mercoledì 21 marzo 2018

“Meccanicismo”, il testamento intellettuale di Giorgio Israel




«Il titolo è già chiaro nell’indicare il principale proposito del libro, ma non rende chiara la ricchezza dell’indagine che Israel offre al lettore. Parlare di meccanicismo è per lui un modo per riferirsi a un complesso assai ampio di posizioni filosofiche e scientifiche, legate in modo diverso alle idee fondamentali che “ogni fenomeno altro non è che il risultato di moti di corpi, o comunque può essere descritto o spiegato in questi termini” e che “ogni parte della natura è assimilabile a una macchina”  

[...] il libro può (e dovrebbe) essere considerato come un testamento intellettuale. Se i primi sei capitoli presentano tale testamento sotto la forma di un ritorno su alcuni dei maggiori contributi storiografici che Israel ci ha regalato negli anni, tanto ricchi, quanto profondi, rigorosi, tecnicamente e culturalmente informati, volti a ricostruire il passato della nostra scienza nel suo rapporto con l’insieme del nostro pensiero, l’ultimo capitolo lo presenta sotto la forma di un manifesto morale che condensa gran parte delle sue battaglie intellettuali a favore di una pratica scientifica più attenta ai bisogni umani, e di una comunità scientifica più aperta alle competenze e al sentire dell’uomo, e più in linea con la sua libertà. [...] Esso ci offre un appassionato manifesto per un nuovo umanesimo, in cui scienza e la letteratura cooperino, contro le attuali versioni del meccanicismo e del riduzionismo, tanto trionfanti quanto prive di qualsiasi giustificazione razionale e cieche a qualsiasi preoccupazione umana.»

Dalla recensione di Marco Panza di Meccancismo. Trionfi e miserie della visione meccanica del mondo (Zanichelli)
sul numero in uscita di Il Protagora. Rivista di filosofia e cultura (Mimesis), sesta serie, volume 44, 2017, nn. 27-28, pp. 458-463.

La versione inglese di questo essay review è stata pubblicata sulla rivista Historia Mathematica (Elsevier), si trova qui


venerdì 23 febbraio 2018

I test Invalsi e il degrado dell'insegnamento dalle primarie alle superiori



L'analisi di Giorgio Israel su ciò che comporta l'intervento a gamba tesa dell'Invalsi nella scuola, ripresa da Alvaro Belardinelli su La Tecnica della Scuola qui

Trovate qui un efficace esempio per capire l'estraneità della linea seguita dall'Invalsi allo scopo educativo genuino della scuola, discusso da Anna Mazzitelli sul blog di ToKaLon Matematica. Il protagonista è un bambino di classe seconda.

Infine qui Alberto Baccini su Roars.it spiega in modo esauriente che le frasi che hanno fatto scandalo recentemente, tratte dai rapporti di autovalutazione che le scuole sono costrette a compilare, non sono altro che risposte alle domande molto specifiche e puntigliose poste dall'Invalsi sul “contesto”. Come ha detto Rosella Latempa nel suo intervento al Convegno “20 anni di autonomia scolastica: cosa è successo alla scuola in Italia?”, gli insegnanti delle scuole italiane stano diventando compilatori di caselle da riempire con un numero limitato di caratteri. Soprattutto, Baccini chiarisce che i rapporti di autovalutazione (inflitti anche all'università dall'ANVUR) sono un tassello della spinta competitiva imposta all'intero sistema dell'istruzione pubblica, le cui conseguenze stanno ora sfuggendo al controllo di coloro che la hanno progettata senza alcuno sforzo di prevedere i futuri scenari.

Il testo e il video dell'intervento di Giorgio Israel Contra Invalsi, pubblicato in questo blog tre anni fa, otto mesi prima della sua morte, si trovano 

«Qual è la funzione dell’Invalsi? Tentare di fornire – attraverso una molteplicità di strumenti, quantitativi e qualitativi – un quadro dello stato del sistema italiano dell’istruzione che possa costituire un valido strumento a migliorarlo? Se questa è la funzione dell’Invalsi, nulla da obbiettare, anzi, non si può che salutare con favore un’attività del genere che può espletarsi in varie forme: con sondaggi campionari (com’è tipico delle ricerche statistiche), con il ricorso a test (da elaborare a finestre aperte e accettando di dare ascolto a una discussione ampia sulle scelte fatte), mediante strumenti di ricerca sul campo, didattica, ecc. Se invece l’intenzione è quella di sostituirsi pian piano alla funzione valutativa dell’insegnante nei confronti degli studenti – a mio avviso assolutamente ineliminabile –, sulle basi a dir poco discutibili che abbiamo visto e con l’esclusivo ricorso ai test, e se si mira addirittura a valutare con i test insegnanti e istituti, allora non ci siamo proprio»

«dirò subito di non essere a priori contro le prove Invalsi, tantomeno contro l’ente Invalsi, a condizione che si accetti una discussione aperta a critiche e modifiche circa i contenuti delle prove, che le finalità dell’ente siano chiaramente definite e che esso non sia una struttura chiusa, impermeabile a competenze esterne.
Allo stato non è così. [...] confesso di provare un senso di sfinimento dopo aver prodotto per anni critiche su critiche di casi specifici, precise, di contenuto, in articoli sulla stampa, in convegni, in rete e, due anni fa, con un’analisi dettagliata di tutti i test Invalsi di matematica che può essere letta sul blog “pensareinmatematica.it”. Nel corso di questi anni non ho ricevuto una sola risposta, anzi per essere precisi una soltanto da parte di un dirigente ministeriale cui replicai senza ricevere controreplica.»




La reazione a tutte queste riflessioni dettate dall'interesse per il nostro paese, per il sapere e per la scuola, sarà il silenzio, come Giorgio ha sempre osservato. La cultura è in mano a persone, in istituzioni dello stato, che non hanno più in sé l'esperienza vitale del dibattito culturale.

giovedì 8 febbraio 2018

20 anni di autonomia scolastica: cosa è successo alla scuola in Italia?

Giovedì 22 febbraio 2018 presso l'Aula Magna del Liceo Tasso a Roma, il Comitato Nazionale "Per la scuola della Repubblica" ha organizzato un convegno per discutere la situazione della scuola in Italia a 20 anni dalla autonomia scolastica (legge 59/1997) e dopo la legge 107/2015. Saranno presenti alcuni fra i promotori dell'Appello per la scuola della Repubblica.


Partecipa e diffondi la notizia!





La partecipazione è libera. Per informazioni e iscrizioni 347.9421408 
L’iniziativa rientra tra le attività formative per le quali può essere concesso l’esonero dal servizio.    

mercoledì 3 gennaio 2018

Elenonora Fortunato, direttore di orizzonte scuola, intervista Giovanni Carosotti, primo firmatario dell'appello per la scuola pubblica:

«Oggi il paradigma economicistico sembra dover sottomettere alle sue necessità qualsiasi contenuto formativo, e pensare il futuro degli studenti unicamente in base a un loro ipotetico futuro inserimento nelle dinamiche produttive, peraltro sempre in veloce trasformazione e difficilmente prevedibili nel loro sviluppo. Da qui la decisione –a nostro parere foriera di negative conseguenze- di sacrificare i contenuti disciplinari, e più genericamente culturali, a favore della trasmissione di abilità pratico-operative, destinate invece a veloce obsolescenza. In realtà la didattica delle competenze viene promossa nei documenti ministeriali e da alcuni pedagogisti proprio a partire dalla considerazione che la conoscenza sarebbe “inerte” e la competenza “sapere vivo”, ossia con un fine dichiaratamente progressista, omettendo però la sua genesi economicista.
La scuola potrebbe reagire a tutto questo rafforzando la prospettiva storico-politica della sua azione e allontanando l’idea che educare significhi far acquisire un kit di comportamenti e di nozioni tecnico-pratiche facilmente spendibili. E anche ribadendo, come pure le discipline tecnico-scientiche –lungi dall’essere esclusivamente pratico-operative- contribuiscano in sinergia con quelle storico umanistiche alla formazione culturale e civile della persona.
La “crisi della verità” non la si risolve solo con il problem solving (che anzi rappresenta un mascheramento di tale condizione epocale) ma sviluppando il senso critico, valorizzando la capacità di interpretazione e il confronto storiografico sulle diverse tematiche affrontate, insegnando agli allievi che non esiste un unico modo di risolvere i problemi e che, in molti casi, individuarli nella loro complessità e saperli discutere attraverso un confronto critico è molto più importante che risolverli».

Potete leggere l'intervista completa ("Docenti e accademici contro didattica competenze", orizzonte scuola, 2 gennaio 2018)

e rileggere quanto scriveva Giorgio Israel nel 2009 sulle competenze demenziali (trovate anche una delle versioni delle demenziali certificazioni delle competenze che gli insegnanti devono compilare per ogni allievo alla fine dei cicli di istruzione) 
e la sua riflessione sulle competenze pubblicata nel 2011 sulla rivista «Scuola democratica», nonché la controrreplica al direttore Luciano Benadusi.