggere e dal pensare la storia, la scienza, la letteratura, le arti e la politica. Una persona ben istruita ha appreso come spiegare le idee e come ascoltare rispettosamente gli altri». Sono indicazioni quasi rivoluzionarie in un contesto in cui troppi predicano che i contenuti e le discipline non contano nulla, che leggere non è importante, ancor meno sapersi spiegare e non si fa nulla per educare all’ascolto, anzi si incentiva la chiacchiera presuntuosa. Occorre inoltre che la scuola sia un luogo in cui si lavora in modo disteso e sereno, che non è sinonimo di un clima “ludico”, che può ben essere improduttivo e isterico.
Le scuole debbono impegnarsi a farsi valutare. Invece di insistere con progetti confusi e sperimentazioni di scarso successo, occorre seguire l’unica via sensata: un sistema di ispezioni incrociate da parte di commissioni composte da insegnanti esterni e ispettori. In attesa che questo sistema venga definito in dettaglio, le scuole potrebbero promuovere un processo virtuoso sottoponendosi a forme di giudizio tra pari. Ad esempio – sul modello di istituzioni estere – si potrebbe introdurre la prassi di sottoporre al giudizio di colleghi di altre scuole una scelta a campione di testi e valutazioni di compiti scritti. Questi giudizi andrebbero discussi nell’ambito di una commissione di valutazione d’istituto ponendoli a confronto con quelli dei docenti interni. Ciò determinerà forme di confronto, anche dialettico, che saranno un sicuro fattore di crescita. Un maestro che propone a raffica calcoli ripetitivi o un professore di letteratura che propone schede di lettura standardizzate avranno modo di riflettere, di difendere o rivedere le proprie scelte.
Quanto all’Invalsi è bene che si limiti alla valutazione complessiva del sistema senza entrare direttamente in campo. La prova Invalsi di terza media basata sull’idea assurda di interferire sulla valutazione e poi valutarla, va cancellata. Per riqualificare la scuola italiana occorre responsabilizzarne i protagonisti e non deresponsabilizzarli riducendoli a esecutori di precetti standardizzati. Una forte parsimonia nel ricorso ai test può evitare la piaga dell’insegnamento volto al superamento dei test (“teaching to the test”) che ovviamente fa emergere gli insegnanti peggiori, quelli che anziché fare il lavoro di classe si limitano a trasmettere ricette confezionate altrove. 
(Il Messaggero, 24 settembre 2013)

Aggiungo un post scriptum suggerito dalle dichiarazioni del ministro Carrozza:

Alcuni giorni fa si è svolta una tavola rotonda sulla valutazione all'università di Roma Tre con presenze autorevoli e, pur nella varietà dei punti di vista, è apparsa difficilmente confutabile la tesi che parlare di valutazioni "oggettive standardizzate" è a dir poco avventato. Persino nelle scienze esatte si parla con cautela di "oggettività", ma quantomeno quando esiste la possibilità di fare misurazioni sulla base di unità di misura standard universali il sostantivo assume un senso. Ma quando si parla di valutazioni di soggetti da parte di soggetti la cosa diventa francamente ridicola, persino urticante per chi abbia un minimo di competenza epistemologica. Ricordo il caso di quell'“esperto” che da me richiesto di dire quale sia l'unità di misura delle competenze ha risposto: "il test". 
Come se i test non li facessero dei soggetti… E abbiamo visto i "soggetti" dell'Anvur che "metri universali" partoriscono….
Ci saremmo attesi dal ministro Carrozza un punto di vista più aperto, visto che fin dall'inizio disse di andarci cauti con i test, e con le valutazioni automatiche, mettendo nel mirino gli eccessi dell'Anvur.
Niente. Il fascino discreto dello statalismo burocratico è più forte di qualsiasi cosa.
Il ministro ha dichiarato di essere contraria al valore legale del voto di maturità di laurea. Posizione legittima, non c'è che dire. Ma quel che lascia basiti è la motivazione: «Sono contrarissima a dire che bisogna dare valore al voto, soprattutto se abbiamo commissioni che dipendono dalla soggettività».
In altri termini, se le commissioni non "dipendessero dalla soggettività" il valore legale potrebbe forse anche andar bene… 
Abbiamo capito l'antifona, non siamo mica tonti: se il voto lo darà l'Invalsi – che possiede l'oggettività per investitura divina, o piuttosto ministeriale – allora potrebbe anche andar bene.
Non le commissioni, che “dipendono dalla soggettività”. E da cosa diamine dovrebbero dipendere? Salvo prova contraria, sono formate da persone. 
Già ma il problema è proprio questo: BASTA CON LE PERSONE.
Un lettore segnala che nella prosa delle circolari ministeriali si dice che il collegio dei docenti deve individuare le "funzioni strumentali", ovvero i "docenti che porteranno avanti" le attività previste dal POF. Giustamente osserva che neanche Stalin e Hitler arrivarono al punto di definire delle persone, degli esseri umani, come "funzioni strumentali". Ma è proprio quel che si vuole. Togliersi di mezzo quei rompiscatole di "soggetti", ridurli a "funzioni strumentali" degli "organismi", ognuno dei quali controllato gerarchicamente dall'organismo superiore. Via via salendo. 
Persino nelle peggiori previsioni non si poteva pensare di arrivare tanto in basso da deprecare le "commissioni" perché dipendono dalla soggettività". 
Chissà da cosa dipendono i pensieri e le decisioni del ministro?...


19 commenti:

bhrihskwobhloukstroy ha detto...

Professore, i miei studenti (universitari) non sanno più le date! Non sanno la geografia, nemmeno quella del paese di cui studiano la lingua!

paolo casuscelli ha detto...

Quello da Lei proposto è un sistema di valutazione del merito reale attraverso cui le magagne e i pregi verrebbero allo scoperto. Chi lo vuole? Meglio l'invalsi e i test, con cui il bluff è sempre possibile. Bisognerebbe anche vedere quanti soldini guadagnano i fabbricatori di quiz. Quando c'è il denaro di mezzo, la lotta è veramente dura.

MBB ha detto...

Egregio Prof.,
sempre stimolanti i suoi interventi. Non sono un "tecnico"della scuola, comunque a me pare che l'uso di farneticanti espressioni come "funzioni strumentali" al posto di persone sia equivalente al tentativo di eliminare l'uso delle parole padre e madre sostituendole con genitore 1, 2, X! Questa nuova lingua rivela una cultura che a me pare inquietante nella misura in cui viene introdotta quasi "in sordina", per via burocratica (leggi, norme, circolari etc.) senza un'ideologia chiara e sostenuta coram populo, come era perlomeno quella comunista. Questa cultura (sic!) subdola peraltro ne sembra un sotto-derivato visto che a sostenerla sono in massima parte gli orfani di quell'ideologia. Almeno in Francia il ministro queste oscenità le ha dichiarate con franchezza e brutalità e ciò permette almeno una maggiore presa di coscienza da parte della popolazione. Qui oltre a queste amenità sta passando una legge sull'omofobia che è un attentato alla libera esprerssione delle idee nella quasi indifferenza generale della popolazione. Ripeto, sarò un "passatista" (e mi scuso per la brutta parola), ma tutto questo mi inquieta e molto.
Con stima
Mario Boni Bartalucci

mac67 ha detto...

Fare polemica sulle funzioni strumentali mi pare francamente esagerato. Nelle scuole si usa per semplicità indicare il collega come "funzione strumentale X" piuttosto che "collega al quale sono state attribuite le funzioni strumentali X per l'attuazione del Piano dell'Offerta Formativa".

flavio ha detto...

A mac67
E perché non dire "il responsabile del compito X"? Perché si deve contorcere così l'italiano? Spero che lei non sia un insegnate di italiano, ma ce ne sarà pur qualcuno nella sua scuola.

mac67 ha detto...

A flavio: naturalmente lei ha ragione. Ma prendere questa "contorsione linguistica" entrata nell'uso (e non è certo l'unica né la peggiore!) come prova di un disegno criminale per abolire i soggetti ...

Restiamo con i piedi per terra.

Giorgio Israel ha detto...

Provi a rovesciare il discorso. Ci sono centomila prove con tanto di dichiarazioni esplicite della volontà di trasformare l'insegnante in un mero esecutore (lasciamo stare la parola "criminale"). E ci si chieda piuttosto se l'uso di questo vocabolario non sia un riflesso di questa volontà. Nomina sunt consequentia rerum... Ricordo sempre la mia prima riunione al ministero quando una "didatta" (ben ammanicata nell'amministrazione) si alzò in piedi per rendere più solenne la sua dichiarazione, e gridò: «È una necessità assoluta CANCELLARE DAL VOCABOLARIO le parole "insegnare" e "insegnante"». Ne rimasi scioccato. E certo quel che mi ha colpito non è tanto la questione verbale ma l'intenzione efferata che c'era dietro. E allora le parole sono pietre...

mac67 ha detto...

Alla fine delle discussioni sulla scuola, ogni docente chiude la porta ed è di fronte ai suoi alunni. E nella grande maggioranza dei casi, è portato a riprodurre la scuola che ha frequentato da alunno. I più avveduti si rendono conto che non può funzionare, altri sono i tempi, altri sono i ragazzi, e si interrogano su come fare. Ma non corrono a leggere l'ultimo pedagogista di grido, anzi; tra i colleghi che conosco e ho conosciuto, i pedagogisti non godono di grande stima (eufemismo). E ogni circolare o direttiva che ci allontana dalla nostra idea di scuola (BES, per esempio) viene ignorata o disinnescata.

Giorgio Israel ha detto...

Già, ma lei sarà un insegnante particolarmente coraggioso e dotato di rara autonomia. Io parlo anche come padre di due ragazzini e sono inorridito dalla qualità (si fa per dire) dei libri di letteratura e di matematica. Io e mia moglie, e l'insegnante (che è rispettabile) facciamo una battaglia quotidiana per riparare i guasti. Ma ormai alle elementari e alle medie la trasformazione dell'insegnamento in quiz è dilagante. Primo giorno di scuola: viene proposto "il test del testo": L'insegnante rifila un testo (senza che si sappia neppure chi sia l'autore) e poi si mette ad aspettare che riempiano le solite caselle a crocette del tipo "com'è il protagonista? arrabbiato? contento? triste?...". La matematica è ridotta a una precettistica di regolette. Sto cercando il tempo per scrivere un articolo intitolato "delegificare la matematica", ma sarà un grido nel deserto. I peggiori insegnanti si stanno tutti "invalsizzando".

Grazia Dei ha detto...

S.O.S.: madre disperata chiede come motivare allo studio della matematica il proprio figlio dodicenne. La capisce senza particolari problemi ma non la ama per niente e sta collezionando risultati mediocri che alimentano l'opinione non buona che di lui ha la sua non illuminata docente.

Giorgio Israel ha detto...

Abbiamo scritto un libro proprio per questo! "Pensare in matematica", che è rivolto anche ai genitori. Vada anche a vedere il sito Zanichelli connesso al libro, e il blog di mia moglie e mio, "Pensare in matematica - il blog". Guardi i consigli e i materiali che vi trova, i link, le registrazioni, ecc. ecc. Ed eventualmente scriva al blog messaggi per chiedere consigli specifici.

flavio ha detto...

A mac67 del 9/29/2013 11:07:00 AM

Anch'io pensavo che alla fine di tutto ogni insegnante è da solo davanti alla sua classe, e su tutti i discorsi, più o meno ragionevoli o farneticanti, alla fine prevale la sua intelligenza e la sua libertà di insegnamento, sancita dalla costituzione, ma vedo (lo vedo sulla pelle dei miei figli) che gli insegnati sono ormai condizionati (e le contorsioni linguistiche di cui sopra ne sono un sintomo). Per esemplificare banalmente, la valutazione dei compiti è ormai ovunque fatta con una griglia di valutazione meticolosamente definita. Nei compiti ogni sottolineatura rossa è accompagnata dall'indicazione di dove va incasellato l'errore nella griglia, ma nessun suggerimento allo studente di come altrimenti avrebbe dovuto fare o scrivere. Io mi chiedo: a che serve avere un voto pesato col bilancino (a prescindere dai dubbi, più che legittimi a mio avviso, sulla corretta taratura del bilancino) se ai ragazzi non vengono dati gli strumenti per correggersi? Forse che debbono imparare a suon di errori procedendo alla cieca?
Probabilmente questo serve all'insegnate e alla scuola ad evitarsi le contestazioni sul voto, ma ai ragazzi io penso che serva a poco.
Il peggio è che un genitore non può permettersi di fare simili critiche all'insegnante o alla scuola, perché allora si che viene invocata la libertà di insegnamento.
E pensi che alcuni degli insegnati di cui sto parlando sono persone con grande esperienza, prossime alla pensione, e con buon reputazione. Forse nelle interrogazioni orali sanno recuperare ciò che manca nei compiti scritti. Mah! Speriamo bene.

Giorgio Israel ha detto...

Sono totalmente d'accordo. È esattamente la mia esperienza, e di molti amici genitori.

bhrihskwobhloukstroy ha detto...

Denuncio la malafede del ministro che dice che il greco antico non serve a capire la modernità. E' falso! Siete degli ignoranti affossatori dell'istruzione!

Polipollo ha detto...

In caso le fosse sfuggito, le segnalo qust'articolo.
http://www.roars.it/online/il-nobel-dei-baroni/

Simone ha detto...

I deliri sulla valutazione oramai non riguardano solo il MIUR.
Leggetevi questo articolo:

http://www.roars.it/online/il-nobel-dei-baroni/

Incredibile ma vero, secondo l'autore dell'articolo il valore di uno scienziato dipende esclusivamente:

- dal numero delle sue pubblicazioni
- dal numero delle citazioni dei suoi articoli in altri lavori.

Inutile dire che con questo sistema un genio come Evariste Galois sarebbe stato fatto passare per mediocre matematico.

Giorgio Israel ha detto...

Ma a me pare evidente che quell'articolo sia una satira feroce... O mi sbaglio?

Simone ha detto...

Si, mi sa che ha proprio ragione.
L'elogio troppo spudorato dell'operato dell'ANVUR è probabilmente dovuto alla volontà di fare della satira feroce.

Bhrihskwobhloukstroy ha detto...

Sì, è una satira.

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