PER CHI VUOLE CHIEDERNE LE DIMISSIONI:
https://www.change.org/p/matteo-renzi-chiediamo-le-dimissioni-del-sottosegretario-davide-faraone-che-ha-elogiato-le-occupazioni-studentesche-per-grave-inadeguatezza-al-suo-ruolo-istituzionale
Il nuovo sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone entra nel dibattito sulle occupazioni scolastiche e lo fa senza mezzi termini. Non nasconde quanto gli piacciano le occupazioni e quanto detesti i «ragazzi seduti e la cattedra di fronte». Fosse per lui istituzionalizzerebbe le occupazioni ma ciò rischierebbe di svilirne il valore. Eleva un peana alle dormite in sacchi a pelo nelle aule che finalmente diventavano calde e umane e vedevano il consumarsi di amori e incontri con l’anima gemella. Concede – bontà sua – che scuola è didattica e studio ma, ha ricavato dalle sue esperienze di occupante la convinzione che le occupazioni sono una palestra del far politica e aggiunge che tanti hanno scoperto la politica e la passione civile in quelle esperienze, che tanti sono diventati leader di un’azienda dopo essere stati leader di un’occupazione studentesca. Insomma, è anche in quelle fucine che «si seleziona la classe dirigente».
https://www.change.org/p/matteo-renzi-chiediamo-le-dimissioni-del-sottosegretario-davide-faraone-che-ha-elogiato-le-occupazioni-studentesche-per-grave-inadeguatezza-al-suo-ruolo-istituzionale
Il nuovo sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone entra nel dibattito sulle occupazioni scolastiche e lo fa senza mezzi termini. Non nasconde quanto gli piacciano le occupazioni e quanto detesti i «ragazzi seduti e la cattedra di fronte». Fosse per lui istituzionalizzerebbe le occupazioni ma ciò rischierebbe di svilirne il valore. Eleva un peana alle dormite in sacchi a pelo nelle aule che finalmente diventavano calde e umane e vedevano il consumarsi di amori e incontri con l’anima gemella. Concede – bontà sua – che scuola è didattica e studio ma, ha ricavato dalle sue esperienze di occupante la convinzione che le occupazioni sono una palestra del far politica e aggiunge che tanti hanno scoperto la politica e la passione civile in quelle esperienze, che tanti sono diventati leader di un’azienda dopo essere stati leader di un’occupazione studentesca. Insomma, è anche in quelle fucine che «si seleziona la classe dirigente».
Che
dire? Ha ragione. Ha perfettamente ragione, almeno sul piano storico. E ciò è
ancor più chiaro a chi ha più anni di lui e conosce il lunghissimo percorso che
ci ha condotto dalle mitologie sessantottine a queste pratiche che si
ripropongono in modo estenuante, sostenute da chi ancora è legato a quelle
mitologie e le ha accuratamente trasmesse a figli e nipoti. Ha ragione perché è
proprio vero che in quelle pratiche si sono create complicità e, in certi casi,
autentiche congreghe che hanno continuato a frequentarsi per anni. Perché sono
stati (e sono) in tanti ad apprendere come si diventa leader dopo aver fatto
l’esperienza di capetto di un’occupazione, ad apprendere come si ottiene un
facile avanzamento intimidendo i superiori e a spese dei “fessi”. Insomma,
Faraone ha ragione perché questa è stata (ed è) una modalità di formazione di
una parte (fortunatamente non tutta!) della classe dirigente di questo paese.
Ed è qui che risiede la spiegazione del pozzo senza fondo in cui precipitiamo,
la spiacevole sensazione di un paese diviso in due, di cui una parte ancora
resiste ancorata a principi di rigore, di merito, all’idea che è giusto andar
avanti soltanto se ci si impegna e si acquisiscono le competenze necessarie; e
l’altra che ha imparato come far fuori i “fessi”, arrivare rapidamente in alto,
intimidire qualsiasi principio d’autorità, a partire da quelli basati sulla
competenza e sul merito.
Il
sottosegretario Faraone può legittimamente difendere l’idea di una scuola
aperta, in cui esista un dialogo profondo tra insegnanti e studenti, ma non può
farci bere la favola che il fondamento della struttura dell’istruzione – ovvero
l’esistenza di chi sa e di chi apprende – possa essere sostituito
dall’autogestione programmata. Dice di aver partecipato alle occupazioni e di
ricordarle come «esperienze di grande partecipazione democratica». Ma gli
sfuggono due punti cruciali. Il primo è che anche la partecipazione democratica
ha senso se si svolge entro regole estremamente rigorose, che rispettino i
diritti di tutti. È quindi grave, molto grave che, in un momento in cui sono
all’ordine del giorno le illegalità commesse durante le occupazioni, gli
ingentissimi danni materiali e i furti che gettano allo stremo un’istituzione
già senza fiato in un paese che ha sempre meno risorse per porre rimedio a
questi danni, in cui l’autorità degli insegnanti e dei dirigenti scolastici è
spesso sbeffeggiata e derisa, uno dei massimi responsabili della politica
dell’istruzione non solo non condanni questi fatti ma non ne faccia neppure
menzione, producendosi invece in una arringa in difesa delle occupazioni. Perché
non basta dire teoricamente che le violenze non sono accettabili. Le violenze e
le devastazioni sono avvenute e sono in corso e su questi fatti assai concreti
occorre prendere posizione. Forse il sottosegretario Faraone non sa in quale
sconforto hanno gettato le sue parole migliaia di insegnanti che tentano ogni
giorno (eroicamente, è il caso di dirlo) di tenere in piedi la baracca e domani
rischiano di essere presi in giro come antiquati professor Aristogitone da capi
e capetti di occupazioni senza capo né coda e dai peggiori tra i loro colleghi,
quelli che vogliono evitare grane. Il sottosegretario non ha percepito che qui
è in gioco una grande questione nazionale, che riguarda il tema della legalità,
della coscienza di cittadino, del senso del dovere, del rispetto delle
istituzioni, incluse le sue strutture materiali pagate con le tasse di tutti i
cittadini, che è inutile difendere con retorici corsi alla cittadinanza e poi
distruggere con l’altra mano.
Quanto
poi all’auspicata sostituzione della didattica dei «ragazzi seduti e la
cattedra di fronte» con l’autogestione programmata, va detto chiaro e tondo che
non c’è bisogno di arrivare alle tesi di Gramsci – secondo cui per abituarsi a
studiare occorre imparare a soffrire fisicamente, restando ore e ore inchiodati
alla sedia – per sapere che qualsiasi conoscenza o competenza si acquisisce
soltanto con l’applicazione, col metodo, col seguire un percorso ben preciso,
definito da anni (diciamo pure da secoli) di esperienze culturali e didattiche
e di cui il professore deve essere la guida (beninteso secondo principi di
rigore anch’essi da verificare). Faraone non è stato l’unico a partecipare ad
autogestioni programmate, ma evidentemente ha preferito occuparsi dei sacchi a
pelo. Altrimenti, avrebbe capito che anche quando gli occupanti chiedono, con
le migliori intenzioni, a esterni di venire a fare seminari e lezioni, tutto
finisce in una gigantesca buffonata, se non esistono regole, e accade che, mentre
dieci studenti escono altri dieci entrano, in qualsiasi momento dell’incontro,
e ogni tentativo di instaurare un dialogo sensato è difficile con chi è entrato
mezz’ora dopo, e impossibile con chi è uscito. Figuriamoci poi quando lo studio
autogestito è totalmente in mano a un gruppetto di studenti che non sanno
neppure di cosa si parli, o se ne hanno, si tratta di idee abborracciate e
senza alcuna verifica con un competente. Non solo per apprendere un teorema di
matematica, un capitolo di storia, una legge di fisica o il pensiero di un
filosofo occorre precisione, basi certe su cui costruire, un metodo che non
esce dalla testa da solo e deve pazientemente essere appreso; ma anche per fare
qualsiasi mestiere, dall’elettronica, all’idraulica alla panetteria.
A
ben vedere i due punti che abbiamo sottolineato non sono una cosa diversa.
Perché entrambi riguardano la necessaria, indispensabile figura di insegnanti
competenti e appassionati della loro professione. Invece qui salta fuori il
dramma profondo di questo paese: e cioè che mentre si parla e straparla di merito
non soltanto non si fa nulla per affermarlo, che mentre si parla e straparla di
valutare gli insegnanti si proclama l’inutilità della loro funzione, e si
insinua che la cattedra va abbattuta e la classe dirigente del paese va formata
con l’autogestione programmata. E invece di dire che finora la colpa più grave
è stata formare una parte della classe dirigente in questo modo (distruggendo
la coscienza della legalità e del merito), si fa capire che questa deve
diventare la modalità prediletta nel futuro. Se siamo a questo punto,
l’accelerazione verso lo sfascio è garantita.
(Il Mattino, 2 dicembre 2014)
(Il Mattino, 2 dicembre 2014)
29 commenti:
Ho firmato la petizione, ma dopo molta esitazione e con molta incertezza.
Senectutis ultimae quaedam, Syracusis omnibus Dionysii tyranni exitium propter nimiam morum acerbitatem et intolerabilia onera uotis expetentibus, sola cotidie matutino tempore deos ut incolumis ac sibi superstes esset orabat. Quod ubi is cognouit, non debitam sibi admiratus beniuolentiam arcessiuit eam et quid ita hoc aut quo merito suo faceret interrogauit. Tum illa «Certa est» inquit «ratio propositi mei: puella enim, cum grauem tyrannum haberemus, carere eo cupiebam. Quo interfecto aliquanto taetrior arcem occupauit. Eius quoque finiri dominationem magni aestimabam. Tertium te superioribus inportuniorem habere coepimus rectorem. Itaque ne, si tu fueris absumptus, deterior in locum tuum succedat, caput meum pro tua salute deuoueo»
(Dedicato ai fighetti del liceo.)
L'unica esitazione e incertezza dipende dal fatto che l'iniziativa abbia successo o no. Ma questo dipende da noi. Per il resto, raramente si sono lette e udite dichiarazioni tanto scandalose e prive di senso istituzionale da parte di un membro delle istituzioni.
E' una vergogna senza fine: in che mani sono caduti i nostri ragazzi? Un pensiero a tutti coloro che lavorano nella scuola con serietà e coscienza, facendo il proprio lavoro.
Posto come commento la mail che un collega insegnante ha scritto al Faraone dalla nostra scuola appena occupata (Virgilio, Roma) :
Sono un anziano docente liceale e, come altri miei colleghi, ho letto con sbigottito smarrimento la recente apologia del Sottosegretario MIUR Davide Faraone , in cui, sulla base di struggenti ricordi autobiografici, fatti di scoperta della "/passione civile/" e di amori "/consumati/" nei sacchi a pelo, si inneggia alle occupazioni scolastiche, attribuendo loro un alto valore formativo, ritenendole addirittura una sorta di laboratorio in cui "/si seleziona la classe dirigente/".
In un raro momento di lucida riflessione non annebbiata dai vividi ricordi personali, ricordandosi forse di ricoprire una carica istituzionale non proprio irrilevante, ci ha ricordato però che "/La scuola è un bene comune: chi lo deturpa o - peggio - lo vandalizza si esclude dal confronto e merita solo la punizione più severa prevista dalle nostre leggi./"
Ora, mi permetto di rivolgere qualche impertinente quesito al nostro Sottosegretario:-Se, come lei dice, la scuola è un "/bene comune/", trova giusto che alcuni (maggioranza o minoranza che siano) se ne pproprino, sottraendola all'uso comune? Chi lo facesse, non starebbe compiendo un atto "/vandalico/"?
-L'estromissione (più o meno violenta, ma sempre ineluttabilmente prevaricatrice) da un istituto scolastico della nostra Repubblica di lavoratori dello Stato da parte degli alunni le appare un atto compatibile con i princìpi democratici?
-Non le sembra che mettere in discussione il diritto allo studio e al lavoro (indipendentemente dalle motivazioni più o meno nobili e sincere) sia un atto grave in chiara contraddizione con i valori fondamentali e fondativi della nostra Costituzione?
-Ha mai dato un'occhiata (magari anche di sfuggita) agli innumerevoli progetti, alle innumerevoli iniziative che, in tutte le scuole di ogni ordine e grado, migliaia di insegnanti portano avanti, ogni anno, per garantire ai nostri ragazzi una formazione non più soltanto cattedratica, ma coinvolgente e collaborativa, mirante a promuovere i valori della legalità e della solidarietà?
-Si è mai posto il problema dei rischi di vario tipo in cui possono incorrere degli adolescenti (spesso minorenni) all'interno di locali scolastici, privi di qualsiasi tipo di sorveglianza da parte degli adulti e delle legittime autorità?
-Ha mai esaminato i costi vertiginosi che le occupazioni studentesche comportano, anche nel migliore dei casi?
-E, infine, è proprio convinto che sostenere che le occupazioni siano una circostanza utile a selezionare la classe dirigente sia un'argomentazione a favore?
Roberto Fantini
Ho espresso infinite volte il mio dissenso, ho avuto tre esperienze di figli al liceo, e sempre ho ricevuto freddezza, nel migliore dei casi. Credo che alla base ci sia l'idea che i nostri poveri ragazzi siano in grado di costruire il nostro futuro da soli e che noi genitori, alla luce del fallimento di una generazione, non siamo in grado di offrirgli granchè. È una idea che implica la abdicazione alla nostra responsabilità di padri e di educatori e se ne vergognano tanto da mascherarla con dichiarazioni false e manipolatrici. Dobbiamo assistere a ulteriori disastri educativi prima che la maggioranza se ne renda conto.
Chi ha avuto occasione di frequentare il vice ministro si è ben accorto del risultato (su di lui) dell'applicazione di quanto ha vissuto e ora sogna.
il signor faraone (iniziale minuscola voluta), durante una intervista radiofonica ieri su Radio24, a una domanda su chi avesse pagato i danni delle occupazioni a cui ha partecipato da studente, ha risposto "noi studenti". La scuola non gli ha insegnato nemmeno a rispondere correttamente, visto che la risposta giusta -scommetto- sarebbe stata "i nostri genitori".
A scanso di equivoci: solo retoricamente ho detto di aver firmato dopo molte esitazioni: in realtà non ne ho avuta nessuna. Il problema però sollevato dalla vecchietta di fronte al tiranno Dionigi rimane: bisogna davvero pregare gli dèi per la morte del tiranno, quando ognuno di loro è stato peggiore del predecessore? Fuori di metafora: se la nomina di Faraone fosse stata una distrazione, o se le sue dichiarazioni fossero avvenute in un momento di follia, le dimissioni certo sarebbero risolutive. Ma è da dubitare che sia stato un atto di distrazione nominare in quella posizione una persona totalmente inadatta (diciamo così), non per ultimo sotto il profilo culturale. Che esempio si vuole dare ai ragazzi se si presenta come responsabile della Pubblica Istruzione un politico che non ha mai ritenuto importante concludere i suoi studi all'Università e che coglie l'occasione della sua prima uscita per dileggiare gli studenti del liceo? in quale altra nazione civile il responsabile della Pubblica Istruzione esibisce una sintassi sgangherata alla sua prima dichiarazione scritta pubblica? (Si veda la frase che inizia con «Vorrei evitarmi...»). Ma soprattutto è da dubitare che manchi una strategia (benché confusa) dietro la nomina di una persona estranea al mondo della scuola, che ha fatto subito capire quale stima e quale comprensione abbia di essa. Insomma: se lo scandalo è la posizione occupata da Faraone, dobbiamo dire chiaramente che il problema maggiore è l'orientamento di chi lo ha nominato. Se non muta questo, dopo Ramses I avremo Ramses II. Mi auguro quindi che una corale richiesta di dimissioni induca il nostro Capo del Consiglio a pensare almeno che certe scelte sono un pessimo investimento anche dal punto di vista della ricerca del consenso: alienersi la simpatia della stragrande maggioranza di dirigenti scolastici, insegnanti e anche studenti non è esattamente una buona idea. Già questo sarebbe un grande risultato.
Trovo eccellente l'osservazione che le occupazioni sessantottine e post-sessantottine siano state parte di una scalata politica. Da un punto di vista diverso, avevo anch'io argomentato che il sessantottino si vedeva come un governante in erba, come il potere a venire; e che quindi, una volta arrivato al potere - con la generazione dei Blair e dei Clinton - si era rivelato il piu' duro, il piu' sfacciato, e il piu' convinto di tutti i manipolatori di posizioni di potere. Questo Faraone e' un epigono, privo della scaltrezza della prima generazione e troppo onesto per il proprio bene - l'inconsulta ode all'occupazione non sarebbe mai e poi mai passata dalle labbra dei coniugi Clinton. Ma la cosa piu' grave e' che abbiamo una societa', non solo in Italia, in cui la professione politica e' stata colonizzata da queste persone in proporzioni assai superiori a quelle di qualunque altra area professionale, salvo forse per quella contigua del giornalismo. La stragrande maggioranza dei sessantottini ed epigoni, cioe', sono diventati giornalisti, politici, o forse anche docenti universari; mentre nelle altre aree di vita e lavoro il loro numero e' assai inferiore, e quindi non solo meno influente ma anche assai piu' aperto all'impatto di idee ed esperienze altrui. Mentre i post-sessantottini politici e mediatici possono passare tutta la vita senza mai seriamente incontrare qualcuno diverso da loro, uno che abbia fatto l'occupazione ma che poi sia andato, che so, a lavorare in un'azienda di prodotti chimici, o a produrre auto, o a lavorare per un consorzio agrario, avra' immediatamente avuto le prime di una serie infinita di esperienze di contatti con persone del tutto diverse. Insomma, le nostre classi dirigenti hanno vite ed esperienze e quindi valori che non hanno niente a che vedere con quelli del normale cittadino, e questo si vede di continuo in quel che dicono e fanno.
Non so quando finiremo di pagare i danni causati da classi dirigenti inette e fuori dalla realtà: ora bisognera pure iniziare quella contro l'abolizione delle bocciature! Ma come fanno gli insegnanti a resistere con chi li tratta a pesci in faccia ogni giorno?
E chi ha detto che resistiamo? ci sarà pure un motivo se il burn-out della categoria è tra i più alti, non è solo questione di basse retribuzioni.
Anche su quest'ultimo punto, però, fino a ora ce lo avevano detto in faccia: "bamboli, non c'è una lira". Ora invece si vogliono far passare i tagli come regali. Il che aumenta la frustrazione: era meglio Tremonti.
Vorrei conoscere i risultati scolastici e accademici del sig. Faraone. Così, tanto per trasparenza. La mia impressione è che al ministero ci sia uno che non ha alle spalle una robusta formazione culturale.
Peso el tacòn del buso: http://is.gd/tYABom Le occupazioni sono illegali *e* decisive per accendere la passione civile. La didattica? «Tempo trascorso sui banchi in attesa che la campanella suoni». Praticamente le occupazioni sarebbero l'esercizio di una sorta di obiezione di coscienza, se ben capisco. (Per pura curiosità, dato che non penso che i tribunali possano risolvere certi problemi di civiltà, mi chiedo se non ci siano gli estremi per applicare l'art. 414 del Codice Penale: qualche giurista può dare un'opinione?).
Il problema è che non è un tacon, ma un altro buso... Questo non conosce la vergogna...
Robusta formazione culturale al ministero? Deve succedere qualcosa là dentro: Marco Mancini, glottologo notevole, conoscitore di lingue orientali, ora mira a distruggere l'università; Stefania Giannini, fonologa e latinista, ora fa le passerelle con il libro rosso in mano. Non so, forse subiscono una mutazione del DNA.
Nessuna mutazione del DNA. Semplicemente, sono politici e hanno incarichi pubblici: se il vento soffia in una direzione, è là che vanno... Sì, lo so che ci sono tanti insegnanti e tante famiglie che non hanno perso completamente il lume della ragione ecc. Ma la verità è che non sono abbastanza e che altrettanta gente (se non di più) non è ormai minimamente interessata al se e al come a scuola si studi matematica, letteratura, storia, ecc. "Tu vivi ancora nell' altro secolo", ti rispondono di solito.
C'è un antico proverbio arabo che dice: "un uomo assomiglia più al suo tempo che a suo padre".
La seguo sempre con piacere e con rispetto. Non posso essere d'accordo con lei in questo caso. La serietà dello studio non va posta in discussione. Che non si possa imparare in altro modo, che tutte le forme di occupazione (o addirittura di protesta) siano violente è concezione che non condivido e che mi sembra trasparire dalle sue parole. Il sottosegretario Faraone è stato nella scuola dove insegno per un finto dibattito sulla "buona scuola": interventi predeterminati e nessuna possibilità di un vero confronto. Una farsa. Questo è un modo fintamente democratico, dunque autoritario, di porsi. Per l'uso propagandistico del proprio ruolo istituzionale, per la pochezza delle argomentazioni e le inadempienze del ministero da lui rappresentato (a tutt'oggi non è stata ancora definita la forma del nuovo esame di Stato) firmerei in qualsiasi momento una richiesta di dimissioni per il sottosegretario Faraone di cui ho totale disistima, non per le dichiarazioni che lei cita.
Un'occupazione non è di per sé violenta - alcune di quelle in corso lo sono, parecchie violente nel senso che distruggono beni che costano caro alla collettività – ma è certamente illegale, a termini di legge. C'è poco da discutere su questo punto e se siamo al punto di doverlo chiarire stiamo messi bene. È fondamentale trasmettere il senso della legalità a una gioventù che stiamo facendo a pezzi con teorie fasulle come fosse carne di porco per le sperimentazioni di narcisismi pedagogici d'accatto. Sperimentare forme nuove di didattica è legittimo, e anzi doveroso, purché venga fatto con rigore e serietà, ed escludendo che chi non sa possa apprendere da solo (e quindi attraverso la buffonata della didattica autogestita): anch'io sono stato studente, ho occupato e sono andato in diverse occupazioni per capire di prima mano e quindi conosco bene tutte queste cose, anche attraverso le esperienze dei miei figli. Si può quindi innovare ma entro i confini rigorosi della legalità e delle regole. Occupare è un reato e quantomeno comporterebbe un'assunzione diretta di responsabilità nei confronti dei beni sequestrati a chi ne è responsabile. Se poi l'occupazione è condotta da una minoranza, diventa oltre che una trasgressione della legalità anche una violenza nei confronti di chi non vuole occupare. Molte delle scuole romane sono state occupate dal 5-10% degli studenti, mentre gli altri volevano proseguire la didattica e sono rimasti a casa. Che nome dare a questo? Se non vuole chiamarlo violenza lo chiami prevaricazione.
Mi permetto di postare qui una sorta di pentadecalogo contro le occupazioni, che scrissi una quindicina di anni fa quasi come un divertissement, leggermente riveduto e corretto.
Argomenti contro le occupazioni e le autogestioni delle scuole
(versione 1.0, sommaria e schematica)
1) Le occupazioni rovinano l’immagine della scuola pubblica in generale, e in particolare di quella occupata. Ciò è in flagrante contraddizione con i consueti slogan che i promotori di siffatte iniziative amano ripetere: è assurdo proclamare di voler difendere la scuola pubblica e poi adoperarsi, tramite le occupazioni, nel dare di essa una pessima immagine. Infatti, i genitori, spaventati e turbati dal clima caotico che si instaura durante le occupazioni, preferiranno “dirottare” i figli verso le scuole private paritarie o, al limite, verso scuole statali più serie.
2) Occupazioni e autogestioni non hanno mai permesso di ottenere alcun risultato concreto: tutt’al più, risibili tavoli di consultazione e inutili e demagogiche consulte giovanili.
3) Si prestano a strumentalizzazioni da parte di varie forze politiche, che una volta si identificavano con quelle appartenenti una certa sinistra radicale, ma che oggi sono più frastagliate. In tempi recenti le forze politiche che hanno direttamente organizzato o promosso e incentivato alcune occupazioni andavano da Rifondazione comunista (e gruppuscoli extraparlamentari ancora più a sinistra della cosiddetta galassia no-global) a Casa Pound e Lotta Studentesca, vicina a Forza Nuova, animatori delle cosiddette occupazioni non conformi; ma spesso anche forze politiche meno estreme ne approfittano per “cavalcare la tigre”.
4) Spesso le occupazioni sembrano caricature o parodie di parodie: vedendo “i giovani in lotta” sembra certe volte di assistere al film di Gabriele Muccino (non a caso ex studente del “Mamiani”) "Come te nessuno mai".
5) Si sciolgono con le vacanze natalizie come neve al sole.
6) Un argomento tipico degli “studenti in lotta” è il seguente: “ma noi siamo diversi dai nostri predecessori (che poi spesso sono i nostri fratelli maggiori), noi siamo seri, non velleitari, ci battiamo per cose concrete”: in realtà, qui vale la massima (guarda caso formulata da Karl Marx ne Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte) per cui gli eventi storici che sono accaduti in forma di tragedia tendono poi a ripetersi in forma di farsa.
7) Sono un pretesto per non fare nulla, sic et simpliciter.
8) Le cosiddette varie forme di didattica alternativa si risolvono in nulla: in realtà gli studenti, se non pressati dal voto, passano il tempo a fumare e a chiacchierare: se il professore, con competenza e ricchezza di informazioni, si mette a parlare di argomenti sganciati dal programma (ad es. la guerra in Afghanistan o la minaccia dell'islamismo radicale), pochi lo stanno a sentire. Figuriamoci se ascoltano realmente quattro pseudo-capetti che parlano un italiano sgrammaticato con frasi smozzicate.
9) Le occupazioni sono un’ottima scuola di anti-democrazia: infatti, dietro il rifiuto infantile della delega e della democrazia rappresentativa, si nasconde una torbida mentalità assemblearista che riproduce in modo caricaturale la democrazia diretta rousseauiana-giacobino-leninista, ma con semplice sbocco anarcoide.
10) Si rileva spesso una flagrante contraddizione tra alcuni slogan (“vogliamo più aule, non vogliamo più le strutture fatiscenti, protestiamo contro la mancanza di computer e di spazi, di biblioteche, ecc.”) e il vandalismo a cui si abbandonano e che lascia le scuole in stato alquanto deplorevole.
11) Si riscontra un’abituale disinformazione sui problemi reali, che solo a chiacchiere starebbero a cuore a codesti studenti: la tendenza non è all’analisi e all’approfondimento, ma all’urlare scomposto con slogan e luoghi comuni (no alla privatizzazione, no al numero chiuso). Si nota anche una forte riottosità a leggere documenti ufficiali, disegni di legge, ecc.: pateticamente gli studenti adducono a pretesto la loro inaccessibilità, ma questa scusa non ha più senso ai tempi di internet, che permette di accedere a immense banche dati con estrema facilità.
12) Va evidenziato che gran parte dei “fighetti”, rampolli della borghesia romana (e non solo), di licei come il “Virgilio” e il “Mamiani” possono permettersi il lusso di giocare a fare i rivoluzionari da adolescenti perché, da adulti, avranno una serie di garanzie sociali, procurate dalle reti social-familiari, che consentiranno loro ugualmente di affermarsi professionalmente.
13) Irritante è il loro terzomondismo esibito a ogni piè sospinto, che spesso si accompagna ad atteggiamenti paternalistici, quando va bene, verso i collaboratori domestici extracomunitari che prestano servizio nelle loro case borghesi.
14) Durante le occupazioni echeggia metaforicamente lo slogan “Sex & drug & rock’n’roll: in particolare, si consumano stupefacenti senza alcun controllo e ci si abbandona alla più totale promiscuità sessuale senza alcuna remora.
15) Le occupazioni favoriscono il conformismo, facendo sì che anche gli studenti meno intenzionati a occupare vengano trascinati come pecore e subiscano una sorta di lavaggio del cervello.
Pentadecalogo perfetto, Teo, solo che al punto 12 non soltanto i giovani della borghesia ("romana" l'avrei proprio tolto, perché in altre città non è diverso, vedi il caso di Napoli di pochi giorni fa) giocano "a fare i rivoluzionari da adolescenti perché, da adulti, avranno una serie di garanzie sociali", ma il fatto è proprio che usano questa attività pseudo-rivoluzionaria per ostacolare la concorrenza di chi queste garanzie non le ha, in pratica per bloccare il cosiddetto "ascensore sociale", o meglio, per mantenerlo bloccato come è stato dal '68 in poi.
Penso a un mio conoscente: papà operaio, madre casalinga, frequenta un liceo classico supertradizionale di periferia. Ora è un ingegnere superpagato, in giro per il mondo. Chissà se avesse occupato il suo tempo a okkupare ...
Caro professore, mi scusi se approfitto di questo spazio non per commentare il fatto che è oggetto del post (che si commenta da solo), ma per esprimere il mio, diciamo così, spaesamento, di fronte ad alcune notizie che ho letto in questi giorni, e per chiedere un suo parere, magari in futuri post.
Ho letto ieri sul Corriere on line che la Finlandia - a quanto pare il paese con la scuola più meravigliosa del mondo - ha deciso di eliminare per legge la calligrafia alle elementari: dall'anno prossimo (se ho ben capito), sarà vietato ai maestri elementari a insegnare ai bambini la scrittura in corsivo, ed essi apprenderanno solo lo stampatello. Il tempo così risparmiato sarà dedicato a perfezionare le loro conoscenze informatiche come utilizzatori di pc e tablet (come se, tra l'altro, non lo sapessero già fare a meraviglia da soli a due anni). Mi risulta che questa cosa di sopprimere la scrittura corsiva si faccia in America già da tempo (e ho appreso leggendola che proprio Steve Jobs, peraltro grande mito dei nostri innovatori, disse invece quanto gli servì un corso di calligrafia, in cui presumo gli abbiano insegnato a scrivere in corsivo); ho visto di recente una puntata dei Simpson in cui la "secchiona" Lisa si iscrive a un doposcuola dove apprende la calligrafia e le sue meraviglie esoteriche ormai ignote alla massa dei compagni. Tralascio la corposa bibliografia multidisciplinare a sostegno dell'utilità dell'imparare a scrivere per lo sviluppo delle facoltà cognitive e della personalità del bambino, e in questa sede mi limito a esprimere il mio grave sconcerto. E' questa la direzione che gente come il sig. Faraone vuole far prendere anche a noi?
Seconda parte del post. E' sempre di questi giorni la notizia relativa al premio di un milione di dollari per il prof più bravo del mondo: nella lista dei candidati ci sono anche due professori italiani. Una professoressa che ha attivato bellissimi progetti per l'inclusione di alunni dalle esigenze educative speciali, e un professore che "non si attiene strettamente ai programmi, in classe, non ama modelli di «insegnamento passivo», ma si sforza di «incoraggiare il pensiero creativo, in un’atmosfera di collaborazione» e stimola "gli alunni all’autoimprenditorialità", sostenendo la creazione da parte loro di innumerevoli start up.
Ora, senza voler in nessun modo sminuire, e sono totalmente sincera su questo, il lavoro dei due colleghi, che certamente sarà appassionato, splendido ed encomiabile sotto tutti i punti di vista, non le sembra che questo indichi delle tendenze precise che sempre più vengono fatte proprie anche a livello istituzionale (in Europa e di riflesso in Italia) riguardo a ciò che si chiede al lavoro dei professori? Sarà così che il ministero premierà il 66% (perché poi stabilirlo a priori? E' come se io dicessi ai miei alunni che nel prossimo compito in classe solo il 66% di loro prenderà la sufficienza) dei docenti, individuando quelli "più bravi"? Perché temo che, se sarà così, io non solo non vincerò mai un milione di dollari, ma nemmeno i 60 euro lordi d'aumento in busta paga, dal momento che passo ostinatamente il mio tempo in classe a leggere ai ragazzi Lucrezio e a commentare insieme le tragedie di Sofocle, cercando di far loro comprendere e "sentire" la bellezza che questi testi custodiscono. Tutte cose assai poco utili, a quanto pare (a meno che non ci inventiamo una startup sul valore fonosimbolico dell'allitterazione), e temo non particolarmente inclusive (anche se posso assicurare che sono una persona aperta e umanissima e che ho generazioni di ex studenti provenienti da tutte le estrazioni sociali e da tutte le situazioni familiari che oggi ricordano con piacere e spesso con gratitudine le mie lezioni). Mi conforti la prego, o in alternativa mi raccomandi per un posto come donna delle pulizie in qualche prestigiosa università.
Scusi, mi è sfuggita una preposizione di troppo nella fretta del commento: "sarà vietato insegnare".
professoressa Pat Z, di sicuro non prenderà 60 euro di aumento, ma Lei è una Grande! complimenti per la sua lucidità.
Vedete, l'uomo che studia è una gorssa fatica: per sé, per gli altri, per la società. Ma senza gli sforzi dedicati alla sua lunga e complessa formazione la società si spegne. Questo lo si sapeva meglio in passato, quando la durezza faceva parte dell'esistenza e la cultura era un valore in sé. Ma rimossi questi principi, ora tutto deve essere reso facile, allettante, di successo. La banalità, la superficialità, l'immagine pagano molto a livello mediatico, quando non sono addirittura subdolamente utilizzate per rendere la popolazione passiva. A ciò si aggiunga il fatto che molti teorici della scuola sono persone di basso livello, psicopedagoghi che si realizzano nel proporre l'abolizione dei compiti e l'insegnare a imparare. La tecnologia sarà il colpo di grazia: la presenza di una macchina che sostituisce l'insegnante! In quanto al divieto di scrivere, esso introduce una nuova forma di analfabetismo fattuale e cognitivo: il cervello non si sviluppa senza il movimento della mano.
Aggiugo: per lo stato italiano va bene mettere una rivendita di tabacchi vicino a una scuola media inferiore: il valore è guadagnare tanti, tanti soldi rendendo dipendenti dei ragazzini. Alle province va bene chiudere le scuole al sabato: il valore è risparmiare sul riscaldamento. Noi vediamo undicenni che fumano e insegnanti che non riescono a tenere le classi dopo la quinta ora e ci scongiurano di portare due merende così i bambini stanno un po' più tranquilli (peccato che nei cinque minuti di ricreazione si riesca a malapena mangiare). Questo non è più un paese con un comportamento etico verso l'infanzia e l'adolescenza.
Gentilissima Francesca D'Antona, non so come ringraziarla, anche se temo che, di questo passo, sarò più che altro una Grande squattrinata, giacché, dai tempi del governo Monti ad oggi, a forza di riforme virtuose, il mio stipendio (già di per sé da metalmeccanico) si è ridotto di circa 80 euro netti al mese. Non so se gli altri colleghi in ascolto hanno avuto la stessa spiacevole esperienza, ma immagino di sì...
La Gelmini fu subissata dalla sinistra e dai soliti intellettuali perché, dopo aver regolarmente frequentato il liceo classico a Brescia e regolarmente conseguito la laurea in giurisprudenza a Milano, aveva scelto di sostenere l'esame di abilitazione all'avvocatura a Reggio Calabria e non nella natia Lombardia (erano quegli stessi sinistri e intellettuali che però si facevano e si fanno paladini dell'Unità d'Italia quando c'è da contestare la Lega). Ora abbiamo questo individuo con un curriculum decisamente meno lusinghiero: perito chimico successivamente iscrittosi a giurisprudenza e mai laureato (ha 39 anni). Però né la sinistra né gli intellettuali hanno alcunché da dire. Due pesi e due misure? Nooo...
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