domenica 12 settembre 2010

BESTIARIO MATEMATICO n. 8

Una collezione di manifestazioni di cultura matematica da parte di futuri insegnanti:

Il matematico greco Eulero, vissuto nel I° secolo a.C. scrisse il suo famoso trattato, gli Elementi, nel 300 a.C.

Il principio di induzione è un principio tale che qualsiasi regola matematica può essere dimostrata, sia che essa sia vera o falsa.

Il concetto di funzione che viene oggi insegnato nei corsi universitari fu formulato per la prima volta dai mesopotamici del IV secolo a.C. come testimoniano le tavolette di argilla ritrovate dagli archeologi.

Per la paternità del calcolo infinitesimale ci fu una delle più accese dispute tra matematici e loro discepoli, che arrivò addirittura a macchiarsi di sangue, che la storia ricordi.

In matematica deve essere tutto dimostrato n volte prima di sostenere la validità di una legge o di una teoria, a differenza delle scienze naturali in cui attraverso un esperimento ripetuto anche solo 2 volte si può dimostrare un risultato.

Nel XVIII secolo dominò il concetto di funzione rappresentata da un'espressione analitica, finita o infinita. Successivamente venne data la definizione di funzione come la conosciamo noi oggi, ovvero di una legge che associa ad una x un valore indicato con y.

Il prof. di matematica Newton

L'aspirale

L'odierna definizione di funzione è come luogo di punti che soddisfa un'equazione razionale

«La scuola del futuro dovrà insegnare come pensare e non cosa pensare» (McKinsey dixit).

22 commenti:

Unknown ha detto...

Situazione simile per gli studi giuridici.

Alessandro Marinelli ha detto...

Prof. Israel,
tutto ciò mi consola. So di avere ancora molto da imparare, ma sembrerebbe che molti stiano messi assai peggio di me. Comunque oserei dire che non si tratti di laureati in matematica. Non sono aspiranti insegnanti di matematica laureati, che so, in biologia (magari molto competenti nella suddetta disciplina)?

Giorgio Israel ha detto...

Sono quasi tutti dei quasi laureati (triennali) in matematica

francini ha detto...

Viene da chiedersi come sia possibile laurearsi in matematica in quelle condizioni. Non vi è qualcosa di profondo da rivedere nei meccanismi di rilascio di titoli accademici (aventi, si badi bene, valore legale e validi ai fini concorsuali, punteggi di laurea compresi)? O forse nella stessa qualità della didattica e nella fisionomia culturale delle università? Che cosa è in grado di effettivamente certificare davanti allo stato, alla legge, alla società, il conseguimento di un titolo accademico attualmente in Italia?

A dire il vero questi frammenti lasciano l'impressione di una certa povertà culturale del percorso stesso che hanno attraversato. Una frammentazione di saperi che è in grado solo di restituire lacerti e reminiscenze liberamente associate e senza senso, una sorta di zapping degli studi universitari.

Ma non riesco a prendermela neppure più di tanto con questi improbabili laureati, piuttosto col fatto stesso che un'istituzione abbia loro rilasciato il titolo. Voglio dire: io potrei anche essere essere presuntuoso al punto di propormi come maestro di sci o come guida alpina. Sarei un incosciente, ma ancora più incosciente di me sarebbe l'ente che mi rilasciasse la rispettiva certificazione, quando a stento mi reggo in piedi sugli sci. E i responsabili della falsa certificazione finirebbero per passare dei guai, appena la cosa venisse fuori. Perché si ritiene invece pacifico che, nel campo dell'istruzione, sia ammesso certificare beatamente il falso senza conseguenze di alcun genere per chi lo fa?

Mi chiedo (per esempio): non potrebbe essere venuta l'ora di pensare anche ad un esame di laurea serio, effettivo, da sostenersi prima della discussione della tesi, con commissione non più tutta interna alle singole università e con regole definite nazionalmente sui meccanismi di attribuzione dei punteggi? Certamente sarebbe una limitazione dell'autonomia dei singoli atenei. Ma è sostenibile ed è compatibile con la natura legale e pubblica dei titoli di studio una simile autonomia anarcoide, dove la concorrenza pare consistere nella semplificazione della mera elargizione dei titoli di studio, e che non è in grado di garantire ormai nemmeno la più elementare uniformità negli standard di preparazione e nelle valutazioni assegnate?

AstroLab-Liceo Euclide ha detto...

Prof. Israel tutto ciò lascia come sempre allibiti, interdetti e sconsolati, ma ormai noi insegnanti di matematica (laureati in matematica o in fisica) assistiamo ogni giorno, impotenti, a questo sfascio culturale, che ha origine nelle aule che ci hanno visto studenti e che continua anche con la complicità degli Uffici scolastici provinciali: proprio in queste ore vengono assegnate cattedre di matematica e fisica nei licei classici e scientifici (e sono tante) a colleghi che per trent'anni hanno insegnato topografia, costruzioni, elettrotecnica, disegno tecnico solo perchè perdenti posto e noi di ruolo titolari specifici nelle discipline veniamo relegati ai margini per far posto ai cosiddetti DOP; tutto in buona pace del merito e della competenza e sulla testa degli alunni e delle loro famiglie.
Ancora posso fare numerosi esempi di colleghi laureati in matematica che si rifiutano di insegnare fisica, calcolo delle probabilità o statistica dichiarando la propria ignoranza e scarsa voglia di studiare ancora, perchè non si finisce mai di crescere culturalmente.
Cordialmente
Antonello Tinti

Lucio ha detto...

Per Terminus: attenzione, molto spesso un laureato in fisica e' in grado di insegnare matematica alle superiori (a qualsiasi livello), anche se gli manchera' sempre la "forma mentis" del matematico. Ma molto, molto spesso un matematico non e' in grado di insegnare fisica. Non per scarsita' di preparazione, alla quale si puo' sempre sopperire, ma perche' tendera' sempre a vedere fisica "da matematico", tendera' ad interpretarla come una sorta di matematica applicata, mentre invece e' proprio un'altra cosa. Lo sto vedendo con mio figlio, che ha un matematico come insegnante di fisica. Mia moglie, che non e' italiana, e' rimasta scandalizzata dal fatto che un laureato in una disciplina ne possa tranquillamente insegnare un'altra, anche per discipline vicine come fisica e matematica. In molti paesi questo non succede.
Cordialmente, Lucio Demeio.

Gianfranco Massi ha detto...

Caro Lucio,quasi sempre dissento dai suoi punti di vista, ma il dissenso non lo manifesto perché rispetto le opinioni di tutti. Questa volta però non resisto dallo esprimere il disaccordo sulla superiorità (se ho ben capito quasi esclusiva)del laureato in fisica rispetto al collega matematico come insegnante di matematica.Basando questa "credenza"non sulla preparazione, "alla quale si potrebbe sopperire", ma su una caratteristica così inquietante come la "forma mentis".Che cosa è questa "forma mentis"? Un vedere la matematica come uno strumento utile per descrivere i fenomeni della natura? Strumenti concepiti- badi bene percée è proprio questo il punto- dal matematico del tutto indipendentemente dalla loro applicazione nella Fisica. Platone direbbe, "ricordati" mentre contempla l'iperuranio, perché è un uomo premiato così dagli dei.
La prego di non vedere polemica in me, ma solo puntualizzazione della evidenza.
A titolo informativo, le dico che non sono insegnante di matematica, sono un ingegnere in pensione.

Fausto di Biase ha detto...

Terribile.

Quale percentuale di studenti ha dato queste risposte?

AstroLab-Liceo Euclide ha detto...

E' vero, molti laureati in matematica insegnano fisica come una sorta di "matematica applicata" e anzi, come ho già detto, trovano molte difficoltà e molte volte si svincolano dall'insegnamento specifico, ma si potrebbe dire altrettanto per i fisici quando interpretano la matematica in senso "sperimentale o laboratoriale". Mi chiedo quale sia la "forma mentis" di un maestro elementare quando insegna la divisione.
Il problema vero, a mio avviso, risiede in questa separazione culturale che ancora nella nostra università esiste tra la matematica e la fisica. Si tende a separare le discipline e ciò non ha alcun senso anche dal punto di vista storico molta matematica è stata sviluppata a partire da esigenze di tipo fisico. Ricordo che nel nostro ordinamento scolastico esiste una specifica abilitazione 49/A denominata, non a caso, "Matematica e fisica" distinta dagli insegnamenti 47/A (matematica) e 38/A (fisica). L'abilitazione in matematica e fisica presuppone un insegnamento integrato e completo delle due discipline, e badate bene i titolari dovrebbero essere i laureati in matematica e in fisica...ma molto spesso ci si dimentica anche a livello amministrativo scolastico.
Antonello Tinti

Lucio ha detto...

Caro Gianfranco Massi, forse non ci siamo capiti.
Quello che volevo dire in prima battuta e' che il matematico deve insegnare matematica ed il fisico deve insegnare fisica. In seconda battuta, dovendo invertire i ruoli, penso che un fisico che insegna matematica se la cavi molto meglio di un matematico che insegna fisica. Ho incontrato tanti matematici, italiani e non, studenti, professori o ricercatori, che non capivano la fisica e non ne facevano mistero. E qualcuno di questi si ritrova ad insegnare fisica alle superiori (in Italia). Il discorso sul fisico che insegna matematica e la "forma mentis" collegata glielo faro' in un secondo commento, prof. Israel permettendo, perche' devo scappare.

Cordialmente,
Lucio Demeio.

Lucio ha detto...

Non sono molto d'accordo. La mia esperienza mi dice chiaramente che il mestiere del fisico e quello del matematico sono due cose diverse. E' vero che, se il matematico ha la tendenza a vedere la fisica come una sorta di matematica applicata, il fisico tende ad interpretare la matematica in senso "laboratoriale" come dice Terminus. Ma non per colpa di una artificiosa divisione culturale, semplicemente perche' son cose diverse. Il fisico (sempre in media, e con le dovute eccezioni, si capisce) tende a sottovalutare l'importanza delle dimostrazioni e del rigore che sono la parte essenziale della matematica; nell'insegnare matematica, inoltre, spesso non riesce a comunicare ed infondere agli studenti la passione per il ragionamento rigoroso, ma piuttosto a comunicare una serie di regole, regolette ed algoritmi del tipo "come si fa". Questo che dico va sempre corredato dalle opportune cautele dovute alle numerose eccezioni che si osservano in giro.
Cordialmente,
Lucio Demeio.

vanni ha detto...

Credo che nella Scuola Media si siano intrufolati nel novero degli insegnanti di fisica e di matematica addirittura gli ingegneri. Anche gli ingegneri hanno la loro sensibilità, e può essere che nella loro “forma mentis” si mescolino in qualche proporzione combinandosi variamente fattori diversi, dovuti almeno alla scuola seguìta e alle propensioni personali; si perdoni la mia sommarietà. Ad esempio forse io sono stato un ingegnere poco ingegneristico.
Non so come funzioni adesso (ho più di sessant'anni), ma nel mio corso di studi a Parma e a Bologna ho beneficiato degli insegnamenti di Analisi 1 e 2, Geometria1 e 2, Fisica 1 e 2 dai medesimi docenti, titolari o incaricati, dei Corsi di Laurea in Matematica oppure in Fisica, che tenevano lezione anche ai futuri matematici e fisici. Allo stesso modo il docente di Ingegneria di Meccanica razionale era lo stesso che insegnava Fisica matematica - mi sembra che così si chiamasse l'esame - ai matematici (puri... applicati... non so, ai tempi c'era forse qualche specializzazione in meno).
Corsi non sovrapponibili, sicuramente diversi per gli argomenti affrontati. Ma mi riesce arduo pensare che il medesimo docente potesse conferire una impostazione concettuale troppo diversa ai corsi “somministrati” agli ingegneri e ai matematici.
La cosa che mi piace però pensare è che nessuno dei miei compagni di Università si sognerebbe di fare lèpide asseverazioni del tipo:”L'odierna definizione di funzione è come luogo di punti che soddisfa un'equazione razionale” o rivelazioni su Eulero, multinazionale e stupefacente viaggiatore del tempo, nelle quali matematica, italiano e senno vengono affrontati con intrepida rudezza.
È pur vero che prima dell'Università ci sono più di dieci anni di Scuole varie.

Telesio ha detto...

Mi spiace dissentire con il collega Lucio Demejo: la matematica e la fisica sia a livello culturale che a livello di ricerca non sono mai state nettamente separate nel corso dei secoli; la separazione "fittizia" tra le due discipline, occorre ricordarlo, è avvenuta prevalentemente nel corso del secolo scorso nella logica di una specializzazione sempre più esasperata e nella convinzione che chi si occupava di ricerca nell'una acquistava una forma mentis diversa da chi si occupava di ricerca nell'altra. I risultati di questa visione a mio avviso hanno prodotto più danni alla ricerca che vantaggi: infatti la ricerca e le idee, a mio avviso, in questi ultimi 20-30 anni, hanno subito un forte calo anche grazie a questa visione. Desidero ricordare che la stragrande maggioranza delle idee in matematica è scaturita dall'esigenza di risolvere problemi di fisica o matematizzare e modellizzare delle teorie fisiche. Viceversa alcune problematiche matematiche o alcune teorie matematiche si sono rivelate fondamentali per la costruzione di non poche teorie della fisica. E' perciò ovvio che il matematico ed il fisico che tengono sott'occhio l'altra disciplina si trovano avvantaggiati nel loro lavoro di ricerca. Le due discipline sono a mio parere intrinsecamente connesse. Non a caso, nella scuola è stata concepita la classe di concorso A049 nei licei: matematica e fisica, perchè si presume che ciascuna debba essere fatta in relazione all'altra. Ai colleghi che ne richiedono la separazione vorrei ricordare che questa è già prevista in altre classi di concorso: A038 (Fisica) e A047 (Matematica). Ne consegue che in altri ordinamenti di studio tale separazione è già prevista e i colleghi che ritengono di dover insegnare separatamente tali discipline a seconda del loro titolo di studio possono farlo. Spero però che non desiderino limitare gli altri colleghi che, matematici o fisici che siano, sentono di dover insegnare entrambe le discipline per passione e per le medesime convinzioni da me esposte.
Cordialmente, Telesio

Giorgio Israel ha detto...

Condivido in toto quanto scrive Telesio e consiglierei di leggere le opinioni di un grande matematico come Arnold

Lucio ha detto...

Alla citazione su Arnold allora rispondo con
“THEORETICAL MATHEMATICS”: TOWARD A CULTURAL SYNTHESIS OF MATHEMATICS AND THEORETICAL PHYSICS
dove due dei piu' grandi matematici viventi, F. Quinn a A. Jaffe, discutono il problema in dettaglio. Al loro articolo, comparso sul Bulletin nel 1993, segui' una mai sopita discussione cui parteciparono, chi pro e chi contro, altri grandi matematici. Il loro articolo e' reperibile in rete all'indirizzo

http://arxiv.org/pdf/math/9307227v1

e con un po' di navigazione si troveranno anche gli altri contributi a quella discussione.

Cordialmente,
Lucio Demeio.

Myosotis ha detto...

«La scuola del futuro dovrà insegnare come pensare e non cosa pensare». Questo futuro sembra già passato. Dalle castronerie citate si direbbe che la scuola abbia insegnato a NON pensare.

micol ha detto...

Che, poi, doveva essere ben longevo Eulero.
La saluto caramente, professore.

micol ha detto...

Che, poi, doveva essere ben longevo Eulero!

Anonimo ha detto...

Vorrei inserirmi nella disputa nata a proposito della divisione tra Matematica e Fisica e relative classi di concorso. Sono laureata in matematica con il vecchio ordinamento e abilitata SSIS. Durante il mio corso di laurea, a indirizzo didattico, ho fatto due esami di FIsica (1 e 2) contro i 13 di Matematica: è ovvio che ho sviluppato una propensione maggiormente matematica, a discapito della Fisica. Solo con la SSIS e grazie a docenti delle superiori laureati in Fisica, che ivi insegnavano, ho potuto recuperare quello che i docenti universitari di Fisica non hanno mai dato, senza considerare il fatto che il programma terminava con l'elettromagnetismo e che attualmente bisogna insegnare anche la relatività e la meccanica quantistica. E' qui che nasce la difficoltà dei matematici a insegnare Fisica. Spero che i nuovi ordinamenti diano una formazione più completa e emno settoriale, altrimenti tutte queste riforme e l'eliminazione delle SSIS non serviranno decisamente a nulla

Luca Fava ha detto...

Gentile Dott. Israel,
mi perdoni se andrò assolutamente fuori tema con questo mio commento. Ho da poco scoperto questo blog ed essendo padre di una bimba che ha appena cominciato il first grade in una scuola internazionale qui a Copenhagen sono molto interessato ai programmi scolastici. La scuola di mia figlia fa parte del programma IB (international baccalaureate). Io e mia moglie abbiamo scelto la scuola un po' di fretta devo ammettere. Ci siamo mossi per la prima volta all'estero ed erano tantissime le cose a cui pensare e le decisioni da prendere. La nostra priorità era che la bambina imparasse l'inglese e si trovasse a proprio agio. Con l'inizio dell'anno abbiamo cominciato ad interessarci più in dettaglio a quello che le viene insegnato a scuola a compararlo con la nostra esperienza nella scuola italiana e ad interrogarci su cosa sia meglio per la nostra bimba. Devo dire che troviamo il programma un po' fumoso, non certo dettagliato e incominciamo a preoccuparci sprattutto per quello che riguarda la matematica. Nostra figlia è già in grado di leggere e scrivere in italiano e sicuramente diventare bilingue per lei sarà un grande vantaggio. Ma come fare a controllare i progressi in matematica e semmai aiutarla a casa. Ho avuto esperienze di insegnamento durante il mio Ph.D., ma insegnare ai bambini è tutta un'altra storia. Lei cosa ne pensa del programma IB, PYP e cosa ci consiglia di fare per aiutarla ad imparare la matematica? Un'ultima domanda: esiste nel mondo un sistema scolastico che lei possa additare ad esempio?
La ringrazio dell'attenzione deicatami e le chiedo ancora una volta scusa per aver usato questo blog per comunicare con lei.
Cordiali saluti.
Luca Fava

Unknown ha detto...

Caro Prof. G. Israel, mi permetto di fare un intervento piuttosto critico. Sono studente (ormai del quinto anno) nello stesso dipartimento dove lei insegna, e a giudicare dalle date credo che le persone che le hanno scritto (assumo le abbia trovate su dei compiti da correggere) le bestialità di cui sopra siano grossomodo miei coetanei.

Purtroppo il Suo post si limita a confermare una situazione nota a tutti i membri del dipartimento, cioè che (a parte ovvie eccezioni) la scelta di fare didattica della matematica deriva dal fallimento nella matematica "vera". Quello che voglio dire è che nessuno (stavolta senza eccezioni) dei miei compagni "bravi" è poi andato a fare didattica della matematica e tutti (sempre senza eccezioni) i miei compagni che sono andati a fare didattica erano classificabili come "scarsi". Questo meccanismo porta inevitabilmente ad avere dei cattivi o poco preparati docenti di matematica della scuola pre-universitaria.

La colpa del funzionamento di questo meccanismo è, a parer mio, da un lato la scarsa appetibilità del ruolo di docente per chi può aspirare a qualcosa di meglio, e dall'altro lato il fatto che il corpo insegnante in didattica della matematica permette che si laureino persone (molto) poco preparate, e quindi tengono aperta una scorciatoia per ottenere lo stesso pezzo di carta che ha chi invece ha dovuto studiare duramente per anni.

Mi permetta di essere cortesemente provocatorio (sempre che le bestialità lei le abbia trovate in compiti da correggere), queste persone Lei le ha poi promosse?

Grazie mille dello spazio e dello spunto di riflessione concessomi.

Giorgio Israel ha detto...

No, guardi, la sua è un'insinuazione volgare. Non mi abbasso a servirmi delle castronerie dette o scritte ai miei esami per dare esempi. Gli esempi vengono tutti da altre fonti universitarie e da altri colleghi e, per giunta, in parecchi casi da studenti di corsi di indirizzo non didattico!
Pubblico il suo commento perché voglio far vedere a quale livello etico si può scendere ormai all'università. Il suo commento mira a dire che gli studenti del settore didattico sono mediocri perché chi va nel settore didattico è un fallito e i professori del settore didattico sono personaggi mediocri che promuovono tutti; e addirittura si permette di insinuare che io sia uno di questi, chiedendo provocatoriamente (le provocazioni non sono mai cortesi) se avrei promosso persone di quel genere.
Quando si fanno insinuazioni simili si firma. Altrimenti, ci si qualifica per quel che si è: un vigliacco e un mascalzone che, sotto anonimato, si permette di fare basse insinuazioni.
Mi guardo bene dal fare riflessioni qui sul dipartimento cui appartengo e sulla qualità dei suoi docenti e dei suoi studenti. Rispondo soltanto di me e di certo io boccio chi dimostri un livello di quel genere. Basta vedere qual è la percentuale di promossi e il livello dei voti ai miei esami per rendersi conto che non apro alcuna scorciatoia. Anzi.
E poi, visto che rispondo soltanto di me e di nessun altro, se lei avesse voluto, per caso, insinuare che la storia della matematica non sia una materia matematica "vera", che sia roba da falliti, lei dimostrerebbe non soltanto di essere una persona scorretta ma anche un cretino e un ignorante. Un esempio da aggiungere al bestiario matematico.