giovedì 2 luglio 2009

Giusto chiedere autonomia per le scuole. Ma l’anarchia educativa è un altro conto

Al tanto vituperato Illuminismo occorre almeno riconoscere il merito di aver concepito in modo organico l’idea di una diffusione universale della conoscenza e quindi della necessità di un’istruzione generalizzata; e l’altra grande idea che conoscenza e libertà sono indissolubilmente legate. Ma come trasmettere la conoscenza al popolo? In modo diretto il popolo non può acquisire nulla, così come non può governarsi direttamente. Occorre ideare delle strutture per la trasmissione e la formazione della conoscenza, così come il potere politico può esercitarsi soltanto con la rappresentanza. L’arte della mediazione e della rappresentanza è il fondamento sia della democrazia che dell’istruzione: non a caso il marchese di Condorcet pubblicava i suoi celebri scritti sulla riforma dell’istruzione e sui principi della rappresentanza elettorale in un periodico significativamente intitolato: Journal d’instruction sociale. La nostra visione della democrazia liberale è fondata sull’idea della rappresentanza. Sono stati e sono i regimi totalitari a ritenere che il popolo debba esercitare il potere direttamente (per “democrazia diretta”) e acquisire la conoscenza senza mediazioni. Sappiamo tutti a quali esiti abbia condotto questa visione. Difatti, poiché la democrazia diretta è praticamente impossibile salta sempre fuori qualche “avanguardia” che si propone come voce del popolo, impone la sua dittatura e gestisce la cultura e l’istruzione in nome degli interessi delle “masse”.
Cominciarono i Giacobini tagliando le teste di Condorcet e di chi la pensava come lui e sopprimendo istituzioni scientifiche ed educative. I totalitarismi del Novecento non sono stati da meno. È vivo il ricordo dei tempi in cui in Germania la relatività era proscritta in quanto scienza ebraica e in Unione Sovietica la meccanica quantistica in quanto scienza borghese. D’altra parte, l’alternativa di una democrazia popolare senza mediazione alcuna, neppure quella delle “avanguardie” (come la dittatura del proletariato), è un’illusione. Questa alternativa è la disgregazione totale: l’atomizzazione della società in gruppi che si chiudono in piccoli ghetti e si autogestiscono secondo principi molecolari. È la conflittualità perpetua, l’incomprensione fatta sistema, il declino culturale inarrestabile. Difatti, è inutile illudersi: la cultura moderna si è creata su standard nazionali e, casomai, oggi tende a ulteriori forme di globalizzazione, soprattutto per quel che riguarda la scienza. Ogni tendenza in senso inverso va in direzione della pura e semplice irrilevanza e della miseria culturale. Soltanto un ignorante o un fanatico può negare l’immenso progresso rappresentato dall’istruzione pubblica, che ha aperto la via della conoscenza a un numero sterminato di persone prima condannate all’ignoranza o all’analfabetismo. Certo, oggi ci misuriamo con i difetti e i burocratismi del sistema statalista ma il problema è correggerli, non distruggere quanto di positivo è stato realizzato con quel sofisticato apparato. La richiesta di maggiore autonomia del sistema è giusta ma va intesa saggiamente: non può significare abolizione delle regole, di standard generali, l’adozione di una istruzione “fai da te” gestita direttamente dalla “gente”: sarebbe una regressione che susciterebbe per reazione la spinta a un controllo autoritario.
Quindi, quando oggi sento che qualcuno parla di togliere l’istruzione allo stato per “riconsegnarla al popolo” mi viene da pensare che le lezioni non bastano mai se ci si dimentica ancora una volta che il mito nefasto e demagogico della democrazia diretta genera l’ignoranza e l’ignoranza conduce alla perdita della libertà.
(Tempi, 2 luglio 2009)

36 commenti:

Giorgio Israel ha detto...

Molto unilaterale il suo elenco. Che dire di tutti il pedagogismo di sinistra, dei ministri della sinistra come Berlinguer e De Mauro, dei sindacati, di un buon numero di associazioni professionali degli insegnanti, di tutta quella sinistra della didattica dell'autoapprendimento e dell'autonomia che sta facendo una guerra forsennata al nostro tentativo di una riforma della formazione degli insegnanti basata, appunto, sull'introduzione di regole generali? Lasci perdere la destra onesta e la sinistra disonesta e provi a ragionare in piena "autonomia". Autonomia di giudizio. L'unica che conta.

Giorgio Israel ha detto...

Molto unilaterale il suo elenco. Che dire di tutti il pedagogismo di sinistra, dei ministri della sinistra come Berlinguer e De Mauro, dei sindacati, di un buon numero di associazioni professionali degli insegnanti, di tutta quella sinistra della didattica dell'autoapprendimento e dell'autonomia che sta facendo una guerra forsennata al nostro tentativo di una riforma della formazione degli insegnanti basata, appunto, sull'introduzione di regole generali? Lasci perdere la destra onesta e la sinistra disonesta e provi a ragionare in piena "autonomia". Autonomia di giudizio. L'unica che conta. Mi fa molto piacere che lei sia d'accordo, ma faccia uno sforzo in più e si liberi dalla logica di schieramento.

broncobilly ha detto...

Soltanto un ignorante o un fanatico può negare l’immenso progresso rappresentato dall’istruzione pubblica, che ha aperto la via della conoscenza a un numero sterminato di persone prima condannate all’ignoranza o all’analfabetismo...



Calma...



In the united States the school system remained largely private and unorganized until the 1840s. In fact, the first national census conducted in 1840 indicated that near-universal (about 97%) literacy among the white population had been achieved...

Giorgio Israel ha detto...

Qui siamo tutti calmissimi....

1. Qual è la fonte?
2. Fra la popolazione bianca (comunque vago: inclusi gli immigrati?)
3. Del tutto incredibile. Allo stato attuale ancora il 24% della popolazione USA è definita funzionalmente illetterata (vuol dire che al massimo sa apporre una firma) e un altro 25% è "marginalmente non illetterata") (vuol dire che al massimo sa leggere qualche notizia in un giornale sportivo). Negli stati del sud la somma di queste due categorie arriva al 70%. Il 45% per cento su scala nazionale non ha mai letto un libro e il 27% dei militari non sa leggere un manuale. Solo il 40% dei diplomati dalle scuole superiori è considerato "buoni lettori" e solo il 6% lettori di "alto livello". Il 75% degli studenti non sa collocare la presidenza Lincoln con una tolleranza di errore di 25 anni. Fonti: US Dept. of Education. Si vede che in un secolo e mezzo c'è stata una decadenza drammatica....
4. Tutti gli studi indicano che il livello medio delle scuole statunitensi era (ed è tuttora!) inferiore a quello medio europeo.
5. Per non parlare delle università, che si sono sollevate a partire dalla Seconda guerra mondiale, raggiungendo punte di eccellenza ben note (punte, non certamente tutte!), mentre prima erano modestissimi centri didattici, in cui non si faceva ricerca, di livello di gran lunga inferiore sotto ogni punto di vista a quelle europee, in particolare tedesche e francesi ma, tra gli inizi del Novecento e gli anni trenta, anche italiane.
Ma si sa... noi italiani siamo esterofili a tutti i costi, anche quando non ce n'è bisogno...

broncobilly ha detto...

1. La Fonte è il U.S. Census Bureau. Personalmente mi sono imbattuto in questi dati leggendo Glenn Charles - Il Mito della scuola unica - Marietti.

3. Non mi riferivo allo stato attuale.

4. Non mi riferivo allo stato attuale. Nel frattempo c' è stato un certo Horatio Alger, icona della centralizzazione. Non vorrei sbagliarmi ma l' attuale impegno del governo USA verso la scuola pubblica assorbe una quota di PIL superiore alla nostra. A livello scolastico, se proprio vogliamo avere un' idea dei modelli privatistici, dobbiamo rivolgerci a Olanda o Svezia, è lì che vanno fatti in confronti. La Finlandia con le sue scuole comunali poi, esprime bene il modello decentrato.

5. Sono d' accordo che le Università americane funzionino (ci sarà un motivo se tutti scappano lì). Quindi, autonomia, competizione e connessioni con il mondo del lavoro funzionano, almeno a quel livello.

Comunque io sono d' accordo che una buona dose di "centralizzazione" serva. Serve sempre quando si è indietro e bisogna "copiare" il meglio degli altri. Serve un po' meno quando bisogna "scoprire".

paolo casuscelli ha detto...

Gentile professore,
io non so a chi sia venuta in mente la ripresa di simili castronerie: togliere l'istruzione allo Stato per consegnarla al popolo. Ma mi pare che siano boutades, di gente che vuol far ironia. Mettiamola così.
Piuttosto, vedo un problema reale negli atteggiamenti populistici dello Stato e dei suoi Ministri. Uno Stato che strizza l'occhio al popolo, alle sue esigenze, ai suoi bisogni immediati, invece di far da guida a formare nuove, mediate, esigenze, nuovi bisogni, è uno Stato aziendale, sindacale. La demagogia è il male presente, le dittature sono il male, per nostra fortuna, lontano.

Approfitto di questo commento per ringraziarla di una sua recensione a Vita e destino, che mi ha spinto a leggere un libro importantissimo. Grazie.

E ancora, dal momento che lei è nella Commissione per la riforma, vorrei sottoporle, se questo può essere considerato uno spazio adeguato, un mio problemino professionale, come dire, deontologico.
Insegno Lettere nella scuola media e mi ritrovo ad aver poco tempo da dedicare all'educazione dei miei alunni. Troppo poco. Del tempo che ho, molto mi viene sottratto dai “Progetti” che “progettano” i miei colleghi. Progetti “orientamento” che cominciano a ottobre e finiscono a dicembre, alunni sottratti dalle classi per esodi verso parate di licei e istituti superiori che si autorappresentano in caroselli pubblicitari. E “progetti” vari, roba da mettersi le mani ai capelli, tutti ben pagati, s'intende. Domanda: Posso rifiutarmi di far partecipare i miei alunni a “progetti” approvati da un Collegio dei docenti, per poter fare il mio lavoro d'insegnante, o me ne vado in galera? Ho deciso di farlo, in ogni caso. Ma mi dica, c'è la speranza che vengano aboliti i progetti dalla scuola e si possa insegnare senza troppe interruzioni, oltre quelle istituzionali (circolari, bidelli che entrano, caos nei corridoi, insegnanti che sbraitano, etc)?
Dal prossimo anno scolastico, le cose riguardanti la gestione dei tempi peggioreranno, in modo davvero preoccupante. Con la riforma, un'ora in meno di Italiano e un'ora in meno di storia. Sottrazione che si amplifica a dismisura nella conseguenza del dover coprire per intero due classi, con l'insegnamento di Lettere. Prima se ne aveva una di classe, per intero, e in un'altra o Italiano o storia e geografia. Adesso ci sarà una responsabilità totale verso due classi, ma con quattro ore in meno. Io non so come si potrà fare, davvero.
Certo non potrò più far conoscere il Don Giovanni di Mozart, né il Magnificat di Bach, né Tom Waits o Capossela ( si potrebbe chiedere: E perché tu? Non c'è l'insegnamento di Educazione musicale? Perché o io, o niente), non potrò, in terza, leggere assieme agli alunni i Promessi sposi nel testo integrale, né legger loro Dostoevskij, né spiegare il mimetismo umano alla luce di Girard, né commentare la Bibbia, né criticare Nietzsche, né evocare la Lectura Dantis sotto la guida di Carmelo Bene. E non avrò tempo neppure per spiegare le ventuno proposizioni da me catalogate per la logica del Periodo. Insomma, se non potrò trasmettere l'amore per quel che amo, che dovrò insegnare, come, con quale stato d'animo, se già negli anni passati si è spesso esacerbato? E non per gli alunni, e non per gli alunni.

Luigi Sammartino ha detto...

Il sistema scolastico americano non funziona proprio per niente.

http://www.youtube.com/watch?v=w7nCfRDCcT4

Se una notizia come questa venisse fuori a proposito della scuola italiana, con quelle percentuali lì, già mi immaginerei le polemiche e le accuse di essere, l'Italia, un paese del terzo mondo.

Celer ha detto...

Finalmente parliamo di autonomia scolastica ovvero del devastante cambiamento introdotto da Berlinguer-Moratti a partire da una decina d'anni fa. Può il prof.Israel pubblicare anche gli interventi degli altri? Diversamente il blog è incomprensibile!

Giorgio Israel ha detto...

La critica al devastante cambiamento introdotto da Berlinguer, De Mauro, Moratti e tutta la compagnia cantante dei pedagogisti di stato la faccio da non so quanto tempo. Ne è pieno il blog e ci ho dedicato buona parte di un libro. Altro che "finalmente".
Abbia pazienza, ma quali sarebbero gli "interventi degli altri" che dovrei pubblicare? Da quando è iniziata la nuova serie del blog ho cestinato soltanto un (1) messaggio perché villano. Che cosa mai pretende? Che scriva io o vada in cerca degli interventi "degli altri" che piacciono a lei?

Celer ha detto...

Cerchiamo di stare sui contenuti: innanzitutto occorre chiarire attraverso espliciti riferimenti all'attuale situazione scolastica italiana cosa s'intende con lo slogan "riconsegnare la scuola al popolo" che può essere interpretata in modi affatto diversi. Fondamentalmente temo che la componente politica prevalente sia nella composizione di Governo sia all'opposizione parlamentare, che è liberale e cattolica, intendano riconsegnare la scuola al popolo attraverso una devolution sempre più spinta, che ha trovato in Europa ( obiettivi di Lisbona) consistenti punti di riferimento,e che si va ormai pienamente realizzando attraverso i cavalli di Troia pedagogici dell'autonomia ( Berlinguer) e della personalizzazione (Moratti).Giudico negativamente tali principi pedagogici sia a priori, in quanto contrari alle imprescindibili conquiste sociali e civili in Europa e negli Usa tra '800 e '900, nonchè al ruolo nevralgico della scuola statale così come viene definito dalla nostra Carta costituzionale, sia a posteriori costatando di fatto i danni prodotti al sistema scolastico italiano da 10 anni a questa parte. Per quanto riguarda l'università, la quale naviga a vista in acque decisamente peggiori rispetto alla scuola, essendo centro di potere lobbistico da sempre purtroppo in Italia, mi riferisco soltanto al ruolo che essa ha svolto negli ultimi anni nella formazione degli insegnanti della scuola. I risultati sconfortanti hanno contribuito pesantemente al degrado di cui si parla talvolta a sproposito, ma anche in modo purtroppo veritiero.
Allora chiedo al Prof.Israel e ai frequentatori del blog: avete letto dei Corsi di laurea per formatori professionali avviati da tre università italiane? Sapete chi accede a quei corsi? Sapete cos'è e a quale fetta di popolo si rivolge la formazione professionale? Sapete chi ci mette i soldi? Sapete che i famosi risultati dell'indagine OCSE-PISA con cui ci siamo accapigliati tra mea culpa e lanci di accuse reciproche erano il frutto di banali medie aritmetiche tra i risultati finlandesi dei nostri liceali e i risultati bassissimi dei ragazzi "orientati" verso i corsi professionali? Due deviazioni standard di differenza, un abisso di distanza. E sapete che tali corsi sono per lo più gestiti da enti ecclesiastici con i soldi della Comunità europea? E che gli insegnanti che ci insegnano, visto che ora si iscriveranno a questi pregevoli corsi universitari, per insegnare, si badi bene, italiano, matematica, inglese e un po' di storia, non sono nemmeno laureati? Nemmeno ad una laurea triennale?

Barbara ha detto...

La "scuola dell'autonomia" lanciata da Berlinguer si è tradotta banalmente e dannosamente nella "scuola dei progetti". Il problema di Junco è il mio medesimo problema. Ma quanti altri lo sentono come tale? Solo gli innamorati del lavoro. E sembra che siano proprio pochi.
Io ci provo ad oppormi, ma non c'è niente da fare; riesco solo a rovinarmi il fegato.
Personalmente sono addirittura favorevole ad una ricentralizzazione del sistema, semplicemente perché voglio dedicarmi con serenità e serietà all'insegnamento.
Tuttavia, se proprio dell'autonomia non si può fare a meno, affinché essa possa essere "per" la scuola e non "contro" di essa, credo sia assolutamente prioritario bandire in modo inequivocabile la sciagurata pratica del lavoro per progetti. Per di più lo Stato non farebbe che risparmiare negando i fondi per realizzarli.
Un secondo passo irrinunciabile sarebbe quello di operare una chiara ridefinizione dell'impianto programmatico, sia per riportare in auge i contenuti, sia per non incorrere nel pericolosissimo rischio del "fai da te" senza regole paventato giustamente dal professore.
Terzo passo: fare piazza pulita delgi organi collegiali, pure e semplici perdite di tempo dedicate interamente alle chiacchiere sui progetti.

Giorgio Israel ha detto...

Diverse cose che dice Celer sono giuste e condivisibili. Ma quanto al fatto che l'università stia peggio della scuola... lasciamo perdere... e stendiamo un velo pietoso... Sono d'accordo in toto con quanto scrive Barbara

Celer ha detto...

Grazie Prof, ma cosa ci dice della formazione professionale? E soprattutto dei corsi di laurea per la formazione dei formatori professionali? Corsi di laurea cioè per formare "insegnanti", o meglio per rendicontare i crediti di persone che non sono nemmeno laureate, nemmeno con una mediocre triennale ( perchè adesso Lei dice che l'Università funziona, ma che le triennali siano "lauree", guardi, proprio non ci crede nessuno, ragazzi in primis, glielo garantisco), e che già lavorano, e a cui vengono affidati i ragazzi più difficili e un settore assai delicato della scolarizzazione per l'assolvimento dell'obbligo scolastico? E secondo lei, docenti universitari che hanno messo su tutto questo hanno motivazioni etiche e culturali? Perchè in un momento di razionalizzazione dell'Università andiamo a creare addirittura nuovi corsi? Cui prodest? Francamente reputo tutto ciò una vergogna, l'ennesima vergogna perpetrata ai danni degli insegnanti e della scuola.Che i sindacati naturalmente sostengano l'iniziativa, non mi stupisce affatto a causa della sporca politica collusa che hanno fatto sul precariato. Per quanto rigurda i cosiddetti progetti ci sarebbe un mare di cose da dire. Sono d'accordissimo con Barbara, e voglio dire di più: i progetti sono entrati nella scuola con l'autonomia perchè sono lo strumento della privatizzazione dall'interno della scuola statale. Spiccioli ai professori in cambio di deregulation, erosione dei programmi culturali, erosione della professionalità insegnante, accondiscendenza agli interessi del mercato. Avete presente ad esempio il meraviglioso progetto "patentino" del motorino per indurre le famiglie a comprare/ far debiti e infine conformarsi alla fatalità che a 16 è "normale" rischiare di schiantarsi con il beneplacito educativo della scuola? Tale progetto è stato imposto nel 2004 a tutte le scuole del Regno e tutti noi professori dobbiamo cedere ore di lezione per consentire, in autonomia, s'intende (!), ai ragazzi di conseguire un patentino con cui potersi andare liberamente a fare del male. Tutto ciò è educativo, secondo il Ministero, e pertanto è anche giusto che una parte dei soldi del Fondo d'Istituto venga distratto dalle lezioni di recupero di Matematica e di Latino per darla alle Agenzie di Pratiche Auto, trasformate in agenzie "educative"! La vogliamo denunciare questa vergogna? O vogliamo magari educare a comprare anche le divise per andare al corso in motorino? Gli unici progetti che avevano ed hanno senso sono quelli interni alle scuole di aggiornamento dei docenti in servizio. Docenti docenti, intendo, laureati, abilitati e che abbiano superato pubblici e rigorosi concorsi. Mi scuso per lo sfogo, ma non se ne può più.

Giorgio Israel ha detto...

Credo che siamo praticamente d'accordo su tutto. Non difendo affatto certi comportamenti della docenza universitaria, che non è stata però lei a mettere in piedi le lauree triennali: questo è stato imposto dal governo. Poi, certo, non soltanto c'è chi se ne è approfittato indegnamente ma non c'è stato il coraggio civile di ribellarsi contro una riforma (il 3+2) che la stragrande maggioranza dei docenti universitari considera assurda, come considera assurde le lauree triennali. E sa perché non c'è stata ribellione? (Me lo lasci dire ché conosco bene la realtà universitaria). Perché quando qualcosa viene fatto da un governo di sinistra lo si accetta supinamente, anche se non lo si condivide (e il 3+2 è opera dei ministri di centrosinistra). Esattamente come si strilla come aquile se viene invitato il Papa a parlare mentre si sta in ginocchio ad ascoltare Gheddafi dire che "democrazia" vuol dire "il popolo sta seduto". Per il resto, l'unico vantaggio, non da poco, dell'università è che i sindacati non vi hanno peso (salvo che tra il personale non docente) e non vi sono le famigerate associazioni professionali che costituiscono una vera piaga della scuola. Comunque oggi è difficilissimo cambiare questa situazione perché si è creato uno schieramento corporativo politicamente trasversale in difesa di interessi consolidati nel corso di tre decenni almeno.
Per parte mia, ho provato a fare qualcosa, ma certo, se gli interessi corporativi faranno a pezzi un progetto che avrà i suoi difetti, ma tutto è salvo che corporativo e bada ai contenuti, mi prenderò il lusso di raccontare in un libretto tutto quanto ho visto, capito e sofferto.

Luigi Sammartino ha detto...

Professore, ma perché ce l'ha tanto con il 3+2?
Io sapevo che tale sistema era stato introdotto per allineare l'università italiana al resto d'Europa.
Ora, io non ho il quadro complessivo di tutto sistema universitario europeo, ma le nazioni più importanti hanno il 3+2.
In Inghilterra c'è la Bachelor e la Master degree, in Francia c'è la Licence e la Maîtrise, in Germania c'è la Junggeselle e la Master-Grad

Infine, io frequento il blog di un professore del Politecnico di Milano che ha esposto alcuni risultati relativi a tale riforma. E risulta che, almeno nel settore dell'Ingegneria, il sistema ha funzionato bene.

Cosa c'è nel sistema Bachelor + Master che non va bene?

Giorgio Israel ha detto...

Dei difetti del 3+2 mi sono occupato nel mio libro.
Comunque, in sintesi:
1) Che il sistema dovesse essere introdotto perché "lo chiedeva l'Europa" era una leggenda metropolitana inventata dal ministro dell'epoca, come può testimoniare chiunque abbia partecipato a quegli eventi. L'Italia è stato il paese più zelante ad applicare Bologna.Molti altri non ci hanno pensato nemmeno, resistono e speriamo che insistano per il loro bene.
2) I sistemi degli altri paesi, come la Francia sono antecedenti e non sono equiparabili al 3+2.
3) Comunque, la laurea quadriennale italiana era stimata al massimo all'estero. Qualsiasi laureato in materie scientifiche in Italia veniva ai primi posti nelle selezioni per borse postdottorali negli USA, e ora non è più così. Un laureato in matematica o fisica italiano ne sapeva il doppio di un francese: ho lavorato a lungo a Parigi e ci invidiavano il nostro sistema. Pur essendo il loro, ripeto, diverso dal 3+2.
3) La laurea triennale è una frantumaglia di corsi, talora di pochi crediti, che hanno praticamente raddoppiato quelli precedenti, sminuzzando tutto e non fornendo alcuna preparazione solida, oltre che rendendo isterico lo studente che deve fare un numero doppio di esami e non riesce mai a fermarsi su una materia per assimilarla. Questo può andar bene per corsi molto tecnici, è un disastro per le materie di base. Che ci faccio io con un corso di storia della matematica di 4 crediti? È una buffonata. E come si può fare un corso serio di equazioni alle derivate parziali in tre mesi? Difatti, a matematica non si fanno quasi più dimostrazioni, che è quanto preparare un falegname senza che pialli mai un pezzo di legno.
4) Nessuno studente si ferma al livello triennale, per il banale motivo che con quella "laurea" non ci si fa assolutamente nulla, al più si ottiene un piccolo aumento di stipendio come impiegato. Non si può insegnare, fare l'avvocato, il farmacista, ecc. praticamente nulla.
Potrei continuare con l'avvilente sistema dei crediti e il mercato indegno che provoca: "mi manca un credito, potrebbe farmi qualche domanda e darmelo", me lo sono sentito chiedere tante volte. Oppure: "vengo a sentire il suo seminario se mi conferisce crediti". È lo sputtanamento della cultura e dell'interesse ai livelli più volgari. Come rispose Magris a uno studente: "Lei chiederebbe a una ragazza quanti crediti otterrebbe dandole un bacio?". D'altra parte, gli studenti hanno tutte le ragioni: il sistema è questo e produce questo ignobile involgarimento.

Unknown ha detto...

d'accordissimo su tutto. però si è parecchio strillato anche contro la riforma berlinguer. è vero che in genere la docenza universitaria è in maggioranza di sinistra ma è anche vero che la sinistra quanto a fuoco amico è sempre in prima fila. Ha mai sentito colleghi di sinistra parlare di Mussi?

broncobilly ha detto...

Mi chiedo se possa essere istituito un parallelo tra un' organizzazione "decentrata" in ambito scolastico e la pratica della "democrazia diretta" in ambito politico.

Spesso quest' ultima soluzione è applicata ad organizzazioni politiche iper-centralizzate.

Se proprio si vuole costruire una similitudine con l' ambito politico, trovo più congruo farlo riferendosi alla soluzione federale. E in questo caso si direbbe che la soluzione funzioni visto che ben pochi Stati rinunciano a percorrere questa via.

Lucio ha detto...

"Purtroppo" sono stato fuori sede per piu' di una settimana ed ho perso questo scambio di opinioni molto istruttivo ed interessante.

Due parole in breve su come la penso riguardo ad alcune cose:

1) L'autonomia didattico/scientifica non funziona se non e' accompagnata da un'autonomia finanziaria (almeno a livello universitario);

2) La laurea quadriennale italiana non era normalmente seguita da un dottorato (o Ph.D. che dir si voglia). Il dottorato uno se lo faceva all'estero e qui contava come un "bonus" nei concorsi, ma non era richiesto. La laurea quadriennale italiana era equiparata ad un Masters (e' successo anche a me) ed il laureato italiano che andava all'estero non ci andava (tranne forse qualche caso eccezionale) per una borsa postdoc, ma per fare il Ph.D. e poi, da li', decideva se restarsene fuori con le posizioni postdoc o se rientrare. Il confronto fra il nostro vecchio sistema e quello nuovo, o quello di altri paesi, e' dunque difficile. E non va domenticato nemmeno che, in molti altri paesi, la scuola superiore termina a 18 anni e non a 19 come da noi. Forse, il confronto appropriato che si deve fare e' soltanto alla fine del percorso complessivo, cioe' dopo il dottorato. Se guardiamo solo il 3+2, invece, credo che molte delle lacune siano dovute non all'algoritmo 3+2 per se, ma a come e' stato implementato (qui si che ha colpa la componente docente dell'universita'), per quella compressione dei corsi che ha reso difficile la didattica sia dalla parte degli studenti che dalla parte dei docenti.

Lucio Demeio

Luigi Sammartino ha detto...

Professore, grazie per la risposta.
Ad ogni modo, ma chi è che sta parlando di "riconsegnare la scuola al popolo"? Io l'unica cosa di cui sono a conoscenza è il progetto di federalismo scolastico della Lega Nord. Forse è a questo che lei si riferisce quando parla della necessità di mantenere i programmi scolastici su standard nazionali? Oppure questa idea di decentralizzare è ormai diventata la parola d'ordine di molti altri movimenti politici?

Giorgio Israel ha detto...

L'organo educativo della Compagnia delle Opere

Alessandro Marinelli ha detto...

Egr. prog. Israel,
mi chiamo Alessandro Marinelli e sono uno studente universitario laureato in matematica (laurea triennale). Ho seguto la discussione fin qui, ma volevo chiederle alcune precisazioni riguardo ad alcuni suoi post. Lei ha scritto:

"L'Italia è stato il paese più zelante ad applicare Bologna.Molti altri non ci hanno pensato nemmeno, resistono e speriamo che insistano per il loro bene."

Può entrare un pò più nel dettaglio? Vuol dire che in altri paesi c' è qualcosa di simile alla vecchia laurea quadriennale? Ma una situazione di forte riduzione della qualità dei laureati nelle discipline scientifiche non è presente anche all' estero? Cosa ne pensa del libro "Ipotesi sull' università" di M.Giaquinta e di A.Guerraggio, dove è scritto che:

'Un collega, Jean Pierre Demailly, anche lui un matematico, interrogandosi sull' analoga situazione francese, si chiede si le but est de former des citoyens dotès d' esprit critique, ou au contraire de serviles éxécutantes rabachant des connaissances dogmatiques apprises par coeur'

Inoltre leggo che:

Come rispose Magris a uno studente: "Lei chiederebbe a una ragazza quanti crediti otterrebbe dandole un bacio?".

Spero voglia perdonare la mia ignoranza, ma chi è Magris?

Giorgio Israel ha detto...

Sì, ad esempio in Spagna non c'è il 3+2 e c'è una fortissima opposizione al tentativo di introdurlo. Quanto al degrado dell'istruzione universitaria e non, è indubbio, ma dipende da altri fattori, in primis - per quanto riguarda la scuola - dai deliri pedagogisti dell'autoapprendimento, dell'insegnamento olistico ecc. di cui ho parlato a lungo nel mio ultimo libro. Più che parlare a vanvera di colpe del nozionismo - il vero problema è che le nozioni non le sa più nessuno - bisognerebbe mirare il problema. Consiglio di consultare il sito del celebre matematico francese Lafforgue che ha osservato che dare in mano l'istruzione ai pedagogisti è quanto affidare la democrazia ai Khmer rossi.
A proposito, lei sa chi sono i Kmer rossi?
Ora mi permetta di fare un'osservazione in modo non polemico, anzi la prenda in senso costruttivo e amichevole, la prego. Io perdono la sua ignoranza ma non la sua pigrizia. Claudio Magris è uno dei più noti intellettuali italiani, al pari di Umberto Eco (sa chi è?). Noto all'estero, e persino in predicato del Nobel. Io non lo amo molto, ma non c'entra niente, è ultrafamoso.
Ora, non le viene il dubbio, prima di chiedere, che sarebbe il caso di dare un'occhiata, per esempio, a Google, non tanto (o soltanto) per non fare una figuraccia ed esibire il livello culturale di troppi studenti anche laureati, ma per non esibire la loro pigrizia, la mancanza di modestia e la mancanza di parametri elementari circa cosa si debba sapere?
E ripeto, non la prenda a male. Ma sa, io sono un insegnante e credo nel mio ruolo. E mi dispiace per chi si ostina a dire che bisogna rimettere il giudizio degli insegnanti in mano agli studenti.

Alessandro Marinelli ha detto...

Egr. prof. Israel,
lei dice di credere nel suo ruolo di insegnante e io ne sono profondamente convinto; dopo aver frequentato il suo blog per mesi, letto i suoi articoli passati e recenti, letto più volte e (nel mio piccolo) meditato il suo libro "Chi sono i Nemici della scienza", sono convinto che le si debba dare atto della convinzione nel suo ruolo di insegnante senza discussioni. Il problema, secondo me, è che se avessi incontrato un maggior numero di insegnanti seri, competenti e convinti dell' importanza del proprio ruolo, forse lei non avrebbe avuto motivo di chiedermi "sa chi sono i Kmer rossi?". Le dirò, la prima volta che ho sentito parlare di Kmer rossi è stato proprio sul suo blog. Mi capita spesso, in questi ultimi anni, di navigare in rete e di leggere di questo e di quello, ma ogni volta che incontro un termine, una persona o un' espressione che non conosco vado sempre su google e cerco di saperne di più. Effettivamente, prima di pubblicare il mio post avevo pensato di leggere da qualche parte chi fosse Magris, ma poi ho pensato che sbirciare per qualche secondo su Wikipedia una manciata di informazioni su questa persona non mi avrebbe affatto autorizzato a pensare di sapere chi fosse. Insomma, ho pensato, tanto vale dire la verità: non so chi sia questa persona. Ricordo un suo intervento sul blog in cui esprimeva il proprio disappunto nei confronti di quanti, trovandosi a corto di argomenti in una discussione, fanno un giro in rete, leggono frettolosamente qualcosa da poter sbattere in faccia al proprio interlocutore e lo postano contando di passare per persone informate e pronte a ribattere colpo su colpo con prontezza e competenza. Ecco, io sono perfettamente d' accordo con lei riguardo a questi tipi di atteggiamento; le garantisco che non me la prenderò a male solo perché una persona molto più colta di quanto non lo sia io mi accorda il privilegio di dirmi la verità, ossia che sono ignorante. Per quanto mi riguarda, poi, non vedo perché io debba aver fatto una "figuraccia"; a mio giudizio, volersi informare e porre domande non è causa di imbarazzo e vergogna. Ripartendo da cio che mi scrive, ero già stato sul sito di Laurent Lafforgue, ma purtroppo non parlo il francese e tutto ciò che so di lui l' ho appreso da lei tramite il blog e i suoi libri (e credo che abbiate perfettamente ragione). Personalmente mi rendo conto, come laureato, di essere molto impreparato non solo in matematica; per questo le chiedevo un parere sul libro di Giaquinta e Guerraggio. Quello che vorrei davvero tanto è un consiglio da lei; cosa consiglierebbe a un giovane studente universitario soffocato da moduli e sottomoduli, CFU, "ulteriori abilità linguistiche e relazionali" e il resto del ciarpame? Lei si lamenta, giustamente della mia pigrizia, ma a me piace molto leggere e ho molti interessi al di fuori della matematica. Per esempio, sto cercando di capire un pò di fisica (ai corsi universitari non avevo letteralmente il tempo di capire alcunché) e mi interessano molto alcuni particolari periodi della storia europea e americana (per esempio le rivoluzioni del '700). Naturalmente, la responsabilità del mio basso livello di cultura non va imputata soltanto a mediocri professori, né voglio minimamente conformarmi all' italica abitudine di dare sempre la colpa agli altri. La colpa è anche e soprattutto mia, ma non sono affatto sicuro di aver compreso dove, come e perché. Ci terrei molto a conoscere il suo parere su tutto ciò.

Alessandro Marinelli

Giorgio Israel ha detto...

Lungi da me cercare di umiliare qualcuno per "ignoranza". Siamo tutti fin troppo ignoranti fino alla fine dei nostri giorni. Il problema è di esserne consapevoli e di cercare di colmare le proprie lacune. Non è questione che internet non vada bene per prendere un'informazione generica. Può bastare in certi casi, almeno per informarsi a un livello elementarissimo. Il vero problema qui è di rendersi conto di quanto un certo tipo di informazione dovrebbe essere ovvio per un laureato oppure no. Non avere questa consapevolezza è colpa dell'istruzione che è stata data, non certamente di chi l'ha ricevuta. Dovrebbe essere naturale conoscere i nomi più noti della cultura italiana. Se lei non li conosce non è colpa sua, ma nostra. Ma io mi permetto di sollecitarla ad assumere un atteggiamento diverso da quello che le è stato trasmesso, che è di credere che quando uno ha preso il "pezzo di carta" conosce. Peggio: che le "nozioni" e le conoscenze non contano niente, quel che conta è il metodo. La citazione che lei ha fatto prima (in francese: ma lo conosce o no?) non mi piace, perché il vero dramma è che oggi si svilisce tutto quel che è nozione, e persino l'apprendere a memoria, e abbiamo un esercito di persone cui si pretende di aver appreso a imparare e non sanno nulla, neppure come imparare.
Vorrei che fosse chiarissimo che non avevo né ho la minima intenzione di "svergognarla", ma mi colpisce molto che - anche in un giovane così attratto dal desiderio di conoscere come lei - manchino i "fondamentali". Non per il caso Magris in sé - per carità - ma per l'assenza della capacità di orientarsi nell'informazione. In questo senso, lei ha completamente ragione a dire che se avesse incontrato un numero maggiore di insegnanti, ecc. .... proprio così, ma non soltanto. Aggiungerei: se l'istituzione non fosse stata massacrata in tal modo da sindacalisti, pseudoeducatori, "esperti scolastici", gente che non sa nulla ma pretende di dire agli altri come si deve fare e che hanno messo all'angolo coloro che desiderano insegnare nel pieno senso della parola, riducendoli al punto di desiderare di andarsene in pensione per l'impossibilità di esercitare in modo degno la loro funzione. E purtroppo, siccome - checché se ne dica - gli studenti non hanno sufficienti metri di valutazione, spesso vanno dietro ai peggiori, ai demagoghi, a coloro che solleticano la vanità e la pigrizia e non ai docenti che appaiono severi e rigorosi e poco compiacenti.
Nel merito della sua richiesta non ho letto il libro di Giaquinta e Guerraggio e quindi non saprei darle un giudizio né, per la verità, programmo di leggerlo a breve.

Alessandro Marinelli ha detto...

Egr. prof. Israel,
No, purtroppo non conosco il francese, ma avevo capito già il significato della frase con un traduttore; ho solo qualche rudimento di inglese, sufficiente per leggere e capire un libro di matematica e per una conversazione elementare. Mi piacerebbe davvero imparare queste due lingue, ma per il momento l' università ha già provveduto ad occupare tutto il mio tempo con una montagna di corsi ed esami. Non che io simpatizzi per un' università paese dei balocchi, anzi, ma vorrei anche poter approfondire e prendere confidenza con gli argomenti che studio, invece che veder svanire la maggior parte della materia in questione dalla mia memoria dopo tre mesi.

Come dice lei, "dovrebbe essere naturale conoscere i nomi più noti della cultura italiana", e magari ha ragione a dire che "se lei non li conosce non è colpa sua, ma nostra", ma devo anche confessarle che definirei i miei interessi, abbastanza "specifici". Per spiegarmi meglio, mi interessano solo alcuni temi d' attualità, così come sono interessato per lo più solo ad alcuni periodi storici, a anche solo di alcuni paesi. Per farle un esempio, ho letto dei libri sulla storia della rivoluzione americana e biografie (anche abbastanza corpose) di uomini come Washington e Franklin (il quale, tra l' altro, imparò il francese praticamente a 70 anni; alla fine dovrò fare come lui), ma non ho mai letto una storia d' Italia. So cosa si festeggia domani in Francia, ma le confesso di avere solo una piccola infarinatura del risorgimento italiano. La cosa le sembrerà paradossale, immagino. Il punto è che nessuno mi ha mai detto di leggere quel libro perché ecc., o quell' altro perché ecc. quindi ho letto solo ciò che suscitava il mio interesse e/o ciò che il caso sottoponeva alla mia attenzione. Naturalmente, non credo affatto che questo sia un bene.

Un motivo per cui sono stato tanto spontaneo e informale nel chiederle chi fosse Magris è che pensavo non fosse poi così grave ignorare chi fosse. In altre parole, pensavo che la domanda "chi è Magris ?" fosse molto più tollerabile, in un certo senso, di domande come "chi è Benito Mussolini?". Lei, comunque sia, mi dice che così non è e io le credo, così come penso che le sue accuse nei confronti di sindacalisti, pseudoeducatori, ecc. siano fondate, ma per quanto riguarda la mia richiesta? Non esiste un modo che potrebbe adottare uno studente universitario, per esempio, per cercare di rimediare almeno in parte a quel "disastro culturale" su cui tanto (e giustamente) ha scritto? Lei ha parlato di "assenza della capacità di orientarsi nell'informazione", ma non pensa che per noi studenti universitari il tempo, che per capire veramente matematica o qualunque altra disciplina impegnativa è già risicato, sia ancor più scarso per poter ampliare la propria cultura in altre direzioni? In "Chi sono i nemici della scienza" lei, giustamente, esprime disappunto nei confronti di quegli studenti per cui università = mercato dei crediti, che non vogliono libri ma solo dispense per poter passare più in fretta possibile l' esame (qualunque esso sia), ma non crede che sia una scelta un pò obbligata? Non si tratta del mio caso, si badi, perché da anni vorrei potermi dedicare allo studio di alcuni bellissimi libri che ho comprato su Amazon.com (per esempio il Gilbarg-Trudinger per le EDP ellittiche del secondo ordine, o il Dacorogna per il Calcolo delle Variazioni, o tanti altri), ma come si trova il tempo quando occorre affrontare uno sciame di esamini, idoneità, laboratori, ecc.? Mi scusi tanto per il piccolo sfogo, ma approfitto di questa interessantissima conversazione con lei anche per lanciarle una richiesta di aiuto/consiglio, diciamo così.

Alessandro Marinelli

Luigi Sammartino ha detto...

Mi piacerebbe domandare ad Alessandro Marinelli quale indirizzo di scuola superiore ha seguito.
Grazie.

Giorgio Israel ha detto...

Lasciamo perdere Magris, che alla fine diventa stucchevole. Una domanda a Alessandro Marinelli. Se lei è romano perché non mi viene a trovare? A Settembre, ovviamente.

Alessandro Marinelli ha detto...

Egr. prof. Israel,
mi piacerebbe davvero molto poterla conoscere di persona. Non sono romano, ma abito ad Ascoli Piceno e capito a Roma di tanto in tanto perché ho una sorella che studia lì. Se mi fa sapere una data che le fa comodo, farò di tutto per esserci. Se preferisce comunicarmelo di persona invece che sul suo blog, il mio indirizzo di posta elettronica è alemari1986@libero.it

Egr. sig. Sammartino,
Ho un diploma di maturità scientifica. Se la sua domanda era motivata da una certa perplessità nei riguardi dalle mie un pò anomale conoscenze di storia, le dirò che la ragione di questa stranezza è molto semplice. Durante gli anni del liceo, e specialmente nel triennio, ho avuto alcuni insegnanti molto esigenti riguardo alla loro materia, mentre altri erano completamente indifferenti alla qualità e quantità del loro insegnamento. Altri ancora erano strani e ritoccavano i programmi a loro esclusivo piacimento. Per esempio, l' insegnante di letteratura italiana approfondiva molto le spiegazioni integrandole con dettato di brani tratti da volumi di famosi critici. Anche in latino era esigente, ma in quel periodo mi prese una vera e propria frenesia per quella materia, per cui non mi fu difficile avere buoni voti; la studiavo anche nel tempo libero, traducevo diversi autori e ho partecipato anche ad un paio di concorsi. L' insegnante di storia dell' arte era il più esigente e ci faceva studiare sull' Argan, un libro (che io sappia) che si usa all' università, ma ancora oggi riconosco e apprezzo le opere di moltissimi pittori scultori e architetti, dai maestri del '500 ai capolavori impressionisti di Renoir e Monet. Infine, l' insegnante di storia e filosofia si prendeva molta libertà nel modificare i programmi; per esempio, (per quanto mi ricordo) saltammo completamente la scoperta dell' america, la rivoluzione americana, gli anni '20 e la grande depressione e tutto il periodo successivo alla seconda guerra mondiale. In filosofia, invece, gli ultimi a essere studiati furono Kant, Hegel e Marx, ma nessun altro. Il peggiore fu senza dubbio l’ insegnante di matematica e fisica: pigro e menefreghista; di fatto, ho odiato la matematica e la fisica sino all’ università quando, sotto un docente appena appena un po’ migliore, mi hanno stregato. Purtroppo, l’ entusiasmo con cui ero partito nello studiarle è stato smorzato e soffocato da quanto ho incontrato in università. Insomma, io stesso non mi stupisco delle evidenti e numerose anomalie del mio bagaglio di conoscenze storiche e non solo. Non so cosa ne pensi il prof. Israel, ma io credo che si tratti di una situazione molto comune oggigiorno tra i miei coetanei; diretta conseguenza del fatto che a ognuno di noi siano capitati docenti bravi, meno bravi e incompetenti (anche se, come dice giustamente, noi studenti il più delle volte non siamo affatto in grado di parlare legittimamente di "competenza" di un docente). Comunque sia, io non faccio mistero della mia ignoranza, ma garantisco di avere molto interesse ad imparare e a capire, e con me altre persone della mia età. Si accettano consigli per colmare le lacune e portare a termine nel migliore dei modi entrambe le cose.

Alessandro Marinelli

P.S.: tempo fa, ben sapendo come le lacune nella mia conoscenza di materie come la storia e la filosofia la rendano molto simile a un fomaggio svizzero, pensai addirittra di iniziare a leggere qualche libro della Storia d' Italia di Indro Montanelli e della Storia della Filosofia di Bertrand Russell. Lei, professor Israel, cosa ne pensa?

Lucio ha detto...

Francamente, gli Eco, i Magris o i Moravia non li abbiamo conosciuti sui banchi di scuola, ma grazie alle nostre letture o discussioni personali, nonostante una persona della mia eta' abbia frequentato la scuola ben prima dell'avvento dei pedagogismi. Tutto dipende dalle "antennine" che ognuno di noi ha verso il mondo esterno, in quale direzione sono rivolte e quanto ricettive sono. Mia madre (classe 1926) ha soltanto la licenza elementare, ma conosce parecchie cose in piu' dei giovani di oggi (tranne la matematica). Ma non ha trascorso il suo tempo libero davanti alla playstation, piuttosto ha letto libri, giornali, etc.

Cordialmente
Lucio Demeio

PS: per Marinelli: vada con Bertrand Russell!!

Luigi Sammartino ha detto...

Gent.le Alessandro.

La mia domanda nasceva da una curiosità dettata da una specie di "discussione" che avevo fatto con alcuni partecipanti di questo blog qualche tempo fa.
In tale discussione io avevo espresso il parere che i programmi di Storia erano troppo poco approfonditi nella scuola superiore, e in particolare negli indirizzi non liceali. Soprattutto avevo espresso il parere che gli istituti non liceali sarebbe stato meglio riconvertirli in tipi di scuole più vicine ad un modello liceale.

Tuttavia, se lei ha fatto un liceo ma i suoi professori non avevano voglia di lavorare questo è un altro problema. Ma provi a pensare a chi venendo da un istituto tecnico o professionale non è nemmeno in grado di scrivere (e parlare) in un italiano decente, mentre lei scrive benissimo, e non mi sembra poi così malacculturato come si definisce.

Io, ad esempio, di storia dell'arte ne so pochissimo.

Barbara ha detto...

Desidero ringraziare Alessandro Marinelli, peraltro un mio concittadino, per la simpatia, la semplicità e la schiettezza. Bellissimo il suo acceso desiderio di imparare, quello stesso che ha sempre spinto anche me a domandare tanto, fin dall'infanzia.
Vorrei dirgli che per colmare le mie numerose lacune, ma primariamente per rispondere al mio bisogno di capire e sapere, conosco un solo rimedio: leggere.
Cerco ostinatamente ogni occasione e modo per farlo.
Anch'io, però, fatico parecchio a ritagliarmi il tempo necessario: oltre agli impegni familiari (ho due bimbi piccoli), i corsi di aggiornamento (sono un'insegnante di scuola elementare) vanno in tutt'altra direzione, ostacolando odiosamente il mio tentativo di migliorarmi. Per questo ho insistito molto, anche su questo blog, sulla necessità di permettere agli insegnanti di studiare.
Anche noi, è ovvio siamo vittime del crollo del sistema scolastico, la cui involuzione progressiva è molto visibile all'interno del corpo docente: noi insegnanti giovani, infatti, siamo quasi tutte laureate, capaci di usare il computer, più brave nella organizzazione delle attività di contorno, nella preparazione di lezioni moderne (quelle fatte con le schede stampate e i file scaricati da internet), ma la nostra preparazione è evidentemente inferiore a quella delle docenti più anziane, solo diplomate.
Per contrastare questo cancro, non conosco altro rimedio che continuare a seguire l'attrazione per la conoscenza, leggere molto e guardare a quelli che sono migliori di noi.
Un caro saluto ad Alessandro e al professor Israel.

Caroli ha detto...

Caro omonimo Marinelli, nel mio Liceo Scientifico di trentacinque anni fa l'Argan era il testo comunemente adottato in Storia dell'Arte. Sapeva che Giulio Carlo Argan è stato sindaco di Roma? All'epoca, io votavo già...

Alessandro Marinelli ha detto...

Egr. Caroli,
no, non sapevo che Argan fosse stato sindaco di Roma; devo confessare che all' epoca non mi interessava nulla di lui, pur essendo assai occupato a sbrogliarne la matassa di spiegazioni e commenti sulle opere dei grandi maestri. Se 35 anni fa era piuttosto comune l' uso di questo bellissimo (ma non semplicissimo) libro in un liceo scientifico, non credo che oggi lo sia ancora. Mi sbaglierò, ma penso che si tratti sempre di un processo di eccessiva facilitazione e superficializzazione della didattica nelle scuole (e non solo). Non riesco altrimenti a capire come mai lo scorrere del tempo abbia visto e veda tuttora un progressivo pensionamento di libri più vecchi, ma qualificatissimi, a fronte di un' assunzione sistematica di libri meno corposi, spesso eccessivamente sintetici e più "facili" per gli studenti. E' un pò quello che vedo nelle librerie, quando scorro i testi per il nuovo ordinamento delle facoltà scientifiche: "meccanica per le lauree triennali", "analisi matematica per il triennio", ecc. Non li ho mai usati e ho sempre preferito testi più classici e (secondo me) di gran lunga più validi (per esempio quelli della collana Bollati Boringhieri). Si è detto "ma molti testi sono eccessivamente approfonditi e non più appropriati per le lauree triennali"; di sicuro, ma non sono i libri (e quindi le materie da essi trattate) a doversi adeguare, casomai è il contrario.

Caroli ha detto...

"La mia generazione ha perso" (Giorgio Gaber). Lei, Marinelli, racconta uno dei tanti aspetti di questa sconfitta che il cantautore milanese/triestino aveva messo in musica.

Quando ho sostenuto l'esame di "Progetto del Reattore Nucleare", complementare del mio piano di studi del V anno di ingegneria, ho studiato anche le "Lezioni di Teoria del Nucleo" dei proff. Sitenko e Tartakovskij, edizioni Mir. Vorrei vedere uno studente di oggi, magari di ingegneria nucleare (se esiste ancora), cimentarvisi, ammesso che quel testo si trovi ancora. Dico questo a conferma delle sue tesi. Grazie per l'attenzione.

Alessandro Marinelli ha detto...

Egr. prof. Israel,
approfitto di questa riapertura dela discussione con il sig. Caroli per segnalarle (ammesso che non ne sia già al corrente) e per sentire il suo parere su quello che vorrebbe essere un forte segnale di "rinnovamento" e di "svecchiamento" di tutto questo ciarpame d' altri tempi in materia di scuola (libri qualificati, studio più approfondito, ecc.). Ha letto il programma di Beppe Grillo in materia di istruzione? Lo trova alla pagina:

http://www.beppegrillo.it/2009/10/primarie_dei_ci_13/index.html

Forse noi laudatores temporis acti dovremmo imparare qualcosa da Grillo, visto che ci rivela anche che "Le persone istruite [...] è più difficile ingannarle". Ma a parte queste rivelazioni inaspettate, non pensa che alcune proposte abbiano senso?