Pagine

lunedì 20 aprile 2015

Addio Toaff, il rabbino amico del dialogo

Con la morte di Elio Toaff viene a mancare quella che, senza ombra di dubbio, può essere considerata la massima personalità dell’ebraismo italiano del ventesimo secolo. Mi limiterò ad alcuni ricordi che mi si affollano alla mente, perché vi saranno altre occasioni per un’analisi approfondita della sua multiforme presenza pubblica, dall’impegno nella lotta antifascista alla difesa intransigente e coraggiosa delle comunità ebraiche nei momenti difficili che culminarono nell’attentato terrorista che provocò la morte del piccolo Stefano Taché, nel 1982. Fu l’episodio finale di un’ondata di odio che aveva visto un corteo sindacale deporre una bara davanti alla lapide dei deportati sul Tempio Maggiore di Roma. In quella occasione egli mi chiamò a partecipare accanto a lui alla campagna di condanna di quell’ignobile gesto, il che riuscì a fare con quella miscela di fermezza e di cordiale bonomia che caratterizzava tutti i suoi comportamenti, ottenendo un’esplicita autocritica. Inutile dire che, con l’accoglienza di Papa Giovanni Paolo II nel Tempio Maggiore, al suo nome resta legato uno degli eventi più importanti nella storia dei rapporti ebraico-cristiano che ne ha cambiato il corso in modo incancellabile.
Ma nei ricordi che si affollano in questi momenti emozionati, su tutto spicca la sua visione aperta e colta dell’ebraismo, capace di imporsi e comunicare nei rapporti con l’esterno. Il suo più brillante insegnamento è stato quello di conciliare la visione tradizionalmente ortodossa dell’ebraismo italiano con un atteggiamento aperto e inclusivo, capace di trasmettere i valori ebraici validi per tutti e comprensibili da chiunque. E tra i ricordi si affollano per primi sono quelli personali: ho avuto un legame affettivo con lui fin da piccolo, quando presenziò alla mia Bar Mizvà (il rito d’ingresso di un ragazzo nella comunità) che curò con particolare attenzione per il legame che aveva sempre avuto con mio padre Saul, in particolare con due iniziative da lui fondate, la rivista Ha-Makor e il Centro di Studi Ebraici  per cui scrisse articoli e tenne conferenze. Il legame con mio padre si mantenne così intensamente che egli si precipitò alla sua morte per benedirlo con un’intensità che ancor oggi non posso non ricordare con commozione. E così ricordo con commozione l’affetto con cui accolse nella comunità il mio primo figlio.
Come ho già detto, la sua personalità intellettuale e religiosa richiede un’analisi ben più approfondita. In questo momento prevale l’emozione dei ricordi e il dolore per la perdita di una persona dal grande cuore, capace sempre di suscitare rispetto e farti sentire a proprio agio. La tua morte, Elio Toaff, non è un abbandono: la tua figura rimarrà nel cuore degli ebrei italiani come un esempio da seguire e un incoraggiamento ad andare avanti.


(Il Messaggero, 20 aprile 2015)

1 commento:

sergio ha detto...

Il suo ricordo sia per noi una benedizione.

Posta un commento