La notizia che il Comitato Nazionale per la bioetica ha siglato un protocollo d’intesa con il Ministero dell’Istruzione per l’insegnamento della bioetica non è nuova, risale a qualche settimana fa. Ma siccome il percorso è tutto da definire e da settembre inizierà i suoi lavori un tavolo che dovrà definire le modalità di tale insegnamento, è opportuno iniziare a discuterne. Dopo aver visto a cosa è approdata l’introduzione della disciplina “bioetica” in alcune scuole europee, è legittimo paventare il rischio che questa materia diventi la testa d’ariete di un’etica laicista volta a indottrinare le nuove generazioni.
Non trovo affatto entusiasmante l’introduzione nella scuola di questa come di altre materie in nome del principio di tenersi al passo con i tempi. Si assiste a un curioso paradosso. Mentre si sviluppa un attacco frontale alla struttura disciplinare delle scuola, le uniche discipline che vengono ammesse, a discapito di quelle tradizionali, sono le discipline volte a educare alla cittadinanza, alle relazioni sociali ed affettive, ed ora alla bioetica. Mentre discipline tradizionali come la matematica, la storia o la geografia sono chiamate pagare un prezzo sull’altare di una sgangherata visione “olistica” dell’apprendimento, all’educazione alla cittadinanza o alla bioetica si vuol riservare la massima dignità e autonomia disciplinare.
In una nota per molti versi condivisibile, Ilaria Nava (sul sito web PiùVoce) ha chiesto che alla bioetica sia accordato la statuto di disciplina autonoma con un proprio metodo, accusando la tendenze laiciste di volerle negare tale diritto. In questa negazione scorge la radice del rischio «già in atto in altri Paesi, come Spagna e Inghilterra, dove in nome di una presunta neutralità etica che non è mai esistita e mai esisterà, parlare di “padre o madre” non è più politically correct, ed è visto come qualcosa di profondamente lesivo della laicità dello Stato». Perfettamente d’accordo sull’allarme di fronte a questo rischio, ma non è evidente che esso derivi dalla negazione alla bioetica di uno statuto autonomo. Al contrario. Proviamo a riflettere. Come, chi e in quale sede definirà lo statuto della bioetica e il suo metodo? Chi conosca la storia della scienza e della sua metodologia sa che è illusorio parlare di statuto e di metodo proprio persino nel caso della fisica o della matematica: si sono confrontate storicamente ed esistono tuttora opinioni diversissime al riguardo e la pretesa di definire lo statuto delle discipline scientifiche in termini apodittici è un’impresa senza speranza. Figuriamoci per la bioetica! Nel presentare le tematiche biologiche, per non dire le tematiche etiche, è inevitabile che siano presenti visioni a priori (che si tratti di metafisiche influenti o di visioni religiose) che è illusorio pensare di trasferire a una fase successiva a una disamina preliminare puramente “obbiettiva”. L’intenzione di pensare la bioetica non come una disciplina assertiva ma come una metodologia argomentativa che offre gli strumenti per pensare in modo rigoroso e obbiettivo i problemi posti dall’intervento sempre più marcato della scienza nella vita delle persone, è ottima, ma è velleitaria. Se ci si mette sulla via accidentata di definire lo statuto della disciplina in termini “obbiettivi” e “indipendenti”, l’unica autorità che resterà in campo sarà, per l’appunto, quella dei presunti “laici”, intesi come persone non influenzate da visioni metafisiche o religiose e ispirati a logiche puramente “scientifiche”. Ma persone di quel genere non esistono. Si rischia di cadere in un’illusione oggettivistica, di essere preda di uno scientismo positivista che è il cavallo di Troia dell’etica laicista.
L’equivoco e i rischi nascono dallo stravolgimento della funzione stessa della scuola. Da un lato vi è la visione secondo cui il ruolo della scuola nella formazione del cittadino consiste nel fornire conoscenza – conoscenza in quanto strumento di libertà – mentre la formazione etica non è confinata al mondo scolastico, bensì compete soprattutto alla famiglia e alle relazioni sociali. Sta al soggetto, munito della dote di conoscenze fornitegli dal sistema dell’istruzione, decidere liberamente cosa fare di sé stesso. La concezione alternativa consiste nello svuotare la famiglia e persino la società del loro ruolo di formazione etica e morale, trasferendo tutto alla scuola: la formazione del cittadino viene così delegata al sistema dell’istruzione mediante un complesso di “materie” o “discipline” che trasmettono i principi etici, relazionali e della convivenza sociale. È una concezione tipica di uno stato totalitario che oggi assume i connotati del laicismo di stato e di cui è esempio tipico lo zapaterismo. Sorprende che molti non vedano come la statalizzazione di funzioni proprie della famiglia sia la via maestra che conduce ad annullarne il ruolo e, di conseguenza, la distinzione dei ruoli al suo interno.
Occorre fornire ai giovani gli strumenti scientifici e la capacità di riflettere sui temi etici e morali? D’accordo, ma perché non dovrebbe bastare allo scopo una buona conoscenza della tematica biologica e un buon insegnamento filosofico? Abbiamo nel nostro arsenale culturale secoli di riflessioni filosofiche mille volte più ricche di certi penosi balbettamenti. Meglio rivalutare la filosofia e gettare alle ortiche certa bioetica da semianalfabeti.
Il vero problema su cui discutere non è lo statuto della bioetica – nessuno deve porre limiti allo sviluppo del pensiero – quanto l’opportunità di introdurre simili discipline nella scuola. È stato inopportuno introdurre l’educazione alla cittadinanza ed è stato uno sproposito fortunatamente abortito quello di introdurre con la legge Moratti l’educazione all’affettività. È davvero paradossale che una maggioranza che con lo zapaterismo dichiara di non aver nulla a che spartire commetta ogni tanto simili passi falsi. E peggio ancora che li commetta chi è ispirato da una visione religiosa.
(Il Foglio, agosto 2010)
12 commenti:
Egregio Professore, non abbiamo fatto in tempo ad esultare per il ruolo che Lei, con il suo bagaglio culturale, ha avuto nella commissione della riforma, e poco dopo ci ritroviamo con tutto e il contrario di tutto.
L'aver richiamato, nelle Indicazioni nazionali,l'introduzione di un livello di criticità di un modo di apprendere, l'aver eliminato l'artificiosa divisione tra cultura umanistico- filosofica, evidenziando "i modi di funzionare " della scienza, sì da mostrare le dinamiche che hanno generato le varie teorie nel loro storico apparire per il tramite di un' attenzione orientata agli aspetti valoriali legati all'impresa scientifica, non è forse bastato. O, più semplicemente, tutto ciò non è stato nemmeno letto.
Non voglio fare dietrologia, ma fa che sotto sotto ci sia Fini con il suo relativismo culturale di destra ? Stiamo facendo tanto per liberarci del tecnicismo e dello scientismo e mi domando :
perchè le commissioni, in questo Ministero, non si consultano ?
Ha ragione, Professore. La Bioetica è una disciplina importante per i suoi risvolti nella politica e nella legislazione, ma manca del rigore e della solidità necessari ad una materia scolastica. Prima di insegnare una disciplina a scuola, bisogna che su di essa vi sia almeno un consenso di massima! Così com'è, risulterà necessariamente un insegnamento ideologico o confessionale. Meglio sarebbe fornire le nozioni basilari all'interno dei corsi tradizionali (di scienze e di filosofia, direi) e lasciare che gli studenti si formassero un'opinione propria.
Ma il Ministero è proprio questo: tutto e il contrario di tutto. E di commissioni ve n'è a non finire, di nuove e di vecchie, ereditate dalle precedenti gestioni, più i nuovi consulenti, ecc. ecc. Ringraziamo la provvidenza che almeno si è riusciti a portare a casa le Indicazioni nazionali per i licei e (quando finirà lo stillicidio di un procedimento interminabile) la formazione insegnanti. E forse in futuro le Indicazioni per il primo ciclo. Poi però ci sono le scienze integrate, la certificazione delle competenze e all'orizzonte si profila la valutazione "oggettiva"…
Con Yanez concordo in toto
Complimenti per il tuo blog.. mi piacerebbe tanto fare uno scambio di link con il mio http://latuapsicologia.blogspot.com/ Ciao
Non credo che il problema dell’insegnamento delle bioetica dipenda dalla difformità di vedute che convergono in questa disciplina, né penso sia possibile che, intorno ad essa, si possa andar formando uno statuto che le dia un valore più, come dire, fondativo. Potrei sbagliarmi, ma mi pare che questa disciplina sia nata nell’ esigenza di dare risposte pragmatiche, decisionali, ai problemi della vita contemporanea, in rapporto a concezioni morali. E se anche non fosse nata così, questo è diventata.
L’estetica è, ad esempio, una disciplina che si insegna in una difformità ancora più radicale, dal momento che, in alcuni casi, si occupa di questioni letterarie e filologiche, in altre, di filosofia della comunicazione. Ma, entrambi gli approcci, hanno a legittimarli, non uno statuto, ma una storia del pensiero, cui fanno riferimento.
Possiamo dire, così, alla buona, che il riferimento forte, teorico, della bioetica sia la “filosofia morale”? Certamente la storia di questa filosofia è molto più complessa e strutturata di quanto non sia e non possa essere la bioetica. Va da sé. E se va da sé, c’è anche da chiedersi cosa possa esserci di più interessante, nella bioetica, al di là dei risvolti pragmatici, di quanto non possa dare la filosofia morale.
Pedagogicamente, dovrebbero spiegare i sostenitori dell’insegnamento della bioetica nelle scuole, se non si voglia far chiacchiera, che giovamento ne avrebbe uno studente rispetto ad un ampliamento delle conoscenze nell’ambito della filosofia morale. Se la risposta fosse : un sapere più semplice, ma tecnicamente più disponibile – questa sarebbe una risposta immorale, forse, certamente poco educativa.
Una mia amica mi ha detto: vedrai che se passa questa cosa della bioetica, finirà spesso a chiacchiere di educazione sessuale. Dio ce ne scampi!
Se all’orizzonte si intravede la “valutazione oggettiva” si vedono anche giorni d'angoscia, ad essere insegnanti.
Certamente Yanez ha ragione:fino a che la Bioetica - specialmente a livello divulgativo - sarà dominata da fantascienza e ideologie credo doveroso che se ne parli nelle ore dedicate al pensiero filosofico e in quelle dedicate alle nozioni e alle teorie scientifiche. Anzi mi meraviglierei sapere che ciò ancora non accada. Non è possibile rifiutare risposte adeguate alla sete di sapere dei giovani studenti.
Se in nome dell'estetica sono passate forme di "arte" incompensibili (esempio, Congdon, che, con buona pace degli altri di CL, per me è stato un pastrocchione e basta), che cosa passerà in nome della bioetica? Etica, poi, per che cosa? Non esistendo la neutralità ideologica in senso lato, che cosa si ammannirà ai propri allievi? Supponiamo che in una scuola insegnino bioetica tre persone: una zapaterista convinta, diciamo militante in IdV; una religiosa (non mi interessa se ebrea o cristiana); una terza, infine, para-fascista (FN, o qualcosa di simile). E supponiamo che un corso sia reputato più "facile" di un altro (succede...), per cui un malcapitato studente finisca con il transitare dall'insegnante "religioso" a quello "zapaterista": che razza di confusione avrà in testa alla fine il malcapitato?
Questo esempio per dire che siamo, a livello di pretese, sulla luna. E che concordo in pieno con l'analisi del Professore.
Sono d'accordo con Lei e con Caroli. A scuola mi hanno insegnato che del mondo in cui si vive sia ha una concezione meccanicistica (materialistica) o finalistica (spiritualistica). Il famoso (all'epoca) medico francese René Biot in Nostra Natura d'Uomo (né Angelo né Bestia) mi ha insegnato che dalla concezione del mondo (Weltanschauung per chi ha studiato) discende tutto il comportamento umano, quindi anche la sua morale. Perciò insegnare l'etica, sia pure preceduta da bio, in una scuola statale mi sembra quanto mai azzardato.
Una piccola nota, prof. Israel: oltre alle discipline da lei segnalate, ci sarebbe anche l'"educazione finanziaria". La sua introduzione nelle scuole è stata data più volte come imminente. Sul sole24ore di sabato c'è un articolo su questo punto.
A me sembra che le tendenze da lei individuate riflettano la cultura dei derechos. Cioè una concezione, al tempo stesso, totalizzante, ingenua e un pò cialtrona. Quello che fa più impressione non è la prospettiva totalizzante (in passato si è visto di molto peggio), né la cialtroneria (sebbene negli ultimi tempi stiamo raggiungendo altezze notevoli), ma l'ingenuità, quella di credere di possedere il diritto di "orientare" il sistema scolastico a piacimento "per fare il bene".
Luca Palatucci
Educazione finanziaria? Non basta l'economia aziendale (ammesso che si faccia ancora: noi "vecchio ordinamento" avevamo questo corso)?
Egr. Prof. Israel
Mi sono imbattuto con piacere nel suo blog. Siamo una piccola organizzazione, culturale ed economica, che sta facendo del nuovo approccio della Sistemica (Teoria dei Sistemi, della Complessità, e tutto quanto sta tumultuosamente confluendo in questo spazio dalla matematica alle neuroscienze passando per la fisica quantistica) allo scopo di fornire alla società civile, ma anche alle aziende, strumenti e linguaggi non solo per interpretare il presente ma sopratutto per progettare il proprio futuro. Leggo con piacere l'articolo sui test che ripropongono, in forma ineccepibile e chiarissima, temi che anche noi ci troviamo a dibattere quotidianamente: la pervicace ostinazione del voler perseguire "l'oggetività", il tema della misura degli intangibili, l'inscindibilità dell'osservatore dall'oggetto osservato (nel caso dell'articolo candidato e valutatore)e altro. Mi farebbe piacere scambiare ulteriori opinioni con lei su questi temi. Nel frattempo, a testimonianza del nostro impegno sull'argomento, le segnalo 3 blog che abbiamo attivato:
http://balbettantipoietici.blogspot.com/ per lo sviluppo della società
http://ettardi.blogspot.com/ per lo sviluppo delle organizzazioni
http://imprenditorialitaumentata.blogspot.com/ per lo sviluppo dell'imprenditorialità
In attesa di un suo riscontro
Cordiali Saluti
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