o della sistematica violazione del principio del “rasoio di Occam”
"Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem"
In matematica la violazione di questo principio si traduce in un diluvio di definizioni inutili che ingombrano la testa. E poi ci si stracciano le vesti sul nozionismo, lo studio trasmissivo, istruttivo, le “teste piene” e non ben fatte”!...
Abbiamo già parlato qui della famigerata “legge dissociativa dell’addizione”, anche se in tal caso più che di definizione inutile si tratta di una definizione insensata, diciamo pure idiota.
Un esempio di definizione inutile è quello della divisione per ripartizione e divisione per contenenza.
In realtà si tratta soltanto di procedimenti empirici per introdurre l’idea di divisione: in un caso un bambino distribuisce 15 caramelle a 5 bambini una per volta, nell’altro invece prova a dare a ciascuno 3 caramelle (oppure 2 o 4) e poi vede cosa succede.
Ovviamente è del tutto naturale procedere con simili esperienze con i bambini. Ma di qui a voler dare le definizioni matematiche di queste due divisioni come se fossero cose distinte, ne corre!...
La divisione è una soltanto ed è semplicemente stupido attribuire un nome a quello che è soltanto un modo di pensare la divisione, o anche un modo di farla.
L’aspetto comico della faccenda è che nei libri o negli appunti in rete in cui si cerca di dare queste definizioni poi si ammette candidamente che la “ripartizione” si “riconduce” alla “contenenza”. Ma pensa un po’ che scoperta…. Chi ha fatto questa pensata sarà diventato calvo… C'è chi ammette pure (bontà sua) che in fondo queste definizioni sono artificiose. Però la follìa definitoria non si arresta e mi sono imbattuto persino in tentativi di definizione matematica del concetto di “contenenza”.....
Tra le definizioni più esilaranti che ho trovato cito questa: «La divisione di contenenza può essere vista come divisione di una grandezza per una grandezza di una stessa specie, il risultato è un numero puro; la divisione di ripartizione può essere vista come divisione di una grandezza per un numero puro, il risultato è una grandezza della stessa specie.» Non sapevo che esistessero i numeri “impuri” (un’altra definizione?!...).
Oppure, la via maestra è rifugiarsi nella teoria degli insiemi per sentenziare che «divisione per contenenza vuol dire ripartire un insieme in sottoinsiemi equipotenti». Facile, in seconda elementare, no?
E questa sarebbe la scuola aperta, delle teste ben fatte, la scuola non nozionistica?...
Mi si consenta di concludere con una battuta. Nel seminario del celebre matematico tedesco Felix Klein si svolse una conferenza (siamo a fine ottocento) per dimostrare la differenza delle razze nel pensare la matematica. Il conferenziere spiegò che il modo di ragionare dei tedeschi è intuitivo e concreto, mentre quello degli ebrei è astratto, formale e uniforme. Per esempio, a suo dire, un tedesco se deve sottrarre ¾ da / e ¼, procede sottraendo da entrambe le frazioni ¼ e poi calcola 7 – ½ = 6 ½. Invece l’ebreo riduce le frazioni a comun denominatore e poi fa la sottrazione ottenendo 26/4.
Bene – a parte il grottesco razzismo – si potrebbe definire la somma delle frazioni secondo la procedura della riduzione a comun denominatore come “addizione delle frazioni con il metodo ebraico”…. L'altra, quella che ricorre ad artifici intuitivi e ad hoc è "l'addizione delle frazioni con il metodo ariano"....