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martedì 16 settembre 2014

Una follia che non si riesce a comprendere: all'Europa piace il fondamentalismo islamico

Dalil Boubaker, rettore della Moschea di Parigi, ha rilasciato un’intervista a Il Mattino, il 21 luglio 2014, che avrebbe dovuto ricevere maggiore attenzione sia per il prestigio di chi l’ha rilasciata sia per il suo contenuto. Richiesto di commentare il contributo delle comunità religiose europee nella presente critica situazione – l’esplicito riferimento era alle violente manifestazioni di importanti fasce della comunità musulmana francese contro l’intervento militare israeliano a Gaza intrise di accenti antiebraici e anche di atti di violenza contro sinagoghe e persone – Boubaker ha ricordato che le comunità religiose debbono essere «organi di uno spirito di fraternità e di compassione», mentre accade che «ognuno è troppo preso dai problemi del proprio culto, e si occupa troppo poco degli altri». Boubaker ha dichiarato il suo pessimismo perché le «religioni sono senza più dialogo» e, di conseguenza, «anche l’Europa sarà coinvolta». E all’intervistatore che ha osservato «Pessimista e quasi in collera. È così?», ha risposto: «Sì, perché la religione che vogliamo, quella che è la mia, per cui mi sono battuto, una religione di spiritualità e di fraternità, è oggi soprattutto una religione di fondamentalisti».
Sarebbe importante se ognuno facesse la sua parte combattendo ogni sorta di fondamentalismo religioso e quindi tentando di prosciugare questa sorgente di intolleranza che rischia di trascinare le nostre società in conflitti di imprevedibile drammaticità; anche se, sarebbe ipocrita non dirlo, la parte che spetta al mondo islamico, in questa fase storica, è quella decisiva. Proprio per questo, dichiarazioni come quella di Boubaker sono importanti ed è grave che non abbiano l’eco dovuta. Boubaker, per il suo ruolo, dovrebbe rappresentare l’opinione dominante nella comunità musulmana francese; purtroppo, troppi sintomi indicano che le cose non stanno in questi termini e che una componente rilevante vada invece nella direzione del fondamentalismo, alimentando così una faglia della società francese che rischia di trascinarla sull’orlo di una vera e propria guerra civile. Sarebbe irresponsabile far uso di un termine tanto pesante se l’adesione al fondamentalismo fosse soltanto una questione interna alle comunità musulmane presenti sul suolo europeo, il che sarebbe già assai grave tenendo conto dell’entità numerica che queste hanno assunto in diversi paesi, e che va rapidamente crescendo con le recenti ondate di immigrazione. Il problema è che il fondamentalismo, malgrado i suoi aspetti più efferati, tra cui il violento antisemitismo, non soltanto non provoca un generale rigetto nell’insieme delle società europee, ma trova anzi tolleranza e persino consensi. Il buon senso lascerebbe credere che la coscienza morale debba prima o poi sollevarsi di fronte a stragi inaudite. E invece prevale la più ottusa ideologia, per cui migliaia e migliaia di vittime in Siria non bastano neppure a sollevare un sopracciglio, mentre l’attenzione è riservata esclusivamente ai “crimini” perpetrati dagli “occupanti” israeliani a Gaza. Ci si chiede: «Ma come è possibile restare inerti di fronte a decine di migliaia di cristiani costretti a fuggire o a morire se non accettano di essere convertiti all’islam, a centinaia di donne schiavizzate e sottoposte a violenza?». Ebbene è possibile. I telegiornali mostrano combattenti del califfato islamico che, agitando i mitragliatori, promettono alle televisioni occidentali: «Stiamo arrivando da voi». E un sacerdote cattolico intervistato conferma che la vera intenzione, la più profonda ambizione è di venire a Parigi, Roma e Londra – un’intenzione che riecheggia nei proclami degli imam londinesi che promettono di sgozzare a Trafalgar Square chiunque non accetterà il primato della sharia. Qualche anno fa si poteva cavarsela ridendo di fronte a queste rodomontate. Ma ora è difficile considerarle tali, solo se si guardi all’estensione fisica di un integralismo che si radica in territori sempre più vasti, che vanno dall’Iraq al Mediterraneo e coinvolgono diverse nazioni africane. A questo punto riderci sopra è da imbecilli. Ma il guaio è che in Occidente, e in Europa in particolare, c’è chi non soltanto non ride, ma anzi manifesta simpatia per le bandiere nere sulla base dell’inesausta mitologia della rivoluzione dei poveri che, evidentemente, non solo si è fatto ben poco per sradicare, ma che è stata alimentata in correnti neanche tanto sotterranee. Solo così si può capire che un rappresentante di un movimento che ha raccolto un terzo dei voti in Italia abbia potuto aprire una “riflessione” sull’Isis e l’avanzata dello stato islamico, arrivando a dire che oggi il terrorismo è l’unica arma rimasta a chi si ribella. Né consola che vi sia stata un’ondata di reazioni scandalizzate, e non solo perché questa ondata non si è manifestata in quel movimento, ma anche perché da altre parti politiche c’è chi se l’è cavata dicendo che «il «terrorista è altrettanto disumano quanto i droni» e non ha evitato la solita giaculatoria contro i crimini dell’imperialismo e dell’occidente. In epoca di rottamazione troppi hanno dimenticato il vecchio slogan “né con lo Stato né con le Brigate Rosse» e forse non riescono neppure a vedere come l’unica cosa che non venga rottamata è la continuità nell’alimentare l’odio di sé delle società occidentali, il disprezzo per la democrazia e la pulsione all’autodistruzione. Di che stupirsi se una città come Livorno, un tempo considerata un baluardo della sinistra democratica, sia finita in mano a un sindaco che ha recalcitrato di fronte a uno striscione intriso di simpatia nei confronti dei movimenti terroristi, espressione di quella ipocrisia morale che identifica nel sionismo tutti i mali del mondo? Il rettore Boubaker ha fatto la sua parte e si è espresso con coraggio, ma il lavoro da fare per non sprofondare nella catastrofe dovrebbe mobilitare ben altre forze “laiche” che sono invece attente a diseducare nelle forme più irresponsabili le giovani generazioni. Quando in televisione vediamo un capitano curdo dirci «dateci le armi, combatteremo anche per voi», è difficile non provare vergogna e sconforto.


(Shalom, settembre 2014)

3 commenti:

daniele ha detto...

Sono d'accordo. L'unica cosa che mi chiedo è cosa intenda il Rettore della moschea di  Parigi per 'fraternità' (penso, in particolare, alla condizione delle donne nel mondo mussulmano).Quando Lei giustamente parla di giaculatorie contro i crimini dell'imperialismo e dell'occidente  si riferisce anche a questo?http://www.barbadillo.it/28532-il-punto-di-franco-cardini-e-la-terza-guerra-mondiale-e-francesco-vuole-svegliarci/

daniele ha detto...

Sono d'accordo. L'unica cosa che mi chiedo è cosa intenda il Rettore della moschea di  Parigi per 'fraternità' (penso, in particolare, alla condizione delle donne nel mondo mussulmano).Quando Lei giustamente parla di giaculatorie contro i crimini dell'imperialismo e dell'occidente  si riferisce anche a questo?http://www.barbadillo.it/28532-il-punto-di-franco-cardini-e-la-terza-guerra-mondiale-e-francesco-vuole-svegliarci/

vanni ha detto...

Egregio Professore, e se non fosse tanto una questione di intensità, ma di radice, come pare asserire uno dei più luminosi intellettuali dei nostri tempi nel suo notorio Discorso di Ratisbona?
Sarà bene per la dialettica dell’Occidente nelle controversie con il mondo maomettano ancorarsi a questo saldo vincolo, oppure eluderlo in sciolta deriva? (egregio professore, mi dispiace essere talvolta ruvido, ma non possiedo la sua perseveranza, la sua cultura, la sua personalità e la sua visione delle cose).

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