(pubblicato sul settimanale TEMPI di giovedì 23 novembre 2006)
Il ministro D’Alema ha un vantaggio su chiunque altro: ha uno stuolo di “ammiratori” che ripete da mane a sera che egli è l’uomo più intelligente del mondo. Ciò gli rende possibile dire qualsiasi cosa, tanto ci sarà sempre chi dirà che nessuna mente è intelligente e razionale come la sua. E forse lo incoraggia a trattare sprezzantemente i suoi critici, come ha fatto di recente liquidando come “artificiose”, “pretestuose” e “caccia alle streghe” le critiche alla sua intervista in cui ha chiesto che Israele venga “fermato” con toni che molti hanno ritenuto unilaterali e tutt’altro che “equivicini”. Ha concluso sentenziando: “fine della polemica”; così dimenticando che non è in suo potere accendere e spegnere le polemiche a comando. Ci sarebbero molte altre cose da rilevare, tra cui la singolare pretesa di voler stabilire quali sono gli ebrei “democratici” e quali non lo sono.
Dice D’Alema che il governo italiano è addirittura più vicino a Israele che non al governo di Hamas contro cui applica l’embargo, “ancorché democraticamente eletto”. A parte l’ulteriore inciampo sulla democrazia, ci mancherebbe altro che l’Italia non rispettasse la decisione dell’Unione Europea. La questione è piuttosto che il ministro D’Alema non perde occasione per dare addosso a Israele, qualsiasi cosa faccia, e se critica Hamas, Hezbollah o l’Iran deve trattarsi di un caso di endofasia, visto che nessuno ha mai sentito le sue proteste, neppure quando Ahmadinejad dichiara che chiunque al mondo ha diritto ad essere tollerato salvo Israele. D’Alema imputa alla politica “di forza” di Israele persino la nascita di Hamas e di Hezbollah, che “qualche anno fa non esistevano”. Al contrario, esistono rispettivamente dal 1987 e dal 1982… E poi sarebbero i suoi critici a manifestare “assoluta incompetenza della realtà”. Quando parla di “violenza che chiama la violenza” trascura il fatto che Israele non ha nessun interesse a mettere piede a Gaza: se lo fa è perché da Gaza si continua a bombardare il suo territorio. Ma il ministro ha un’idea personale dei rapporti di causa-effetto. Difatti, egli addebita a Israele addirittura il prossimo ingresso sulla scena di Al Qaeda…
C’è da chiedersi se questo non sia un modo per mettere le mani avanti e colpevolizzare Israele persino del fallimento della missione Unifil. Questa missione – vantata dal ministro e dal premier Prodi come un evento “storico” – non ha realizzato neanche un solo punto della risoluzione 1701, salvo… il ritiro israeliano dal Libano. Non sono stati liberati “incondizionatamente” i soldati rapiti, il governo libanese non si sogna di “disarmare i gruppi armati” e di esercitare da solo l’autorità sul paese. Al contrario, Hezbollah si riarma, si rafforza e chiede maggior peso nel governo libanese. Intanto, l’Unifil non è in grado neppure di stabilire un checkpoint, ma è stato capace di minacciare Israele di usare la contraerea nel caso continui a fare voli di ricognizione. Insomma, l’Unifil serve solo a stendere un paravento sui preparativi di guerra di Hezbollah.
Questi sono i fatti. Eviti quindi il ministro di accusare i suoi critici di “incompetenza della realtà”. Oltretutto, che strano uso dell’italiano… Aver tanto a che fare con le lingue straniere non è un motivo per fare un uso discutibile della propria. Sembra un film di Totò: “lei è incompetente della realtà”, “lei si sbaglia, io la realtà la competo e la competetti!”
Giorgio Israel
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