Al Direttore de Il Foglio
Non crede che sarebbe opportuno evitare la definizione di "equivicinanza" per la politica del nuovo ministro degli esteri, prima che si consolidi nell'uso? Difatti, pare una definizione del tutto inappropriata.
Assistiamo per strada alla seguente scenetta. Un tizio investe una persona di sanguinosi insulti rivolti a lui e ai suoi antenati e dichiara di volerlo uccidere. Interviene un paciere che procede così. Evita accuratamente di far riferimento alle ingiurie e alle minacce e invita l'energumeno ad affidarsi ai suoi buoni uffici: una persona eccezionale come lui merita la massima stima e, se seguirà i suoi consigli, non potrà che ricavare una considerazione molto maggiore di quella che ha avuto fino ad ora, come è giusto che sia. Poi ammicca ai presenti osservando che è meglio non contrariare il soggetto, perché possiede dei bicipiti tali da mandare in poltiglia il setto nasale.
Un paciere così lo definireste "equivicino"? O non piuttosto un "vicino"?
Giorgio Israel
3 commenti:
D'Alema? Un "vicino" assai sgradito. Un furbetto convinto di essere uno statista di alto profilo. Eppoi via, quel nome! mi sa tanto di Ulema...
Un paciere come descrive Israel nella scenetta lo definirei piuttosto un "opportunista", che ignora la verità, usando come elemento convincente un dato di fatto che non ha nulla a che vedere con la realtà. Ne conosciamo molti...
Direi, un gran trasformista. Quand'era all'opposizione la sua politica estera sul MO non era diversa da quella di Diliberto. Ora fa il pragmatico perché intende creare un 'asse preferenziale coi democratici americani non appena scadrà il mandato dell'amministrazione Bush. Ma non c'è mai da fidarsi...
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