È perfettamente comprensibile che i passati tumultuosi rapporti tra scienza e fede – in buona sostanza il “caso Galileo” – inducano alla prudenza e al desiderio di non aprire nuovi conflitti e anzi di stabilire un terreno di concordia. Ma spesso si dimentica che quei conflitti furono tali soprattutto per motivi d’intolleranza nei confronti del libero pensiero, mentre, nella sostanza, le posizioni di fondo che si confrontavano erano perfettamente legittime. Il timore che nascano nuove accuse d’intolleranza – nel contesto dell’ostilità diffusa in occidente nei confronti del “proprio” pensiero religioso – non può però indurre ad accettare come “verità scientifiche” indiscutibili, da prendere per buone come tali e da “conciliare” con la fede, quelle che sono soltanto credenze metafisiche contrabbandate come fatti oggettivi sperimentalmente accertati.
Le neuroscienze contemporanee hanno aperto terreni nuovi di ricerca e permettono di approfondire tanti aspetti del funzionamento del cervello prima inaccessibili e di descrivere, in prima approssimazione, ciò che accade nel cervello quando si pensa. Ma è assolutamente arbitrario sostenere che le neuroscienze stiano chiarendo (o addirittura abbiano chiarito) la formazione del pensiero e abbiano dissolto il concetto “metafisico-teologico” di anima in quello oggettivo-naturalistico di mente-cervello. Al contrario, la transizione senza soluzione di continuità dalle neuroscienze alle neurofilosofie, facendo credere che le seconde siano la logica conseguenza delle prime, è indebita e rappresenta un modo inelegante di far passare per verità oggettive basate sul metodo sperimentale una vecchia metafisica materialistica che ha le sue origini nella rilettura unilaterale del cartesianesimo da parte di Lamettrie, d’Holbach, Cabanis, Hélvetius e altri. Non a caso, anche i riduzionisti più radicali ma attenti a un approccio serio, come Jean-Pierre Changeux, si guardano dal ricorrere a terminologie del tipo «il cervello pensa», ammettendo con Paul Ricoeur trattarsi di un vero e proprio ossimoro.
Sono ancor oggi perfettamente appropriate le parole scritte quasi un secolo fa da Henri Bergson: «È comprensibile che degli scienziati che filosofeggiano oggi sulla relazione tra fisico e psichico si schierino con l’ipotesi parallelista: i metafisici non hanno fornito loro nient’altro. Ammetto pure che preferiscano la dottrina parallelista a tutte quelle che si potrebbero ottenere con lo stesso metodo di costruzione a priori: trovano in questa filosofia un incoraggiamento ad andare avanti. Ma se qualcuno di loro ci verrà a dire che questa è scienza, che è l’esperienza che ci rivela un parallelismo rigoroso e completo tra vita cerebrale e mentale, ah no!, lo fermeremo e gli risponderemo: potete senz’altro, voi scienziato, sostenere questa tesi, come la sostiene il metafisico, ma non è più lo scienziato che parla in voi, è il metafisico. Ci restituite semplicemente quel che vi abbiamo prestato. La dottrina che ci offrite la conosciamo: esce dalle nostre botteghe, siamo noi filosofi ad averla fabbricata; ed è merce vecchia, molto vecchia. Non per questo vale di meno, ma neppure per questo è migliore. Datela per quel che è, e non fatela passare per un risultato della scienza, per una teoria modellata sui fatti e capace di rimodellarsi su di essi: una dottrina che ha potuto assumere, prima che si sviluppasse la nostra fisiologia e la nostra psicologia, la forma perfetta e definitiva in cui si riconosce una costruzione metafisica».
Una lettura intellettualmente libera delle ricerche e dei risultati delle neuroscienze contemporanee deve saper discernere criticamente i risultati oggettivi dalle indebite estrapolazioni metafisiche. Tanto per fare un solo esempio, la dimostrazione di Changeux che, mentre una persona acquisisce l’idea che due forme geometriche diversamente poste sono congruenti mediante una rotazione, lo stesso fenomeno geometrico accade in ambito neuronale, è di grande interesse ma non costituisce (come si pretende) una dimostrazione dell’ipotesi parallelista mediante la descrizione di come si producano nel cervello le rappresentazioni. Difatti, la rappresentazione scelta è del tutto particolare e la “dimostrazione” non contraddice, anzi è coerente con l’idea bergsoniana che gli stati cerebrali descrivano soltanto gli aspetti locomotori dell’attività mentale. Si conferma la difficoltà di descrivere la formazione di pensieri non riconducibili a fenomeni spazio-temporali rappresentabili nei termini della spazio-temporalità matematica. Né alcuno sa indicare come superarla se non attraverso la semplice affermazione apodittica della riducibilità di ogni aspetto della realtà a relazioni quantitative. Ma questa è una mera ipotesi metafisica.
Il punto è che non appena si accetta l’ideologia naturalistica, non vi è più “dialogo”: la conciliazione tra scienza e fede avviene per sparizione del secondo “dialogante”. Nessun pensiero religioso vivo può convivere con il naturalismo, che ne costituisce la negazione radicale. Il naturalismo ha come progetto la riduzione del pensiero e dell’anima a mere manifestazioni di processi fisico-chimici. Entro questa riduzione i temi della libertà, della finalità, della morale si dissolvono.
Ma – ripeto – opporsi risolutamente al naturalismo non significa opporsi alla scienza. Al contrario. Significa opporsi a qualcos’altro: alla pretesa ontologica, ovvero di costruire una scienza oggettiva dell’essere. Questa filosofia si è impantanata nella diatriba tra dualismo e monismo che non poteva non condurre al prevalere di quest’ultimo in versione materialistica: ne fa testo la facilità con cui il cartesianesimo è stato riletto in chiave materialistica e, come tale, è stato sussunto a filosofia fondativa della scienza.
Chi ha cuore i temi che sono al centro dell’esperienza e del pensiero religiosi non dovrebbe dialogare con le neurofilosofie, bensì, da un lato guardare alla scienza (alla neuroscienza) nei precisi confini in cui essa ha un valore indiscutibile e, dall’altro, dialogare (e far dialogare la teologia) con le filosofie che hanno tentato nel corso del Novecento di superare le aporie dei grandi sistemi ontologici. Penso in particolare a filosofi come Bergson e Husserl che hanno affrontato questo obbiettivo, in modi assai diversi ma con una preoccupazione comune, come ha ben messo in luce Emmanuel Lévinas.
(L’Osservatore Romano, 9-10 dicembre 2009)
34 commenti:
Gentile professore,
come può ben immaginare non concordo con quanto scrive ma vorrei porle due domande per capire un passaggio che non mi è chiaro.
Lei dice "Il naturalismo ha come progetto la riduzione del pensiero e dell’anima a mere manifestazioni di processi fisico-chimici. Entro questa riduzione i temi della libertà, della finalità, della morale si dissolvono."
Quello che le chiedo è
1) per quale ragione questa viene vista come una riduzione? Se stiamo studiando un fenomeno di cui ancora non conosciamo tutto come facciamo a dire che è una riduzione? una riduzione da cosa? Ovvero usando un esempio abusato che forse spiegare i fulmini come fenomeni fisici li ha ridotti dall'essere messaggi divini?
2) Per quale ragione il risultato di questa operazione esplicativa i temi della libertà e della morale si dissolvono? Il fatto che siano fenomeni chimico-fisici non implica in alcun modo che non producano meccanismi di scelta o stiamo aprioristicamente dicendo che non possono esserlo?
Insomma per quale ragione se eventualmente scoprissimo che il mondo è "naturalistico" questo dovrebbe essere un problema? Sarebbe un problema solo se prima di scoprirlo decidessimo che è un problema, e non è forse questa la pietra dello scandalo? Partire dalle risposte piuttosto che arrivarci strada facendo?
La ringrazio anticipatamente del tempo concessomi
cordialmente, Fabio Milito Pagliara
Per il banale motivo che ricondurre la spiegazione di qualcosa a qualcos'altro si chiama tecnicamente "riduzionismo". Non l'ho inventato io e i riduzionisti sono i primi a dire di esserlo. Ricondurre la spiegazione di un fenomeno a fatti fisici si chiama riduzionismo fisico, ecc. Altra cosa è dire che questa riduzione (che ovviamente non c'entra nulla con la faccenaa del fulmine, che è un esempio non pertinente, e non vale la pena di spenderci parole) è menomante, ovvero impoverisce la rappresentazione del fenomeno. È quello che dico, che lo si condivida o no. E la ragione è che una spiegazione naturalistica esclude la libera scelta - non dica che un fenomeno fisico-chimico può produrre una libera scelta, non cadiamo nell'assurdo. Diciamo più sinceramente, come dicono i meccanicisti coerenti che la libera scelta non esiste, è un fantasma. Ma io ritengo che la libera scelta sia un fatto altrettanto e forse più evidente di un qualsiasi fenomeno fisico.
Egregio Giorgio Israel,
stabilire uno stato nello stato, immaginare due diversi piani tra lo spirito e la materia, potrebbe generare una scissione controproducente, un ritorno ad una posizione filosofica che postulava una gerarchia in cui quella superiore, lo spirituale, è il valore supremo, quello inferiore, la materia, è il disvalore, o nella migliore delle ipotesi, il campo su cui esercitare una tecnica per ricavarne degli utili.
Ma comunque sempre qualcosa di inferiore.
Del resto io non vedo differenza tra il rozzo e ottuso meccanicismo materialistico e l'esangue e arrogante spiritualismo.
Perché se è vero che "Il naturalismo ha come progetto la riduzione del pensiero e dell’anima a mere manifestazioni di processi fisico-chimici. Entro questa riduzione i temi della libertà, della finalità, della morale si dissolvono" è altrettanto vero che uno spiritualismo del libero arbitrio ha moralisticamente irrigidito a tal punto la condotta umana da ridurre paradossalmente proprio quella libertà che diceva di avere come fine della sua condotta.
Del resto che sia possibile una libertà nel determinismo del Deus sive natura non lo affermo io ma Spinoza.
Leggetevi un po' di Husserl e/o di Bergson per arricchire la prospettiva. È consigliabile anche la lettura de "La natura e la regola" (Changeux-Ricooeur). L'alternativa non è tra materialismo e spiritualismo. E Spinoza non può essere classificato come un naturalista (ovvero un materialista) e, in ogni caso, non è detto che il suo tentativo di conciliazione funzioni. Non si citano i filosofi con lo stile dell'ipse dixit. Forse un blog non è il posto adatto per fare una discussione filosofica.
Gentile professore,
le letture interessanti certamente non mancano e c'è chi sul campo del naturalismo cerca di affrontare questi problemi.
Ma molto più semplicemente a me sembra che la questione sia diversa, certamente il "libero arbitrio" (lasciamo questo nome per ora) c'è e qualsiasi spiegazione del mondo ne deve dare atto, ma non vedo perché il naturalismo (di cui il meccanicismo è una delle interpretazioni e non tutto il pensiero naturalista per quel poco che ne so)
Il ragionamento che dice "il naturalismo non può spiegare il libero arbitrio" a me sembra fallace perché si basa su "ora questa cosa non la so spiegare per cui non la saprò spiegare mai", non vedo perché andarsi a chiudere in questo buco e smettere di cercare.
cordialmente, Fabio Milito Pagliara
No, il ragionamento non è certamente "ora questa cosa non la so spiegare per cui non la saprò spiegare mai". Questa è una presentazione denigratoria e di comodo (quello che gli anglosassoni chiamano un argomento alla "Aunt Sally"), basata su un difetto di conoscenza della letteratura critica.
Gentile professore,
che dire è ovvio che stiamo semplificando come ha già detto lei il blog non è il luogo per una discussione approfondita è c'è fior di letteratura che critica la letteratura critica in modo più raffinato.
Credo che il punto sia non smettere di cercare non scartare aprioristicamente la possibilità che il naturalismo possa spiegare il libero arbitrio.
Per il resto credo continueremo a studiare ancora a lungo (almeno spero di riuscirci).
Nel ringraziarla del tempo concessomi le porgo i miei più cordiali saluti, Fabio Milito Pagliara
Continuo a dire che si può scartare non aprioristicamente ma sulla base di precisi argomenti razionali.
Certo che è strano leggere che potrebbe essere possibile spiegare il libero arbitrio come risultato di reazioni chimiche/fisiche.
Equivale a dire che tutto ciò che dà senso alla nostra vita (l'amore, la gioia, la solidarietà, l'eroismo, la sensibilità artistica e via dicendo) potrebbe non essere il patrimonio unico e inalienabile di singoli individui, di persone, perché sarebbero il risultato di una catena di cause-effetti che, un giorno o l'altro, potremo predeterminare grazie ad un modello.
Tutto ciò è contrario all'evidenza, e non è necessario leggere pile di libri per capirlo.
E' il "rozzo e ottuso meccanicismo" citato in un altro post.
Ma la cosa grave è che queste idee sono alla base di tutte le ideologie che negano la dignità della persona umana perchè la riducono ad oggetto passivo di processi ineluttabili che la determinano. L'illusione è che questi processi possono essere compresi e grazie a questa "scienza" l'uomo potrà diventare una "cosa" manipolabile a piacimento.
Una volta codificato l'"algortimo" della vita resterebbe da giustificare l'esigenza di alterare la sua sequenza: "libero arbitrio"?
E' questo il "buco", un po' grottesco, in cui ci si andrebbe a chiudere accettando queste ipotesi.
Mi dispiace se qualcuno sostiene queste idee. Peggio per loro, ma ci si deve confrontare proprio perchè il "libero arbitrio" può portare a sbagliare ma anche a cambiare idea.
Sarebbe però più onesto ammettere le evidenti conseguenze della loro ideologia ed abbandonare il tono apparentemente "libertario" con cui si cerca di ammantarle.
Preferisco di gran lunga il tono severo e rigoroso cui il professore ha la pazienza di replicare.
Gentile professore,
sarà un mio personale limite, ma a me sembra che gli argomenti razionali non possono prescindere da quello che sappiamo. Per cui al massimo possiamo dire che con le conoscenze in nostro possesso attualmente non siamo (ancora) in grado di spiegare il libero arbitrio in modo naturalistico (e pure su questo affermazione ci sono diversi autori che sostengono il contrario).
cordialmente, Fabio Milito Pagliara
Gentile Prof. Israel,
mi perdoni se il mio dizionario filosofico non è completo, ma con " opporsi a qualcos’altro: alla pretesa ontologica, ovvero di costruire una scienza oggettiva dell’essere" intende anche l'impossibilità di costruire una metafisica?
Saluti e grazie.
Alessandro
Caro Attento,
il quadro che dipinge è la caricatura del naturalismo, anzi è la caricatura del meccanicismo di fine ottocento. E la cosa più bella è che per fare questa caricatura si trascurano tutte le acquisizioni dovute alle implicazioni della teoria dell'evoluzione, che in sintesi dicono che come si sviluppa un individuo non è predeterminabile in quanto è un processo in continuo divenire, quindi in nessun modo una spiegazione naturalistica priva l'individuo della sua specifica individualità, anzi.
Inoltre avere una spiegazione naturalistica del libero arbitrio non implica che ne alteri in alcun modo il funzionamento o che si possa programmare proprio per la natura dello stesso attualmente ipotizzabile come probabile.
E' esattamente quest'atteggiamento che decide aprioristicamente su dati incompleti che la propria concezione del mondo è migliore e che quella naturalistica è inumana a spaventarmi immensamente.
Decidere che qualcosa deve essere sbagliata per propri fantasmi personali e per questo rifiutarsi di valutare un ipotesi mi sembra decisamente la negazione della ricerca della verità che dovrebbe animare tutti.
cordialmente, Fabio Milito Pagliara
"Forse un blog non è il posto adatto per fare una discussione filosofica"
Forse.
Però che dire del posto scelto da Socrate quando ha rivelato al suo discepolo Fedro che la cosa più importante è conoscere se stessi?
"Rivelazione" che ha segnato da allora tutta la Civiltà Occidentale, si può dire abbia creato l'individualismo?
Vieni con me Fedro, andiamo a trovare refrigerio presso il bordo di quella fresca sorgente, a trovare un po' di frescura, mentre il sole accalda, le cicale friniscono, sotto l'ombra di quell'albero, di quell'alto platano.
No caro Pagliara, mi sono un po' stufato di parlare con lei perchè gira e rigira intorno alla questione senza mai arrivare al punto:
"E' esattamente quest'atteggiamento che decide aprioristicamente su dati incompleti che la propria concezione del mondo è migliore e che quella naturalistica è inumana a spaventarmi immensamente."
Con questa frase continua a pretendere che qualsiasi affermazione e giudizio debba essere mantenuta "in sospeso" finchè non dimostriamo che è "vera" sulla base di "dati completi" (e, immagino, evidenze sperimentali).
Quindi, per lei, tutto ciò che dà un senso alla nostra vita, i sentimenti, le passioni che muovono montagne e qualificano, nel bene e nel male, la vita di un uomo e della società, non basandosi su "dati certi" è automaticamente degradato a livelli di conoscenza "inferiore" perchè non poggiano sulla solida roccia del mentodo scientifico.
Praticamente hanno diritto di parola solo gli scienziati.
E non parliamo poi dei suoi richiami all'idea dell'"eterno divenire", non si accorge che il suo è un modo appena più sofisticato per dichiarare che la vita, la storia, la realtà è priva di senso e che l'uomo è solo un esecutore di qualcosa che non gli appartiene. E' stata un'ottima argomentazione per qualsiasi regime ateo e autoritario (vedi post più recente su Zaslavsky).
Non è così che si può dialogare, lei ha un profondo pregiudizio, non vuole ammetterlo e, quel che è peggio vede il trave che lo acceca negli occhi dei suoi interlocutori.
Bene, allora, caro Fedro, fatte le dovute rispettive differenze con cotanti riferimenti, le propongo la lettura del mio "La macchina vivente" (Bollati Boringhieri, 2004). Forse può aiutare a conoscere sé stessi diversamente da una macchina.
E a Pagliara osservo che con il suo criterio potremmo lasciare aperta la questione se sia possibile un giorno realizzare il moto perpetuo.
Caro Attento,
non so che dirle lei cita una mia frase e poi invece di rispondere parla d'altro (un non sequitur) ritenti.
Ho semplicemente affermato che non si può scartare l'ipotesi che tutte le belle cose che lei cita (passioni, sentimenti, libero arbitrio) siano spiegabili naturalisticamente. Detto questo una volta spiegate naturalisticamente non vedo perché perderebbero di valore se uno non ha deciso precedentemente che una spiegazione naturalistica è priva di valore.
Né ho citato l'eterno divenire perché uno sguardo evolutivo è qualcosa di molto diverso, non si riparte ogni volta da zero per cui non è possibile andare sempre ovunque, non tutte le strade sono percorribili in ogni momento ma solo quelle che ci troviamo davanti quando stiamo per fare il prossimo passo (è un bel po' diverso!).
E gli uomini convinti di avere la Verità sbaglieranno sempre qualsiasi giustificazione usino (sia essa il divino, la scienza o quant'altro).
Mi parla anche di mancanza di senso ma non si accorge che il senso comunque ce lo mette lei essere umano che decide che il senso è il trascendente come io decido che il senso è il qui e ora fatto di responsabilità verso gli altri che lo condividono.
Non mi sento superiore a lei o a chicchessia perché ha idee diverse dalle mie proprio perché sono conscio che sono finito e limitato e non posso avere certezze ma solo convinzioni che devo giustificare.
Lei mi dice che ho pregiudizi ma lei mi ha detto che io "nego la dignità umana" con le mie idee, mi scusi come che faccia mi dice che io sono pregiudizievole? Si rende conto? Lei si costruisce una sua idea di quelle che sono determinate teorie e in base a quest'idea decide che quella teoria porta inevitabilmente a negare la dignità umana? Se le sembra una valida base di dialogo non posso che salutarla e chiuderla qui.
Vede il punto è proprio accettare che anche l'altra ipotesi sia possibile, l'ipotesi trascendentale a me sembra altamente improbabile ma non per questo dico che è da scartare aprioristicamente, resta sul campo per quanto a mio parere improbabile e superflua, né mi pare di aver detto che chi sostiene l'ipotesi trascendentale sostenga la negazione della dignità e dei diritti umani e sia a favore dell'instaurazione di una tautocrazia dittatoriale che soffoca nel sangue chi esprime idee differenti, eppure nella storia, e dunque nell'empiria, sono state la maggioranza (che poi la verità sia stata quasi sempre identificata con la parola di questo o quella divinità sempre portata da umanissimi messaggeri non aiuta ad avere una buona opinione di quali siano le "verità" più prone a portare all'instaurazione di un regime dittatoriale).
cordialmente, Fabio Milito Pagliara
Chi sostiene che tutto è spiegabile naturalisticamente, se è intellettualmente onesto, non nasconde di essere un materialista radicale e di ritenere che l'uomo sia una macchina e anche di considerare che passioni, sentimenti e libero arbitrio siano retorica e ciarpame superato. Ho già invitato a leggere il libro dialogo "L natura e la regola". Changeux è chiaro e onesto su questo punto e arriva fino a presentare Spinoza come un materialista, il che viene contestato da Ricoeur. C'è chi (preferisco non citarlo) presenta addirittura Spinoza come un ateo... Se si concepisce l'uomo come una macchina non resta che definire passioni, sentimenti e scelte mediante la teoria dell'utilità e le sue varianti. Non c'è scampo. È quello che ha fatto un'amplissima letteratura che viene dal Wiener Kreis in poi. Molto modestamente mi permetto di riproporre anche a Milito Pagliara, oltre che a Fedro, il mio modesto "La macchina vivente". Con il che questa discussione è da ritenersi chiusa perché, come credo avvertite, sta diventando ripetitiva e non porta argomenti nuovi, ma soltanto postulazioni di principio.
Caro professore non mancherò di leggere i libri che mi propone, da una lettura della recensione del suo libro mi sorge il dubbio che alla base della discussione ci sia un disguido visto che condivido quello che dice sul meccanicismo, d'altronde penso che il meccanicismo non estingua il naturalismo e forse stiamo solo usando termini uguali per intendere cose differenti ma non voglio tediarla oltre per cui le porgo ancora i miei più cordiali saluti
Fabio Milito Pagliara
cordialmente, Fabio Milito Pagliara
Sicuramente Fedro è proprio un birichino se ha affermato che l'uomo possa essere una macchina.
Però questo deve essere detto a Fedro.
Per quanto mi riguarda, visto che non sono Fedro, e non ho mai né affermato, né pensato, né tanto meno sognato essere l'uomo una macchina, sicuramente leggerò il libro propostomi.
Però è dura: non si possono fare discussioni filosofiche perché il blog non è il posto idoneo(ma per Fedro l'ombra del platano bastava), gli argomenti per questo faticano a nascere perché non hanno lo spazio per crescere, alla fine bisogna fare solo affermazioni apodittiche, ma quelle odorano di metafisica, e la metafisica non è scienza, alla fine Buon Natale e auguri sinceri.
Pagliara, fin quando glielo dice uno come me, che scambia il suo "sguardo evoluzionista" per becero materialismo ottocentesco, passi, ma almeno ascolti il professore.
Io non ho libri da consigliarle, ma semplicemente una verità luminosa come il sole da proporle: l'uomo è libero e la dignità della persona è l'unico valore su cui si può fondare la convivenza.
Lei, invece, vuole mettere in discussione questa verità, riducendo questi valori a un "risultato" di fenomeni naturali spiegabili tramite l'interazione di elementi materiali.
Non ha senso la sua frase sulla "responsabilità" (" il senso è il qui e ora fatto di responsabilità verso gli altri che lo condividono").
La responsabilità implica libertà di scelta fra il bene ed il male che posso fare agli altri ed a me stesso.
Ma per lei il bene ed il male potrebbere essere semplicemente degli "stati della materia", allora basterebbe un sensore adeguatamente sofisticato e buonanotte "libero arbitrio".
Ma, arrivato a questo punto, lei, candidamente, glissa.
Non posso credere che una persone con raziocinio arrivi a pensare questo senza poi cadere in unn abisso di inquietudine. Ed in effetti molti ci sono caduti, ricavandone riflessioni e manifestazioni artistiche di altissimo livello, ma elevarlo a teoria è assurdo.
Poi si arriva al punto del valore della conoscenza. Pretende dati oggettivi e prove sperimentali altrimenti tutto è confutabile.
E, dopo aver detto questo nega l'inevitabile conseguenza di assegnare ad una casta di "scienziati" l'ultima parola su qualiasi argomento.
Non si rende conto che la sua visione porta dritto dritto ad una società totalitaria "scientista" analoga a quelle che abbiamo subito nel '900. Anche su questo glissa senza ombra di autocritica.
Quello che è inquietante nei materialisti radicali e dogmatici come lei è la fredda e pacata tenacia e perseveranza, la certezza che i dogmatici siano gli altri.
Che le devo dire, mi dispiace, spero che veramente arriverà a leggere i libri che le hanno consigliato. La aiuteranna a smontare la prigione in cui si è chiuso.
A Sergio Rizzitiello: se è dura lasci proprio perdere la lettura. Qui le affermazioni apodittiche le ha fatte lei e l'invito alla lettura era proprio per sostituirle con la riflessione. Ma se costa tanto, lasci perdere, per favore. Non sono certo io a aver tirato fuori Fedro e ad aver parlato di "esangue e arrogante spiritualismo". Più che un'affermazione apodittica, in verità, questa è una definizione ridicola.
Egregio Giorgio Israel, visto che il Natale si sta avvicinando, io mi ero ripromesso di essere buono, perciò non voglio polemizzare.
Quando parlavo di "esangue e arrogante spiritualismo" mica ce l'avevo con lei, ma con quello spiritualismo falso, non nato dall'amore ma dall'odio e che per certi versi, ma non sempre, si è fatto paladino del libero arbitrio.
So bene che il libero arbitrio ha assolto ad un processo di corticalizzazione, un tentativo di individuazione, di emersione dell'io dai marosi dell'inconscio visto come angosciante e opprimente, però è indubbio che nel corso dei secoli ha irrigidito a tal punto l'essere umano dal cacciarlo in una camicia di forza.
Poi identificare posizioni naturalistiche con quelle "macchiniste" e di converso quelle "libero arbitristiche" come di per sé propugnatrici di libertà, sentimenti, passioni, eccetera, mi sembra ingiusto ed eccessivamente esemplificativo.
In ultimo: non potremmo ragionare senza polemica?
Senza immaginare intenzionalità aggressive annidate in una particolare critica?
In fondo: ragionare come fece a Socrate quando disse...a Fedro che a lui non interessava un bel nulla di Titani, elfi mostri ma solo della conoscenza di sé?
Pace.
Chi spiega tutto naturalisticamente tarpa una discreta parte della ragione e del suo utilizzo. A. D. Siniavskij scriveva, nei suoi "Pensieri Improvvisi": "Quando sarà spiegato tutto - tutto, capite? -, bella figura faremo!". Ma lo spiegare tutto non è appannaggio dei quattro giorni passati in quest'aiuola "che ci rende così feroci" (Dante).
È Natale, siamo buoni, per carità. Però forse, malgrado quasi un anno fa fossi ripartito con nuovi propositi non tutto è risultato chiaro. Mettiamo che un esperto di diritto privato, di patristica o di ingegneria gestionale tenga un blog ed esponga qualche considerazione in forma molto sintetica ma frutto di letture, riflessioni e ricerca sviluppate nell'arco di un paio di decenni o più e magari raccolte in qualche libro. Sarebbe normale oppure no che trovi alquanto esagerato che qualcuno che non ha avuto lo stesso percorso sentenzi in modo assertivo e sbrigativo, oltretutto usando un linguaggio che denota la poca dimestichezza col tema? Non dico che abbia il diritto di arrabbiarsi, ma di chiedere un atteggiamento un po' più prudente, sì. Non è che la filosofia sia un campo in cui, anche in assenza di letture sistematiche, uno può sentenziare a piacimento, quando in fisica o in filologia greca non oserebbe. Eppure, si fa, è usuale. Ho letto in giro definizioni del libero arbitrio da far accapponare la pelle. Vi sono post su argomenti di vita comune o di politica o altri temi su cui non esiste alcuna competenza specifica e su cui non vi è ragione di accamparla. Altri no. Perché li metto? Semplicemente perché, come ho detto ripetutamente, un blog è una sorta di diario. Su questi ultimi temi ci si attenderebbe un po' più di ritegno. Non a caso questo tipo di "incidenti" è avvenuto anche su temi di storia della scienza, in cui ho visto pontificare con una leggerezza sconcertante, magari prima facendosi una ripassata su Wikipedia e poi proponendo una summa in formato Bignami. Si parla tanto di merito, competenze, ecc. e poi basta che uno rilevi qualche affermazione un po' leggera e inviti a una maggiore prudenza e subito ci si offende. Siamo arrivati a tal punto che a un non più giovane professore che ha qualche competenza e un bel po' di tempo dietro di sé di lavoro speso non è consentito di invitare a porsi un freno invece di sparare come "indubbie" certe bizzarre asserzione sui "processi di corticalizzazione e emersione dell'io dai marosi dell'inconscio"? Continuo implacabilmente ad affacciarmi sulla rete ma certamente non per adeguarmi a comportamenti "democratici" che sarebbero impensabili in qualsiasi luogo di cultura degno di questo nome. Al contrario per contrastarli.
Eppure, Egregio Professor Giorgio Israel, le affermazioni "ridicole" e "bizzarre" andrebbero confutate con argomentazioni, non con inviti paternalistici a non farli, con asserzioni del tipo " un blog non è lo spazio adatto" e simili.
Se un argomento ci disturba per l'intrinseca infondatezza andrebbe rilevata e argomentata.
Lei che ne sa chi sono io?
Che ne sa dei miei studi?
Da quanti anni, anni, li stia coltivando con dedizione, passione, amore, fatica, parziale perdita della vista sui libri?
Come fa a sentenziare che "io sono io, perché mi chiamo "io"(ironia del bisticcio di parole) e lei non può parlarmi così perché non è lo stesso "io"?
Un sapiente che si ritiene tale, che profondamente si ritiene tale, dovrebbe far sua la lezione socratica del sapere di non sapere, dell'umiltà cristiana di aprirsi ad ogni voce e con quella interloquire, conscio che il regno dei cieli non è dei sapienti ma dei fanciulli.
E questo sia detto a Natale, perché siamo buoni, ma non stupidi!
Se lei pensa che esista un modo di confutare la corticalizzazione e l'emersione dell'io dai marosi dell'inconscio, allora ha ragione.
Comunque umiltà cristiana è trattenersi dal sentenziare in questo modo dicendo che è "indubbio"che il processo di corticalizzazione ha messo l'uomo in una camicia di forza, ecc. e poi accusare gli altri di sentenziare senza argomentare. Davvero lei ritiene di aver argomentato alcunché? E cosa le da il diritto di sentenziare e pretendere dagli altri di adoperarsi a confutare le sentenze che lei propina in modo assiomatico? Umiltà cristiana è anche sapersi vedere il trave nell'occhio.
E comunque qui cominciano a essere più di uno a parlare di umiltà cristiana quando non ottengono subito la ragione. Venire a fare la predica proprio a un ebreo sull'umiltà cristiana - per giunta con tanta prosopopea e stigmatizzando lo spiritualismo (anche quello cristiano?) - puzza di bruciato lontano un miglio. Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Francamente ne ho fin sopra i capelli.
Giusto perché è Natale chiudiamola qui con un buon Natale.
Certo, è difficile intervenire in un blog. Mi è chiaro che la cosa importante, che è anche la più difficile da realizzare, sia quella di mantenere il senso della misura. Prima di tutto, io mi ricordo sempre che nei blog altrui sono ospite e non autore. Se sono ospite a casa di qualcuno, non alzo la voce. Se mi sento offeso, o ingoio, o apro la porta e me ne vado.
Ad esempio, sulla questione del libero arbitrio, tutti hanno qualcosa da dire. Ma si può anche tacere, è una ragionevole possibilità. E per esempio, come ho fatto io, non per vantarmi, ma perché ha un senso, andarsi a rileggere Sant'Agostino ed Erasmo. Ho avuto più soddisfazione che se avessi ceduto alla vanità di dire la mia. Ma sarebbe stato essenziale?
Così...un criterio di ragionevolezza.
Io sono Tu che mi fai. Dove quel "Tu" è il festeggiato del 25 dicembre.
Francamente, la diatriba sui "marosi dell'inconscio" mi appare un tantino oscura ...
Credo fermamente che una spiegazione naturalistica dell'io e della coscienza (anima, passioni, etc.) non sia in contrasto con il libero arbitrio. Per ora, prendetela come un'affermazione apodittica; la potrei argomentare tranquillamente, ma non lo voglio fare prima di aver letto almeno "La natura e la regola", che sta aspettando la fine del libro che lo precede sui miei scaffali.
Buon Natale e Buon Anno a lei, Professor Israel, ed a tutti i partecipanti.
Cordialmente,
Lucio Demeio.
Questo glielo dico in privato perché tanto so che lei censurerà anche questo post come ha fatto con il precedente.
Non è leale quello che ha fatto nella sua ultima risposta, no, non parlo della censura del post, ma di aver aggiunto una parte che non compariva precedentemente, questo per darmi, velatamente(?) dell'antiebraico, con affermazioni del tipo: viene a parlarmi di umiltà cristiana a me che sono ebreo, dissacra lo spiritualismo ebraico ma probabilmente non quello cristiano, mi puzza di bruciato lontano un miglio, il lupo perde il pelo ma non il vizio, eccetera.
Perché ha pensato di aggiungere successivamente queste affermazioni di razzismo religioso che io, secondo lei, avrei commesso ai suoi danni?
Lei sa benissimo che non c'entrano nulla questo con le mie argomentazioni, io semmai le ponevo delle questioni di coerenza psicologica tra il comunicare e impedire di farlo, affermando da una parte che per parlare di certi argomenti bisogna portare approfondimenti, argomenti, e poi che la discussione non si può farla in un blog, invece lei ha voluto farmi passare per l'ennesimo razzista che con la scusa di affrontare discussioni culturali vuole esprimere solo il suo odio.
Questo è sleale.
Spero che se ne renda conto.
Comunque considerata la reazione psicologica che ha avuto nei miei confronti non la importunerò più e la saluto definitivamente augurandole una profonda riflessione su se stesso!
Sissignore, riflettendo sulla sua risposta ho fatto - come è mia piena facoltà - un'aggiunta. Perché ho sentito dentro qualcosa che mi aveva profondamente offeso e su cui ero passato sopra. Non è lo detto che lei è un razzista. Non faccia la vittima. Chi mi conosce un poco sa benissimo che quel che penso lo dico, e non ho detto che lei è un razzista perché non lo penso. Non sono di quelli che agitano l'arma dell'antisemitismo come una mazza per far star zitti gli altri. È lei che ha introdotto un argomento SLEALE e SCORRETTO dove non doveva entrare. Cosa c'entrava, in una diatriba sul modo di discutere, sbattere in faccia l'umiltà cristiana che si deve avere e che evidentemente io non ho, non essendo cristiano? Lei, che dice di aver letto tanto. Non sa che un odioso luogo comune, anzi comunissimo, è quello di rimproverare agli ebrei la mancanza di carità e umiltà che avrebbero i cristiani, mentre gli ebrei sarebbero quelli della vendetta, del'"occhio per occhio, dente per dente", eccetera, eccetera? E poiché lo sa, visto che non è un ignorante analfabeta, perché mai doveva tirar fuori questo rimprovero all'umiltà cristiana che si deve avere e io non ho? Come minimo una vera caduta di stile. Il razzismo non c'entra niente, è stato uno sleale ricorso a un luogo comune di pregiudizio. Non faccia la vittima, lei sa benissimo cos'è il razzismo. Non faccia la vittima e non rivolti la frittata, facendo passare per sleale e scorretto me, dopo aver fatto un atto profondamente scorretto.
Pertanto questo post glielo pubblico, perché una risposta se la merita e perché si veda cos'è un comportamento scorretto e nessuno venga più qui - come un altro ha tentato - di fare predicozzi sull'umiltà cristiana (predicozzi che, guarda caso, li fanno sempre quelli che non sanno dove sta di casa l'umiltà…). Il precedente post l'ho cestinato perché proseguiva in un'escalation di aggressività inaccettabile. Basta riguardare i suoi post. Ho prima tentato di osservare che era auspicabile una maggiore riflessività prima di sentenziare, mi ha risposto con un predicozzo su Platone e Fedro. L'ho buttata sullo scherzo con Fedro e lei ha risposto risentito, salendo progressivamente di tono, finendo sull'umiltà cristiana (ma poi, lei è davvero religioso?….). E mi rimprovera di averci fatto entrare cose che non c'entrano nulla!... Cosa c'entrava, di grazia, la carità cristiana?
E ha anche il coraggio di richiamarmi a una riflessione su me stesso!….
Se ricordo bene, lei ha già avuto un diverbio con un frequentatore di questo blog che le ha risposto per le rime. Ha mostrato di essere un prepotente ed è lei ad aver bisogno di una profonda e umile riflessione.
Al momento, si accomodi alla porta e si vergogni.
Scusate se mi intrometto nella discussione, oltretutto fuori tempo. Sento spesso parlare di libero arbitrio, ma non sono mai riuscito a capire di che cosa si tratti. Qualcuno sostiene che Tizio è fornito di libero arbitrio se e solo se (così si suole dire) avrebbe potuto agire diversamente. Ebbene supponiano (un'intuition pump) di poter tornare a mettere Tizio una seconda volta perfettamente nella stessa situazione soggettiva e oggettiva in cui ha precedentemente agito e che quello agisca in maniera differente. Concludo che Tizio è dotato di libero arbitrio, buon per lui. Ma non mi sembra una cosa buona e io di Tizio non mi fiderei più: spara a caso.
Se posso suggerire un titolo, comprensibile ma non banale, che fornisce tutti gli strumenti per approfondire il discorso suggerisco:
"Libero arbitrio. Una introduzione" del filosofo Mario De Caro edito da Laterza.
buona lettura :)
cordiali saluti, Fabio Milito Pagliara
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