E OGGI (DICEMBRE 2012) AGGIUNGO A COMMENTO QUANTO SEGUE:
Come tanti firmai questo appello sperando che l'intenzione dichiarata di alleggerire l'università dalla burocrazia e dal dirigismo, e introducendo criteri di merito autentici, sarebbe stato un giovamento. Già allora fummo in tanti ad avvertire che si doveva essere fedeli al principio che la valutazione si fa a valle e non a monte, e che si doveva evitare l'uso meccanica di criteri bibliometrici. Ebbi il modo di dirlo con chiarezza sia in un incontro a Bologna, presenti i presidenti delle commissioni parlamentari, sia in un incontro del gruppo interparlamentare della sussidiarietà alla Camera, insistendo su entrambi i punti. Il capo dell'ufficio tecnico del Miur mi rispose indispettito sostenendo che non vi era motivo alcuno di ritenere che si sarebbe ricorsi alla bibliometria.
E ora ecco dove siamo, a seguito di stravolgimenti della riforma e soprattutto di decreti attuativi indecorosi. La valutazione è tutta a monte, in mano a un ente come l'Anvur che gestisce tutto d'imperio con stile sovietico-bottaiano (ognuno scelga il riferimento che preferisce), e la bibliometria impazza con le demenziali mediane.
Perciò, oggi come oggi, dopo quello che è accaduto - in un paese in cui ad averla vinta è sempre centralismo burocratico e ufficio complicazione affari semplici – questo appello non lo firmerei più. E come me tanti dei firmatari, posso ben dirlo.
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Per aderire a questo appello rispondere a questo messaggio o inviare una mail a difendiamoluniversita@gmail.com, specificando il proprio nome e cognome, l'incarico e l'Universita' di appartenenza.
Difendiamo l'Universita' dalla Demagogia
E’ troppo tempo che l’Universita' italiana ha bisogno di una cura incisiva ed efficace. E' troppo tempo che il mondo accademico aspetta una riforma capace di restituirgli il prestigio perduto. E' troppo tempo che gli studenti italiani bravi e meritevoli non hanno più la possibilita' di frequentare istituzioni universitarie competitive rispetto al resto dell’Europa e del mondo.
Pertanto i sottoscritti docenti universitari intendono ribadire il loro generale apprezzamento per il disegno di legge sull’Universita' in discussione in queste ore alla Camera.
Per più di un motivo:
- perche' riorganizza e moralizza gli organi di governo degli atenei;
- perche' limita la frantumazione delle sedi universitarie, dei corsi di laurea e dei dipartimenti;
- perche' introduce norme più efficaci e razionali per il reclutamento dei docenti;
- perche' stabilisce regole certe e trasparenti per disciplinare i casi di disavanzo finanziario e di mala gestione;
- perche' fissa dei criteri di valutazione per le singole sedi universitarie e per i singoli professori;
questo provvedimento rappresenta un passo nella direzione giusta per cercare di far uscire l’Universita' italiana dallo stato di grave prostrazione in cui essa si trova.
Tutto e' sempre migliorabile; anche questo disegno di legge lo e'. Ma non ci sembra ne' logico ne' onesto invocare la diminuzione dei finanziamenti all’intero comparto dell’istruzione, provocati dalla difficile situazione finanziaria del Paese, come una buona ragione per respingere il provvedimento. Tanto più adesso che il governo sembra si stia trovando le risorse utili per avviare il necessario processo riformatore.
Ci sembra, inoltre, intollerabile che, dopo anni e anni di tanto sistematico quanto sterile ostruzionismo, una parte del mondo universitario e del corpo studentesco prepotente nei comportamenti ma modesto nelle dimensioni abbia saputo produrre solo una protesta demagogica fine a se stessa, dando spazio alla violenza di piazza e contribuendo al contempo a lasciare gli Atenei italiani fermi nel loro attuale stato di crisi.
Firme:
MARIO ACAMPORA Università degli Studi di Padova
ELENA AGA ROSSI Università degli Studi dell'Aquila
MARIA PIA ALBERZONI Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano
LEONARDO ALLODI Università degli Studi Bologna
CLELIA ALTIERI Università degli Studi di Foggia
RENZO ALZETTA Università degli Studi di Trieste
FRANCESCA AMATI Università degli Studi di Roma Tor Vergata
ANTONIO AMBROSETTI Università degli Studi di Trieste
MICHELE AMORENA Università degli Studi di Teramo
FELICE ANCORA Università degli Studi di Cagliari
CARLA ANDREANI Università degli Studi di Roma Tor Vergata
LUCA ANSELMI Università degli Studi di Pisa
IPPOLITO ANTONINI Università degli Studi di Camerino
ANNAMARIA ARCARI Università degli Studi dell'Insubria
REMO ARDUINI Università degli Studi di Milano
PAOLO ARMAROLI Università degli Studi di Genova
MARIO ASCHERI Università degli Studi di Roma Tre
DEODATO ASSANELLI Università degli Studi di Brescia
FRANCESCO ASTA Università degli Studi di Palermo
FRANCESCO ASTONE Università degli Studi di Messina
ANDREA ATREI Università degli Studi di Siena
ALBERTO AUDENINO Politecnico di Torino
GIAN CARLO AVANZI Università degli Studi del Piemonte Orientale A. Avogadro
GEREMIA B. BOLLI Università degli Studi di Perugia
GIACINTO BACIARELLO Università degli Studi di Roma La Sapienza
PIERO BAGLIONI Università degli Studi di Firenze
MAURIZIO BALESTRINO Università degli Studi di Genova
GRAZIANO BARBERA Università Vita Salute San Raffaele
GIULIANO BARSOTTI Università degli Studi di Pisa
CLARA BARTOCCI Università degli Studi di Perugia
ADRIANA BASILE Università degli Studi di Napoli Federico II
LUIGI MARCO BASSANI Università degli Studi di Milano
CRISTINA BASSO Università degli Studi di Padova
GIUSEPPE BEDESCHI Università degli Studi di Roma La Sapienza
SERGIO BELARDINELLI Università degli Studi di Bologna
CARLO BELLIENI Università degli Studi di Siena
GIUSEPPE BERSANI Università degli Studi di Roma La Sapienza
PIERALBERTO BERTAZZI Università degli Studi di Milano
EUGENIO BERTELLI Università degli Studi di Siena
FABRIZIO BERTI Università degli Studi di Bologna
GIORGIO BERTON Università degli Studi di Verona
GIUSEPPE BERTONI Università Cattolica del Sacro Cuore
LUIGI MARZIO BIASUCCI Università Cattolica del Sacro Cuore
EZIO BIGLIERI Politecnico di Torino
STEFANO BOCCALETTI Università Cattolica del Sacro Cuore
MONICA BOCCHIA Università degli Studi di Siena
ROSANGELA BOCCHIO Università degli Studi di Milano
ANTONIO BODINI Università degli Studi di Parma
GIANFRANCO BOFFA Politecnico di Torino
CRISTIANO BOITI Università degli Studi di Perugia
DONATELLA BOLECH CECCHI Università degli Studi di Pavia
LUCIA BONFRESCHI LUISS GUIDO CARLI
ANNA BONO Università degli Studi di Torino
CORRADO BORAGNO Università degli Studi di Genova
GIANLUIGI BORGATO Università degli Studi di Padova
FLAVIO BOSCACCI Politecnico di Milano
PATRIZIA BOTTA Università degli Studi di Roma La Sapienza
LIVIO BOTTANI Università degli Studi del Piemonte Orientale
CARLO BOTTARI Università degli Studi di Bologna
SALVATORE BOZZARO Università degli Studi di Torino
MARIO BRESSAN Università degli Studi di Chieti - Pescara
LUIGI BRUGNANO Università degli Studi di Firenze
FRANCESCO BRUNO Università degli Studi di Napoli Federico II
MICHELE BUQUICCHIO Università degli Studi di Bari
GIUSEPPE BURRAFATO Università degli Studi di Catania
GUIDO BUSCA Università degli Studi di Genova
SILVESTRE BUSCEMI Università degli Studi di Palermo
EZIO BUSSOLETTI Università degli Studi di Lecce
FEDERICO BUSSOLINO Università degli Studi di Torino
ERNESTO BUZANO Università degli Studi di Torino
CLAUDIO CACCIAMANI Università degli Studi di Parma
ERNESTO CAFFO Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
GIOVANNI CALABRIA Università degli Studi di Genova
VIOLA CALABRO Università degli Studi di Napoli Federico II
FRANCESCO CAMBULI Università degli Studi di Cagliari
ANDREA CAMPERIO CIANI Università degli Studi di Padova
LEONARDO CANNAVO' Università degli Studi di Roma La Sapienza
EUGENIO CAPOZZI Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli
IGNAZIO CARABELLESE Politecnico di Bari
ANGELA CARACCIOLO ARICO' Università degli Studi di Venezia Cà Foscari
ANNA MARIA CARAFA Università degli Studi di Napoli Federico II
ELISABETTA CARAMELLI Università degli Studi di Bologna
LUIGI CARAMIELLO Università degli Studi di Napoli Federico II
BENIAMINO CARAVITA DI TORITTO Università degli Studi di Roma La Sapienza
GABRIELLA CARISTI Università degli Studi di Trieste
GIOVANNI MARIA CARLOMAGNO Università degli Studi di Napoli Federico II
ANNA MARIA CAROLI Università degli Studi di Brescia
ROSARIO CARUSO Università degli Studi di Messina
SALVATORE CASALE Università degli Studi di Catania
NARCO CASTELLANI Università degli Studi dell'Aquila
PATRIZIO M. CASTELLI Università degli Studi dell'Insubria
PAOLO CASTELNUOVO Università degli Studi dell'Insubria
MARIA CATRICALA' Università degli Studi di Roma Tre
DONATELLA CAVANNA Università degli Studi di Genova
GIORGIO CAVICCHIONI Università degli Studi di Ferrara
ENRICO CAVINA Università degli Studi di Pisa
GIULIANO CAZZOLA Università degli Studi di Bologna
PIA GRAZIA CELOZZI BALDELLI Università degli Studi di Roma Tre
ROBERTO CERIONI Università degli Studi di Parma
CESARE CERRI Università degli Studi di Milano Bicocca
GIANCARLO CESANA Università degli Studi di Milano Bicocca
BERNARDINO CHIAIA Politecnico di Torino
ACHILLE CHIAPPETTI Università degli Studi di Roma La Sapienza
ROBERTO CHIARINI Università degli Studi di Milano
ADRIANA CHILLIN Università degli Studi di Padova
CLAUDIO CHIOLA Università degli Studi di Roma La Sapienza
EMILIO CHIRONE Università degli Studi di Brescia
MASSIMO CIAMBOTTI Università degli Studi di Urbino
ROBERTO CINGOLANI Università degli Studi di Lecce
FABIO CINTIOLI Libera Università San Pio V
MARIA LAURA CIOMPI Università degli Studi di Pisa
MASSIMO CIRILLO Seconda Università degli Studi di Napoli
TIZIANA CIVERA Università degli Studi di Torino
FRANCESCO CLEMENTI Università degli Studi di Milano
MARIO CLERICI Università degli Studi di Milano
MARINA CLERICO Politecnico di Torino
LUCA CODIGNOLA Università degli Studi di Genova
DINO COFRANCESCO Università degli Studi di Genova
DANIELA COLI Università degli Studi di Firenze
GIUSEPPE COLOMBO Università Cattolica del Sacro Cuore
ANGELA CONTE Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
MARIA ADELAIDE CONTINENZA Università degli Studi dell'Aquila
PATRICK J. COPPOCK Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
ANDREA CORVI Università degli Studi di Firenze
AUGUSTO COSENTINO Università degli Studi della Calabria
PASQUALE COSTANZO Università degli Studi di Genova
GIROLAMO COTRONEO Università degli Studi di Messina
MAURIZIO COTTA Università degli Studi di Siena
PIERO CRAVERI Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli
GIOVANNELLA CRESCI Università degli Studi di Venezia Cà Foscari
ANTONELLO CRISCI Università degli Studi di Napoli Federico II
RENATO CRISTIN Università degli Studi di Trieste
RAIMONDO CUBEDDU Università degli Studi di Pisa
MARIA PIA CUNICO Università degli Studi di Venezia Cà Foscari
ALBERTO CUOMO Università di Napoli
LUISA CUSINA Università degli Studi di Trieste
FRANCAMARIA D’ALESSANDRO Università degli Studi di Catania
FRANCESCO D'AGOSTINO Università degli Studi di Roma Tor Vergata
LEONARDO DAMIANI Politecnico di Bari
VITO DANIELE Politecnico di Torino
BRUNO DANIELI Università degli Studi di Milano
PIERO DE DOMINI Università degli Studi di Siena
DOMENICO DE FALCO Seconda Università degli Studi di Napoli
BIAGIO DE GIOVANNI Università degli Studi di Napoli L'Orientale
LEONARDO DE LEO Università degli Studi della Calabria
PIETRO DE LEO Università degli Studi della Calabria
MASSIMO DE LEONARDIS Università Cattolica del Sacro Cuore
PIETRO DE MARCO Università degli Studi di Firenze Istituto Superiore di Scienze Religiose
ROBERTO DE MATTEI Università Europea di Roma
FRANCESCO DE NOTARISTEFANI Università degli Studi di Roma Tre
GIUSEPPE DE VERGOTTINI Università degli Studi di Bologna
FLAVIA MARIA DE VITT Università degli Studi di Udine
ANTONIO DEL POZZO Università degli Studi di Messina
RICCARDO DEL PUNTA Università degli Studi di Firenze
DIONISIO DEL VESCOVO Università degli Studi di Roma La Sapienza
GIOVANNI DELOGU Università Cattolica del Sacro Cuore
FILIPPO MARIA DENARO Seconda Università degli Studi di Napoli
ANTONIO DESSANTI Università degli Studi di Sassari
MARIARITA DESSI’ Università degli Studi di Roma Tor Vergata
ENRICO DESSY Università degli Studi di Brescia
RICCARDO DESTRO Università degli Studi di Milano
ANNA GLORIA DEVOTI Università degli Studi di Siena
LEONARDO DI CARLO Università degli Studi di Foggia
GIUSEPPE DI MAIO Seconda Università degli Studi di Napoli
ENNIO DI NOLFO Università degli Studi di Firenze
EUGENIO DI RIENZO Università degli Studi di Roma La Sapienza
MARCO DIANA Università degli Studi di Sassari
GIORGIO DILLON Università degli Studi di Genova
GIANLORENZO DIONIGI Università degli Studi dell'Insubria
ANNIBALE DONINI Università degli Studi di Perugia
ANTONIO DONNO Università degli Studi del Salento
GIANNI DONNO Università degli Studi di Lecce
WALTER DORIGO Università di Firenze
PIETRO DRI Università degli Studi di Trieste
ALFREDO DUPASQUIER Politecnico di Milano
GIACOMO ELIAS Università degli Studi di Milano
MARCO ELLI Università degli Studi di Milano
ASSUNTA ESPOSITO Università La Sapienza
ENRICO FACCO Università degli Studi di Padova
MASSIMO FANFANI Università degli Studi di Firenze
STEFANO FANTONI Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati - SISSA - Trieste
GIUSEPPE FELLONI Università degli Studi di Genova
CLAIRE FENNELL Università degli Studi di Trieste
ALBERTO FENZI Università degli Studi di Verona
GIUSEPPE FERA Università degli Studi "Mediterranea" di Reggio Calabria
GIOVANNI FERRARIS Università degli Studi di Torino
RUGGERO FERRO Università degli Studi di Verona
ALESSANDRO FINZI Università degli Studi di Viterbo La Tuscia
VINCENZO FIORENTINI Università degli Studi di Cagliari
Angelo Fiori Università Cattolica del Sacro Cuore e Campus Biomedico di Roms
SILVANO FOCARDI Università degli Studi di Siena
MARIO FONTANA Università degli Studi di Roma La Sapienza
FRANCESCO FORTE Università degli Studi di Roma La Sapienza
Marcello FOSCHINI LUISS GUIDO CARLI
RENATA FRANCHI Università degli Studi di Parma
MASSIMO FRANCO Università degli Studi di Bari
DARIO FRISIO Università degli Studi di Milano
TOMMASO EDOARDO FROSINI Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli
CARLO FUSARO Università degli Studi di Firenze
STEFANIA FUSCAGNI Università degli Studi di Firenze
PIERO GAGLIARDO Università degli Studi della Calabria
GAETANO GALANTE Università degli Studi di Napoli Federico II
GIORGIO GALANTI Università degli Studi di Firenze
MICHELE GALEOTTI Università degli Studi di Roma La Sapienza
ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA Università Vita-Salute San Raffaele
FABIO GALVANO Università degli Studi di Catania
ATTILIO GARDINI Università degli Studi di Bologna
ANDREA GATTO Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
GIANCARLO GENTA Politecnico di Torino
CARLO GHISALBERTI Università degli Studi di Roma La Sapienza
CRISTINA GIACOMA Politecnico di Torino
FABIO GIANNONI Università degli Studi di Camerino
PINA GIARRUSSO Università degli Studi di Roma La Sapienza
GIOVANNI GIAVELLI Università degli Studi di Parma
PIERO GILI Politecnico di Torino
NICOLA GIOCOLI Università degli Studi di Pisa
PAOLA GIORDANO Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli
ALESSANDRO GIORGETTI Università degli Studi di Firenze
CLAUDIO GIORGI Università degli Studi di Brescia
ORAZIO GIUSTOLISI Università degli Studi di Bari
ANTONIO GODINO Università degli Studi del Salento
ALFREDO GORIO Università degli Studi di Milano
BRUNO GRANCELLI Università degli Studi di Trento
FABIO GRASSI ORSINI Università degli Studi di Siena
MAURIZIO GRASSINI Università degli Studi di Firenze
ROBERTO GRECO Università degli Studi di Napoli
MAURO GREPPI Università degli Studi di Milano
STEFANO GRESTA Università degli Studi di Catania
MAURIZIO GRIFFO Università degli Studi di Napoli Federico II
PIETRO GRILLI DI CORTONA Università degli Studi di Roma Tre
FLAVIA GROPPI Università degli Studi di Milano
FRANCESCO GUERRERA Università degli Studi di Urbino
LUCIANO GUERRIERO Politecnico di Bari
GUGLIELMO GUGLIELMI Politecnico di Torino
LAURA GUIDOTTI Università degli Studi di Bologna
GIORGIO GUIZZETTI Università degli Studi di Pavia
UGO GULINI Università degli Studi di Camerino
GIUSEPPE GULLINO Università degli Studi di Padova
MARIA LUDOVICA GULLINO Università degli Studi di Torino
ERNESTO GUZZANO Università degli Studi di Torino
GIULIO IANNELLO Università Campus Biomedico di Roma
SEBASTIANO IMPOSA Università degli Studi di Catania
BRUNA INGRAO Università degli Studi di Roma La Sapienza
SERGIO INVERNIZZI Uiversità degli Studi di Trieste
BENEDETTO IPPOLITO Università degli Studi di Roma Tre
GIORGIO ISRAEL Università degli Studi di Roma La Sapienza
GALEAZZO IMPICCIATORE Università degli Studi di Roma La Sapienza
GIULIANA IURLANO Università degli Studi del Salento
PIETRO JOLI ZORATTINI Università degli Studi di Udine
SERGIO LA CHINA Università degli Studi di Genova
GIAMPAOLO LADU Università degli Studi di Cagliari
ALDO LAURENTINI Politecnico di Torino
FABIO LAVAGETTO Università degli Studi di Genova
GIAN LUIGI LENZI Università degli Studi di Roma La Sapienza
GIUSEPPE LEONE Università Cattolica del Sacro Cuore Policlinico Universitario Agostino Gemelli
VITTORIA LO FARO Libera Università San Pio V
CLAUDIO LO STERZO Università degli Studi di Teramo
EVANDRO LODI-RIZZINI Università degli Studi di Brescia
MAURIZIO LOGOZZO Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
GIUSEPPE O. LONGO Università degli Studi di Trieste
GIOVANNI LUCHENA Università degli Studi di Bari
SILVIO LUGNANO Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli
MARCO LUISE Università degli Studi di Pisa
FRANCESCO PIO LUISO Università degli Studi di Pisa
FRANCESCO MACARIO Università degli Studi di Roma Tre
Patrizia Macera Università degli Studi di Pisa
PAOLO MACRY Università degli Studi di Napoli Federico II
TOMMASO MAGGIORE Università degli Studi di Milano
MARIO MAGO CLERICI Università degli Studi di Milano
LAURA MALECI Università degli Studi di Firenze
Franco Maloberti Università di Pavia
STEFANO MARGARITORA Università del Sacro Cuore
FRANCESCO MARTELLI Università degli Studi di Firenze
SALVATORE MASALA Università degli Studi di Roma Tor Vergata
SANDRO MATTIOLI Università degli Studi di Bologna
DOMENICO MAUGERI Università degli Studi di Catania
MARCO MAZZAMUTO Università degli Studi di Palermo
ROBERTO MAZZEI Università degli Studi di Sassari
PIER GINO MEGALE Università degli Studi di Pisa
VALERIO MELANDRI Università degli Studi di Bologna
FELICE MENICACCI Università degli Studi di Siena
MANUELA MERLI Università degli Studi di Roma La Sapienza
GIORGIO MIRANDOLA Università degli Studi di bergamo
MAURIZIO MONACI Università degli Studi di Perugia
RAFFAELE MONTAGNANI Università degli Studi di Pisa
FABIO MORA Università degli Studi di Messina
ANTONIO MORETTI Università degli Studi dell'Aquila
GIACOMO MORPURGO Università degli Studi di Genova
FILIPPO MARIA MOTTA Università degli Studi di Pisa
GIANCARLO MOVIA Università degli Studi di Cagliari
ARMIDA MUCCI Seconda Università degli Studi di Napoli
LUIGI MUSELLA Università degli Studi di Napoli Federico II
STEFANIA NANNI Università degli Studi di Roma La Sapienza
CARLO NATALI Università degli Studi di Venezia Cà Foscari
LUIGI NAVAS Università degli Studi di Napoli
IDA NICOTRA Università degli Studi di Catania
ALBERTO NOCENTINI Università degli Studi di Firenze
ANDREA NOVELLI Università degli Studi di Firenze
FRANCESCO OCCHIUTO Università degli Studi di Messina
MARIO OLIVARI Università degli Studi di Cagliari
TITO ORLANDI Università degli Studi di Roma La Sapienza
GIOVANNI ORLANDI Università degli Studi di Firenze
GIOVANNI ORSINA LUISS GUIDO CARLI
ANTONIO OSCULATI Università degli Studi dell'Insubria
FABIO PADOVANO Università degli Studi di Roma Tre
PAOLO PALATINO Università degli Studi di Padova
ROBERTO PALLINI Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma
FABIO PAMMOLLI Università degli Studi di Firenze
ANNA PANDOLFI Politecnico di Milano
GIULIANO PANE Università degli Studi di Napoli Federico II
PAOLO PAOLUZZI Università degli Studi di Roma La Sapienza
MICHELE PAPA Università degli Studi di Firenze
FEDERICO PAPINESCH Università degli Studi di Pisa
MASSIMO PARADISO Università degli Studi di Catania
GIUSEPPE PARLATO Libera Università San Pio V
LUCILLA PARNETTI Università degli Studi di Perugia
RENATO PASQUALI Università degli Studi di Bologna
PAOLO PASTI Università degli Studi di Padova
BIAGIO PECORINO Università degli Studi di Catania
PAOLO PEDERZOLI Università degli Studi di Verona
LUCIANO LUIGI PELLICANI LUISS GUIDO CARLI
ANTONINO PENNISI Università degli Studi di Messina
GIUSEPPE PENNISI Università Europea di Roma
FRANCESCO PERFETTI LUISS GUIDO CARLI
GUIDO PERIN Università degli Studi di Venezia Cà Foscari
ROBERTO PERTICI Università degli Studi di Bergamo
GUIDO PESCOSOLIDO Università degli Studi di Roma La Sapienza
ROBERTO PETROLANI Università degli Studi di Milano
GREGORIO PIAIA Università degli Studi di Padova
AMEDEO PIETRI Università Cattolica del Sacro Cuore
FEDERICO PIGLIONE Politecnico di Torino
GIUSEPPE PILLONI Università degli Studi di Padova
CARLO PINCELLI Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
ALESSANDRO PINI Università degli Studi di Siena
FRANCO PIRRI Università degli Studi di Firenze
MICHELE PISANTE Università degli Studi di Teramo
GIOVANNI PITRUZZELLA Università degli Studi di Palermo
PAOLA PITTAU Università degli Studi di Cagliari
GUIDO PIZZELLA Università degli Studi di Roma Tor Vergata
MAURO PODDA Università degli Studi di Milano
NELLO POLESE Università degli Studi di Napoli Federico II
VALERIA POLONIO FELLONI Università degli Studi di Genova
PAOLO POMBENI Università degli Studi di Bologna
CARLO POMPEI Università degli Studi di Milano
EUGENIO POMPEO Università degli Studi di Roma Tor Vergata
MIRELLA PONTELLO Università degli Studi di Roma La Sapienza
VITTORIA POSSENTI Università degli Studi di Venezia Cà Foscari
GIORGIO PRADERIO Università degli Studi di Bologna
ROBERTO PRETOLANI Università degli Studi di Milano
GRAZYNA PTAK Università degli Studi di Teramo
PAOLO EMILIO PUDDU Università degli Studi di Roma La Sapienza
GIGLIOLA PUPPI Università degli Studi di Roma La Sapienza
FABIANA QUAGLIA Università degli Studi di Napoli Federico II
PAOLO RANDACCIO Università degli Studi di Cagliari
FRANCO ORESTE RANELLETTI Università Cattolica del Sacro Cuore Roma
MATTEO RANIERI Politecnico di Bari
STEFANO RAPISARDA Università degli Studi di Catania
MARCO RAVERA Università degli Studi di Torino
DOMENICO REGOLI Università degli Studi di Ferrara
GIOVANNI RESTA Università degli Studi di Genova
GIAMPAOLO RICCI Università degli Studi di Bologna
UGO RIGONI Università degli Studi di Venezia Cà Foscari
SEBASTIANO RIZZO Università degli Studi del Salento
RENATO RIZZOLI Università degli Studi di Torino
VITTORIO RIZZOLI Università degli Studi di Parma
CESARE RODA Università degli Studi di Udine
FRANCO ROSA Università degli Studi di Udine
ANNALISA ROSSI Università degli Studi di Bari
AROLDO ROSSI Università degli Studi di Perugia
MICHELA ROSSI Politecnico di Milano
MARIA CLARA RUGGERI Università degli Studi di Palermo
MARIA VITTORIA RUSSO Università degli Studi di Roma La Sapienza
DARIO SACCHETTI Università degli Studi di Roma La Sapienza
CLAUDIO SANGIORGI Politecnico di Milano
ANGELO SANTAGOSTINO Università degli Studi di Brescia
ALBA P. SANTO Università degli Studi di Firenze
FRANCESCO SAVERIO PAPADIA Università degli Studi di Genova
LAURA SBORDONE Università degli Studi di Napoli Federico II
MARCO SCALERANDI Politecnico di Torino
CESARE SCANDELLARI Università degli Studi di Padova
LUCETTA SCARAFFIA Università degli Studi di Roma La Sapienza
FRANCA SCIARAFFIA Università degli Studi di Milano
GIUSEPPE SCIDA’ Università degli Studi di Bologna
GIANFRANCO SCORRANO Università degli Studi di Padova
NICOLETTA SCOTTI Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano
VITTORIO SCRIBANO Università degli Studi di Catania
FRANCESCO SECHI Università degli Studi di Sassari
SALVATORE SECHI Università degli Studi di Firenze
RENATO SEEBER Università degli Studi di Modena e Reggio Emilila
GIOVANNI SERRA Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa
MONICA SIENA TANGHERONI Università degli Studi di Pisa
VINCENZO SIMEONE Università degli Studi di Bari
BIAGIO SIMONETTI Università degli Studi del Sannio
BRUNO SITZIA Università degli Studi di Milano Luigi Bocconi
CARLO SOAVE Università degli Studi di Milano
LUCA SOLARI Università degli Studi di Milano
GIULIO SOLDANI Università degli Studi di Pisa
GIGLIOLA SOLDI RONDINI Università degli Studi di Milano
ERNESTO SOMMA Università degli Studi di Bari
DAVIDE SPARTI Università degli Studi di Siena
DOMENICO SPINELLI Università degli Studi di Bologna
MAURIZIO SPOLITI Università degli Studi di Roma La Sapienza
ROBERTA STRAPPINI Università degli Studi di Roma La Sapienza
GIANCARLO SUCCI Libera Università di Bolzano
GIUSEPPE TAGLIOLI Università degli Studi di Bologna
CATERINA TANZARELLA Università degli Studi di Roma Tre
BRUNA TELLIA Università degli Studi di Udine
GIUSEPPE TISONE Università degli Studi di Roma Tor Vergata
FRANCO TOGNONI Università degli Studi di Pisa
ROBERTO TOMATIS Università degli Studi di Ferrara
MARIO TONIN Università degli Studi di Padova
ANTONIO TONIOLO Università degli Studi dell'Insubria
DONATO TRIGIANTE Università degli Studi di Firenze
GIACONO TRIPODI Università degli Studi di Messina
PIERO TUNDO Università degli Studi di Venezia Cà Foscari
NICOLA A. UCCELLA Università degli Studi della Calabria
CARLO VALENTE Università degli Studi di Perugia
FOSCO VALOROSI Università degli Studi di Perugia
BIANCA VALOTA CAVALLOTTI Università degli Studi di Milano
GIAN MARIA VARANINI Università degli Studi di Padova
DANIELA VERDUCCI Università degli Studi di Macerata
STEFANIA VERGATI Università degli Studi di Roma La Sapienza
PAOLO VESTRUCCI Università degli Studi di Bologna
ANDREA VINDIGNI Princetown University
LORENZO VIOLINI Università degli Studi di Milano
SILVIO VITA Università degli Studi di Roma La Sapienza
RAFFAELE VITIELLO Università degli Studi di Roma La Sapienza
ANDREA ZAMBRINI Università degli Studi di Viterbo La Tuscia
MARCELLO ZANATTA Università degli Studi della Calabria
AUGUSTO ZANELLA Università degli Studi di Padova
GIOVANNI ZANINOTTO Università degli Studi di Padova
NICOLETTA ZANNI Università degli Studi di Trieste
GIOVANNI ZANNONI Università degli Studi di Ferrara
ROBERTO ZANNOTTI LUMSA
NICOLÒ ZANON Università degli Studi di Milano
ANTONIO ZICHICHI Università degli Studi di Bologna
GAETANO ZILIO GRANDI Università degli Studi di Venezia Cà Foscari
Per aderire a questo appello rispondere a questo messaggio o inviare una mail a difendiamoluniversita@gmail.com, specificando il proprio nome e cognome, l'incarico e l'Universita' di appartenenza.
66 commenti:
NON aderisco all'appello, e mi stupisco sinceramente che colleghi peraltro stimati possano appoggiare questo progetto di devastazione dell'Università italiana frutto di un patto criminoso tra l'oligarchia dei rettori e il mondo politico e sindacale.
La "riforma" accentua la gerarchizzazione degli atenei e lo strapotere dei rettori; sottrae alla comunità scientifica i meccanismi del reclutamento, rimettendo tutto alla corruzione delle oligarchie locali; nasconde dietro il polverone della valutazione della ricerca scelte arbitrarie e clientelari; distrugge l'autonomia didattica e scientifica dei giovani studiosi riducendoli ad un precariato senza sbocco; dulcis in fundo, ripropone la promozione ope legis per persone che non meriterebbero un trattamento di questo genere.
Mi chiedo quanti dei colleghi firmatari abbiano davvero letto il testo e abbiano ragionato sulle sue conseguenze, non limitandosi al proprio stretto contesto e alla propria limitata esperienza (o convenienza).
Questo attacco del sistema dei partiti al mondo accademico ha un precedente storico che non va dimenticato: il famigerato decreto Pedini. Fu allora l'ostruzionismo dei deputati del gruppo indipendente di sinistra, dei radicali e in extremis di un drappello di missini a salvare l'università italiana dal saccheggio.
Oggi lo scenario si ripete: il futuro si giocherà sul filo del rasoio.
Giovanni Figà-Talamanca
Ordinario di diritto commeciale
Facoltà di Ingegneria
Università di Roma Tor Vergata
Il mondo politico sindacale è fieramente opposto a questa riforma, e il mondo politico è tutt'altro che unanimemente favorevole. La gerarchizzazione degli atenei esiste già con rettori che restano in carica a vita cambiando lo statuto quando serve. I meccanismi del reclutamento sono totalmente locali adesso e almeno vi sarà un giudizio di idoneità nazionale. La valutazione è certamente un polverone pericoloso, ma tanto ci sarà comunque, si tratta casomai di gestirla bene opponendosi alle follie bibliometriche. L'ope legis è il cavallo di battaglia di chi si oppone alla riforma: tutti associati i ricercatori, e anzi tutti in un ruolo unico. Quanto al precariato… I ricercatori attuali non sono certamente precari. L'ingresso mediante tenure track è una prassi comune: le università americane sono una fabbrica di precariato clientelare?
La riforma ha moltissimi difetti, ma mi chiedo dove erano coloro che si stracciano oggi le vesti quando si faceva la riforma del 3+2 con i concorsi locali, i crediti ecc. Quella sì che è stata una devastazione. Ma nessuno di coloro che oggi salgono sui tetti ha detto una parola.
Ragioniamo sui fatti, ma poniamo termine alla sagra dell'ipocrisia e della retorica.
NON aderisco all' appello e credo anch' io che molti dei firmatari non l' abbiano mai letto. Per lo meno non con quel minimo di attenzione che dovrebbe render chiaro che alle anche condivisibili belle parole non possono corrispondere i fatti.
Ma non voglio intavolare su questo blog una discussione "ideologica". Le idee dell' autore sono ben note e non credo che un commento di un professore associato gliele farà cambiare.
Ma ragioniamo sui fatti: come si può sottoscrivere una riforma che peggiora le condizioni economiche di tutti ? Dal ricercatore all' ordinario. Più i giovani degli anziani. Davvero il Prof. Israel e gli altri firmatari hanno così poca stima del valore del proprio lavoro ?
E che meritocrazia è quella che al meritevole concede un trattaento economico peggiore del sistema attuale ? Ma l' avete capito l' imbroglio degli scatti stipendiali triennali ?
Perché non provate a chiedere ad un brillante collega straniero se si trasferirebbe in Italia con queste progressioni economiche?
E la chiamate meritocrazia ? Io no. All' estero l'ho vista ma non ha nulla a che fare con questa, con le tenure-trak senza copertura finanziaria.
Giorgio Pastore
Professore associato di Fisica della Materia
Dipartimento di Fisica
Università di Trieste
"Ragioniamo sui fatti, ma poniamo termine alla sagra dell'ipocrisia e della retorica."
...e cominciamo con quella della DISINFORMAZIONE.
Mi dice, di grazia, chi mai ha chiesto un ope legis? Noi ricercatori abbiamo chiesto semplicemente la possibilità di far carriera DIETRO VALUTAZIONE. L'abbiamo chiesta perché il DDL Gelmini ce la nega nei fatti, vieppiù perché inserito in un contesto di taglio dell'FFO.
La smetta, per favore, di menzionare la tenure track. Là dove esiste, la tenure è un DIRITTO, non una CONCESSIONE del baronato locale, sottoposta per di più a vincoli di bilancio.
Risponda a questa domanda, se è capace: mettiamo che ho i titoli per diventare associato. Di più, mettiamo che sono Einstein. In quale punto del DDL sta scritto che ho DIRITTO a diventare associato, in forza del lavoro che ho fatto?
NON ADERISCO al suo appello, e mi vergogno di quella parte dell'accademia che aderisce. Visto che la Gelmini ha sempre ragione, mi immagino che nel (magro) elenco che lei riporta in calce al suo appello siate tutti ricercatori e precari. Non baroni, ci mancherebbe. Quelli sono tutti in piazza a protestare.
Giovanni Stea,
Ricercatore Universitario
Università di Pisa
Commenti che si commentano da solo e non soltanto per il tono ma per la tendenziosità: questo non è il "mio" appello, non ne no ho neppure scritto una riga (e quali sarebbero le mie "note" idee?). Non l'ho scritto ma so leggere e informarmi.
E sono ancora in grado di distinguere tra progetto di legge e condizioni economiche. Non è questa legge che introduce gli scatti triennali. Quelli li ha introdotti il governo Prodi e il ministro Padoa-Schioppa, per giunta tagliandoli a metà. Basterebbe questo a capire come si sta sragionando e disinformando. Ovviamente il taglio non mi fa piacere ma se lo hanno dovuto fare tutti evidentemente dei problemi ci sono. Quanto a Einstein, se lo si è si vince un concorso, come in qualsiasi parte del mondo, e facendosi giudicare da altri E NON IN FORZA DI UNA LEGGE DOVE CI DOVREBBE ESSERE SCRITTO IL DIRITTO AD AVERE UNA PROGRESSIONE DI CARRIERA. Questo modo di ragionare sì che è una vergogna.
I commenti che ho letto sopra sono civilissimi e fondati. E' la sua accusa di tendenziosità che ricorda un atteggiamento ben poco scientifico e razionale, tipico della politica attuale che non ragiona su idee e su fatti, ma su posizioni di parte.
Ho ricevuto l'appello che lei pubblica nella mia mail di servizio all'università. Ci deve essere un'organizzazione capillare dietro e vorrei sapere da lei che forse ne fa parte chi è la maggioranza silenziosa che in forma quasi anonima (non si vedono neanche le affiliazioni dei firmatari, il loro settore scientifico, il loro grado di servizio) mi ha contattata.
Perché, mi scusi, ma lei oltre al nome e la cognome, come tutti i firmatari dell'appello, ha declinato qui affiliazione, settore scientifico e grado di servizio? Naturalmente non glieli sto chiedendo e non sto accusandola di anonimato, come fa lei. Non ho la minima idea di chi abbia trasmesso l'appello. Non c'è alcuna massoneria o gladio. Non vedo comunque cosa ci sia di strano: ricevo sulla mail di servizio tonnellate di appelli, messaggi e commenti contro il ddl. Quanto ai commenti non ho detto che fossero incivili, ma infondati e tendenziosità sì, e non basta asserire che sono fondati perché lo siano. Lasci perdere l'accusa di mancanza di razionalità, perché se pubblico questi commenti è perché costituiscono una illuminante fenomenologia di come si può ragionare a slogan.
"Quanto a Einstein, se lo si è si vince un concorso, come in qualsiasi parte del mondo, e facendosi giudicare da altri E NON IN FORZA DI UNA LEGGE DOVE CI DOVREBBE ESSERE SCRITTO IL DIRITTO AD AVERE UNA PROGRESSIONE DI CARRIERA."
Evviva. Nel DDL Gelmini c'è scritto che per poter bandire questo concorso:
a) ci vogliono dei soldi, che il governo non dà. Non solo, nega quelli indispensabili per pagare gli stipendi a chi è già dentro.
b) è necessario che il mio dipartimento bandisca TRE POSTI (perché due sono riservati ai nuovi ricercatori TD, o a qualcuno venuto da fuori).
Le ripeto la domanda. Facciamo che sono Einstein. Quand'è che divento associato?
Rispetto al modo di ragionare "vergognoso" (termine che ho usato io per primo, e colgo l'occasione per scusarmene), le faccio osservare che è così che funziona negli Stati Uniti. Se sei assistant e hai i titoli, MANDI UN FOGLIO, TI VALUTANO, E - se la valutazione è positiva - DIVENTI ASSOCIATE AUTOMATICAMENTE. Punto.
O gli Stati Uniti sono buoni solo quando serve?
Non diciamo cose che non stanno né in cielo né in terra. Lei crede davvero che negli USA non esistano restrizioni di bilancio? Se bandiscono un posto (se lo bandiscono), lei presenta non "un foglio", ma un dossier, la valutano e se arriva primo ti danno il posto (e anche là ci sono gruppi di potere, eccome). "Se" bandiscono il posto, "se" ci sono i soldi per bandirlo. Non è il paese della cuccagna.
In questi ultimi due anni molte università americane hanno una subito tale crisi finanziaria che hanno "tagliato" gli stipendi, persino del 20%. Non bloccato gli aumenti, ma TAGLIATO gli stipendi. Hanno eliminato interi gruppi di ricerca. Un prestigioso centro di storia della scienza a Cambridge è stato espulso e mandato in un'università di provincia. L'anno scorso sono stato negli USA e il collega che mi ha invitato si riteneva miracolato perché gli avevano soltanto bloccato lo stipendio.
Non solo. Nelle università private americane (tutte le più importanti lo sono) non esistono posti fissi. Se per un motivo qualsiasi decidono di mandarti a casa, lo fanno in cinque minuti. Vuole che le dia casi specifici di gente che conosco che, dopo essere stata per una decina d'anni professore associato è stata messa alla porta senza complimenti? È questo che le piace? A me pare che a lei gli USA siano buoni soltanto quando serve e senza avere la minima idea di come funzioni laggiù.
Ha idea di come si recluti in Francia? Se vuole diventare professore di una scuola superiore deve fare il giro delle sette chiese e ottenere il placet di ogni "barone" perché poi si vota a maggioranza. Non esiste posto al mondo dove mandi "un foglio" e ti assumono come professore (o passi di livello, che è lo stesso). Comunque ci vuole un posto libero che richiede finanziamenti.
Ma è con questi discorsi da mondo delle favole che dobbiamo discutere?
Prendo atto che invece di entrare nel merito e rispondere alle domande che le ho posto, ha solo saputo scrivere che il mio era un esempio di ragionare "a slogan".
Le sue idee sull' Università sono note, visto che scrive libri e i "tendenziosi" cercano di capire il pensiero altrui, e discuterne nel merito, a differenza di quanto lei sta facendo qui.
Sul fatto che non sia questa legge ad introdurre gli scatti triennali, questo dimostra che il ddl lei non lo ha neanche letto. Provi a guardare cosa dice l' art. 8.
Sul fatto che al' estero si facciano tagli, anche pesanti, lo so benissimo. Ma lì vengono chiamati col loro nome. Qui da noi si travestono da "meritocrazia" e "razionalizzazione".
Giorgio Pastore
Professore associato di Fisica della Materia
Dipartimento di Fisica
Università di Trieste
Io sono associata di linguistica a ca' foscari. Se digita il mio nome su google mi trova subito, come io ho trovato il suo. Non l'ho scritto qui perchè non sono firmataria, ma me ne scuso lo stesso.
L'appello mi è arrivato via mail immagino in quanto io sono una docente di una università italiana. In altri casi di appello, per firmare sono andata su di un sito che mostrava non solo i nomi ma anche affiliazioni e commenti di chi aveva firmato prima.
Di solito mi interessa vedere in che compagnia mi metto e ho fatto una ricerca attraverso la quale sono arrivata al suo blog. Nessun sito www.maggioranzasilenziosa.com, come invece faceva sperare l'estensione del latore del messaggio.
Invece se digita Aldo Kola, si trova solo il profilo di un giovane padre con bambino su fb, non so se sia il firmatario, ma non si trova altro. Ho trovato poi un parlamentare ordinario di diritto amministrativo (ma sul sito della Camera e non sul sito di una università, per ovvi motivi). Ho trovato una giovane ricercatrice precaria della Lluis, un giornalista de l'Occidentale, che non è docente e quindi comprendo che la maggioranza silenziosa è allargata a tutte le componenti della società civile, ma in quel caso si fa presto ad accumulare firme.
Ho trovato oltre a lei molti ordinari che sono gli unici che non hanno nulla da temere da questa riforma, tra cui
un professore dell'IIT (ente che a sua volta ha ancora meno da temere) e
un docente di prima fascia di Enna, il cui verbale di concorso cita che "non ha esperienza didattica specifica", e dunque si potrebbe pensare che sia uno di quegli Einstein che ben citava il commento sopra, che non è tendenzioso, per le ragioni che esso stesso esplica, è inutile che io le ribadisca. Se lei le legge potrà commentarle criticamente ma non liquidarle come tendenziose senza motivare il perchè.
Ho molte osservazioni da parte mia forse anch'esse tendenziose ma forse la sto annoiando.
un cordiale saluto
una associata
Sono entrato nel merito come dimostra la mia ultima risposta. Quanto al fatto che la legge renda definitivamente triennali gli scatti lo so, ma ho rilevato che sono stati resi tali (e dimezzati) già dal governo Prodi, e su questo si fa finta di nulla. Ma io ne sono stato danneggiato, e non mi ha fatto piacere. Il termine meritocrazia viene dagli USA, dove puoi anche essere cacciato a pedate se decidono che non servi più. Come un docente che insegnava storia greca e, siccome non aveva molti studenti, è riuscito per il rotto della cuffia a salvarsi mettendosi a fare storia del cinema. È questo che si vuole? Quanto alle considerazioni sulle firme, non mi annoio ma non capisco perché la firma di una ricercatrice precaria o quella di un docente in aspettativa valgano soltanto quando si tratta di protestare. Non è vero né che non ci possano essere danni da questa legge per un ordinario, né che tutto mi piaccia. Se avesse la bontà di leggere i miei articoli (ma non pretendo tanto) vedrebbe quante critiche ho mosso sul terreno della governance e della valutazione. Criticare può anche servire, stracciarsi le vesti vivendo nel mondo dei sogni, no.
Da semplice studente universitario vorrei fare un' osservazione: a proposito di domande rimaste inevase, mi sembra che ce ne sia un' altra:
"dove erano coloro che si stracciano oggi le vesti quando si faceva la riforma del 3+2 con i concorsi locali, i crediti ecc. Quella sì che è stata una devastazione. Ma nessuno di coloro che oggi salgono sui tetti ha detto una parola"
Avendo subito sulla mia pelle quella cosiddetta "riforma" (che, detto per inciso, mi ha reso praticamente impossibile capire veramente qualcosa di matematica prima della laurea triennale, dopo la quale decisi di prendermi qualche mese per tentare di rivedermi con calma qualche argomento), la questione mi sta particolarmente a cuore. Mi piacerebbe sentire in merito il parere delle persone che hanno postato i commenti precedenti.
la tendenziosità delle sue risposte è ovvia:
1) parlavo di un parlamentare (della parte che presenta la riforma) non di un qualunque professore in aspettattiva. dunque non mi aspetto da tale persona che non firmi, la sua firma non è significativa.
2) la ricercatrice precaria o non ha letto, o sa che lei sarà tra quei graziati che poi diventeranno direttamente associati - o spera di esserlo e la firma potrebbe aiutarla.
3) si lamenta lei che ha 65 anni della triennalizzazione degli scatti? se non ha già raggiunto il massimo della carriera (e chi l'ha già raggiunta non perde NULLA, e non fa risparmiare NULLA), la triennalizzazione la porterà a perdere non più di una fascia di retribuzione per pochi anni. Mentre chi ha 49 anni come me perderà molto di più nei prossimi 21 anni che rimangono.
4) La fascia degli attuali ricercatori e associati è quella a cui questa riforma toglie ogni prospettiva di avanzamento OPE LEGIS per i seguenti motivi: (a) toglie finanziamenti in modo massiccio a fronte di aumenti di spesa per la ricerca a l'università di altre nazioni europee; (b) abroga la procedura concorsuale attuale senza per il momento prevedere I TEMPI e le modalità di concorsi futuri. Quindi non è prevedibile che nei prossimi 10 anni ci sarà alcun posto da ordinario in qualunque settore
4) Lei saprà sicuramente che i concorsi nazionali gestiti dai soli ordinari non hanno garantito la qualità. come faranno tra 8-10 anni, quando ci sarà l'ennesimo strozzamento di una generazione di quelli nati negli anni 60-70? Faremo largo ai giovani?
Io critico, non mi straccio le vesti. E faccio parte di una maggioranza silenziosa che studia e lavora, ama la propria disciplina (che è una teoria di base, come la matematica) e che è indispensabile per le applicazioni ma che non sempre riesce a ricevere il plauso dell'industra che finanzia prodotti e non ricerca di base.
1) E pieno di docenti parlamentari in aspettativa che si schierano. Non vedo perché non possano farlo, anche perché non è vero per niente che la parte che presenta la riforma sia compatta, come si vede in questi giorni.
2) Mi dica se questa non è tendenziosità. È addirittura insinuazione. E se qualcuno le dicesse che lei sta scrivendo tutte queste cose per ingraziarsi qualcuno? Sarebbe una persona inqualificabile.
3) Lasci perdere i miei casi personali. Sono lontano dal massimo proprio perché sono stato danneggiato da mafie accademiche, pur avendo da tempo un numero altissimo di pubblicazioni (il mio curriculum e l'elenco dei lavori è in rete sulla mia homepage). Ma non ho tratto la conclusione che il sistema dei concorsi, per quante ingiustizie vi si commettano, sia da proscrivere. È l'unico possibile e quello che alla fine mi ha reso giustizia. Trovo invece indecenti gli ope legis. Perciò:
4) Trovo un pregio della legge che impedisca in ogni modo gli ope legis.
5) Se i concorsi gestiti da soli ordinari possono essere discutibili, quelli con altre componenti sono peggio. Ricordo assai bene quando ero sotto concorso per ordinario e in commissione per un concorso per associato, le pressioni ricevute in modo ricattatorio, cui ho resistito pagando un prezzo. In commissione non ci devono essere persone a priori ricattabili e che, magari, per non farsi ricattare vengono penalizzate. Peraltro, sono anni e anni che i concorsi non sono gestiti dai soli ordinari.
6) Quanto al discorso sulla ricerca di base, non è certo a me che deve venirlo a fare, perché è da sempre che scrivo contro l'asservimento all'industria e ho detestato la formulazione iniziale della governance di questa legge - che regalava l'università a Confindustria a costo zero, tipico esempio di industria assistita modello Fiat. Ma ora gli esterni sono soltanto tre. A riprova che battersi sui contenuti serve.
Se la sua è pacatezza, stiamo freschi…
Per Alessandro Marinelli:
La riforma Gelmini non tocca per nulla il 3+2 e quindi mettere insieme le due cose serve solo a far confusione.
Sul modo con cui è stata portata avanti dall' allora ministro del centro sinistra potremmo discutere a lungo ma le garantisco non sarò certamente io a difendere la prima delle riforme impostate sulla parola d'ordine del "costo zero".
Andrebbe poi aperta una discussione a parte sul modo con cui il 3+2 è stato implementato. E quello è un discorso che esula dalla pochezza dei politici o dello schierarsi da una parte o dall' altra, mentre metterebbe il dito sulla piaga dei tanti che nelle università hanno abdicato al dovere di ripensare da zero una didattica sensata compatibile con le nuove condizioni al contorno, generando dei veri mostri di Frankenstein. Ma le assicuro che le cose non sono andate dappertutto allo stesso modo.
Purtroppo non penso che questo blog, e ancor meno questi commenti, sia il terreno migliore per una discussione serena su cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato col 3+2 (e successive riforme). Quando si va avanti con appelli contro la demagogia che parlano di protesta "che ha dato spazio alla violenza di piazza" si sta procedendo per semplificazioni e criminalizzazioni indebite.
Chi sta protestando per la riforma Gemini NON coincide per nulla con chi ha portato l' Università Italiana a certi livelli di degrado e neanche con le parti politiche che hanno portato avanti *in quel modo* la riforma del 3+2. Fare di tutta l' erba un fascio non aiuta a comprendere. Che dovrebbe il primo degli imperativi morali per chi lavora e crede nell' Università.
Giorgio Pastore
E nel frattempo, la lista si è allungata
A Giorgio Pastore.
Se questo non è il terreno migliore per discutere serenamente solo perché si depreca la demagogia e la violenza - ma che cos'è invadere il senato? e non è demagogia salire sui tetti e occupare le scuole a Milano, come mi informava un amico poco fa, cosa c'entrano le scuole? - se questo non è il terreno migliore, perché scrive?
Sono io allora il cretino che perde la mattina a rispondere ai commenti producendo argomenti quanto si vuole discutibili, ma argomenti, e poi si sente dire che questo non è un luogo in cui discutere?...
Si accomodi alla porta. Lei è il prototipo del fazioso e del maleducato, nobile figura di educatore, e non perda tempo a scrivere perché sarà cestinato.
Egregio prof. Israel,
come molti altri docenti ho ricevuto l'appello riportato qui nel suo blog. L'ho letto attentamente e volevo fare alcune considerazioni.
E' sicuramente vero che l'Università italiana ha bisogno di una cura efficace (elimino dalla citazione il termine "incisiva", dal quale le mie poco gradevoli esperienze sul tavolo operatorio mi hanno insegnato a diffidare). Dubito però che il prestigio di una istituzione possa essere ripristinato tramite una riforma, anche perché dubito che tale prestigio, seppure comprensibilmente appannato dalla estrema povertà, sia perduto. I nostri tristemente famosi "cervelli in fuga" da dove provengono? E' indubbio che ve ne siano anche di meno brillanti o fortunati, ma questo non è sempre accaduto? E non accade lo stesso ovunque? Siamo certamente meno competitivi di altri sistemi di formazione superiore per una serie di fattori (capacità di accoglienza, rapporto studenti/docenti, capacità di tutoraggio degli studenti, capacità di collocazione dei laureati nel mondo del lavoro, qualità e numerosità delle aule, dei laboratori e delle biblioteche, informatizzazione, ecc...) ma direi che sono proprio quelli che soffrono della povertà da cui siamo assillati. Ciò che non dipende strettamente dai soldi, e cioè il momento della trasmissione del sapere tra docente e discente, mi sembra che, spesso, funzioni ancora bene. Per aumentare la nostra competitività servono risorse. Che naturalmente devono essere ben gestite.
E, parlando di gestione, mi chiedo: perché un organo di governo che si chiama Consiglio di amministrazione, che ha il potere assoluto su ogni aspetto della vita dell'ateneo (Art.2) che non è costituito su base elettiva ma solo di nomina rettorale (dando di fatto un gran potere al capo supremo, per tutti i suoi, lunghi, sei anni di governo) e che ingloba non ben identificati membri esterni all'università dovrebbe "moralizzare" il governo dell'ateneo? Forse che dal mondo economico-imprenditoriale-istituzionale ci vengono grandi esempi di moralità? Non posso escludere naturalmente la possibilità di casi fortunati e virtuosi, ma eleggerli a normalità del sistema mi sembra, come minimo, avventuroso.
Mi accorgo di avere scritto molto, e mi avvio alle necessariamente frettolose conclusioni. Mi chiedo quindi: è possibile dire che è efficace e razionale un reclutamento delle nuove leve della docenza universitaria che impone loro 8-11 anni di precariato? Che non è il precariato anglosassone ma quello italiano, che prevede l'impossibilità di accendere un mutuo per l'acquisto di una casa, che crea seri problemi a farsi una famiglia ed una vita. E' possibile identificare un impegno nel premiare ed agevolare i "migliori" del futuro, in un provvedimento che impone la sudditanza degli studenti meritevoli ad un prestito bancario (ed anche qui dobbiamo pensare a ciò che è il mondo reale delle banche) apparentando così lo studio al debito? E' possibile dire che questo disegno di legge premia i "migliori" del passato, quando una intera categoria, sostanziosamente rappresentata e attivamente operante, che ha contribuito valorosamente a tenere in piedi l'università, viene calpestata? E non parlo ovviamente della messa a esurimento del ruolo, che solo di nomi si tratta, ma parlo di effettive possibilità di evoluzione professionale in un contesto falcidiato dai tagli al sostegno delle università pubbliche.
Termino dichiarandomi d'accordo con lei sul fatto che questo DDL sia molto migliorabile. E' quello che dico, come incoraggiamento, anche della preparazione degli studenti che all'esame devo respingere.
Grazie dell'ospitalità
Franco Failli
Ricercatore dell'Università di Pisa
La mia solidarietà a Giorgio Pastore che non conosco ma che mi sembra che parli con schiettezza.
Per lo studente: Mi associo alle osservazioni di Pastore sul 3+2 che è stato chiesto dall'Europa per una omologazione del percorso universitario (in modo che la riconoscibilità dei titoli di studio sia più facile e il passaggio da un paese all'altro in ruoli di lavoro qualificato del tutto automatico)
Se non funziona (ma ci sono molte eccezioni, alcune delle quali saranno tagliate dalla riforma) è appunto anche per la responsabilità di quei baroni che in futuro avranno TUTTO il potere e non avranno bisogno di ricattare i ruoli più bassi, ma potranno continuare a ricattarsi tra loro.
Temo che sarò censurata anch'io e questo per questo blog non mi rattrista per nulla
Non la censuro soltanto per dirle che se lei trova normale scrivere messaggi su messaggi, vederli pubblicati, ricevere risposte che non contengono insulti, e quindi avere spazio e attenzione, e poi dire che il posto in cui scrive è schifoso; e se trova normale addirittura solidarizzare con questo stile, si qualifica da sola. Visto che la rallegra addirittura la prospettiva di essere censurata, perché scrive ancora? Lei ha bisogno di un corso di logica elementare.
Sono costernato nel vedere stimate personalità sottoscrivere con ostentazione un documento che contiene non solo affermazioni apodittiche di stampo propagandistico ("una riforma capace di restituirgli il prestigio perduto... moralizza gli organi di governo degli atenei .... introduce norme più efficaci e razionali per il reclutamento dei docenti...") ma anche qualificazioni false ed offensive a chi non è d'accordo ("non ci sembra … ne' onesto invocare la diminuzione dei finanziamenti all’intero comparto dell’istruzione, provocati dalla difficile situazione finanziaria del Paese, come una buona ragione per respingere il provvedimento").
Rammentato che la diminuzione dei finanziamenti al comparto istruzione e ricerca non dipende solo dalla contingenza economica, ma anche e soprattutto da una precisa, stolta, dannosa, miope scelta politica del governo, diversa da quella degli altri paesi industrializzati più importanti, il provvedimento di legge Gelmini, astruso, con moltissime deleghe al governo, senza copertura finanziaria, con grandissima probabilità si tradurrà - ove malauguratamente approvato - in un ulteriore elemento di destabilizzazione e di appesantimento burocratico della travagliatissima università pubblica italiana.
Paolo Ventura
Ord. di Tecnica e Pianificazione Urbanistica
nell'Università di Parma
A Franco, intanto grazie del messaggio che è legittimamente critico senza per questo essere aggressivo. Lei dice molte cose giuste e che condivido. Per esempio, insisto sul giudizio sul consiglio di amministrazione. Ho trovato alfine accettabile la presente soluzione soltanto perché gli esterni - su cui ho tanti dubbi - sono ridotti a tre, e quindi non più determinanti. Non dimentichiamo che si voleva fossero maggioranza e nella prima versione erano il 40%.
La questione dei tagli è sacrosanta. Purtroppo non dobbiamo dimenticare che ci troviamo in una crisi mondiale e non si taglia soltanto in Italia. Mussi fece un taglio enorme del FFO quando ancora non c'era la crisi. Purtroppo è vero che partiamo da un livello molto basso e questo ci danneggia.
Dove vorrei invece che riflettesse è sulla questione del precariato. Riserviamo questo nome dove è appropriato. Non è appropriato chiamare precario qualcuno che aspira a entrare al livello massimo dell'istruzione. È giusto che passi una trafila di diversi anni per dimostrare di esserne capace. Avrebbe senso assumerlo subito stabilmente? Quando avevo una borsa pari a 800 euro attuali non mi sono mai sentito un precario. Mio figlio soltanto in questi giorni ha avuto un posto fisso in un'università straniera a 36 anni, dopo una dozzina di anni di "precariato" in varie parti del mondo. Dopo una laurea con 110 e lode, un dottorato di ricerca a Parigi col massimo della valutazione, dopo una sequenza di borse postdottorali mai oltre i 1000 dollari mensili. Per avere ora, a posto fisso, uno stipendio iniziale di circa 1500 dollari. Ma dove vi fate questi miti dell'estero?
Un'altra notazione circa i rettori. Sei anni e poi via. Non vi pare un progresso? Non sa che vi sono molti rettori in carica a vita, che hanno eluso i limiti di rielezione cambiando lo statuto della loro università in modo di ricominciare daccapo?
Egr. prof. Pastore,
sapevo già che la riforma gelmini non tocca il 3+2 e sono d' accordo con lei sul fatto che occorrerebbe discutere al meglio molti dettagli sulla questione dell' implementazione e quant' altro. Mi sono semplicemente permesso di far notare come la domanda del prof. Israel su come mai l' instaurazione del 3+2 non sia stato acompangato da proteste paragonabili a quelle di questi giorni sia rimasta inevasa nel corso della discussione (e lo è tuttora). E ho fatto questa domanda perché so che una larga fetta di opinione pubblica si è chiesta la stessa cosa: "ma perché quando un governo di centrodestra sfiora scuola e università accade un cataclisma e con la sinistra ciò non avviene"? Non pensi che stia semplicemente cercando di cambiare le carte in tavola per portare la discussione dove voglio io; neanche io condivido in toto questa riforma. Il punto è che tutte queste considerazioni non inducono certo a credere nella buona fede di chi protesta.
Gent.ma prof.ssa Giusti,
intanto vorrei permettermi di rispondere alla famosa formula "ce l' ha chiesto l' Europa" proprio con le parole del prof. Israel: non siamo in Europa per portare i cervelli all' ammasso e accettare ogni idiozia solo perché porta un timbro comunitario. Inoltre non le nasconderò che alcune sue posizioni mi lasciano un pò perplesso. Lei insiste sulle colpe dei "baroni" e in parte penso che abbia ragione, ma che significa "Lei saprà sicuramente che i concorsi nazionali gestiti dai soli ordinari non hanno garantito la qualità"? In che senso "non hanno garantito qualità"? Cioè gli ordinari sono incompetenti? O sono tutti baroni? Voglio dire, in questi giorni molti si sono giustamente lamentati della facilità con cui i politici (ma non solo) sparano a zero sugli accademici: fannulloni, baroni, mangiastipendio, incompetenti, ecc. Non le sembra che alcune sue argomentazioni prendano un pò questa brutta piega?
Il testo del suo appello afferma che il DDL Gelmini è da difendere:
- perche' riorganizza e moralizza gli organi di governo degli atenei;
risposta: la riorganizzazione non è un valore in sé, ma andrebbe giudicata per quel che di buono può portare; qualunque sia l'impianto delle regole, la moralizzazione ha efficacia solo se le persone preposte ad applicare tali regole sono portatrici di valori improntati alla moralità: i baroni hanno finora dimostrato di non esserlo e dunque non c'è da aspettarsi che le cose cambino con questo DDL che, anzi, attribuisce loro tutto il potere;
- perche' limita la frantumazione delle sedi universitarie, dei corsi di laurea e dei dipartimenti;
risposta: circa il 40% delle sedi universitarie attualmente operanti nel nostro paese, nonché tutti i corsi di laurea attivati, hanno ricevuto l'autorizzazione da parte dei ministri che si sono succeduti negli ultimi 20 anni, Gelmini inclusa; ora non si venga a dire che la responsabilità è solo del sistema universitario;
- perche' introduce norme più efficaci e razionali per il reclutamento dei docenti;
risposta: efficaci nel senso che con le regole del DDL chi è bravo e ottiene l'idoneità potrà anche essere 'non chiamato' perchè qualche rettore 'moralizzatore' potrà ancor più impunemente chiamare il figlio del rettore dell'ateneo vicino, in attesa che il favore gli sia ricambiato; più razionali nel senso di... boh? perché?
- perche' stabilisce regole certe e trasparenti per disciplinare i casi di disavanzo finanziario e di mala gestione;
risposta: ...o anche perché consente di mettere sotto giogo gli atenei riottosi semplicemente diminuendo la loro quota di FFO fino a strangolarli per poi commissariarli (sport molto in voga nel nostro paese), spingendo dunque il sistema universitario verso la ricerca di sponsor, ovvero verso una progressiva privatizzazione; se si volesse fare sul serio e senza secondi fini basterebbe introdurre una vera responsabilizzazione degli attori del processo di gestione;
- perche' fissa dei criteri di valutazione per le singole sedi universitarie e per i singoli professori;
risposta: non è vero. Nessun criterio è fissato nel DDL, semmai il DDL rimanda (come già fece la epocale legge Moratti) la fissazione di tali criteri, probabilmente perché prima di fissare 'l'altezza dell'asticella' sarà necessario sapere quanto il Tremonti di turno può elemosinare al sistema universitario ed agli stipendi dei suoi operatori, alla faccia del merito;
Infine, non le sembra quantomeno strano che la maggior parte dei firmatari del suo documento siano proprio dei baroni?
E che diversi tra loro siano pure fuori dai ruoli regolari dell'università, magari pronti a rientrare in campo come esterni nei consigli di amministrazione?
E che, ancora, ci siano molti provenienti da università private e dunque poco credibili come difensori di un università pubblica (semmai gli venisse in mente di professarsi tali)?
Giuseppe Gallone
Ricercatore della Facoltà di Ingegneria
Università di Pisa
Grazie della sua pronta riposta, alla quale mi sento di fare un ulteriore chiosa, se me lo permette.
3 membri a discrezione del rettore + il rettore stesso + altri possibili (perché 3 è solo il minimo) su un totale di 11, non mi pare che fornisca un risultato molto diverso dal vecchio 40%. Anzi si supera facilmente il 50%, con conseguente raggiungimento della maggioranza assoluta (6 persone) e consegna del potere completo in mano non a pochi ma a pochissimi. Ripeto: in generale, ma ancora di più nell'attuale panorama italiano, mi sembra un pericolo intollerabile per una istituzione pubblica di uno stato democratico.
La crisi è sicuramente mondiale, ma il tipo di risposta è nazionale. E' infatti fuori di dubbio che un paese come l'Italia avrebbe l'interesse a spingere sull'aggressione del mercato dei prodotti ad alta tecnologia e quindi alto valore aggiunto, e non quello di sfidare la Cina e l'India sul fronte dei prezzi per prodotti a basso valore aggiunto. E per fare alta tecnologia ci vogliono ricerca, università, cultura. La scelta dei tagli all'università è codarda e perdente, oltre che iniqua, fatta nei modi attuali. Se poi si considera che i tagli ci sono solo per l'università pubblica, ed alcuni istituti "eccellenti" (prego notare le virgolette) ne sono esenti o molto meno toccati, i peggiori dubbi e resistenze appaiono giustificati.
Il precariato, come molte cose, ha per tutti lo stesso nome, ma non lo stesso significato. Chi ha pagato gli anni all'estero di suo figlio? E quali erano le sue sostanze personali e familiari quando percepiva l'equivalente di 800 euro attuali? Mi perdoni, non la sto accusando di avere creato, o di essere stato, l'ennesimo bamboccione. E' giusto voler capire il valore di una persona prima di assumerla definitivamente, ma gli si deve dare la possibilità di vivere dignitosamente, nel frattempo, e deve esistere la possibilità di una "exit strategy" se le cose andranno male.
Attualmente è poco vera la prima condizione, perché gli stipendi sono molto bassi, e manca del tutto la seconda, perché non esiste in Italia un tessuto che sappia assorbire le forze che hanno formato la propria professionalità nelle università ma non vi hanno trovato posto.
Quale attrattiva può avere per un giovane bravo ma non ricco, una carriera che a fronte di un (anche giustamente) improbabile grande successo, contrappone una disfatta professionale, economica e personale senza appello? Questo problema esiste già, non è creato dal DDL. Il DDL lo rende però istituzionale, e mi sembra una follia medievaleggiante riconsegnare d'ufficio a criteri di censo la selezione della futura classe dirigente.
Per quanto riguarda i rettori, confesso di non essere molto sensibile al problema. Ho sempre vissuto in una università democratica, che non ha mai visto rettori a vita. Tutt'alpiù qualche rinnovo di mandato. Forse è per questo che voglio più democrazia ai vertici.
Grazie di nuovo
Franco Failli
Ricercatore dell'Università di Pisa
Diversi punti li hanno già evidenziati altri, porto qualche precisazione:
1) i componenti dei CdA non sono necessariamente 3, sono ALMENO 3;
2) una vera tenure track destina fin dall'inizio i fondi necessari alla eventuale chiamata in ruolo finale; giustamente il mio Rettore definisce quella del DDL una "tenure track all'amatriciana". Quando tra 8 anni in un Ateneo ci saranno in scadenza ad esempio cento ricercatori TD idoneati dei SSD più disparati, e fondi per prenderne in ruolo solo trenta, come saranno selezionati i fortunati trenta? Inoltre poco si considera che i nuovi ricercatori TD potrebbero servire principalmente a tappare le falle dei circa 8-9000 pensionamenti dei prossimi 6 anni, infatti nel contratto è possibile indicare quanta didattica (anche non integrativa) ciascuno sarà obbligato a fare. In diversi casi potrebbero essere docenti a basso costo "usa e getta" invece di ricercatori.
3) i tagli del FFO non sono conseguenza della crisi, sono stati decisi nel giugno 2008 (Decreto Legge 133/08), quando di crisi ancora non c'era traccia; e ricordiamola tutta: sono stati fatti soprattutto per trovare oltre 1 miliardo di euro per far passare Alitalia in mani private e per sostenere il taglio dell'ICI. Per il Paese, non sarebbe stato meglio che Alitalia se la fosse comprata AirFrance (che tra pochi anni se la potrà prendere comunque, però pagando i privati anzichè lo Stato!), e che noi avessimo continuato a pagare l'ICI? Io avrei preferito continuare a pagare le mie poche centinaia di euro all'anno di ICI (perse comunque almeno in parte per aumenti dei servizi comunali; qualcosa avrò risparmiato perché gli aumenti sono ricaduti anche su chi la casa non ce l'ha!).
E sempre a proposito di tagli, d'accordo che sono indispensabili per contenere la spesa pubblica, ma giova ricordare che in percentuale la spesa pubblica italiana per l'Università è circa la metà della media europea (e che la manovra estiva tedesca è stata più pesante di quella italiana, proprio per destinare diversi miliardi aggiuntivi a istruzione e ricerca). La percentuale di spesa pubblica che va all'università in Italia è meno dell'1%, anche azzerandola non si risolverebbe il deficit! Perchè non si discute di tagliare selettivamente dove la percentuale di spesa pubblica italiana supera abbondantemente le medie europee? Interessi troppo grossi in gioco... E perchè finanziare le 89 università italiane con meno di 7 miliardi di euro in tutto, mentre si conferma una spesa di 13 miliardi di euro per acquistare 131 bombardieri (peraltro tecnologicamente già superati)? Non dico niente sulle altre decine di miliardi programmati per i caccia, ma l'Italia ha proprio bisogno di 131 bombardieri? Non partecipiamo solo a missioni di pace? Abbiamo in programma guerre offensive?
E poi un sogno: impegnarsi seriamente per riportare l'evasione fiscale appena un po' più vicina alla media europea?
Mi sono fatto prendere la mano, prima di fermarmi dico che c'è sicuramente bisogno di cambiare l'Università, ma non certo nei termini di quella attualmente in discussione; il cambiamento migliore in assoluto sarebbe nel modo di pensare (specie riguardo gli interessi particolari regolarmente anteposti a quelli generali).
Aniello Russo
Ricercatore GEO/12
Università Politecnica delle Marche
Mi scuso. Pubblico volentieri ma oggi non ho più tempo per rispondere. Ho scadenze di lavoro improrogabili, anche se dicono che gli universitari sono dei nullafacenti. Chiedo soltanto la cortesia di non scrivere che questo è il MIO appello. In quanto firmatario l'ho messo in rete ANCHE qui, ma non l'ho scritto né promosso io. Vedi anche il sito de l'Occidentale.
Grazie dell'ospitalità. Ma chi dice che gli universitari sono dei nullafacenti? Forse alcuni consulenti della nostra ignara ministra? Buon lavoro!
In effetti l'e-mail con l'invito di adesione all'appello e' arrivato anche a me, quindi immagino che arrivi a tutti i docenti inquadrati nel sistema universitario italiano.
Non vedo nulla di scandaloso nel proporre un simile appello; chi non e' d'accordo (e non fatico ad includermi in tale insieme) semplicemente non aderisce, magari spiegandone le ragioni nelle sedi appropriate, tra cui, oste permettendo, anche questo blog.
Vorrei solo fare un commento. Il confronto con le posizioni tenure-track americane mi sembra quantomeno fuorviante. Nel sistema americano vigono regole molto, molto precise e molto, molto chiare, su tutti gli aspetti della vita universitaria, dai gradini piu' bassi a quelli piu' alti. In particolare, quando uno inizia la tenure-track, gli vien detto senza possibilita' di equivoci: tra n anni (di solito cinque, ma possono anche essere di meno) verrai valutato e, se avrai fatto questo, questo e quest'altro, avrai la tenure. Punto. Uno sa esattamente cosa deve fare per raggiungere quel traguardo. Da noi non e' mai stato cosi' e non mi sembra che questo DDL modifichi tale situazione, anzi, semmai la peggiora.
Cordialmente,
Lucio Demeio
(Associato di Fisica-Matematica,
Univ. Politecnica delle Marche)
Grazie. Lei è una persona civile che fa sperare che all'università ancora ve ne siano. Spero di riuscire a moderare il blog nei prossimi due giorni in cui sarò fuori, tecnologia permettendo.
Concordo con quanto scrive Lucio Demenio. Ciò che è insopportabile in questo paese (e che secondo me non cambierà, se il DDL viene approvato) è che non sai cosa devi fare per essere promosso. In Germania, dove ho lavorato due anni, ci sono patti chiari, si sa che esiste un Fuehrerprinzip molto forte, ma si sa anche che se lavori seriamente godi comunque di una serie di tutele. In Israele, stessa cosa: devi produrre determinate cose, pubblicare un tot, essere un bravo docente, e allora fai carriera. USA, funziona come diceva Lucio Demeio. Qui invece no: pubblichi, ti affanni, cerchi di dare il massimo agli studenti ma non sai se sarà sufficiente: perché al momento buono forse non ci saranno i soldi; perché nessuno valuta seriamente il tuo lavoro; etc.
Io, da povero ricercatore non sostenuto da "baroni" di sorta, non firmerò l'appello perché non lo condivido. Chiederei invece a tutta la classe politica (di destra e di sinistra) di mettersi a ragionare seriamente sulla formazione. Le deve a noi che lavoriamo nell'Università e agli studenti che ci studiano.
Alessandra Veronese
Ricercatore di storia medievale
Università di Pisa
Non aderisco a questo appello e provo sincera vergogna per chi ha dato la propria adesione.
Lo dico da ricercatrice estremamente coinvolta nel mondo della ricerca, cui ha dato, senza peccare di immodestia, grandi contributi, e che ha visto come si lavora all'estero.
Questa riforma non scende nello specifico, non afferma come premiera' gli atenei piu' virtuosi, quale quello cui appartengo. Abbiamo un ministro che e' sceso a patti con gli atenei piu' scadenti, pur di non vedersi ostacolato il proprio ddl. Serve altro?
Mancava giusto solo il vostro aiutino, dal mondo universitario, per affossare del tutto cio' che resta delle universita' piu' gloriose e delle giovani componenti piu' valide. Complimenti; se davvero siete informati sul ddl, allora e' solo la vostra assenza di coscienza a spingervi ad avvallarlo (ma potrei scommettere che 3/4 dei firmatari non l'ha nemmeno letto).
Ai posteri l'ardua sentenza.
Natascia Tiso, Assistant Professor e premiata UNESCO Women in Science - UniPD
Vedo con piacere che i firmatari non ci fanno nemmeno sapere che ruolo hanno (sono tutti precari della ricerca?) ne a che università appartengono.
Forse hanno paura di meglio identificarsi così che la gente possa capire a che categoria di persone appartengono ?
La riforma è voluta da confindustria e dalla parte parassitaria e baronale dell'università.
Caro ISRAEL vorrei sapere dove era lei quando il ministro non ha reso effettiva la riforma Moratti che prescrive i concorsi con idoneità nazionali dal 2004.
Anche io ho ricevuto l'e-mail della petizione in questione. Cerco di riassumete brevemente qualche punto che ritengo importante.
- non chiediamo alcuna ope-legis, anzi chiediamo che ci sia modo di giudicare la qualita`. Personalmente penso che si dovrebbe iniziare dalle cose piccole: i professori vanno a fare le lezioni che si devono fare ? i professori danno il materiale per poter studiare ? Sono puntuali e precisi nei ricevimenti ...
- i concorsi, locali o nazionali, non cambiano se le persone che sono in commissione non decidono di diventare ONESTI e RESPONSABILI. I concorsi prima erano nazionali, ora sono locali, poi ridiventano nazionali ... e nulla cambia perche` non cambia l'onesta` di chi li fa'. Ho sempre saputo chi avrebbe vinto i concorsi, nazionali o locali, PRIMA di farli... e lei no ? Allora perche` non togliere questa farsa ? Come lei dice facciamo come negli Stati Uniti, un seminario ed il Dipartimento si sceglie chi vuole. Negli Stati Uniti vincera` il piu` bravo e da noi ?
- Gli Stati Uniti sono diversi anche per altro. La posizioni di tenure-track, come gia` Lucio Demeio ha spiegato prima di me e` completamente diversa da quello che offrono a noi. La riforma ci offre: 5 anni di laurea + 3 di dottorato + 4 di assegno di ricerca (pagato malissimo) + 6 di ricercatore a tempo determinato = a 40 anni ti dicono che non ci sono i soldi per assumerti ... sa quanti miei colleghi che abbiamo preparato nelle nostre universita` sono nelle migliori universita` del mondo: PRATICAMENTE TUTTI quelli usciti negli ultimi 10 anni. Sa quanti miei colleghi sono stati assunti in Italia ptoveniendo dall'estero, nessuno ! Come mai ? Senza soldi non si fa nulla.
Riassumendo ... abbiamo bisogno di soldi ma soprattutto abbiamo bisogno di cambiare la testa di chi decide. Questo DdL mette tutto il potere nelle mani degli ordinari, metti i giovani in posizione ancora piu` precaria, toglie i soldi a tutti perfino agli studenti. Questa riforma non corregge NULLA e peggiora le cose.
Cordiali Saluti,
Chiara Roda
Ricercatrice Dip. di Fisica
Universita` di Pisa
Sono un insegnante di Filosofia di una scuola media superiore di Napoli.
E quindi, come tale, poco titolato ad entrare nel merito del dibattito sui contenuti della Riforma universitaria proposta dal Ministro Gelmini, che si sta animando nel Paese e quindi anche legittimamente su questo blog.
(Tra parentesi, però, vorrei osservare che se la pubblicazione dell’appello proposto dal prof. Israel è servita ad un franco e senza dubbio non convenzionale scambio di pareri tra soggetti interessati - tra i quali hanno avuto diritto di parola e possibilità di farsi capire soprattutto coloro i quali contestano in radice e per gli effetti che produrrebbe il provvedimento in questione – ciò va ascritto a merito di tutti e prima di ogni altro a chi ha partorito l’idea di pubblicare sul proprio blog l’appello, sapendo che esso avrebbe potuto provocare una discussione, come si dice in gergo, “franca e spassionata”)
Detto ciò, mi limito, pertanto, a fare un'osservazione di metodo che mi viene facile, anche perchè una parte delle reazioni alla proposta di legge della Gelmini sull'Università ricalca nello spirito, nella evidente pretestuosità, a mio parere, nel carattere pregiudizialmente avverso alla parte politica che il provvedimento ha prodotto e nello strabismo politico di cui quelle reazioni sono intrise, il tipo di contestazioni di cui è stato fatto oggetto il provvedimento di riordino delle scuole superiori varato poco tempo fa.
Di fronte a ciò, mi viene spontaneo pensare che la scuola come l’università sono organismi pachidermici afflitti da patologie invasive che hanno nomi ben definiti e responsabilità decennali anch’esse facilmente individuabili. Esse si chiamano: egualitarismo ideologico condito da demagogia sindacale, assenza di politiche di qualità nella selezione e nella valorizzazione meritocratica del personale docente, aziendalismo pacchiano che smarrisce la percezione della specificità educativa dell’istruzione superiore e universitaria, metodologismo supponente – che si esprime particolarmente in un’idea astrusamente quantitativa della valutazione – nepotismo baronale con i connessi fenomeni di degenerazione clientelare.
Se queste sono le malattie del sistema formativo e universitario italiano e se conveniamo che le terapie dovrebbero essere all’altezza della necrosi del sistema medesimo, io penso che solo un atteggiamento pregiudizialmente critico - quando non propriamente e corporativamente “conservatore” - possa condurre ad esprimere un atteggiamento di totale demolizione dei provvedimenti di riordino della scuola superiore e di Riforma dell’Università di cui si discute. Tali provvedimenti avranno certamente dei difetti da correggere, non saranno certamente la panacea di tutti i mali, soffriranno certamente per l’esiguità delle risorse messe a disposizione, ma nello stesso tempo e chiaramente, a volerli giudicare con animo sgombro dai fumi della contrapposizione politico-ideologica e da un uso della formazione concepita come esclusivo strumento di sostegno al reddito, sono un primo passo, serio e chiaro, che va nella direzione giusta, che è quella di invertire la trentennale dissipazione delle risorse che non ha garantito né merito, né qualità e neppure, direi, giustizia sul piano della garanzia delle opportunità.
Se, invece, la "guerra santa" contro il Lupo Cattivo che governerebbe l’Italia (il quale, per altri versi, pure ci mette del proprio per alimentare la stessa guerra) finisce per essere la vera cartina di tornasole dell'ennesima mobilitazione contro la Riforma di Scuola e Università, beh allora i santi protettori dello status quo non potranno che stropicciarsi le mani e le forze della conservazione, sotto il cui ricatto questo Paese langue, celebreranno la loro ennesima festa. In tutto ciò il riformismo costruttivo diverrà un miraggio sempre più lontano.
Gennaro Lubrano Di Diego
Ho lavorato negli Stati Uniti e in Canada per oltre 3 anni e credo di poter dire una parola in proposito. Già nel 1983 in Italia ci si lamentava che all'Università non si assumeva e non c'erano posti disponibili, di conseguenza ho cercato in quell’anno di emigrare e ho trovato abbastanza facilmente alla Duke University un posto di "research associate", con contratto di un anno ("precario", come ci siamo abituati a dire ora). Di precariato in precariato alla fine del 1986 avevo vinto un posto di "Fellow" del "Medical Research Council" presso l'Università di Ottawa, che pagava il mio stipendio e la mia ricerca, ancora con un contratto a termine (“precario”). Poi per motivi familiari tornai in Italia, dove ebbi un posto di ricercatore solo nel 1993 dopo molto penare, posto che da allora è rimasto tale. Morale (secondo me): laddove c'è molto precariato (come negli Stati Uniti e in Canada) c'è un ricambio frequente, è relativamente facile trovare posto e i migliori hanno possibilità di avanzare e mettersi in luce. Laddove tutto è inamovibile (come in Italia) l'Università è ingessata e per avanzare di carriera bisogna aspettare che vada in pensione (o peggio) chi è più anziano. Last but not least, la "tenure track" non è affatto il precariato! La "tenure track" è un'ambìto traguardo a cui una RISTRETTA parte di precari nordamericani approda dopo diversi contratti a termine, gli altri escono dal sistema lasciando quindi il loro posto disponibile. I contratti a termine (quelli che da noi è invalso l'uso di chiamare "precariato") NON offrono nessuna garanzia, altro che "fra qualche anno se sei bravo ti daremo il posto fisso"! Ho firmato volentieri il suo appello a favore della riforma Gelmini, e spero anch'io che sarà celermente approvata. Cordiali saluti, Maurizio Balestrino (Ricercatore, Università di Genova).
Caro ROBERTO e lei chi e', scusi, perché non si firma?
Quanto a Natascia Tiso, la presenza in questa lista di persone di prestigio in Italia e all'estero non le fa pensare che abbiano qualche argomento, invece di essere cretini e mascalzoni. Pubblico il suo volgare messaggio come esempio tipico di come non ci si deve comportare.
caro Balestrino, non capisco la sua logica. Lei sostiene che l'Univ. è ferma da anni perché priva di finanziamenti. E' vero. Ma la riforma non dà finanziamenti anzi cristallizza meccanismi di riduzione del personale, aumenta il potere degli ordinari e addirittura con le idoneità nazionali senza posto riduce l'università ad un patacchificio - proprio come il caso del film Dragomira Bonev premiato dal nostro ministero della cultura a Venezia - con i prevedibili effetti già constatati nel passato per la figura del "libero docente" e della pratica degli incarichi d'insegnamento gratuiti.
Ci ripensi, se le ragioni da lei esposte sono quelle che motivano la sua adesione all'appello, la ritiri subito!
Alcuni dei commenti (vedi quel tal Roberto) la dicono lunga sulla mentalità degli oppositori della riforma. Insulti e disprezzo la regola. "Vergogna" per l'esistenza di chi non la pensa come loro. Intimazione di rendere note qualifiche e incarichi dei firmatari. Magari per fare una bella lista di proscrizione? O sbaglio?
Per inciso, tutti noi abbiamo trasmesso incarico e affiliazione universitaria.
Ancora per inciso, mi sfugge la logica di chi dice che nel sistema americano la "tenure" sia automatica, nel contempo affermando che esiste una valutazione. Se quest'ultima c'è (e chiamiamola concorso, colloquio, o come volete) dov'è l'automaticità?
Poi, qualcuno mi spieghi chi sono i "precari"? I ricercatori? Non vedo come. I docenti a contratto? La verità è che in Italia non si possono fare contratti come in tutti i paesi del mondo. Si entra immediatamente nella categoria dei "precari".
Avrei tanto altro da dire ma mi fermo qui per ora. Grazie a Israel per l'iniziativa. Non si curi delle contumelie. Sono nel conto.
Io sono uno dei "bravi" a cui è stato negata una formazione decente. Entrato con il numero chiuso, primo nell'intera graduatoria di Ingegneria, percorso universitario brillante.
Laurea triennale abbandonata alla fine, per disgusto e mortificazione di qualsiasi talento e qualsiasi impegno.
Il corpo docente della mia facoltà nel 2006 appese per i corridoi decine di manifesti di endorsement elettorale per la coalizione di Prodi, che praticamente comunicavano agli studenti per chi votare.
Intanto noi cadevamo sotto la mannaia del demenziale 3+2, con manifesti degli studi che cambiavano di anno in anno (quando mi iscrissi ad ing. informatica questa prevedeva 29 materie; al mio terzo anno le matricole si iscrivevano ad un corso che ne aveva meno di venti) e lauree specialistiche che venivano costruite letteralmente sotto i piedi dei nuovi laureati, che dovevano iscriversi quasi al buio.
La mia è una testimonianza senza valore (professore, la cestini pure se lo crede opportuno). Vi lascio alle discussioni nel merito (ad esempio alla ricerca febbrile delle identità di questi signori che si sono permessi di sottoscrivere l'appello).
Sono un insegnante di scuola primaria e la mia conoscenza dell'università è limitata a qualche breve esperienza lavorativa e forse anche nel mio caso avrei poco titolo a discutere della riforma universitaria.
Senonchè, ho sempre interpretato il percorso dei miei scolari come un continuum che parte dalla scuola dell'infanzia e arriva verso i banchi dell'università e mi interessa molto capire cosa potrebbero fare da "grandi".
Ho letto il testo della riforma credo con attenzione e con altrettanta attenzione le critiche politiche e quelle che hanno accompagnato questo appello: senza offendere nessuno, trovo legittimo che la riforma venga appoggiata da alcuni e avversata da altri, perché come è ovvio contiene passi avanti e criticità che il dibattito in corso in questo momento alla Camera non è riuscito a limitare. Trovo anche che la questione non sia destra-sinistra e di quando in quando, almeno quando si parla di scuola, vorrei uscire da questa logica: il nostro sistema formativo è in grave crisi e difficoltà, dalla primaria alla università ed ho avuto modo di rendermene conto proprio lavorando in una grande università.
Credo che il punto di maggiore criticità, insieme all'ampiezza dei poteri del rettore, sia la tenure track oggetto di alcuni commenti: in Italia non c'è alcun sistema valutativo serio sulla ricerca e sulla qualità delle pubblicazioni; in molte situazioni i ricercatori sono "obbligati" a fare da pretoriani ad un ordinario, nella speranza che questo tipo di collaborazione asimmetrica lo metta poi nella condizione di richiedere al docente di avanzarne la candidatura in un concorso locale (o anche nazionale, non importa: non ho ravvisato nella riforma la possibilità di incidere seriamente su un meccanismo di reclutamento malato e che di rado premia i migliori).
Il contratto di ricerca a termine può avere un senso se serve a valutare la qualità del ricercatore; può essere utile a liberare l'università da chi non potrebbe dare un utile contributo scientifico; può essere utile se permette ad un ricercatore di vedere riconosciute le sue qualità scientifiche e se gli permette di accedere con successo ai concorsi al termine dei contratti. Vorrei poter credere che i miei alunni potranno diventare ricercatori e poi docenti perché ne sarà valutata la qualità: ma avendo esperienza di questo Paese, non ne sono così certo.
Cordialità, Vincenzo Manganaro
Egregio Professor Israel,
non può che trovarmi d'accordo quando afferma "Questa riforma universitaria contiene molte cose [...] discutibili, come un assetto della governance che concede troppo a manager esterni di dubbia qualifica."
Non può che trovarmi d'accordo quando fa notare che molte università italiane vengono avanti a quelle straniere, e che "nelle graduatorie internazionali... sono introvabili università private gestite da un mondo industriale che nonostante ciò si sente titolato a far la lezione su quella pubblica".
Sono tutte cose che andrebbero dette e ridette in continuazione: l'università italiana produce ottimi studiosi, che trovano lavoro nelle più prestigiose istituzioni internazionali. Evidentemente, allora, non tutto è negativo nell'università italiana attuale. Altrettanto non si può certo affermare delle classi politica e manageriale italiana, e lei ha davvero molto coraggio a parlare di "manager esterni di dubbia qualifica" quando ormai nei media la "managerialità" è un concetto osannato e divinizzato.
Ma, proprio in base a quanto lei afferma, non riesco assolutamente a seguire il nesso logico che l'ha portata a sostenere e a firmare questo "appello". Lei sa benissimo che questo decreto prevede che il 40% dei componenti del consiglio di amministrazione debbano essere esterni all'università, cioè proprio quei "manager esterni di dubbia qualifica" di cui lei, e io concordo pienamente, stigmatizza le capacità. A cui questo decreto consegnerebbe gran parte del potere, togliendolo ai senati accademici.
Detto questo, vorrei entrare nel merito di soli due singoli punti. Sicuramente i "ricercatori a tempo indeterminato" attuali resterebbero in ruolo nell'università. Ma il decreto introdurrebbe la figura del "ricercatore a tempo determinato", con contratto non rinnovabile più di due volte, e senza alcuna garanzia di inserimento successivo nell'università, garanzia subordinata non a competenze scientifiche del candidato, ma semplicemente alle possibilità economiche dell'ateneo. In parole povere, a decidere quali di questi ricercatori a tempo determinato diventeranno associati, non saranno i dipartimenti, ma proprio quei consigli di amministrazione governati, all'atto pratico, da quei "manager esterni di dubbia qualifica" di cui lei stesso parla. Come queste possano essere "norme più efficaci e razionali per il reclutamento dei docenti" io proprio non riesco a vederlo; sono invece certo che i nostri giovani migliori, se il decreto verrà approvato, continueranno ad emigrare nelle istituzioni estere, che almeno una minima garanzia in più gli offrirebbero.
In quanto, poi, alla "parte del mondo universitario... modesta nelle dimensioni", io la pregherei cortesemente almeno di ritirare il suo sostegno a questa frase. L'ampio movimento che si è registrato, dapprima fra i ricercatori (Rete29Aprile), e attualmente fra gli associati (CoNPAss), non esclusi molti ordinari (fra cui molti accademici lincei, vedi Universitas Futura), dimostra che la maggioranza del personale che insegna all'università è contrario a questa riforma. Quale poi siano le reali opinioni degli studenti, non sono a conoscenza di nessuna indagine o inchiesta al riguardo, quindi nulla si può affermare con certezza.
Non vedo a che titolo i promotori di questo appello si autoproclamino implicitamente "maggioranza" quando iil loro appello ha raccolto circa 500 firme, mentre l'appello che invita a sospendere la discussione del disegno di legge in attesa di un momento di maggiore stabilità governativa è ormai a più di 2300 firme. (sono dispostissimo ad inserire tutti i link, ma non vorrei apparire come uno spammer).
L'approvazione di questa legge secondo me sarebbe un danno irreparabile, soprattutto per le nuove generazioni, e non potrò mai stancarmi di sostenerlo, con argomenti e col ragionamento.
Cordiali saluti,
Paolo Lipparini
PS: Mi scusi, ma l'interpretazione di questa frase "Per aderire a questo appello rispondere a questo messaggio" è parecchio sibillina. Non vorrei che il semplice fatto di partecipare a questo blog venga interpretato come adesione all'appello. Sia chiaro che l'appello non ha la mia adesione.
Di nuovo, i miei più cordiali saluti
Paolo Lipparini
Se Silvio Vita si riferiva al mio commento sulla tenure americana allora non ci siamo capiti. Non ho detto che la tenure e' automatica, ho semplicemente detto che le regole per conseguirla sono molto chiare ed esplicite, sai esattamente cosa ci si aspetta da te al momento della valutazione.
Lucio Demeio
Il commento del Sig. (magari sarà anche Prof. Dott. Baron, ma non si qualifica) Paolo Lipparini si basa su due assunti errati. Il primo è che all'estero noi ricercatori troveremmo più garanzie del "posto fisso". Come ho già detto più sopra ciò è falso, anzi esistono università negli Stati Uniti che sono conosciute come "slit-throat universities" ("università tagliagola") per la loro nota propensione a licenziare in tronco professori anche celebri alla minima defaillance (per esempio restare senza un grant per un anno), e queste sono in genere le più prestigiose. Il secondo assunto è che la maggioranza del mondo universitario sia contraria alla riforma. Ciò non è affatto dimostrato, non può esserlo a meno di regolari votazioni e non è affatto la mia impressione. Di sicuro la maggioranza degli eletti dal popolo (il Parlamento) è favorevole. Cordiali saluti,
Maurizio Balestrino
Ricercatore, Università di Genova
Caro Sig. PRGV, non credo di avere scritto che l'Università è ferma per mancanza di finanziamenti, forse se legge meglio il mio intervento vedrà che ho scritto altre cose. Se il mio intervento è proprio incomprensibile me lo dica, ché lo riscrivo meglio. Cordiali saluti.
Caro Maurizio Balestrino,
non intendo affatto difendere il sistema americano, tutt'altro! Semplicemente intendo dire quello che ha molto concisamente espresso Lucio Demeio: "le regole per conseguire la tenure track sono molto chiare ed esplicite, sai esattamente cosa ci si aspetta da te". Se questa legge venisse approvata, nelle regole non ci sarebbe niente di chiaro, dopo i due "turni" di ricercatore a tempo determinato, tutto sarebbe lasciato all'arbitrio.
Ma la differenza sostanziale è che i fatti che tu citi, per quanto magari spiacevoli, hanno comunque una motivazione scientifica. Nella legge che il parlamento sta per approvare, non è previsto nulla di scientifico: l'università proporrebbe il posto di associato al candidato in base alle disponibilità economiche, non in base al valore scientifico del candidato. (Certo, se i soldi non ci sono, non ci sono, ma allora questo lo dovresti decidere prima di far fare i 6 o 8 anni al ricercatore determinato, non dopo...)
Non capisco perchè proprio tu, che hai avuto un duro calvario di precariato, e hai finalmente ottenuto un "posto fisso" vorresti pretendere che i più giovani siano costretti a questo percorso fino almeno a 45 anni, probabilmente per molto di più!
La "tenure track" negli USA non è affatto il precariato, come dici tu. Ma la "pseudo-tenure track" come prevista da questo ipocrita decreto è effettivamente vero e proprio precariato.
Sulle maggioranze e non maggioranze, c'è poco da polemizzare. Questo appello ha ottenuto un quinto circa delle adesioni dell'altro appello. La stragrande maggioranza di chi si è pronunciato è contro la legge. Io sarei favorevolissimo ad un referendum fra tutti i lavoratori dell'università, per appurare senza ombra di dubbio dove stia la maggioranza.
La maggioranza degli "eletti dal popolo" (ehi, intanto, perchè eletti dal "popolo" e non dai "cittadini"??? Sottintendi forse il "popolo vile e bue"? Scusa l'ironia, ma i termini che si usano hanno un valore, se permetti!), purtroppo, non rappresenta nè la maggioranza degli italiani, e nemmeno la maggioranza dei voti espressi; ha ottenuto la maggioranza dei seggi solo in base ad una legge elettorale. Non rappresentano comunque la maggioranza del "popolo", rappresentano solo una maggioranza relativa. Certo, gli "altri" rappresentano ancora meno, ma qui stiamo facendo un discorso sulla validità di una certa legge da approvare, non parliamo di politica.
In quanto alla mia posizione accademica, io preferisco che le cose che dico vengano valutate in base a quello che sono, non certo in base a qualche "autorità" che mi viene conferita da chissà quale titolo accademico. Ma bastava comunque una velocissima ricerca su internet per appurare che sono un tuo collega.
Saluti, e mi auguro che queste riflessioni possano contribuire a farti cambiare idea.
ciao
Paolo
E già, perché siccome noi italiani siamo tutti furbacchioni, allora tutto quello che diciamo deve per forza non essere frutto di convinzione, ma dettato da comportamenti da furbacchione: prima mi porto via la prebenda e poi deploro che sia fatta una distribuzione tanto clientelare. Quale sarebbe il comportamento giusto? Portiamoci tutti a casa la prebenda, felici e contenti e stiamo zitti in santa omertà, anche se è una porcata?
Nossignore, chi ha vinto un concorso e lo meritava si è preso il posto e non ha fatto nulla di male e ha conservato il diritto di condannare la procedura.
Ma io non ne stavo facendo una questione personale!... Bensì una questione di diritto generale di poter criticare. Se però lei dice "non la butto sul personale", allora lo sta proprio facendo in modo obliquo, ancor più se dice che nell'università l'unico concorso pulito è il nostro. Allora, mettiamo le carte in tavola. La mia carriera accademica è documentata in rete con curriculum ed elenco delle pubblicazioni (a tutt'oggi 228 di cui 26 libri) e nella graduatoria bibliometrica (che personalmente detesto) del mio dipartimento figuro ai primi posti. Sarebbe però opportuno, prima di continuare e tanto per rendere la trasparenza simmetrica, che lei declinasse generalità ed eventualmente titoli universitari, visto che ritiene di saperne tanto.
Ok, non ci siam capiti: volevo solo che venisse dato a Berlinguer ciò che è di Berlinguer. Hag sameah, comunque.
Gentile ricercatore Balestrino,
probabilmente ho sorvolato su altri passaggi e sfumature del suo intervento, ma se lei constata ed ammette che l'università non ha fondi, dunque è ferma, visto che la riforma non dà affatto nuove risorse anzi sconvolge l'assetto dell'università (veda il sintetico l'intervento di gft), riduce acquisizioni sindacali di lunga data (ad esempio gli scatti di anzianità, che garantiscono solo il mantenimento del potere d'acquisto del salario, colpendo proprio i giovani), riduce le possibilità di accesso ad incarichi a tempo indeterminato dei giovani, strozza le carriere dei ricercatori, capisco benissimo il sostegno confindustriale (=penetrazione nel cons amm di esterni), capisco il fatalismo delle generazioni più in su con gli anni, ma continuo a non capire il suo strenuo apprezzamento, proprio nella sua qualità di giovane ricercatore, per la riforma Gelmini.
Le sarei davvero grato di una sua ulteriore spiegazione.
Vive cordialità.
PV
(trova il mio nome in un precedente post)
Caro Prof. Israel,
Solo per precisazione, il termine “cretini” e “mascalzoni” lo ha detto lei, non io. Brutta cosa i pregiudizi.
Io ho affermato il MIO senso personale di vergogna, non ho detto a nessuno di vergognarsi. La MIA idea di persone di eccellenza prevede persone con senso critico verso cio’ che promuovono e sostengono ma, mi dispiace, in questo frangente io non lo vedo. Cosa posso farci? Non esprimere il mio personale sentire?
In tal senso, se il sostegno non e’ dettato dal non aver letto il decreto (ossia per ignoranza, nel senso primario del termine) l’altra possibilita’ e’ che ci sia irresponsabilita’/incoscienza (= assenza di coscienza) nel firmare la prima cosa che passa davanti. Naturalmente potete smentirmi, con i famosi motivi che Lei adduce (QUALI?). Le dico che posso credere a qualsiasi cosa, purche’ uno sia bravo a portarmi prove scientifiche a favore. Mai pregiudizi in scienza.
Io personalmente non esiterei a firmare in favore del decreto Gelmini, “pending” la modifica di cio’ che migliaia di persone di rilievo nazionale e internazionale hanno sottolineato (a quante pare ignorate da questi firmatari?).
Ma trovo assurdo aderire ad un appello in sostegno di un ddl tout court, con l’idea che in futuro (ma se non ora, quando?) esso sia “perfettibile”.
Se questo decreto ha avuto delle modifiche, se nel frattempo anche parte dei fondi tagliati sono stati restituiti, cio’ e’ stato ottenuto non grazie a questo appello e ai suoi firmatari, ma grazie alle voci di protesta che in tutta Italia si sono sollevate.
Di tali miglioramenti beneficerete anche voi, pertanto siate grati alle persone che si muovono e si spendono per migliorare ora e subito le cose. Non bollatele come frange violente e minoritarie, questi modi di agire si’ sono veramente volgari ed intellettualmente disonesti.
Io sinceramente trovo volgare bollare di volgarita’ il mio messaggio, senza entrare nel merito di cio’ che vi si afferma, e trovo semmai molto volgare elaborare un appello contro la demagogia, utilizzando, nell’appello stesso, frasi demagogiche che non hanno riscontro con quanto scritto nel ddl (moralita’, merito… si’, belle parole, ma “strucca, strucca” cosa si vuol dire?)
Se c’e’ un po’ di serieta’ e un po’ di coraggio, che si metta, per ognuno dei punti dell’appello, anche un riferimento alla pagina e alla riga del ddl dove cio’ troverebbe concreto riscontro (si vedra’ che per i vari punti sollevati mancano, in realta’, regole, criteri e chiare definizioni).
Il ddl e’ sempre li’, basta leggerlo.
Senza polemiche, cordiali saluti,
Natascia Tiso
Ps anche se non pubblichera’ il mio commento, mi auguro che lo legga e che Le abbia dato da pensare, questa e’ la cosa piu’ importante.
Il suo messaggio mi ha dato di pensare che lei non possiede il minimo senso critico oltre ad essere carente in logica elementare. Se mi vergogno di qualcuno vuol dire che quella persona è indecente, impresentabile. Se lei dice che l'unica alternativa è che o siamo degli ignoranti oppure degli irresponsabili /incoscienti, questo è insultare.
Se non capisce questo, allora lei non sa che si può insultare senza usare delle parole come cretini e mascalzoni, ovvero le mancano i fondamentali del discorso. Si può fare di peggio che insultare con parolacce. Si può farlo alla maniera da lei usata. Per poi trincerarsi ridicolmente dietro un "senza polemiche" e far passare il suo messaggio come l'esposizione di "argomenti".
Lei, non soltanto da prova di non possedere l'uso minimo della logica, ma non viene neppure sfiorata dal dubbio di poter sbagliare.
Mai pregiudizi in scienza… Lei è un impasto di preconcetti e di pregiudizi. Non sa neanche dove stia di casa l'etica della discussione.
E scrive senza un'ombra di autocritica soltanto per indurmi paternalisticamente a riflettere alle sue parole…
Ma chi crede di essere?
Vale la pena di pubblicare questo messaggio soltanto per far vedere quali effetti devastanti possa avere la vanità.
Caro Sig. PV, come lei stesso riconosce lei ha stravolto il senso del mio messaggio, finendo per farmi dire cose che non ho detto. Comunque visto che tutto quello che lei sembra desiderare è parlare di finianziamenti, l'accontento volentieri. E' da quando sono all'Università che sento dire che mancano i soldi e i finanziamenti, lo si diceva già sotto Prodi e D'Alema e certamente anche prima, sotto Ciampi e Amato. L'argomento è quindi non nuovo, anzi trito e ritrito, e buono per tutte le stagioni. Quello che la legge Gelmini credo che faccia di positivo sia stabilire che si deve premiare il merito e la buona gestione delle Università anche nel concedere finanziamenti. Da questo punto di vista il trend sotto questo Governo è già in atto, l'anno scorso l'Università di Genova ha ricevuto nel FFO una non indifferente somma aggiuntiva proprio in relazione al fatto che si trattava di un Ateneo cosiddetto "virtuoso". Se poi lei pensa che una volta abolita la riforma Gelmini allora arriverebbero soldi come se piovesse la prego di ricredersi, come le ho detto tutti ma proprio tutti hanno sempre diminuito i finanziamenti per l'Università, e così continueranno a fare specialmente ora che falliscono addirittura gli Stati. Razionalizzare in base al merito le sempre più scarse risorse è una strada obbligatoria, ed è uno dei motivi per cui credo che sia nostro interesse approvare questa riforma. Cordiali saluti,
Maurizio Balestrino
Caro Paolo,
purtroppo tutti i sofismi circa la tenure track non possono nascondere il dato fondamentale, che nel sistema americano il cosiddetto "precariato" è un fattore di efficienza del sistema mentre in Italia il posto fisso consente a ottuagenari nullafacenti di continuare a rimanere inchiodati alla cattedra. La parte del tuo intervento sul popolo bue non l'ho capita e, scusami, ma mi sembra un po' offensiva e credo che avresti potuto risparmartela. Last but not least, permettimi di farti notare che se tu (che scrivi) non hai il tempo, la motivazione e/o la voglia di firmarti perché pensi che io, che leggo, dovrei avere tempo, motivazione o voglia di fare addirittura una ricerca per sapere chi sei? Saluti, Maurizio Balestrino
PS: confermo che non mi sembra affatto che quelli sui tetti rappresentino la maggioranza degli universitari.
Caro Maurizio,
tagliamo la testa al toro. La mozione di Universitas Futura "Appello al Presidente della Repubblica per il ritiro del ddl Gelmini" ha più 3000 firme, la mozione a favore della legge circa 400. Ripeto: 3000 a 400.
Il CUN (l'organo elettivo che per legge rappresenta l'univeristà) ha appena approvato una mozione fortemente critica (ad essere buoni) nei confronti del ddl Gelmini. (vedi mozione del 01/12/2010)
Forse non è vero che "quelli sui tetti rappresentano la maggioranza degli universitari", ma quanto sopra dimostra che la maggioranza degli universitari è contro questa riforma. Le mozioni rappresentano solo chi vi aderisce, ma il cun, fino a prova contraria rappresenta tutti (così, come giustamente dici tu, il Parlamento rappresenta tutti i cittadini).
Per inciso, io mi sono firmato con nome e cognome (nei primi due interventi), e aborro il principio di autorità, quindi ho il costume di firmarmi senza il mio titolo accademico, perchè il mio titolo non aggiunge niente a ciò che dico.
Venendo a quello che dici ora, primo, non è affatto scontato che "nel sistema americano il cosiddetto precariato sia un fattore di efficienza". In secondo luogo, la legge già vigente prevede l'obbligo di svolgere ricerca per tutti gli universitari (presentazione triennale di una relazione). È solo perchè la legge non viene applicata, che ci sono gli ottantenni (se è per quello, anche i 50nni) nullafacenti. Il decreto Gelmini non vedo proprio come risolverebbe il problema (toglie gli scatti di anzianità a chi non "lavora"... ma se se sono quelli già arrivati al massimo di scatti?). E, comunque, se non si applicano le leggi che ci sono già, figuriamoci...
La "meritocrazia" del decreto Gelmini è solo illusoria, è uno specchietto per le allodole per far aumentare il precariato, e regalare ai privati la gestione dell'università. E, finalmente, se ne sono accorti la maggioranza di chi lavora nell'università, moltissimi studenti, se non proprio la maggioranza, e anche moltissimi cittadini, che non si fanno "infinocchiare" da quelle che io oso definire parole false e bugiarde. (parere personale, naturalmente)
Ma per fortuna non sono l'unico: dalla suddetta mozione CUN, ti cito solo: "un serio pregiudizio al principio di autonomia universitaria", "un drammatico impoverimento del sistema universitario e della sua competitività internazionale", "Senza un adeguato consenso nel sistema universitario... è difficile immaginare che questa riforma possa giungere ad una piena ed efficace applicazione. Sarebbe una sconfitta per la politica ma soprattutto per il sistema paese."
Ti ripeto: queste sono le affermazioni dell'organo rappresentativo ed elettivo dell'università. Disponibili a tutti per la consultazione, basta andare sul sito del CUN.
Ciao
paolo
Il CUN è un organo tecnico - non politico e nemmeno culturale - che viene eletto dalla comunità universitaria, il cui compito è di dare pareri tecnici su provvedimenti e riforme, di intervenire sui raggruppamenti disciplinari e consimili. Non di rado fa invasioni di campo, come spesso accade in Italia a quasi tutti gli organi che non si attengono ai loro compiti istituzionali. Il CUN non deve entrare nel merito, altrimenti tanto varrebbe che sia lui a fare le leggi. Comunque, proprio per questa natura tecnica non è un "parlamento" rappresentativo della comunità universitaria. La sola idea fa ridere.
Le leggi non le fanno le corporazioni per sé: neanche nel periodo fascista avveniva questo. Non è che le leggi riguardanti il servizio sanitario nazionale le fanno i medici, né le leggi che regolano le farmacie le fanno i farmacisti, o le leggi sulla caccia le fanno i cacciatori. Per il banale motivo che sanità, caccia o istruzione sono di interesse nazionale, riguardano tutti e non i lavoratori del settore. Le leggi le fa il Parlamento, che è espressione della comunità nazionale. Perciò, se si fa quel tipo di ragionamento sul CUN bisognerebbe piuttosto concludere che la maggioranza del paese vuole la riforma, visto che il Parlamento l'ha approvata…
Quanto ai numeri delle firme, oltre al fatto che sono ormai 600 e crescono ogni giorno, mi guarderei da questo genere di confronti e da estrapolazioni statistiche fasulle. Quel documento è significativo. Punto. I moderati sono sempre molto "silenziosi". All'epoca della DC ci si chiedeva chi la votasse, visto che nessuno confessava di averlo fatto: poi prendeva anche il 38 % dei voti… La saggezza dei dirigenti del PCI partorì la famosa battuta: «Piazze piene, urne vuote».
be', a questo punto bisognerà vedere se la maggioranza in parlamento esiste ancora. A me pare che la povera Gelmini sia più altro in ostaggio di interessi che poco hanno a che fare con l'accademia. Calendarizzarla a dopo il 14 dicembre è stato un colpo non basso, bassissimo. Almeno di questo non diamo la colpa alla sinistra, però. La quale sinistra sa soltanto stare a guardare una destra che fa governo e opposizione tutto da sola.
Per animare la discussione cito un passaggio dell'articolo DA DOVE VIENE LA RIFORMA “GELLLMINI”: L’UNIVERSITA’ AI POTERI FORTI
DA DOVE VIENE LA RIFORMA “GELLLMINI”: L’UNIVERSITA’ AI POTERI FORTI
by Alessio Quinto Bernardi on Saturday, December 4, 2010 at 5:34pm: "tra i tanti obbrobri contenuti nella riforma Gelmini la presenza di una norma che consente alle università telematiche di diventare normali atenei non statali. Per esempio l’E-Campus di Francesco Polidori potrebbe essere equiparato ad una università non statale. “Mister Cepu”, grande amico e supporter del premier, tanto da mettere il suo network a disposizione di Berlusconi per raccogliere consenso, potrebbe trarre gran beneficio da questa possibilità. ..... E proprio questo appare il triste ed ineluttabile destino dell’università in Italia: un’occasione di business per amici dei potenti, grandi investitori (industriali, banchieri …) e lobbies trasversali."
Caro Balestrino,
la ringrazio delle sue ulteriori spiegazioni.
Mi permetto ora di segnalarle alcuni contributi che possono esserle utili per una valutazione più ampia della tematica.
Concorderà con me che la ricerca scientifica deve tenere in considerazione i vari aspetti del problema, le diverse linee interpretative, .... prima di pervenire ad una risposta.
http://dilbert.com/strips/ (è un famoso fumetto satirico che lei, avendo passato molto tempo in America, potrà apprezzare anche più di me.)
http://www.andu-universita.it/2010/11/05/ddl-mortale/
http://www.andu-universita.it/2010/10/15/venezia/
http://www.andu-universita.it/2010/11/05/ddl-mortale/
Gli ultimi tre link dal sito ANDU riguardano invece la pessima (a mio avviso s'intende) riforma universitaria appena approvata dalla Camera dei Deputati.
Ringrazio sempre il Prof. Israel per l'ospitalità.
PV
(trova il mio nome e qualifica in un precedente post)
La ringrazio per il ringraziamento e pubblico ma non mi va di trasformare il blog in un sistema di link per ANDU che ha già i suoi canali e francamente non si sta comportando in modo corretto: il suo sito è un conglomerato di insulti pesanti nei confronti di chi non è d'accordo con loro. Proprio lo stile che non ci vuole. E quanto alle università telematiche, figuriamoci cosa ne penso, ma c'è stata una risposta del ministro Gelmini sul Corriere che ha spiegato come, casomai, si sia tentato di regolamentare il settore. Per obbiettività bisognerebbe dirlo.
Caro Israel,
mi dispiace, ma, senza offesa, stavolta è lei che sta barando.
Il CUN "è organo elettivo di rappresentanza del sistema universitario" (Legge 16 gennaio 2006, n.18), e come tale rappresenta il sistema universitario, e ha quindi tutto il diritto di esprimere pareri e mozioni, anche non richiesti, al di là delle specifiche competenze tecniche più oltre precisate nel testo della legge. La mozione del CUN non prende affatto il posto del legislatore, esprime un parere, proprio in quanto istituto rappresentante il sistema universitario. Il che è perfettamente legittimo.
Sarei d'accordo con lei, caro Israel, se invece il CUN proponesse, che so, un testo alternativo alla legge, oppure l'abrogazione di un determinato articolo, cose che il CUN non si è nemmeno lontanamente sognato di proporre.
Le leggi sull'università le deve fare il parlamento, e questo è chiaro, ma la questione di cui noi discutevamo era un'altra, ovvero se il mondo universitario fosse o meno favorevole a questa legge, e direi proprio che è evidente che non lo è. (il parlamento avrebbe comunque il diritto di approvare una legge anche contro il parere del mondo universitario, è quello che, in effetti sta tentando di fare).
Ricordo bene i tempi dei democristiani, classe politica, comunque la si giudichi, infinitamente più capace e competente di quella attuale. E le ricordo che gli stessi democristiani erano soliti dire "chi non vota non conta". Certo, sarebbe bello poter votare tutti ma, in mancanza, restano solo i numeri di chi si è espresso, che sono nettamente contrari all'approvazione qui ed ora di questa legge. Perchè, anche chi la ritenesse una legge giustissima, sa benissimo che non potrebbe essere applicata, in queste condizioni di instabilità.
La pubblico soltanto per dirle questo. Lei è di quella categoria di persone che dice: "sei un cretino, senza offesa". Poteva dire "lei sta sbagliando", invece ha detto "sta barando". Baro è uno che cambia le carte in tavola, un imbroglione. Perciò non faccia il furbastro: non si insulta dietro il paravento "senza offesa".
Perciò nessuna risposta nel merito (potrei dargliela, eccome), ma soltanto: lei è un incivile.
Uno dei tanto che affollano il "dibbattito" di questi giorni.
Invece di "passare la giornata sui forum" come dice nel secondo messaggio, che cestino, vada a imparare la civiltà e ad esprimersi correttamente. Per un ricercatore universitario dovrebbe essere elementare.
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