lunedì 15 gennaio 2007

Prima di dire “buon 2007”, decidete se subirete gli schiaffoni dell’islamismo

(Tempi, 11 gennaio 2007)

Buon anno! È d’obbligo dirlo, non per formalità o per esprimere una generica speranza, ma per manifestare la volontà di operare per il meglio. Ma di qui a credere che il 2007 sarà un “buon” anno ne corre. Sarà un anno molto difficile. Non potrà essere altrimenti. Quel che possiamo augurarci è che le difficoltà e gli eventi drammatici cui ci troveremo comunque di fronte non siano vissuti come tappe di un piano inclinato verso il peggio, ma che la nostra società sia capace di guardarli ad occhi aperti.
Cosa ci attende l’hanno spiegato chiaramente gli auguri del presidente iraniano Ahmadinejad all’Occidente: «Vi prenderemo a schiaffoni»… Ed ha aggiunto: «Voglio che sappiate che la nazione iraniana vi ha già umiliato più volte e lo farà ancora in futuro». Non è detto che ci riesca ma il guanto di sfida è lanciato e i fatti insegnano che non si tratta di chiacchiere. Guardare ad occhi aperti le difficoltà significa vedere la sfida mondiale dell’integralismo islamico, che va dall’Indonesia all’Africa, passando per l’Afghanistan, l’Irak, il Libano e la Palestina, una “sfida di civiltà” lanciata all’Occidente: soltanto tappandosi gli occhi per non vederla rischiamo di scivolare sul piano inclinato di cui sopra. È una sfida che passa anche attraverso l’Europa, in cui l’integralismo islamico ha posto profonde radici: nelle grandi città olandesi la maggioranza dei giovani sotto i 18 anni è già islamizzata e le proiezioni indicano che, continuando così, nel 2050, l’Austria sarà a maggioranza musulmana. Dappertutto dilaga una visione estremista e arrogante dell’Islam che considera intoccabili i propri simboli e offende senza ritegno quelli delle religioni cristiana ed ebraica.
Se la risposta dell’Occidente sarà l’odio di sé, la sfida dell’integralismo islamico – per quante sconfitte parziali possa subire – sarà vincente. È difficile nutrire speranza se l’atteggiamento prevalente sarà del genere di quella bibliologa australiana secondo cui Maria Maddalena «era una imprenditrice ebrea attiva nel settore del pesce secco in grado di finanziare un rabbino itinerante chiamato Gesù». (Non è malizia pensare che l’accenno ai pesci preluda a una spiegazione “razionale” del noto miracolo). La battaglia per la sopravvivenza della civiltà occidentale sarà persa se non riusciremo a contrastare questa marea di baggianate e l’assuefazione inebetita per la letteratura autolesionistica (udito in tram: «non so cosa regalargli per Natale» - «e regalagli il Codice da Vinci»…). La sconfitta è certa se perderemo il senso della democrazia, che non è soltanto diritto di voto ma obbedienza alle regole che garantiscono la libertà e contrasto di chi quelle regole non intende rispettare. Un uomo politico europeo ha dichiarato che, se un voto portasse al governo un partito che mira a sostituire la legislazione attuale con la sharia, occorrerebbe prenderne atto: costui non sa più cos’è la democrazia, ha perso ogni legame con la cultura politica liberale dell’Occidente, è diventato un dhimmi. Sarebbe sensato ammettere al voto un partito (che peraltro esiste!) che propugni la legalizzazione della pedofilia? Non lo sarebbe, e così non lo è ammettere al voto un partito che miri a legalizzare la sharia. In quello stesso momento, la democrazia sarebbe morta.
Purtroppo dilaga la cupidigia di asservimento”. Ma se non continuassimo a nutrire la volontà di contrastarla e la fiducia di potervi riuscire, non meriteremmo neppure di scambiarci gli auguri di buon anno.

Giorgio Israel

4 commenti:

Unknown ha detto...

Caro Prof.Israel,
sono un fisico e mi occupo di ricerca sui sistemi complessi al dipartimento di Fisica dell'Universitá di Catania. Ieri sera ho assistito con estremo piacere alla sua interessante conferenza su "La scienza tra utilitarismo e ricerca della veritá" tenuta nella aula magna del nostro dipartimento, ma a causa di impegni ho dovuto lasciare la sala prima della conclusione e dunque non ho potuto rivolgerle alcune brevi domande (collegate tra loro) che invece, approfittando del suo blog, mi permetto di rivolgerle adesso. Lei ha giustamente e condivisibilmente condannato il relativismo estremo in ambito scientifico, ma cosa dire circa il relativismo culturale? E' possibile stabilire la superioritá di una civiltá rispetto ad un'altra, cosí come é possibile affermare, in base all'efficacia delle sue previsioni, la superioritá di una teoria scientifica rispetto ad un'altra (nel senso di una migliore approssimazione alla veritá oggettiva)?E' veramente possibile affermare con assoluta certezza, come fa Marcello Pera in un noto pamphlet scritto a quattro mani con l'allora cardinale Ratzinger, che la civiltá occidentale puó vantare la superioritá della sua cultura e delle sue "radici" cristiane-giudaiche nei confronti della civiltá islamica?
Non occorrerebbe forse una maggiore prudenza nel trasferimento dell'oggettivitá scientifica in ambito culturale? Possono i nostri fondati timori nei confronti del fondamentalismo islamico giustificare una classificazione gerarchica delle civiltá? Non é questo un ennesimo ritorno a quelle forme di razzismo che lei stesso ha ripetutemente condannato nel suo intervento di ieri sera?
Nel ringraziarla anticipatamente per l'eventuale risposta che vorrá dare ai miei quesiti, mi complimento ancora con lei per il garbo e la competenza con cui ieri ha trattato questi non facili argomenti.
Un caro saluto,
A.Pluchino

Nessie ha detto...

Vorrei fugare qualche dubbio, caro Alessandro.
Non dobbiamo avere paura di ammettere quando una cultura è più avanzata, progredita ed evoluta di un'altra. E mi pare che la difesa del prof. Israel sulle radici occidentali, vada proprio in questa direzione. E' proprio la cultura dei diritti, quella in grado di proteggerci dal razzismo, dalla discriminazione sessuale e dalla poligamia che tratta la donna, o meglio le donne, come capre con cui avere commerci sessuali e figli a gogò.
Quanto a Marcello Pera e il suo libro scritto con Ratzinger "Senza radici", passa in rassegna quelle filosofie "deboliste" che ci portano proprio alla perplessità e alla paralisi che già stiamo vivendo: è cioè all'incapacità di difendere quelle "buone ragioni" per poter dire con fierezza che l'Occidente è migliore delle società teocratiche islamiche. Le quali sono proprio quelle, che guarda caso, negano lo stato di Israele, demonizzano gli USA e chiamano sprezzantemente "kuffar" noi occidentali. Cioè infedeli. Questa autocensura, queste preoccupazioni che lei esprime, le trovo piuttosto rischiose. Perché sono quelle che ci faranno perdere il diritto di sentirci "cittadini" e non "fedeli a oltranza". E per di più, a casa nostra. Coraggio, dunque!

GiuseppeR ha detto...

Non so se il prof. Plochino riceverà una risposta su questo blog. Io mi sono posto domande analoghe alle sue e la lettura del libro del prof. Israel "Liberarsi dai demoni" mi ha aiutato a trovare delle risposte.

In particolare quando nel libro si cerca di spiegare perchè il Rinascimento si è sviluppato in Occidente e non nei paesi islamici. Quando si parla della differenza fra il giudizio di "superiorità" e giudizio di "supremazia" di una cultura rispetto ad un'altra. O, per finire, quando si evidenzia che "l'oggettività scientifica" non può essere l'unico criterio per stabilire cosa è giusto e cos'è sbagliato.

Giorgio Israel ha detto...

Caro professor Pluchino,
come esperto di sistemi complessi lei sa meglio di me che il concetto di legge scientifica è oggi difficilmente sostenibile persino in ambito fisico, per cui il progresso della conoscenza deve essere inteso come un processo molto articolato, con avanzate e arretramenti, e in cui spesso modelli diversi si confrontano senza che sia sempre facile stabilire quale sia il più "vero". Ciò detto, se quindi persino in ambito scientifico occorre essere prudenti e non assumere posizioni rozze, il relativismo è insostenibile non soltanto perché noi procediamo nella convinzione di poter migliorare le nostre conoscenze ed è SU TALE BASE che confrontiamo i diversi risultati, ma perché la tecnologia dimostra un effettivo accrescimento di capacità d'intervento che riflette - anche se spesso in modo indiretto e confuso - un effettivo accrescimento di conoscenze.
Potrà sembrarle bizzarro quanto dico, ma io penso che anche sul piano etico esista un sia pur lento ma evidente progresso. Sono convinto che i passi indietro e gli orrori del ventesimo secolo non escludono il fatto che a distanza di venti e trenta secoli noi abbiamo acquisito conquiste fondamentali come l'habeas corpus, il rispetto della persona in generale, i diritti della donna e il diffondersi nella coscienza di tanti individui dei principi contenuti nei dieci comandamenti. Certo, ciò si riferisce alla civiltà occidentale, e non credo affatto che vi sia motivo di escludere da questo processo complessivo il contributo dato da altre civiltà. Ma è giusto e persino necessario che noi occidentali si affermi il valore di certe conquiste che appartengono alla tradizione giudaico-cristiana, e che, depurandole degli errori e degli orrori compiuti nei secoli, le si proponga per l'enorme valore che ancora mostrano di avere per la vita associata.
Giustamente lei teme la classificazione gerarchica delle civiltà e il pericolo del razzismo. È vero. Quando si comincia a parlare di civiltà superiori si apre la strada al razzismo. Ma la soluzione a questo evidente pericolo non sta nell'assumere la posizione opposta, e cioè di considerare tutto alla pari, ovvero farlo per "politica" ("politicamente corretto"), magari senza neppure crederci. Allora si costruisce una società somma di etnie che non si parlano nel malinteso tentativo di "rispettarsi" e ignorandosi si disprezzano. È la società comunitarista, che produce forme di razzismo e di cecità ancora peggiori di quelle legate all'intolleranza diretta. Difatti, non c'è nulla di peggio dell'assenza di dialogo. La soluzione non è sostituire al confronto inteso come scontro (razzismo) l'assenza di confronto, il silenzio, l'ignorarsi, il negarsi. L'unica alternativa possibile è il confronto tollerante e civile, ma che non esclude in alcun modo la legittimità di affermare il proprio punto di vista come migliore, preferibile e difenderlo come tale.
Non vedo perché io non possa difendere con tutte le forze - entro i confini della civiltà e della tolleranza - l'idea che l'infibulazione è una pratica infame, che i diritti della donna debbono essere rispettati e così via esemplificando.
Di fatto, noi viviamo in società ipocrite in cui si difende il politicamente corretto soltanto per negare alle società occidentali di affermare il valore delle proprie conquiste in termini di convivenza, riservando soltanto agli altri (gli "oppressi") questo diritto. Gli islamici che vivono in Europa (per non parlare di quelli fuori) si arrogano ogni diritto di calpestare verbalmente e fattualmente le forme di convivenza occidentali, ovvero fanno del vero e proprio RAZZISMO, mentre noi ci autoaccusiamo di razzismo soltanto perché difendiamo quelle che riteniamo delle conquiste di civiltà.
Sono figlio di un "immigrato" e quindi sono sensibile a certi temi, ma di un immigrato che ha preso la nazionalità, ha fatto lealmente il servizio militare, mi ha educato come italiano, nel rispetto dei costumi, del diritto e delle tradizioni di questo paese; e non per calpestarle subdolamente.
Non posso qui riprendere in dettaglio quanto scritto su questo tema da Levi Strauss, ma mi permetto di rinviare al mio libro "Liberarsi dei demoni" in cui tratto in dettaglio queste questioni - inclusa quella del multiculturalismo e dei rischi di razzismo che esso comporta - oltre al mio precedente libro "La questione ebraica oggi. I nostri conti con il razzismo". Non è elegante citarsi, ma poiché ho scritto molto su questo tema, non riesco ad evitarlo.
Cordiali saluti,
Giorgio Israel