C’è malcontento fra gli storici della
matematica italiani, una piccola avanguardia della cultura scientifica nazionale
minacciata da provvedimenti sull’università che rischiano di spazzare via studi
di altissimo livello per i quali l’Italia ha eccellenti quotazioni all’estero,
non meno decisive dello “spread”. A provocare la protesta sono gli indicatori
bibliometrici introdotti nella valutazione dei lavori scientifici.
La valutazione
delle università è necessaria, ma in Italia stiamo introducendo un sistema
unico al mondo che valuta a priori, invece che ex-post, e con criteri
statistici. Per la gioia dei fautori delle “due culture” si è diviso il settore
“scientifico”, in cui vale il numero di citazioni dei lavori, dal settore
“umanistico” in cui vale il numero di lavori pubblicati, soprattutto su riviste
la cui qualità è stata classificata dall’Anvur (l’Agenzia di valutazione). La
bibliometria per citazioni è criticata proprio in ambiente scientifico da
autorevoli istituzioni internazionali come la European Physical Society o la
International Mathematical Union e da personalità come il Nobel per la chimica
Richard Ernst. Nessun paese l’ha adottata come procedura di stato e in Australia
è stata proscritta. Ma qui si fanno orecchie da mercante a costo di creare situazioni
incresciose: l’Anvur ha cambiato le procedure di calcolo varie volte, dimostrando
la mancanza di oggettività della bibliometria. Nel settore umanistico, la
classifica delle riviste ha stimolato l’arrembaggio a farsi accreditare certe
riviste come di serie A, producendo esiti penosi.
Perché le novità introdotte colpiscono in
particolare la storia delle matematiche?
La bibliometria
ricorre a base dati gestiti da ditte private (ISI, Scopus) che indicizzano solo
certe riviste, prevalentemente di scienza applicata: medicina, biotecnologie,
ingegneria. Gli storici della matematica pubblicano su riviste poco
indicizzate, e soprattutto libri ed edizioni critiche, che sono ignorati.
D’altra parte, in quanto professori di matematica, appartengono al settore
bibliometrico. Dovrebbero essere premiati per gettare un ponte tra le due
culture” e invece sono bastonati senza pietà dagli algoritmi dell’Anvur: tutti gli
ordinari del settore sono stati esclusi come commissari (salvo, per caso, il
sottoscritto che comunque non ha fatto domanda). È uno scandalo che grida
vendetta tenendo conto della qualità e intensità della loro produzione
scientifica.
La protesta degli storici della matematica è
sostenuta da un appello rivolto da 150 docenti di 14 Paesi al Governo italiano.
Esprime “viva preoccupazione” per l’esclusivo uso di parametri quantitativi in
luogo di giudizi qualitativi.
In condizioni
normali un appello firmato dai maggiori storici della matematica del mondo dovrebbe
condurre a un ripensamento. Al contrario, si risponde che qualche ingiustizia è
accettabile pur di applicare il sistema. È un modo di ragionare da commissari
politici più che da professori.
Perché, e quanto, questa disciplina ha uno
spiccato ruolo formativo ed è quindi utilissima ai giovani? Sono preoccupati i
matematici ma anche i professori di discipline umanistiche. La tradizione
testimonia un forte collegamento tra i due rami del sapere. Nell’appello internazionale
al governo si ricorda che per cinque secoli, dal XII al XVII, l’Italia è stata
la sede principale della cultura matematica del globo. L’italiano è stato la
prima lingua vivente delle matematiche.
Non c’è dubbio.
In Italia abbiamo una tradizione di prim’ordine nella storia della matematica
che risale a Aldo Mieli e Federigo Enriques, uno dei maggiori matematici del
Novecento e un grande intellettuale che ha promosso il ruolo di questa
disciplina nella ricerca e nell’insegnamento, Del resto, un altro grande
matematico, Henri Poincaré, sosteneva che l’unico modo di prevedere il futuro
della matematica è studiarne la storia e lo stato presente.
In che modo le nuove procedure penalizzano
anche le scienze umanistiche?
Ne abbasseranno
la qualità. È possibile che entrino in commissione docenti senza un libro e con
un solo articolo pubblicato in riviste di serie A. Si giunti all’incredibile di
accreditare come “scientifici” periodici che non sono tali, pur essendo
rispettabili, come “Suinicoltura”, Yacht, Barche, Libertiamo, Etruria oggi,
ecc.. Accreditandoli l’Anvur, invece di promuovere il rigore, si è fatto
specchio di comportamenti deplorevoli e ha fallito.
Quale effetto avranno queste nuove modalità
di valutazione dei docenti sullo sviluppo culturale e sull’uso della lingua
italiana negli studi scientifici? I giovani che s’iscrivono a matematica e sono
molto motivati non avranno interesse a imbarcarsi in ricerche di ampio respiro.
I settori più colpiti
sono le ricerche di base e interdisciplinari. Da tempo declina l’interesse a
imbarcarsi in ricerche “disinteressate” come la storia della scienza.
Figuriamoci ora che arriva la mazzata finale… Quanto alla lotta contro
l’italiano fa parte di una macchiettistica che risale a “Un americano a Roma”
di Alberto Sordi.
Ma l’obiettivo di questo “stato di
agitazione” non è di bloccare i concorsi universitari.
No, di certo.
Ma un intervento che sani le situazioni ingiuste e accantoni metodologie senza
fondamento è indispensabile. Altrimenti i concorsi rischiano di arenarsi sugli
scogli dei ricorsi che si annunciano numerosi e fondati.
Più in generale, a proposito di matematica,
che cosa offre questa disciplina oggi ai giovani?
La matematica
pervade ogni aspetto della nostra esistenza, è il fondamento della tecnologia, ha
un ruolo sempre più rilevante in un numero crescente di discipline e quindi
l’ignoranza matematica diventa un vero ostacolo nell’esercizio di molte
professioni e attività, teoriche o pratiche. Eppure, il più grande paradosso
del presente è che la matematica continui a essere una delle discipline più
ignorate e detestate, secondo stereotipi che la contrappongono falsamente alle
scienze umane, quasi fosse una forma di sapere ostile all’umanità. Ed è certo
che, se è vista in modo acritico e meramente pratico, lo è davvero.
Come superare questo rifiuto e questa
ignoranza?
In libro appena
uscito, “Pensare in matematica” (Zanichelli), Ana Millán Gasca ed io sosteniamo
che la via non è quella – apparentemente facile, di fatto sbagliata e
fallimentare – di ridurre la matematica a un insegnamento pratico, alla
“matematica del cittadino”, quella che serve per fare la dichiarazione dei
redditi e la contabilità di casa. È bensì quella di restituire la matematica
alla cultura, di mostrarne i profondi legami con le discipline umanistiche.
L’interesse per la matematica è stimolato dalla consapevolezza che il suo modo
di pensare è una componente della cultura essenziale quanto le arti, la
letteratura, la filosofia, la linguistica o l’antropologia e che i suoi
concetti hanno origine nell’operare umano. L’esperienza d’insegnamento ci ha
convinti che suscitare la passione per il valore conoscitivo della matematica
conduce ad apprezzarne anche i tecnicismi. E la storia ha un ruolo centrale in
questo.
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