Le cronache informano che la Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles ha varato un’inedita iniziativa: la Faith Card, o “carta della fede”. Si tratta di un rettangolo di plastica identico alle carte di credito che riporta il nome dell’intestatario e i sei compiti che gli spettano in quanto cattolico: «Condividere con gli altri la gioia di conoscere Cristo; pregare; celebrare regolarmente i sacramenti; amare il prossimo come se stessi; mettere saggiamente a frutto i doni ricevuti; perdonare così come si è stati perdonati». La carta è stata stampata in un milione di esemplari. Il vescovo di Brighton Kieran Corry, promotore dell’iniziativa, ha dichiarato che «tutti noi portiamo nel portafoglio una grande varietà di carte che riflettono in parte la nostra identità e mostrano le cose per noi importanti» e quindi non si vede perché non portare in tasca una carta che ha la funzione di «offrire ai cattolici un promemoria quotidiano su cosa significa essere un seguace di Cristo». «Non possiamo – ha aggiunto Corry – riassumere l’intera nostra fede in questa carta, ma speriamo solo che essa invogli i fedeli a fare, leggere e imparare di più». Inoltre, essa rivela agli altri «che si crede in Dio, che la vita ha uno scopo, che si cerca di amare e servire il prossimo». Insomma, la carta è «pensata per dare ai cattolici la forza di condividere la loro fede».
Sul Corriere della Sera Marco Ventura ha commentato: «La Faith Card ti mette in tasca la fede che non hai». Condivido questo duro giudizio. Si può dire: “Cosa c’entra un ebreo a commentare una vicenda che riguarda il mondo cattolico? Si faccia i fatti suoi». Potrei rispondere dicendo che nel farmi i fatti miei ho le carte in regola: non ho mai avuto peli sulla lingua nel criticare certi ambienti ebraici che confondono i principi dell’ebraismo con il politicamente corretto. Ma soprattutto ho molto a cuore le sorti delle cosiddette “radici ebraico-cristiane” di questa Europa allo sbando. Si è battagliato invano per inserire il riferimento a queste radici nella costituzione europea, e di recente il presidente Monti ha risollevato la questione. Ma ho sempre pensato che, se si tratta di un atto formale per mettere a posto la coscienza e poi razzolare in modo difforme, tanto vale lasciar perdere. La faccenda della Faith Card mi rafforza in questa convinzione.
Una faccenda innocua, questa della Faith Card, ma sintomatica del punto cui siamo arrivati. Occorre elencare quei sei compiti perché una persona si “ricordi” cosa significhi essere cristiano. È come il codice numerico che serve a prelevare i quattrini dal bancomat. Solo che quello tocca ricordarlo a memoria, mentre qui uno può dimenticarselo: basta metter mano al portafoglio casomai ci si fosse scordati chi siamo. Ci sarebbe da ridere se non fosse da piangere. Il buon Corry è consapevole che mancano nella carta tanti precetti fondamentali – per esempio, rispettare la vita umana, anche evitando aborti e manipolazioni genetiche – ma non si può metter tutto in una carta di credito: si spera però che «invogli i fedeli a fare, leggere e imparare di più». Non si pretende la lettura delle Sacre Scritture. Si comincia a studiare la carta di fede e da cosa nasce cosa. L’istruzione in Inghilterra è notoriamente un disastro ma non immaginavo che fosse giunta a questo punto.
Ma non bisogna essere cattivi con il vescovo Corry che ha agito in conformità a un certo stile da congregazione religiosa anglosassone. Poteva far sfilare delle majorettes, ha mostrato spirito postmoderno adeguandosi al modello commerciale della carta di credito. Possiamo riderne dall’alto della nostra serietà continentale ma sarebbe meglio rendersi conto che siamo tutti nella stessa barca e che questa tragicomica iniziativa ha svelato a cosa è ridotta la fede in Occidente.
Faccio una sola semplice osservazione: se si è religiosi, nel senso delle religioni monoteiste, non si può non essere spiritualisti. Cos’è il Dio della Bibbia se non spirito? È l’“Io sono colui che sono”, non un Giove tonante, una sorta di superuomo dotato di poteri speciali ma subordinato al Fato. Non insegnano le nostre religioni che l’anima dell’uomo è una scintilla dello spirito divino? Eppure, ricordo un incontro in una sede molto religiosa in cui ci si vergognava di dirsi spiritualisti, e si facevano incredibili acrobazie per reinterpretare l’anima alla luce delle neuroscienze, civettando con il più smaccato materialismo. L’anima non si porta più. Si porta solo il cervello. Persino il sentimento di trascendenza è diventato una conformazione neuronale. Le neuroteologie riducono Dio a una questione genetica e s’insegnano nelle università religiose. Ci si vergogna di parlare di Dio, di anima, di trascendenza. I principi morali sono sì rivelati ma, per fortuna, sono in accordo con quello che l’evoluzione ha generato nel nostro cervello. Non si può mica far la figura degli oscurantisti, che diamine!
Questa paura porta con sé il resto: la soggezione totale nei confronti della tecnoscienza e della tecnocrazia, il blaterare dell’educazione come basata sul rapporto tra persone e poi accettare supinamente che sia ridotta a tecniche. La morale sparisce ingurgitata dalla bioetica e ci si adatta a discettare di solenni assurdità come lo “stato minimo di coscienza”, che sarebbe addirittura misurabile con apparecchi.
Penso che non vi sia altro da aggiungere. Quando si è giunti a questo punto non c’è più posto per la religione. Questa è la realtà che occorre guardare in faccia. Inutile nascondersi che, su questa via, il Continente è destinato a essere islamizzato. Già, perché la concezione islamica dominante non ha alcuna soggezione nei confronti della scienza e della tecnologia: sono strumenti da usare, che non debbono interferire con la fede. E siccome l’uomo ha un inesauribile bisogno di spiritualità, questo bisogno s’incanalerà dove viene soddisfatto. Peccato che l’Occidente giudaico-cristiano abbia lottato per secoli in una direzione diversa: trovare un equilibrio tra ragione e fede, non subordinare l’una all’altra, non cedere all’integralismo e alla negazione della ragione senza rinunciare alla spiritualità religiosa. E proprio ora che questo equilibrio sembrava raggiunto – il richiamo a questo equilibrio era il senso profondo del discorso di Ratisbona di Benedetto XVI – ecco che la bilancia si squilibra dall’altra parte e la religiosità si dissolve.
Non basteranno cento milioni di Faith Card a riempire questo vuoto spirituale.
(Tempi, 14 febbraio 2012)
74 commenti:
Egregio Professore, lo spirito ci incute vergogna, imbarazzo, oppure - soprattutto - paura. Ci tocca essere uomini. Poteva per comodità e praticità bastarci anche meno. (sempre bello leggerla, qualche volta di più).
Ho dovuto leggere più volte per assicurarmi di non avere le traveggole. Volevo fare qualche considerazione, ma non sono riuscito a trovare le parole. Però la seguente citazione, a cui la lettura dell' articolo mi ha fatto ripensare, mi sembra estremamente appropriata:
"Il mondo moderno ha subito un tracollo mentale molto più consistente del tracollo morale" (Gilbert Keith Chesterton)
Forse la cosa più surreale è che mi ha scritto un lettore dell'articolo chiedendo dati e informazioni per avviare la stessa iniziativa di una carta della fede in Italia... No comment.
Condivido il sentimento di Marinelli. Io, per "ricordare" (e non per ostentare) la mia fede porto una crocetta al collo, ma quella si vede da dietro il colletto della camicia. La carta e' invece un modo "geniale" per "nascondere" completamente qualcosa che non si ha. Esattamente come per il denaro di una carta, un bene fittizio "garantito" da regole esterne a cui si deve obbedire, pena la cancellazione della carta.
Siccome non credo che nella Diocesi di Brighton si sia arrivati a doversi nascondere come Cristiani dietro il simbolo di un pesce, forse si dovrebbero ricordare al vescovo Corry i versetti di Luca 8,16-18 (che probabilmente ha in una chivetta USB, in un ebook in una directory che non riorda piu')
In quel tempo, Gesù disse alla folla: “Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su un lampadario, perché chi entra veda la luce.
Non c’è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce.
Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere”.
Professore mi scusi. Ho dimenticato di firmare il mio messaggio contenente i versetti del vangelo di Luca.
Distinti saluti
Andrea Cortis
Il segno distintivo dei cristiani è la circoncisione del cuore, nello Spirito e non nella lettera. (Rm 2). Non sapendo più cosa siano il cuore e lo Spirito, abbiamo perso anche il senso dell'essere cristiani.
Caro prof. Israel,
poche domeniche fa la liturgia proponeva uno splendido passo del Vangelo in cui Gesù, nella sinagoga di Cafarnao viene riconosciuto da uno spirito immondo che lo apostrofa dicendoGli: "Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio".
A me, senza troppi sofismi teologici, sembra una sconvolgente (data la natura del testimone, che odia Dio ma lo conosce ed è certo della sua esistenza) affermazione della divinità di Gesù. Ma il parroco della chiesa dove ho partecipato alla messa quel giorno si è preoccupato soltanto di dichiarare che non di indemoniato si trattava, ma di malato di mente, che, in quanto tale, aveva una conoscenza parziale e distorta di Gesù. Ora, a parte che non ho capito che senso avesse questo discorso, ché, semmai, per un cattolico, quel pazzo aveva una conoscenza chiarissima e completa di Cristo, ma poi siamo alle solite: la riduzione di tutto al politicamente corretto: non si può ammettere il demonio, figuriamoci gli indemoniati. Roba da medioevo! Un sacerdote "moderno" si vergogna di prenderne in considerazione l'esistenza. Ma la gente va a frotte a vedere film horror che trattano questo terribile argomento,che infatti non cessano di essere prodotti. (Con ciò non intendo dire che l'interesse, spesso morboso, del pubblico verso questi fenomeni sia di per sè prova della loro realtà).
E' vero che il bisogno e la ricerca di sacro restano inappagati da quelle forme di religiosità insipide e svuotate di senso, soggette in tutto alla banalità e alla omologazione della "correttezza" che imperversano ormai anche negli ambienti giudaico-cristiani.
Per i cristiani però, oggi, non è tanto lo spirito a essere in discussione (che anzi si presta a molte interpretazioni new age, di sincretismo religioso ecc.) quanto la carne, intesa come Incarnazione e presenza viva e vera di Cristo nella Storia e nella vita di ogni uomo.
Per quanto mi riguarda porto immaginette nel portafogli, medagliette al collo, per testimoniare e perché provo la sensazione di una protezione celeste affettuosa. Ciò dipende da una scelta spontanea ed è conforme alla tradizione e all'insegnamento della Chiesa.
Come ha detto Vanni: sempre bello leggerla, qualche volta di più. e questa è una di quelle, perché malgrado il suo tono pessimista, suscita speranza...
Non ci si stupisca. Persino nella piccola comunità di paese frequentata dai miei figli si adottano stratagemmi di ogni tipo per ancorare i giovani cuori alla fede: tesserine fornite dai catechisti con timbro apposto dopo ogni messa a cui si è partecipato (con premio al completamento della tessera), ore di religione accuratamente collocate a metà mattinata, per dissuadere le famiglie da scelte alternative e via dicendo. Metodi che testimoniano quanto il sentimento religioso stia rapidamente affievolendosi. Perchè se chi ha fede non mette in discussione l'esistenza di Dio, sempre più numerosi sono coloro, nella migliore delle ipotesi, che nutrono forti dubbi. Comunque la si pensi, è un dato di fatto; per quanto riguarda l'invasione dell'islam, ne conosco tanti, di islamici, ormai integrati nella nostra piccola comunità, i cui figli sono in classe con i miei. Islamici perfettamente occidentalizzati, che vivono benissimo senza le moschee, perchè quando si soddisfano i bisogni primari (pasti caldi ogni giorno, una casa riscaldata e la possibilità di togliersi qualche sfizio ogni tanto), anche Allah perde la sua importanza.
Il commento del parrocco mi è parso molto sensato e in linea con l'insegnamento della chiesa. La quale, grazie al cielo, tratta certi argomenti con estrema cautela.
Ho compassione di queste autorità religiose. Sono assediate da una opinione pubblica sempre più aggressiva, vedono diminuire
i loro fedeli e, sciagurati, pensano che questo accada perché la religione non é "moderna".
Sembra che si siano dimenticati che il dio di Abramo, Isacco e Giacobbe non ha bisogno di essere "moderno" perché é unico ed
eterno.
Chi medita su questo punto capisce che, rispetto agli idoli post moderni (il benessere fisico, l'eterna gioventù, la ricchezza, le "connessioni" globali), Lui é un prodotto "vincente" (se vogliamo usare la loro terminologia).
Colpisce l'incapacità di molte alte autorità ecclesiastiche a trovare gli interlocutori giusti.
Eppure avrebbero un disperato bisogno di allearsi con i rappresentanti delle diverse religioni e con quella parte
dell'umanità non credente che percepisce il pericolo che l'umanesimo, così come lo abbiamo definito a partire dal Rinascimento, sia in via di estinzione (a favore di nuovi totalitarismi).
Il tema delle radici giudaico cristiane é sicuramente in cima ai loro pensieri, ma é pudicamente messo da parte, nel timore che possa turbare il diffuso bisogno di correttezza politica.
Che sarebbe questo senso di superiorità che emana dalle famose "radici"? Non siamo tutti uguali? Voltete rifare l'Impero?
E così il confronto, che sarebbe fecondo se mantenuto sul piano culturale, scivola sul piano politico e si ferma.
Così si rinuncia a cercare insieme le risposte alle vere domande: cosa ha significato per noi il "progresso"? cosa fa si che la scienza sia vero fattore di sviluppo dell'uomo? su cosa si deve basare la convivenza pacifica nella diversità? Si procede alla cieca.
Così accade, per esempio, che il monsignor Ravasi inviti, per il suo "Cortile dei gentili" (iniziativa che ha come scopo il confronto fra religioni e con i non credenti) personalità di livello (non tutti, decisamente) ma con posizioni molto vaghe rispetto ai fattori che mettono in pericolo l'uomo contemporaneo.
Sembra che vogliano prenderla alla larga per non bruciarsi le mani con questo tema così scottante. Ci vorrebbe più coraggio.
A me (che però sono non credente) questa faith card non sembra poi così scandalosa, in fin dei conti anche i 10 comandamenti non erano scolpiti nel nostro cuore e nel nostro spirito, tanto che abbiamo dovuto leggerli e rileggerli fino a impararli a memoria. Non troverei niente di strano che un credente se li portasse sempre dietro, come identità e memento, come fa Grazia Dei con le immaginette. Che poi vengano scritti a lapis o su una card plastificata non mi pare cambi molto.
Ma la parte su cui dissento totalmente è l'idea che sottomettere la religione alla scienza (strada certamente fuorviante) possa portare all'islamizzazione dell'occidente.
Mi sbaglierò, ma l'Islam per l'Occidente non è cosa, non è pane per i nostri denti.
Può darsi che il bisogno di spiritualità, se non viene più soddisfatto dal Cristianesimo provochi qualche defezione, come del resto è già successo, verso altre religioni, misticismi new age e superstizioni varie ma non l'accettazione in massa del Corano.
Ci difende proprio quel che il mondo islamico non ha avuto e noi sì: l'illuminismo, i diritti dell'uomo, il liberalismo. La tradizione giudaico-cristiana potrà perdere seguito, io non credo ma è possibile, però non certo per essere sostituita da qualcosa che va contro tutte le conquiste civili e sociali che rendono la nostra società in definitiva migliore della loro, per lo meno ai nostri occhi. Non so se questa superiorità esiste davvero, ma so che in Occidente ne siamo ben convinti e non credo cambieremo idea.
Concordo in particolare col finale di Raffaella.
Sul tema sono legittime tutte le opinioni, perché non mi risulta che costituisca dogma di fede, ma la Chiesa, con pronunciamenti e iniziative anche da parte degli ultimi papi (Giovanni Paolo II ha tra l'altro compiuto personalmente esorcismi) ha sempre affermato con chiarezza il fatto che la possessione diabolica esiste.
Mi dispiace, benché me lo aspettassi, il tono di Alfio che sottintende che solo con una visione attardata e superstiziosa della religione si possa ammettere tale fenomeno. Sul sito "La bussola quotidiana", politicamente scorretto e curato da persone competenti, che sintetizzano molto bene, a parer mio e di tanti altri, quella sintesi di fede e ragione di cui parlava il prof. Israel, riporta con bella evidenza un'anticipazione dell'ultimo libro di don Gabriele Amorth, che da anni svolge il drammatico e prezioso ministero di esorcista, con la benedizione di Santa Romana Chiesa.
Peraltro, mio marito é primario di psichiatria da ventitrè anni e io, pur non praticandola, sono abilitata alla professione di psicologo e iscritta all'albo relativo, perciò credo di sapere che esiste la malattia mentale e che si può manifestare in vari modi. Mio marito non ha mai incontrato casi che gli abbiano fatto dubitare una possessione, ma questo non significa che essa non possa esistere. GRAZIE AL CIELO anche chi se ne occupa per ministero afferma che sono fatti abbastanza rari e lo stesso don Amorth ha inviato tante persone sofferenti dallo psichiatra.
Un fatto, se è tale, deve essere conosciuto e studiato per essere compreso, ma se c'è un pregiudizio si rischia di non comprenderlo affatto.
Se credo in Dio, secondo quanto testimoniato dalla Bibbia, perché dovrei respingere ciò che la Bibbia (per limitarci ad essa) afferma su una sua creatura divenuta malvagia e sulle sue opere, che sono del resto così ben visibili? Il capolavoro del diavolo è far credere di non esistere e i preti che ci cascano, negandogli la realtà di creatura dotata di volontà, sono rappresentanti non di un clero illuminato, ma di uno indebolito nella fede e alla rincorsa del mondo.
Credo che un mio commento precedente sia andato perduto. In esso dicevo come quest'idea della "Religion ID" mi sembri piu' un'idea americana che britannica, almeno culturalmente suona cosi'.
Sull'islamizzazione dell'Occidente. Non credo che quando si parli di tale fenomeno si pensi ad una conversione in massa delle popolazioni europee che noi definiamo occidentali all'islam. Penso piuttosto ad un fenomeno demografico, una sorta di graduale, anche se molto lenta, ripopolazione di queste terre e una specie di sostituzione delle popolazioni originarie con altre di cultura ed ispirazione religiosa diverse. E sicuramente, se questo avverra', il responsabile principale non sara' il bisogno di spiritualita' male incanalato (o dovrei forse dire diversamente incanalato) ma piuttosto il calo delle nascite che si osserva attualmente in gran parte delle popolazioni occidentali.
Lucio Demeio.
Per Grazia Dei: Io ho detto che la chiesa è cauta su queste cose. La ringrazio per la sua dotta e doviziosa conferma in merito.
Debbo dire, professore,che anche a me ha un po’ stupito l'ingenuità della iniziativa della chiesa cattolica di Inghilterra e del Galles. Ma la trovo anche un pò offensiva, sia pure non intenzionalmente, verso chi crede nella Parola di Dio, anche se islamico. Basterebbe aver letto (e ascoltato) Ezechiele, l'immagine del cuore di carne che Dio sostituisce al cuore di pietra.
La fede attecchisce sempre meno, non tanto perché le persone sono attratte da altri idoli, quanto per il diffondersi di alcune semplici consapevolezze, tra cui quella, ad esempio, che non esiste alcun organo che non si sia formato se non attraverso modificazioni numerose, successive, lievi che avvengono nel corso di anni, secoli e millenni; che per quanto Dio sia potente, appare inverosimile abbia invertito il processo di autolisi e putrefazione delle carni di Lazzaro.
Che ci piaccia o no, le fondamenta del creazionismo vacillano sotto il peso della conoscenza, anche se la scienza, com’è evidente, non spiega tutto. Ma è altrettanto evidente che le Sacre Scritture oggi spiegano e convincono forse ancor meno.
Questo è il motivo per cui - giusto o sbagliato che sia - sono sempre più numerosi i genitori che non mandano più i propri figli a catechismo, che ritengono che valori positivi e comportamenti moralmente accettabili possano essere rispettivamente trasmessi e insegnati indipendentemente dall’adesione ai dogmi che la religione propone.
Genitori che, peraltro, inorridiscono alla sola idea di parlare ai propri figli dell’esistenza del diavolo. E come dar loro torto? E’ sufficiente leggere solo qualche passo dell’anticipazione dell'ultimo libro di don Gabriele Amorth, come suggerito da Grazia Dei, sul sito"La bussola quotidiana”. Risparmio i dettagli cruenti sulla sorte che, nella parte dell’inferno vista da Suor Faustina, tocca ai sacerdoti “indegni”. E penso alla giovane mente suggestionabile e manipolabile di un bambino/ragazzo a cui si spiegano Dio e Satana.
Ritengo che la “Fede” cristiana sia frutto del sistema educativo, e pertanto destinata a mutare, non solo in conseguenza dei cambiamenti demografici (meno nascite nei Paesi occidentali), ma anche dei cambiamenti culturali (banalmente, meno genitori occidentali che manderanno i propri figli a catechismo).
Molte di queste osservazioni sono giuste, ma descrivono l'altra faccia della stessa medaglia. La religiosità che produce la faith card è la stessa del catechismo vuoto e ripetitivo. Ma quel che volevo dire è che la religione non si riduce a questo. La religione è chiamata a dare risposte in tema di morale, di spiritualità. Le Sacre Scritture non sono un compendio di creazionismo, ma offrono un patrimonio spirituale straordinario, per chi le sa leggere o e le sa far leggere. La religione non è un "competitor" della scienza in tema di spiegazioni di origini del mondo. Non è il creazionismo contro l'evoluzionismo, che sarebbe come dire due teorie scientifiche contrapposte. La religione si muove (o dovrebbe muoversi) su un terreno diverso. Non è questione che la scienza non spieghi tutto: è che la scienza non ha niente da dire fuori dal terreno naturalistico. Non parla, e non può parlare, all'anima. Non ha nulla da dire sul piano del senso della vita e della morale. E siccome qualcuno su questo terreno deve dire qualcosa, se questo ruolo non viene rivestito dalle religioni "ragionevoli", lo assumerà qualche altro soggetto: religioni integraliste, sette fanatiche, stregoni e fattucchiere di vario tipo, sette mistico-naturalistiche (si pensi all'impressionante riemergere di sette neo pagane negli USA), ecc. ecc. ecc. Oppure semplicemente si affonda nel nulla, riempiendo la vita di idoli tecnologici o di altri riempitivi. Ieri leggevo che dal 2005 a oggi i locali con macchine di gioco sono passati in Italia da 7 (sic) a più di 7000 con un giro d'affari di più di 45 miliardi (più della manovra di Monti!). Francamente, non vedo il progresso nel passare dalla parrocchietta a questi locali. Naturalmente la colpa è tutta della parrocchietta che non assolve ai suoi compiti di cura degli spiriti di cui - piaccia o no - la gente ha bisogno e che non può essere assolta dalla scienza. Ma ci si rende conto, o no, che mai in questo periodo di "razionalità scientifica" vi è stata tanta esplosione di irrazionalismo?
Aggiungo: non basta la banale spiegazione demografica. Il fenomeno delle conversioni di occidentali all'islam è rilevante. Conosco molti casi di giovani convertiti perché alla ricerca della "fede" e che fanno le cinque preghiere al giorno. Nell'ebraismo si espande l'ortodossia perché il modello del "laico" cinico e disincantato non dice assolutamente nulla. Infine, che dire dei numerosi casi di adepti occidentali all'islam coinvolti nel terrorismo? Non dice nulla questo?
Personalmente, la tesi secondo cui sempre più genitori non mandano i figli a catechismo perché "le Sacre Scritture oggi spiegano e convincono forse ancor meno" non mi convince per niente. Essa presuppone che dietro questo atteggiamento ci sia stato, da parte di questi genitori, almeno un minimo di analisi e di riflessione sui Testi Sacri, e solo poi la presa di coscienza sul fatto che, nell' animo, diciamo, non si accesa nessuna scintilla, la lettura non è stata convincente. E questo tipo di atteggiamento oggi non mi sembra affatto diffuso. In realtà oggi quanto si legge delle Sacre Scritture? Crediamo di poterne discutere con disinvoltura, ma in realtà non è affatto così. Tantissime persone non saprebbero illustrare neanche i fondamenti della propria religione (parlo dell' ABC, tipo, che so, l' Immacolata Concezione), e questo capita anche (e spesso) tra i credenti. E il commento di Raffaella mi sembra che tenda un pò in questa direzione: ridurre le sacre scritture a un compendio di Creazionismo è qualcosa di a dir poco riduttivo. O ancora, ridurre il tutto ai 'dogmi che la religione propone'; come se la Fede voglia dire soltanto credere in alcune prescrizioni: sottoscrivo in pieno il commento del prof. Israel al riguardo. Ciò che a giudizio di molti è parecchio diffuso è una crassa ignoranza in materia di religione e un tranquillo disinteresse nei confronti dell' educazione religiosa, ma così come è diffusissimo il disinteresse per l' educazione e la cultura in generale. Per intenderci: i genitori a cui sta benissimo una scuola paese dei balocchi, dove si "progetta" molto e si studia pochissimo non mi pare assumano un atteggiamento poi così dissimile.
Vorrei concludere con due personali riflessioni:
1) comprensibilmente, specie da parte di chi non crede, ci si preoccupa delle suggestionabili e manipolabili menti dei bambini quando si parla di Inferno, dannazione eterna e affini. Curiosamente, però, capita spesso che queste stesse giovani menti non siano più vulnerabili quando si propone di sottoporle a corsi scolastici di affettività o di educazione sessuale, o quando li si trascina a manifestazioni antigovernative insegnado loro a ripetere a pappagallo slogan di cui non capiscono nulla. O ancora, in tanti altri casi.
2) A quanto ne so, la tesi secondo cui tutti gli organi si siano formati "attraverso modificazioni numerose, successive e lievi" ha un certo livello di attendibilità scientifica, certo, ma il dibattito è ancora aperto e non si può legittimamente parlare di "semplice consapevolezza". Seguendo il consiglio del prof. Israel nel suo "Chi sono i nemici della scienza?" ho comprato e sto leggendo il libro 'Evoluzione, un trattato critico' di Junker e Sherer (introvabile nelle librerie e nelle biblioteche). Per la verità ho dovuto leggere certe parti diverse volte anche solo per lambirne il significato, e la mia comprensione presenta ancora diverse falle, ma qualcosa ho capito. Nel mio piccolo, vorrei esprimere questa impressione: di consapevolezze ce ne sono davvero poche, specie rispetto alle teorie, alle ipotesi, e a tutto ciò che è in attesa di verifica. Ma non mi sembra un atteggiamento scientifico quello di ignorare a bella posta tutta una parte (e rilevante!) del discorso.
Per Alessandro Marinelli:
Junker e Sherer (introvabile nelle librerie e nelle biblioteche)
Ed allora dove lo ha trovato?
Lucio Demeio.
Per Lucio:
il libro l' ho ovviamente ordinato da una libreria e ho dovuto aspettare un pò perché arrivasse. Intendevo dire che non sono riuscito a trovarlo già disponibile in nessuna libreria (a differenza di volumetti di ben altro livello come ad esempio 'In Principio era Darwin'). Inoltre l' ho cercato in tante biblioteche, ma non risulta in nessun catalogo.
A Raffaella vorrei ribadire che il fatto che qualcosa non ci piaccia o non rientri nei nostri schemi e nell'interpretazione che noi diamo della realtà, non significa che non esiste e che ci crede è matto o ignorante. Don Amorth può piacere o no, ma a me è capitato di sentire raccontare da testimoni oculari assolutamente affidabili, fatti che non possono essere spiegati con il disturbo mentale.
Sono stata una bambina terrorizzata dall'idea del diavolo e della possessione diabolica senza che nessuno si sia "divertito" a parlarmene, anzi mio padre mi rassicurava dicendomi che si trattava solo di vecchie credenze che la Chiesa non aveva il coraggio di sconfessare. Ma non ho mai potuto credergli, perché i conti non mi tornavano.
Ora mi guardo bene dal terrorizzare i miei figli con discorsi sul demonio, ma non mi permetto di nascondere ai loro occhi ciò è vero.
Ad ogni modo per i ragazzini della scuola media L'esorcista è il film horror di culto per eccellenza e i più "fichi" l'hanno visto o fanno finta e parlano di queste cose e di altre che evidentemente si agitano nelle loro menti anche se provengono da famiglie atee o agnostiche o solo tiepide.
Il bello di questo blog é che, spesso trovi, scritte come in un libro stampato, le argomentazioni che vorresti sempre avere in tasca !
Mi riconosco con entusiasmo nelle repliche del prof. e di Marinelli al duro post di Raffaella.
Senza contare il risparmio del tempo e della fatica che avrei impiegato per scrivere qualcosa che comunque sarebbe stato molto meno preciso ed efficace! (scherzo)
Posso aggiungere, per Raffaella, che, se solo lo si vuole, le Scritture sono una fonte inesauribile di ispirazione, riflessione e consapevolezza.
Bisogna accostarsi con umiltà e senza pregiudizi (quindi in una condizione piuttosto rara al giorno d'oggi).
Quando ci riesci ti trovi davanti ai temi eterni: il cammino della storia, la speranza, il potere, la violenza, tanto per fare degli esempi. E non puoi fare a meno, credente o non credente, di interrogarti.
Ti fa diventare una persona diversa (a mio parere migliore), solo se riesci a mantenere la giusta apertura mentale.
Per l'ottimo prof. Demeio: una delle ultime copie in circolazione l'ho acquistata io alla libreria Feltrinelli di Roma, sfido che é difficile trovarla, é un testo un po' "fuori da coro". Lo trova su amazon.it (con lo sconto)
1. Evoluzione. Un trattato critico. Certezza dei fatti e diversità delle interpretazioni di Reinhard Junker e Sigfried Scherer (Brossura - 1 ott. 2007)
Acquista: EUR 30,00 EUR 25,50
errata corrige
per il prof. demeio
il libro é disponibile su www.bol.it, su amazon é esaurito
L’ignoranza della scienza spesso si accompagna alla sua sopravvalutazione. Ci siamo convinti che sia illegittimo parlare di ciò che la scienza non può affrontare, come la religione e il senso ultimo delle cose. Siamo così diventati gravemente ignoranti pensando che il “senso della vita” non sia altro che un programma di Bonolis e Laurenti. Non parliamo poi di chi a riguardo è molto più esplicito come il collega “logico” del prof. Israel che intitola il suo blog il NON senso della vita. La nostra vita non è mai riducibile a teoria scientifica, né alcuno può negare il desiderio di senso del quale ogni nostra azione ha bisogno.
Grazie per le indicazioni sul libro. Si, l'avevo gia' individuato su Amazon tempo fa ma, credo, in tedesco.
Qualche lettura e' presente anche sulla pagina personale di Siegfried Scherer ...
http://www.siegfriedscherer.de/
... solo per chi mastica un po' di tedesco!
Lucio Demeio.
Ripeterei quelle che a me sembrano le frasi chiave del commento del prof.Israel:
"la scienza non ha niente da dire fuori dal terreno naturalistico. Non parla, e non può parlare, all'anima. Non ha nulla da dire sul piano del senso della vita e della morale."
Siccome questo mi sembra verissimo, trovo sbagliata l'idea abbastanza diffusa che la religione perda terreno man mano che la scienza penetra sempre più profondamente nei segreti della natura.
Può darsi che per qualcuno o forse per molti funzioni così, ma ciò non toglie che sia una ragione sbagliata.
Invece credo che sempre più persone siano portate a fare a meno di spiegazioni sovrannaturali per dare un senso alla vita solo perchè sembrano loro improbabili non alla luce della scienza, ma a quella della ragione.
Insomma, più che una base "scientifica" alla radice dell'abbandono della religione credo vi sia una riflessione "filosofica": le persone pensano criticamente di più anzichè affidarsi alle tradizioni, si è presa in questi ultimi decenni l'abitudine di mettere tutto in discussione, specie ciò che non è provato.
La "spiritualità", di cui certamente ogni uomo degno di questo nome ha bisogno, non è poi monopolio esclusivo delle religioni: l'altruismo, l'amore per l'umanità e il prossimo ha animato e anima moltissime persone che con le religioni non han niente a che fare.
In questi casi la "spiritualità" ha preso il nome di "ideale", cionondimeno sempre di faccende riguardanti lo spirito si trattava, non la materia.
E' vero che venendo meno anche gli ideali sempre più persone si rivolgono al "nulla", come dice il professore: senza poter attingere a valori spirituali facilmente la fine è quella.
Che il modello del "laico cinico e disincantato" non dica niente è vero per chi a tutti i costi deve dare un significato alla nostra presenza sulla terra, ci sono però molti che accettano il fatto che un significato possa non esserci e non si tormentano affatto per questo, come non li preoccupa il pensare che un giorno tutto finirà.
O meglio, li preoccupa eccome, ma sanno di non poterci fare nulla. Eccetto ovviamente convertirsi a qualche religione.
E siamo tornati al punto di partenza...
Non sono poi sicura che molti di quelli "che accettano il fatto che un significato possa non esserci e non si tormentano affatto per questo, come non li preoccupa il pensare che un giorno tutto finirà" siano approdati a questa, per me poco invidiabile, convinzione dopo una seria e approfondita riflessione e non vi siano scivolati invece perché indotti da un contesto educativo, religioso e morale, sostenuto dalla maggioranza dei media, che postula continuamente questa visione nichilista.
Per associazione di idee con nichilismo: odio i teschietti carini e colorati o brutti e neri che "ornano" tanti gadget e accessori di moda per teenagers, che con altri simboli consimili insinuano un continuo "carpe diem" nelle loro giovani menti.
A me il ragionamento di Nautilus suona così: è vero che ho sete ma faccio finta di non averla perchè l'acqua non esiste. O forse esiste e dovrei chiederla a quelli delle religioni ma per orgoglio o pigrizia non chiedo niente a nessuno. Piuttosto muoio di sete, tanto l'acqua non esiste!!!
Egregio Nautilus 2/22/2012 11:02:00 PM, premesso che mi sento un po' bastonato - peraltro in discreta compagnia di qualche filosofastro o scienziatucolo - leggendo a proposito dell'abbandono della religione che “... le persone pensano criticamente di più anzichè affidarsi alle tradizioni...”, che cosa potrei dire? Oggi dunque si pensa di più, e pure più criticamente.
In fin dei conti parliamo di roba vecchia e pur sempre attuale. E mi pare che anche per lei lo spirito non sia soltanto l'altruismo, l'amore per l'umanità e tutte queste cose stupende, ma sia una connessione, che in qualche modo solleva e dà significato.
Certo, alla fine il problema è quello lì: spiritualità e spirito (il professor Israel parla spericolatamente di anima). Dire di voler dare un significato “a tutti i costi” è forse un modo un po' leggero per porre una siffatta questioncella.
Vorrei aver fatto qualche studio più profondo dell'argomento e confonderla con parole filosoficamente acconce; ma per trovare bei testi ben scritti - anche scritti in tempi recenti, come quelli di Benedetto XVI - lei non ha bisogno di suggerimenti. Potrebbero averne bisogno (oddìo, bisogno... ) altri che non si affidano più alle tradizioni?
Il bisogno di dare un senso alla propria vita, citando Einstein, per tanti può essere appagato nella quotidianità: “L’uomo è qui per il bene di altri uomini, soprattutto di quelli dal cui sorriso e dal cui benessere dipende la sua felicità”. L’educazione dei figli, l’armonia in famiglia, la gratificazione nello svolgimento del proprio lavoro sono esempi di progetti ambiziosi e grandiosi; spesso bastano. E la speranza di lasciare nelle persone per il cui bene si è vissuto ricordi di cui possano andare fieri, completa il senso di appagamento.
Chi non sente il bisogno di abbracciare una religione, non è necessariamente persona arida, ignorante, pigra, rimbambita dai media e suo agio solo in contesti da paese dei balocchi.
1. Raffaella scrive:
``Chi non sente il bisogno di abbracciare una religione, non è necessariamente persona arida, ignorante, pigra, rimbambita dai media e suo agio solo in contesti da paese dei balocchi.''
Condivido. Ma qualcuno qui ha detto questo? lo ha detto il Prof?
2. Raffaella scrive:
``Il bisogno di dare un senso alla propria vita, citando Einstein, per tanti può essere appagato nella quotidianità: “L’uomo è qui per il bene di altri uomini, soprattutto di quelli dal cui sorriso e dal cui benessere dipende la sua felicità”. L’educazione dei figli, l’armonia in famiglia, la gratificazione nello svolgimento del proprio lavoro sono esempi di progetti ambiziosi e grandiosi; spesso bastano. E la speranza di lasciare nelle persone per il cui bene si è vissuto ricordi di cui possano andare fieri, completa il senso di appagamento.''
Condivido. Ma non mi sembra essere questo il tema. In particolare, osservo che Lei non ha risposto alla risposta che il Prof ha dato al suo primo intervento
:-)
Caro Vanni, alcune critiche che mi fa le trovo giuste.
Per esempio il fatto che oggi le persone siano più dotate di senso critico di un tempo... è una cantonata però non è quel che volevo davvero dire: ma solo che oggi, fin dai tempi della "contestazione generale" siamo abituati a mettere tutto in discussione. Magari ciò non significa affatto che si arrivi più vicini alla verità, magari si aumenta solo il rumore di fondo e la confusione, ma spiega lo scetticismo crescente nei riguardi della religione.
Se un tempo era la chiesa che sfruttava la cosiddetta credulità popolare, oggi è danneggiata da una certa "incredulità popolare" verso i fenomeni religiosi o sovrannaturali in genere.
Non sarà dovuta a un maggior spirito critico, ma il risultato è lo stesso.
Anche sul "a tutti i costi"...ha ragione, è un po' sbrigativo per la "questioncella". E' che personalmente non riesco a capire tutti gli sforzi che si fanno per cercare questo famoso significato, sforzi che mi sembrano appunto assai complicati, ingegnosi e faticosi in confronto alla semplice e lineare accettazione che significato non ve ne sia, nè si capisce perchè vi debba essere, oltre al nostro immenso desiderio di non aver vissuto invano.
Continuando poi a essere convinto che la religione non ha nulla a che fare con la ragione, è ben difficile che perfino pensatori cento volte più profondi di me (ci vuol poco..) possano scalfire questo convincimento, visto che della ragione dovrebbero comunque valersi.
Ne è un esempio proprio Ratzinger che nel discorso di Ratisbona cerca il modo di conciliare Dio e ragione, senza ai miei occhi riuscirvi affatto. Non per colpa sua, anche le menti più raffinate devono arrendersi all'impossibile.
A tal riguardo per me è stato più nel vero il prof. Israel quando se non ricordo male ha scritto che Dio è l'essere improbabile per eccellenza, o qualcosa di simile.
E davanti all'improbabilità la ragione si ritrae. Non così il cuore, che come sappiamo ha ragioni che la ragione non capisce.
@ Claudio:
riprendendo l'analogia direi che nei confronti di Dio l'uomo è come un assetato nel deserto: vede l'acqua anche dove non c'è, tanto ne ha bisogno.
@ Grazia:
la condizione di chi pensa che siamo circondati dal nulla non è effettivamente invidiabile, ma molte persone anche volendo credere proprio non ce la fanno, e non perchè dan retta ai media.
Rileggendo il commento di Vanni intorno alle speculazioni filosofiche m'è tornato alla mente un giornalista ch'era famoso quand'ero ragazzino e scrisse un libro che si chiamava "Quaesivi et non inveni", in cui spiegava perchè non poteva credere. Si chiamava Augusto Guerriero e ai tempi era una piccola celebrità, secondo forse solo a Montanelli, e con milioni di lettori affezionati, specie della sua rubrica di lettere del pubblico.
Siccome si dichiarava ateo pur appartenendo all'area che osteggiava la sinistra ed essendo uno studioso del cristianesimo riceveva molte accorate missive di credenti cui rispondeva spiegando le sue ragioni.
Miracoli di internet ho ritrovato alcune sue risposte, ne riporto poche simili alle mie:
- "si può credere per varie ragioni, di cui la migliore è che non ci sia alcuna ragione: la razòn de la sinrazòn."
-"Il nemico mortale (della Chiesa) è l’indifferenza della massa....Al tempo di Lutero e di Calvino, l’Europa si faceva sterminare per stabilire se ci si salva con le opere e con la fede, o solo con la fede. Ma oggi nessuno darebbe una goccia di sangue per tutti i dogmi vecchi e nuovi."
-"mi è impossibile credere rinunziando alla ragione. Lei dice: ma allora si cade nel razionalismo. Si cade? O ci si eleva al razionalismo?"
-"preferisco perdere l’anima, anziché rinunziare alla ragione."
-"l’uomo primitivo, incapace di concepire l’idea astratta della trascendenza del male, personificò il male in Satana e nei suoi ministri o compagni: i démoni."
-"in tutte le religioni è la divinità che crea l’uomo; per Freud, è l’uomo che, per la sua debolezza di fronte alla forze della natura e della vita sociale e per il bisogno di protezione, crea la divinità. In certo senso, un’eco del verso di Euripide: «Zeus, enigma insolubile: forza eterna della natura o creazione dell’uomo»"
-In effetti, conclude padre Mondin, la areligiosità è diventata un tratto predominante della cultura e della vita moderna: Dio è stato estromesso anzitutto dalla politica, poi dalla scienza, poi dalla filosofia, dalla morale, dalla pedagogia, e un po’ alla volta da tutte le altre attività umane."
Curioso che già Euripide si facesse questa domanda sugli dei come creazione dell'uomo, si vede che il dubbio freudiano è sempre esistito.
E' comunque significativo che queste siano considerazioni "semplici", addirittura elementari, per ribadire che non c'è bisogno di profonde indagini teologiche nè di scomodare il papa per analizzare le cruciali questioni della fede o della sua mancanza.
Per Raffaella, "l’educazione dei figli, l’armonia in famiglia, la gratificazione nello svolgimento del proprio lavoro sono esempi di progetti ambiziosi e grandiosi; spesso bastano": sì, fino a quando nella vita non entrano la malattia, la morte, la povertà, l'ingiustizia, l'Olocausto, la bomba atomica. Allora ci troviamo soli e sguarniti di tutto, senza prospettive di redenzione e di giustizia. Allora Hitler e Stalin restano impuniti e il loro aldilà è uguale a quello delle loro vittime, cioè il nulla. Allora perché, in fondo, fare la fatica di essere delle brave persone? In questo caso forse oltre che educarli, si dovrebbe chiedere perdono ai figli per averli messi al mondo...
Le brave persone che non hanno bisogno di credere perché a loro basta questa vita, forse non pensano ai miliardi di altre vite di tutti i tempi, devastate dalla fame, dalla guerra, dall'oppressione, cui non è stato e non è concesso altro bene che l'esistere.
Chi oggi, pur non credendo, si sente, e forse è, buono e giusto, lo è perché ha alle spalle millenni di storia in cui la fede e la religione, anche se non ci crede più, hanno plasmato il suo modo di sentire, rispondendo al suo bisogno di infinito, che non può essere distrutto in alcun modo, perchè è l'impronta del Creatore.
In Unione Sovietica le chiese e le sinagoghe sono state disrutte e, per sommo disprezzo, in alcune di esse sono stati istituiti "musei dell'Ateismo", ma la fede è sopravvissuta. Nei paesi scandinavi, primi al mondo per I.S.U. (indice di sviluppo umano), dove ai bambini non si danno da leggere le fiabe di fratelli Grimm perché troppo violente, dove le chiese sembrano sale conferenze e sono vuote, dove le pance sono piene, i sensi trastullati, i "diritti" civili rispettati, il tasso di suicidi è altissimo e accade che biondi, educati, silenziosi ragazzi imbraccino il mitra per massacrare i loro coetanei.
Credo che l'ateismo, malgrado sembri sempre più diffuso, sia al capolinea, ma penso che, al contrario di ciò che teme il prof. Israel, non ci sarà un'islamizzazione dell'Europa, se non come fenomeno marginale e superficiale. Penso invece che il cristianesimo stia rigenerandosi, fuori da tentazioni integraliste, in modo discreto ma deciso. Quanto ai "fratelli maggiori" mi piacerebbe che fosse il prof. Israel a fare il punto della situazione, ma il loro ruolo non potrà che essere positivo.
P.S. Non voglio assumere toni da oracolo, ma penso che alla prossima svolta della storia tanti atei si sbucceranno le ginocchia.
Mi trovo molto d'accordo con Raffaella sul fatto che l'ateismo non significhi una vita priva di senso. E' solo diverso il senso che uno le da'.
Ma vorrei aggiungere, per Grazia Dei: facciamola finita con questa bufala sul tasso di suicidi in Scandinavia, guardi un po' qua:
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/5/5b/Suicide_rates_map-en.svg
oppure qua
http://oknotizie.virgilio.it/go.php?us=9a000e9d337c283
Cordialmente,
Lucio Demeio
Grazia Dei: se ho ben seguito il suo ragionamento, la salvezza è per i credenti in Santa Romana Chiesa (e, ad abundantiam, i "fratelli maggiori", credenti ça va sans dire) per tutti gli altri, dai pellerossa ai non credenti, c'è padre Amorth.
@Nautilus [...] oggi, fin dai tempi della "contestazione generale" siamo abituati a mettere tutto in discussione.
"Tutto", "tranne" ovviamente l'ateismo, l'agnosticismo, e il nichilismo giusto?
Di solito queste discussioni sulla fede si protraggono per un eccesso di "buonismo" da ambo le parti: Gesu' d'altronde ha dichiarato di voler portare la "spada" per separare, e non la "pace che da' il mondo".
Vorrei quindi chiedere a Nautilus e al Prof Demeio: secondo voi, chi crede e' stupido, oppure ignorante, o ancora disinformato, acritico, o magari in mala fede?
Vorrei che me lo diceste, perche' in ognuno di questi casi io dovrei andare in tutta onesta' dal mio direttore di divisione a dargli le mie dimissioni e spiagargli perche' io non posso piu' svolgere il mio lavoro quotidiano di scienziato. Confidando in una vostra "diretta" risposta (come diceva il Professor Falqui, "basta la parola!"). Se ricevero' una risposta onesta a questa domanda, allora vi diro' che cosa e' la fede per me.
Andrea Cortis
A Nautilus. In effetti, nel deserto si può vedere l'acqua dove non c'è, oppure credere che un'oasi vera in lontananza sia un miraggio. Io nel dubbio mi incammino verso l'oasi che mi pare di vedere. Se poi non esiste pazienza, non mi pare di avere tante alternative. Oppure posso aspettare che la sete aumenti, ma a quel punto potrei non avere nemmeno la forza di muovermi.
A Fausto Di Biase dico che ha ragione, non c’è la risposta; infatti il professore non l’ha pubblicata (o è andata persa). Ad ogni modo, non credo di essere finita fuori tema esprimendo il dissenso verso l’opinione, condivisa in diversi commenti successivo al mio primo intervento, che solamente la religione possa dare risposte a chi si interroga sul senso della vita.
Aggiungo, per rispondere alla prima domanda che mi rivolge, che dagli stessi commenti si capisce come agli atei restino ben poche alternative: dalle sette, all’affondare nel nulla riempiendo la vita di idoli effimeri, al credere che il senso della vita sia quello di Bonolis; se ne deduce un’immagine del non credente piuttosto affine alle definizioni che ho usato. Ma forse ho capito male.
Per Grazia Dei: ho vissuto diverse tragedie famigliari e drammi personali, tra cui la malattia e la morte di persone care; anche in terribili circostanze ce la si fa, non è vero (per me) che senza la Fede ci si trova sguarniti di tutto. Disponiamo di un potete propulsore: l’istinto di sopravvivenza e di conservazione della specie.
A Raffaella. Ho pubblicato tutto. Evidentemente si è persa. Se vuole, la rimandi pure.
Il commento di Grazia Dei mi fa riflettere che uno dei fondamentali argomenti a favore delle credenze religiose, fin qui non ricordato, è la questione della giustizia.
"Allora Hitler e Stalin restano impuniti e il loro aldilà è uguale a quello delle loro vittime.."
Già, sembra impossibile, tanto appare iniquo. Altro che "senso della vita", qui si richiede di accettare che il mondo sia profondamente ingiusto: il debole e magari buono soffre e perisce, il forte e magari malvagio gode e trionfa. E le stelle stanno a guardare...
E' molto difficile mandarla giù, dov'è la giustizia (cui tutti aspiriamo) in ciò, dove il lieto fine?
Le religioni si incaricano di fornirlo, non evitano il male, anche il più atroce (come potrebbero?) ma assicurano che il bene, seppure non in questo mondo, vincerà.
Per chi ci crede è una bellissima consolazione.
Meno chiara è la "fatica di essere delle brave persone": non c'è fatica a essere bravi con gli altri, se vuoi, come vuoi, che gli altri siano bravi con te, è una legge di reciprocità che vale in ogni tempo e sotto ogni cielo e non ci ha dato nessun dio ma il semplice fatto che gli uomini necessitano di convivere in pace.
@Andrea Cortis
Ma perchè dobbiamo dividerci con la spada? Ho carissimi amici credenti, ho perfino amici berlusconiani che stimo, a parte quel piccolo difetto, ma nessuno è senza difetti...
Scherzi a parte, ho notato che a un ateo puoi dire di tutto: arido, privo di spiritualità, devoto solo alla vile materia, nichilista ecc.ecc., non si offende mai. Se a un credente dici che non puoi credere in quel che crede lui, lo prende come un affronto personale.
Naturalmente sappiamo perchè: "allora sotto sotto stai pensando che sono uno stupido che crede alle favole, dimmelo chiaro".
Gentile Andrea, questa discussione ha già avuto luogo su questo blog, le darò più o meno la risposta che detti allora: lei come considera i mormoni che credono alla poligamia, gli haitiani che credono nel voodoo, gli indiani nel dio-elefante, gli scozzesi che credono nei fantasmi, i napoletani nella Smorfia e via andando? (Le chiedo ciò perchè si metta nei miei panni.)
Per me è normale, si vede che hanno quel bisogno lì e lo soddisfano così.
Se poi incontro un indiano buono e intelligente che crede in Ganesh lo stimerò, se incontro un cretino e carogna seguace di Odifreddi, lo disprezzerò, è tanto facile...
Sono stato abbastanza netto?
La religione come non c'entra con la scienza e con la ragione non c'entra neanche con l'intelligenza: è un bisogno del cuore e al cuor non si comanda.
Quante persone s'innamorano d'una persona che vedono con certezza essere sbagliata, che li renderà solo infelici...forse che queste "ragioni" possono far cessare di colpo l'amore?
@Nautilus
Mi dispiace, ma non Lei non e' affatto netto, e anzi piuttosto incoerente: Lei infatti ha affermato in precedenza:
"... più che una base "scientifica" alla radice dell'abbandono della religione credo vi sia una riflessione "filosofica": le persone pensano criticamente di più anzichè affidarsi alle tradizioni..."
e poi afferma che:
"La religione come non c'entra con la scienza e con la ragione non c'entra neanche con l'intelligenza: è un bisogno del cuore."
Se e' un bisogno del "cuore" (che cosa sia poi il cuore, Lei non ce lo definisce) presumo sia un desiderio "umano" nel senso di "universale". E pertanto, se qualcuno si eleva al di sopra di questo livello universale, si pone in una condizione di elitarismo, e definisce una evoluzione verso qualcosa di superiore (quell'andare "oltre" la fede di Hegel, filosoficamente stroncato da Kierkegaard).
Una posizione filosoficamente insostenibile: se di evoluzione si trattasse, infatti, sarebbe per definizione a senso unico, e non si potrebbero dare le conversioni degli atei, che invece quotidianamente avvengono. Ma posizione pragmaticamente anche molto pericolosa, perche' porta alla convinzione che l'uomo come lo conosciamo non e' ancora sbocciato, fino a quando non diventi il superuomo del nichilista per eccellenza, Nietzsche.
Le due posizioni sono quindi nettamente separate, decise (per tornare al discorso della spada), e siccome ritengo che Lei non sia stato abbastanza netto, (si rifiuta infatti di usare la spada), allora non mi sento in obbligo di giustificare il mio avere fede. Questo lo si puo' fare solamente quando si ammetta che le nostre posizioni sono incompatibili, cio' quando lei ammetta che si trova ad un livello superiore.
Cordialmente,
Andrea Cortis
A Nautilus, a Raffaella ed eventuali altri, mi scuso se qualcosa di ciò che ho scritto è risultato offensivo.
Non si può replicare a tutti e la discussione prende le pieghe più disparate.
Non credo, e anzi spero proprio il contrario, che non ci sia salvezza per i non cristiani, ma certo credo che la fede in Cristo sia la via maestra per ottenerla.
Che tanti atei di nome o "di fatto" (magari formalmente cristiani) finiscano nelle sette o vittime di maghi e ciarlatani non sono io a dirlo, ma risulta da inchieste giornalistiche e seri studi (vedi ad es. Massimo Introvigne) in proposito e mi sembra fosse una delle preoccupazioni del prof. Israel.
Non credo che il credente sia più suscettibile dell'ateo, ma non è tanto piacevole sentirsi guardati come trogloditi superstiziosi o incorreggibili bigotti.
Gli atei affermano di non poter o di non voler credere perché la fede sarebbe in conflitto con la ragione. Qualcuno asserisce (come Guerriero citato da Nautilus) addirittura di essere disposto ad andare all'inferno piuttosto che rinunciare alla ragione. E' un grande peccato di superbia, ma è anche un errore, e grandi credenti come S. Tommaso, Dante o Pascal, per fare solo qualche nome, non hanno certo rinunciato alla ragione.
Quanto alla personificazione del male...il male esiste, lo vedono tutti, ed esiste anche il suo autore, nascosto, ma neanche tanto (non sono fissata, è che stiamo parlando di questo...).
Gli atei assumono una posizione intellettuale ed esistenziale che per i credenti (o, almeno, per i cristiani) suona come un invito alla battaglia perché essi hanno non solo il desiderio, ma proprio il dovere di cercare di avvicinare i lontani alla fede.
Cari atei, non possiamo lasciarvi in pace perché ce ne verrebbe chiesto conto e soprattutto perché vi amiamo e desideriamo condividere il paradiso con tutti!
(Sento le risate, ma non importa, è normale.)
Si potrebbe parlare per ore, elencare illustri e straordinarie conversioni di atei o di anticristiani. Tutta la storia del cristianesimo a partire da Paolo di Tarso pullula di persone che si son dovute arrendere all'evidenza di un fatto.
Questo è il nocciolo della questione: per i cristiani parlare di Dio non significa parlare di un demiurgo o del grande orologiaio, per i cristiani c'è un fatto reale, un atto di amore, che è Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, incarnato, morto e risorto, e la testimonianza di questo fatto che è data dal Vangelo.
Difficile da credere... ma vero.
Si potrebbe parlare ancora per delle ore...ma ognuno resterebbe sulle proprie posizioni, basta pensare alla parabola di Lazzaro e del ricco Epulone.
A noi tocca testimoniare, ma poi fa tutto Dio.
Preg. prof. Israel, parte di quanto ho sostenuto nella mia risposta andata persa, è stato ripreso in intervento successivi; naturalmente non è il caso di ripetere.
Il resto riguardava la Sua affermazione che la religione, non la scienza, è chiamata a dare risposte in tema di morale e di spiritualità.
Negli ultimi anni si stanno conducendo ricerche per capire se il comportamento morale abbia invece una base fisica, che affonda le sue radici in alcune aree cerebrali.
Queste teorie sono sostenute da numerosi casi in cui risulta chiaro il nesso tra il danneggiamento di alcune aree della corteccia prefrontale e il conseguente mutamento dell’agire morale e sociale. Quando ci si trova a formulare un giudizio morale, si avvertirebbe prima una reazione emotiva e poi si cercherebbe di giustificarla con argomentazioni di tipo razionale.
Il giudizio morale si baserebbe perciò sulla prima intuizione (che a sua volta si fonderebbe sulla raccolta e analisi di informazioni sensoriali), mentre il ragionamento servirebbe soltanto a cercare di confermare i propri “pre”giudizi.
Concordo con Andrea Cortis che le posizioni siano nettamente separate, perché secondo la visione dei non credenti, anima, spirito, mente, cervello, corpo sono un tutt’uno, inseparabili e imprescindibili l’uno dall’altro, quindi lo spirito non può sopravvivere alla morte fisica del corpo che lo genera.
Ritengo però che ciò che Andrea Cortis chiama “eccesso di buonismo da ambo le parti” sia piuttosto un comprensibile atteggiamento di cautela fondato sul fatto che, malgrado tutte le contorsioni mentali, nemmeno il più convinto degli atei o dei religiosi, integralisti a parte, possiede certezze in nome delle quali si butterebbe tranquillamente dalla famosa torre, certezze tali da conferire una qualsivoglia superiorità degli uni rispetto agli altri.
Nei commenti di Nautilus non vi è alcun atteggiamento di questo tipo!
Gentilissimo Andrea Cortis,
intanto, lasciamo l'appellativo "Prof. Demeio" ai miei sfortunati studenti, qui sono semplicemente Lucio.
Ovviamente, esistono credenti stupidi, oppure ignoranti, o ancora disinformati, acritici, o magari in mala fede ed esistono credenti intelligenti, istruiti, informati, critici ed in buona fede. E lo stesso vale per gli atei, ce ne sono di un tipo e dell'altro. Lei vada pure dal suo direttore di divisione a dare le dimissioni, ma solo se il suo Continuous Random Time Random Walk Method le tira fuori un bell'alluvione laddove si sta soffrendo di siccità'. Mi perdoni la battuta, ma vedo che c'e' qualche overlap tra le nostre aree di ricerca.
Allora che differenza c'e' tra lo scienziato credente e lo scienziato non credente?
Certamente non l'intelligenza o la buona (o mala) fede. Direi piuttosto una sorta di "gerarchia di convinzioni", che si instaura in ciascuno di noi ad un punto della vita, forse originata dalla stessa sorgente da cui (consciamente o inconsciamente) prediamo la gerarchia di valori che abbiamo come individui. Lei non e' certamente il primo scienziato credente che incontro, ne' il secondo, ne sarà' l'ultimo. La mia osservazione e' che, in quella gerarchia di convinzioni di cui dicevo prima, nello scienziato credente il "credente" viene semplicemente prima dello "scienziato". E così', quel modo di pensare che la persona di scienza applica ai problemi di indagine della natura, lo scienziato credente lo usa solo lì. Se deve ragionare di altre cose, lo fa in modo diverso. Cerco di spiegarmi un po' meglio, se ci riesco. Quando lei legge, in un articolo, che una qualche strana distribuzione di cariche genera quel dato potenziale elettrico, non ci crede ad occhi chiusi, ma verifica, controlla, si fa i conti da solo, etc. Vale a dire, il criterio di base e' sempre il dubbio, la verifica, etc. E fino a quando non lo può' fare (o per mancanza di mezzi o di idee), si astiene dal giudizio e dice "per ora non lo so". Quando si trova invece di fronte ad un passo della Bibbia, alla descrizione di qualche miracolo, o anche solo alla parola di Cristo, comunque tramandata, antepone la fede al dubbio, e smette di essere uno scienziato. Parafrasando una celebre frase di Indro Montanelli (in un altro contesto, ovviamente), direi che una persona di questo tipo "fa" lo scienziato, ma non "è" uno scienziato. La scienza e' semplicemente il suo lavoro, ne' più' ne' meno di qualcun altro che fa il falegname o il banchiere. Ed allora non c'e' contraddizione tra scienza e fede, o tra fede e ragione. Non vorrei dilungarmi troppo, ma mi pare chiaro che esistono altri tipi di persone, che estendono il modo di ragionare proprio della scienza ed in cui la gerarchia di convinzioni pone il dubbio e la verifica alla sommità', e per le quali il modo di pensare ed operare tipico del lavoro scientifico si applica a tutto, Bibbia e miracoli compresi.
Si potrebbe aggiungere ancora tanto (ad esempio, non ho parlato della morale), ma già' vedo l'ombra delle forbici "looming over". Alla prossima, quindi.
Cordialmente,
Lucio Demeio.
@Raffaella
Ecco, solamente dall'ammissione della differenza piu' la categoria del "dubbio" si puo' cominciare un "dialogo"! Mi permetto di citare le parole di un vecchio libro del Cardinal Ratzinger in merito
"Nessuno è in grado di porgere agli altri Dio e il suo regno, nemmeno il credente a se stesso. Ma per quanto da ciò possa sentirsi giustificata anche l’incredulità, a essa resta sempre appiccicata addosso l’inquietudine del “forse però è vero”. Il ‘forse’ è l’ineluttabile tentazione alla quale l’uomo non può assolutamente sottrarsi, nella quale anche rifiutando la fede egli deve sperimentarne l’irrefutabilità." Joseph Ratzinger, "Introduzione al cristianesimo. Lezioni sul Simbolo apostolico"
Ratzinger centra esattamente il problema, perche' dividendo le posizioni e mettendole in dubbio si toglie tutta l'iniziativa dell'uomo. Un uomo non puo' avere o non avere fede perche' lo capisce da se stesso. Per questo parlare di "evoluzione dalla tradizione motivata dalla filosofia" e' una posizione di superiorita'. Il "movimento della fede" non e' mai diretto dall'uomo verso Dio, bensi' da Dio verso l'uomo. E' Dio che nel suo infinito amore viene a cercarci e a raccoglierci dalla nostra miseria. Ma questo solamente se si accetta di essere nella posizione inferiore di chi, nel dubbio, non si puo' dare da se stesso una risposta: questa e' l'umilta' Cristiana!
Io sono uno scienziato: se mi mettessi nella posizione di dire: "Il metodo scientifico e' l'unica soteriologia che ci e' data." allora non potrei lasciare spazio al movimento di Dio che mi vuole dare la salvezza, perche' non Gli do' la possibilita' di potermi sollevare dalla mia condizione di umanita'. Solamente chi cerca ed e' vuoto dentro (curiosita' e piena confidenza sono la condizione dell'essere bambini per entrare nel Regno dei Cieli) puo' accettare la Parola che viene dall'alto, la parola viva che si fa vita tutti i giorni, la Parola che Abramo, Maria di Nazareth, e miliardi di altre persone ascoltano e accettano.
Fosse stato solo per me, sarei stato un ateo tra i piu' accaniti: solamente per Grazia, Dio mi ha dato una Parola e tirato per le orecchie verso di Lui!
Cordialmente,
Andrea Cortis
Il discorso di Lucio fila che è una meraviglia, ma non prende neanche in considerazione che la fede possa essere "rivelata" e perciò vera, dimostrata, almeno agli occhi di alcuni (molti) testimoni.
Forse sono degli integralisti, ma Vittorio Messori e Antonio Socci, per citare solo i nomi più noti, pubblicano da anni saggi documentatissimi che divulgano le acquisizioni della ricerca storica e biblica su Gesù di Nazareth e sul cristianesimo delle origini.
La maggior parte delle notizie storiche relative all'antichità sono molto meno documentate della vita, della morte e della resurrezione di Gesù, tuttavia a nessuno salterebbe in mente di negarne l'autenticità.
E' vero che sapere quante pugnalate sono state inferte a Cesare ha conseguenze di molto importanti per noi che riconoscere la resurrezione di Cristo, però non sarebbe male se si provasse per un momento ad accostarsi ad essa con qualche pregiudizio in meno.
L'anima, il corpo, la mente sono tutt'uno anche per il cristianesimo e la morte è proprio la dolorosa rottura di questa unità. Infatti ci è stata promessa la resurrezione della carne.
@Lucio (ma guarda un po' se mi dovevo trovare di fronte un esperto di problemi di trasporto!)
Per quanto riguarda il "dubbio", ti prego di leggere la mia risposta piu' su a Raffaella, scritta prima di leggere il tuo messaggio.
Per quanto riguarda invece il "ma Lei ci fa o ci e'?" dello scienziato, non sono d'accordo con la frase "[...] quel modo di pensare che la persona di scienza applica ai problemi di indagine della natura, lo scienziato credente lo usa solo lì. Se deve ragionare di altre cose, lo fa in modo diverso".
Questo, infatti, e' proprio l'essere dello scienziato (credente o non credente che sia), non il suo modo di fare. Uno scienziato e' tale quando si limita ad applicare il metodo scientifico a problemi che pertengono alla fisica! Se si vuole, per estensione, si puo' ragionare con Popper e Gadamer che un metodo scientifico simile (non uguale!) si applichi anche all'ermeneutica, interpretando la "falsificabilita' di una teoria" con la "criticabilita' di una teoria". Chiunque voglia fare altrimentei, non e' uno scienziato, ma solamente un cialtrone.
E se i criteri di falsificabilita' e criticabilita' "devono" essere assolutamente applicati in prima istanza a fenomeni che rifuggono da spiegazioni immediate (come ad esempio certi tipi di guarigioni) o all'interpretazione delle scritture bibliche, non ci si puo' fermare li, ma bisogna avere l'umilta' di ammettere che esistono cose che non possiamo spiegare in termini di interazioni della materia. E qui mi riferisco in particolare al "rapporto con Dio"; che mi rendo conto e' difficile da spiegare ad una persona che questo rapporto non ce l'ha e/o non lo vuole avere!
L'essenza della fede non sta in una irrazionale rinuncia al dubbio, ma piuttosto nlela sua intenzionalita' (nel senso di Husserl), perche' intende a qualcosa. Io non ho fede e punto: io ho fede in qualcosa, in qualcuno, in una promessa. Ecco, se si vuole l'irrazionalita' sta nel levare questa intenzionalita' dal concetto di fede.
Faccio un esempio: tu, Lucio, mi inviti a prendere un caffe' al bar sotto casa alle 2pm di oggi. Se sei in ritado, io ti posso aspettare per 5 minuti, non di piu', dopodiche' me ne vado, perche' non ti conosco bene. Se invece e' il mio amico Giuseppe, lo posso aspettare una mezzoretta. Se invece e' mia madre la posso aspettare fino a sera tardi. Se e' Dio che mi invita, lo posso aspettare per piu' di dieci anni! La forza del credere in una promessa e' direttamente proporzionale alla intimita' con la quale ci troviamo con la persona che ci fa' la promessa, e indirettamente proporzionale alla plausibilita' di tale promessa (toh, ti ho buttato li' una legge di proporzionalita').
Ma come ho spiegato piu' su a Raffaella, questo lo si puo' capire solamente quando (e qui parafraso Kierkgaard) si rinuncia totalmente a se stessi, per ritrovare infinitamente se stessi in Dio.
Cordialmente,
Andrea Cortis
Caro Andrea,
intanto noto che ...
Se e' Dio che mi invita, lo posso aspettare per piu' di dieci anni
... mi sarei aspettato l'eternita', non meri 10 anni! E per quanto riguarda me, se non arrivo in tempo puoi senz'altro andartene.
Vedo che i nostri modi di pensare sull'argomento sono davvero ortogonali. Ma non contraddici quello che dicevo. Per te Dio viene per primo. Lo indica la tua frase
"Fosse stato solo per me, sarei stato un ateo tra i piu' accaniti: solamente per Grazia, Dio mi ha dato una Parola e tirato per le orecchie verso di Lui!"
dove esplicitamente ammetti che non sei tu a pensare, ma Dio attraverso di te.
Per Grazia Dei: e' ovvio che ammetto l'incontro con Dio attraverso la rivelazione!!! Ma la rivelazione e' come una sinfonia di Beethoven: a qualcuno dice tutto, a qualcun altro non dice nulla. Poi, c'e' qualcuno cui dice tutto sia una cosa che l'altra, ma allora potremmo andare su una poesia di Leopardi o un quadro di Picasso ...
Cordialmente, Lucio Demeio.
Gentile Raffaella, lasci perdere le ricerche sulle basi fisiche del senso morale. Sono emerite bufale. La risonanza magnetica non è in grado di determinare altro che flussi di emoglobina e non flussi di idee. Ho già scritto vari articoli per spiegare perché si tratta di bufale e molti ne sono stati scritti da persone che se ne intendono.
Potrei risponderle, in modo impertinente, che "non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere" e che non mi pare che il paragone della resurrezione di Cristo con le opere di Beethoven o Leopardi sia molto calzante.
Dubito che, se, come Tommaso, un ateo avesse incontrato Cristo risuscitato, avrebbe potuto andarsene facendo spallucce.
Non mi dichiaro vinta ma sono stanca, perché alla lunga queste discussioni svuotano e sembrano non portare da nessuna parte.
Lieta comunque di aver dialogato con voi.
Ciò che, come cristiana mi preoccupa non è tanto il dubbio o l'agnosticismo privato, che sono sempre esistiti e forse sono in certo modo fisiologici (anche se sono aumentati in modo esponenziale da quando la Ragione, che è sempre esistita, e la Scienza sono state divinizzate), ma l'ateismo militante che promuove campagne per lo "sbattezzo", mette in ridicolo i credenti (eccetto di solito gli islamici) e li vuole relegare in sacrestia. Le conseguenze pratiche di queste battaglie per la "laicità" in campo morale, educativo, sociale e politico sono devastanti ed evidenti anche a molti non credenti, al punto che è perfino nata la categoria degli "atei devoti".
Dopo aver letto questa serie di begli interventi mi è caduto l'occhio su due notizie del giorno. Senza pretendere di dimostrare alcunché é bello constatare la presenza di umiltà dove meno te lo aspetti:
Richard Dawkins dichiara:
"I can't be sure God does not exist"
http://www.telegraph.co.uk/news/religion/9102740/Richard-Dawkins-I-cant-be-sure-God-does-not-exist.html
Mentre é inquietante verificare dove può portare la "ragione umana" quando é totalmente svincolata da un assoluto trascendente (attento Demeio...):
"Se è permesso l’aborto, perché non l’infanticidio?", scrivono due nostri bioeticisti sul Journal of Medical Ethics, della stessa editrice del British Medical Journal.
http://jme.bmj.com/content/early/2012/02/22/medethics-2011-100411.abstract
http://www.agi.it/in-primo-piano/notizie/201202281819-ipp-rt10251-aborto_bioeticisti_shock_consentire_anche_l_infanticidio
Caro Lucio,
Al mio “Se e' Dio che mi invita, lo posso aspettare per piu' di dieci anni”, tu rispondi
“... mi sarei aspettato l'eternita', non meri 10 anni!”
Grazie per darmi la possibilta’ di sviluppare ulteriornmente questo concetto. Con il tuo commento, infatti, provi essenzialmente il mio punto, e cioe’ che un ateo e’ pieno di se stesso, tanto da non lasciare nessuno spazio per Dio.
Indicando l’eternita’ come scala temporale dell’attesa, tu riempi il vuoto di infinito che tutti gli uomini sentono in se’. Questa “nostalgia malinconica dell’infinito” e’ parte essenziale della nostra esperienza terrena, un marchio che ci dice inequivocabilmente da dove veniamo. Con il tuo commento, tu riveli lo stesso atteggiamento di “attesa infinita” del Tenente Drogo di Buzzati, il quale si riconosce creatura finita solamente di fronte alla morte.
Ebbene, io non penso che Dio voglia farsi riconoscere “solamente” di fronte alla morte (e forse per questo che non riesco a digerire Buzzati). Dio entra nella nostra storia, nel nostro “tempo”, ma con i suoi “tempi”. Ed e’ per questo possiamo aspettarci di trovare un rapporto con Dio, “durante” la nostra vita.
L’esempio massimo e’ quello di Abramo, il Padre della Fede, il quale ad un certo punto si e’ rotto pure lui le balle di aspettare e si e’ fatto la servetta. Ma Dio, sempre fedele, gli da' il figlio della Promessa, anche se in tarda eta’ e con una moglie sterile.
Cordialmente,
Andrea
Su suggerimento di una collega ho scoperto che la RAI nel '98 trasmise una serie di interviste a intellettuali sull'argomento "fede e ragione" che mi paiono interessanti, ne esiste la trascrizione su questo sito:
http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=88
Personalmente in materia di religione non riconosco autorevolezza nemmeno ai sommi filosofi, esulando dalla ragione per me le loro riflessioni al riguardo valgono le mie come quelle di chiunque altro, in questo la religione è democratica, e Hegel, Kierkegaard o San Tommaso non possono aggiungere nulla di significativo sull'argomento, ma chi studia filosofia e teologia non può fare a meno di citare gli illustri predecessori, immagino.
Nell'intervista a Emanuele Severino c'è un passo che mi ha colpito perchè riporta a una tematica su cui son tornato in ogni commento e che per me è la chiave di volta di tutta la questione:
" Non ci può essere opposizione tra ragione e fede, dice Tommaso...Il motivo è che entrambe le cose provengono da Dio. La ragione proviene da Dio, le verità di ragione provengono da Dio, e il kerigma, cioè la rivelazione, proviene da Dio. Quindi due verità che hanno la stessa fonte non possono essere in contraddizione tra di loro."
Ora questo sembra esattamente lo stesso ragionamento che mi propinarono ad oltranza due testimoni di Geova (che ammisi in casa solo perchè una era di gradevole aspetto): come facevo a non credere nell'esistenza di Dio quando c'era la Bibbia come prova? E perchè è una prova? Perchè l'ha scritta lui! E chi lo dice? La Bibbia! Ma se l'ha scritta qualcun altro? Non è possibile! Perchè? Perchè è la parola di Dio..e avanti così.
Lo stesso Severino in modo ben più raffinato di me riprende:
"La domanda che ho sempre fatto alla cultura cattolica, ed alla quale a mio avviso questa cultura non ha ancora risposto, è questa: questa tesi dell'armonia di ragione e fede è una affermazione della ragione o della fede?"
E te credo che non rispondono..
Sempre Severino poi parla dell'altro tema di cui si occupa questo articolo, il pericolo dell'Islam:
"oggi questo addio, questo tremendo addio ai valori del passato, senza che ancora ci si sia attaccati alla nuova presa, vivere questo momento significa vivere lo sbando in cui direi che da tutti è percepito. Lo sbando, il disagio, lo smarrimento, la paura in cui si trovano soprattutto le masse occidentali, perché le masse guidate dall'islamismo, eccetera, si trovano in una posizione di maggior sicurezza, perché più arretrate rispetto alla nostra. Noi siamo più avanzati e quindi esposti a un maggior pericolo."
Quindi la tradizione cristiana come ancoraggio sicuro che sta venendo meno senza che vi sia qualcos'altro cui riferirsi...grande debolezza rispetto all'Islam, che poi mi pare la tesi del prof. Israel.
Prof. Israel, se solo di emerite bufale si tratta, emeriti cialtroni sono i ricercatori e/o i divulgatori di simili panzane. A mio modestissimo parere non si può liquidare tutta la questione così; penso che la Sua drastica conclusione sia anche per veloce rimando a quanto è già stato scritto e commentato a tal proposito, che leggerò con grande interesse.
Per Grazia Dei: il Suo commento mi dà alcuni spunti di riflessione.
Il primo: neanche a me piace l’ateismo militante, ma nemmeno l'invadenza di certi catechisti che di nascosto interrogano i bambini sulle abitudini dei genitori o sui motivi per cui quella tal domenica non hanno partecipato alla Messa.
Il secondo: è vero, tutto sommato dispiace anche a molti atei e agnostici vedere le chiese mezze vuote e ed i preti in via di estinzione, specie coloro che, oltre a condividere molti dei valori cristiani, trovano nei riti della tradizione cattolica un certo che di rassicurante. Troppo comodo, eccepirete. Comunque sarebbe interessante sapere anche quanti cristiani praticanti, di oggi e di un tempo, siano/sono stati credenti per davvero; se un certo agnosticismo privato rientri davvero solo in un limite fisiologico o non abbia invece dimensioni ben più importanti. Mi piacerebbe sapere anche quanti vengono annoverati fra i fedeli pur dichiarandosi credenti “a modo loro” (“Credo in Dio, ma non alla Chiesa”).
Il terzo: qualche responsabilità sulla devastazione odierna in campo morale, educativo ecc. ce l’avranno pure anche certi politici cattolici che hanno governato fino a poco tempo fa.
Per Attento:
Dawkins spiegò chiaramente la sua posizione su “l’Illusione di Dio”, pag. 57-88, collocandosi fra gli agnostici perché: “La ragione da sola non può spingere alla convinzione assoluta che una certa cosa non esista”.
Se io avessi un blog, non pubblicherei commenti non firmati in maniera completa (oltreché, naturalmente, commenti incivili): perché - ad esempio - è troppo comodo lanciare sassi nascondendo le mani.
Non ho la pretesa, comunque, che quanto sto affermando sia vangelo.
(Attenzioni da parte di) Giorgio Della Rocca
Persino il padre di tutti noi non-credenti, Bertrand Russell, si dichiarava agnostico. Ricordo una sua risposta molto divertente alla domanda se si dichiarasse ateo o agnostico, che suonava piu' o meno cosi': "Dipende da chi me lo chiede; se me lo chiede uno che conosce la differenza tra ateismo ed agnosticismo e conosce la filosofia, gli direi che sono agnostico. Se me lo chiedesse qualcuno che non sa conosce bene il significato dei termini, gli direi che sono ateo"
Lucio Demeio
(Io mi firmo sempre con nome e cognome)
Caro Lucio,
a questo riguardo ad esempio Erri De Luca preferisce definirsi "non-credente" perchè, argomenta, "l'ateo è uno che ha escluso la possibilità di Dio dalla propria vita, ma principalmente dalla vita degli altri, dicendo che Dio non esiste, e che gli altri semplicemente si illudono", lui invece a credere non ci arriva proprio ma non lo esclude dalla vita degli altri.
Su wikipedia ho trovato che esiste l'ateismo generico ma pure quello "positivo" e "negativo", quello forte e quello debole, quello pratico e quello teorico, poi l'"apateismo", infine l'agnosticismo e pure l'ignosticismo.
Trovo divertente che anche gli atei non diversamente dai credenti si dividano in varie specie, e pensare m'illudevo di no, si vede che al filosofeggiare fino allo sfinimento l'uomo non può sfuggire.
@ Giorgio Della Rocca
io invece non pubblicherei mai chi non ci mette la faccia, voglio vedere con chi ho a che fare. E le donne pure la data di nascita.
E' una battuta, non si capisse.
Ma non afferro il suo pensiero: una volta tolti i commenti incivili, che vor di': "lanciare il sasso e nascondere la mano"? Come fa un commento civile a trasformarsi in un sasso?
(Mi scuso col prof. Giorgio Israel per la lunghezza del commento.)
“Lanciare il sasso nascondendo la mano” (nel commento precedente ho usato i plurali sia per accentuare il concetto, sia per far riferimento alla digitazione sulla tastiera del computer, giacché parlavo di blog…) significa, in questo contesto, criticare (nell’accezione: disapprovare) qualcosa - anche fortemente, eventualmente danneggiando qualcuno - nascondendo la propria identità.
Premesso, comunque, che io critico - anche fortemente, sempre con intenti costruttivi - certi comportamenti di alcune persone, ma non mi permetto di giudicare le persone stesse, il criticare - anche fortemente -, di per se stesso, non costituisce un comportamento negativo (anzi, spesso è necessario per la crescita comune); tuttavia, bisogna farlo con le dovute cautele (a mio avviso, manifestando in maniera esplicita la propria identità, evitando insulti, volgarità, ecc.).
Dunque, se si “lancia il sasso” (cioè, se si critica - anche fortemente -) non “nascondendo la mano” (cioè, manifestando in maniera esplicita la propria identità), e rispettando gli altri criteri da me indicati, non si degenera nell’inciviltà; anzi, ciò può costituire un atto socialmente meritorio.
Si può verificare, ovviamente, che commenti non firmati in maniera completa siano civili, e contengano anche riflessioni interessanti (magari geniali). In tali casi, varie persone li accettano (eventualmente elogiandoli); io, invece, parimenti li critico, pur non stigmatizzandoli come nei casi prima indicati.
Ripeto: non pretendo che questa mia opinione assurga a vangelo (cioè, ad affermazione indubitabile); pardon, a idea - fatte le dovute precisazioni - universalmente condivisibile.
Rinnovo le mie attenzioni,
Giorgio Della Rocca
P.S. Una ricerca in Internet consente di trovare abbastanza rapidamente qualche fotografia che mi ritrae (oltre ad altre informazioni su di me): io sono tra coloro che ci mettono anche la faccia.
Pubblico questo commento malgrado la sua lunghezza e a condizione che non si ripeta per concetti e dimensioni. Le regole di questo blog le faccio io: come diceva Petrolini, se vuoi cantare "poropomponpon" invece che "piripipimpinpin" fatti un impero per conto tuo. Non faccio passare alcun commento offensivo o il cui contenuto critico "danneggi" qualcuno. Raramente e' accaduto e ho "segato" subito e da tempo praticamente mai. Mi pare un blog molto civile. Gli insulti e i toni offensivi o urticanti li vedo altrove.
Poiché rientro nella categoria di coloro che non si firmano, a Giorgio vorrei dire che, non essendo esperta di blog, mi sono limitata a compilare una scheda di iscrizione e ad adottare un nick name, come ho visto che si usa fare in rete. Mi era parso fosse sufficiente e del resto il mio nome non direbbe niente a nessuno.
Esiste una cosa che si potrebbe definire pudore (in una certa accezione, ovviamente) o forse meglio modestia e un'altra che si chiama diffidenza (ma un nick name a questo proposito è come la coperta di Linus) verso la rete e i possibili usi futuri di ciò che esprimiamo, che mi condizionano.
Non ho motivo di vergognarmi dei miei interventi, se non per la loro modesta qualità rispetto all'altezza degli argomenti.
Peraltro sono soddisfatta di aver comunicato varie volte con una persona stimabile come il prof. Israel, del quale seguivo gli interventi sulla stampa ben prima di scoprire questo blog, che con tanta passione e – immagino - fatica, stimola discussioni, riflessioni e propone aggiornamenti in diversi campi che mi stanno a cuore.
Anche gli altri blogger mi sembrano tutti persone civili e competenti, con cui è facile e piacevole dialogare, e, a questo scopo, quel che so di loro, fin qui, a me basta.
Attenzioni da parte di (che vuol dire?) Grazia Dei
A Nautilus vorrei dire: ho cercato fin dall'inizio di allegare una fotografia in cui non ero troppo male, ma per la mia incompetenza infomatica, non ci sono riuscita. Ora ci riprovo con un'altra. Per l'età, beh...non esageriamo. La dirò un'altra volta!
Per Nautilus
ah, dimenticavo, se la foto si vede, io sono quella a sinistra!
Cara Grazia D.
ma io scherzavo! Ognuno faccia quel che vuole, fuorchè cambiare di nascosto nick, quello imperdonabile davvero.
Ho messo la foto solo su questo blog (che mi sembra di nicchia) e solo dopo che, essendone diventato assiduo frequentatore, m'è parso giusto che quelli con cui scambio spesso le opinioni sapessero più o meno con chi dialogano.
Grazie per la precisazione ma non c'era bisogno, l'avevo riconosciuta subito.
Concordo al 100% con l’ultimo commento di Grazia Dei. In fin dei conti quando ci si trova in internet (e ovviamente anche quando ci trova in questo blog) è come trovarsi in una grandissima piazza affollata, dove non tutti si sentono di comunicare pubblicamente a tutti nome, cognome ed altre informazioni. Aggiungo che moltissime aziende, prima di assumere un collaboratore, ne cercano proprio su internet profilo e notizie, per capire meglio il contesto in cui si muove e se il suo stile di vita è coerente con la posizione e la filosofia aziendali. Concordo anche con Nautilus. Capita di frequente, nella quotidianità, di scambiare opinioni con perfetti sconosciuti, durante un viaggio, il fila al teatro, alla cassa del supermercato…. di loro non si nulla e ci basta, ma ci si guarda in faccia.
Quando si é una persona "normale", cioé non si é un personaggio pubblico di cui é facile conoscere fatti e opinioni, "svelare" la pripria dentità in Internete può essere controproducente. Fate la prova: cercate su Google il vostro "nome cognome" fra virgolette. Se siete frequentatori accaniti di blog otterrete la vostra radiografia morale, politica e religiosa. Alla faccia della protezione della privacy. Date un'arma in mano a chi vuole discriminarvi, che ne so, in vista di un colloquio di lavoro o di una domanda di associazione quando il lavoro o l'associazione non avrebbero niente a che fare con le tue opinioni.
E' bello constatare quando le persone si pongono dei dubbi. Dawkins ammette che l'inesistenza di Dio non é dimostrabile e Nautilus si meraviglia che esistano varie "branche" dell'ateismo. Fanno bene a dubitare. infatti, proprio perché non può essere considerata verità "assoluta" l'opinione che gli esseri viventi siano solo un "insieme di atomi" e la vita un "insieme di reazioni chimiche" e la storia futto del "puro caso". E' vero che ci sono alcure evidenze scientifiche che confortano queste opinioni, ma anche l'idea che solo il metodo scientifico può aiutare ad indagare la realtà é anch'essa da sottoporre al dubbio che non ci sia qualche aspetto (magari fondaentale) che richieda un altro approccio. In questo senso il cosiddetto "ateismo" nelle sue forme più intransigenti che, in alcuni casi si fanno aggressive, é una religione come altre, priva però del fascino che si avverte quando riconosci l'esistenza del mistero.
Beh, mica tanto un blog di nicchia, ormai, visto che viaggia su una media di 500-600 contatti al giorno con punte di un migliaio.
Il 13 giugno 2011 è morto a Roma il gesuita p. Pio Parisi, che ho conosciuto e frequentato durante il periodo universitario (studente fuori sede, alloggiavo in un appartamento della cooperativa da lui diretta, a livello spirituale, nel quartiere romano di Pietralata).
Egli si è interessato particolarmente della valenza politica del Vangelo e della laicità, intesa come compito profetico della Chiesa - popolo di Dio - nei riguardi del mondo.
È stato cappellano all’Università “La Sapienza” di Roma e assistente spirituale (a livello nazionale) delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani.
A proposito di questa discussione, voglio ricordare un suo pensiero: «Il cliente di Dio non è cliente di alcun altro».
(Ancora attenzioni - cioè: riguardi, cortesie, premure - da parte di) Giorgio Della Rocca
Allora guardi: io pubblico questo suo commento per poter fare la seguente precisazione. Ci sono delle persone che usano il nickname e non ci "mettono la faccia" (per dirla come lei) ma esprimono il loro punto di vista in modo esplicito, chiaro e corretto, senza allusioni e secondi significati. Ce ne sono altre che "ci mettono la faccia" per dire cose ambigue, allusive, poco chiare e come tali spiacevoli. In che senso il pensiero del gesuita Pio Parisi ha a che fare con questa discussione? Potrei tentare di interpretare ma non ne vale la pena perché l'unica cosa chiara è che la sua è una battuta obliqua e allusiva e non chiara e diretta, e come tale, scorretta e spiacevole. Altro che riguardi, premure e cortesie.. La prima "attenzione" è la trasparenza nell'espressione del pensiero. Perciò mi faccia la cortesia: lasci perdere di intervenire in questo blog: non ho alcun piacere a ospitare questo tipo di interventi. Già una volta intervenne qui facendo il pesce in barile quando fui aggredito da Odifreddi. Il suo stile non mi piace.
Scusate, ma la tentazione di inserirmi sulla scia di Attento è troppo forte.
Se addirittura nella matematica, sulla quale poggia il metodo scientifico, vi sono asserzioni di cui non possiamo dimostrare la verità o la falsità, a maggior ragione ...
Il metodo scientifico è ottimo per mandare satelliti in orbita.
Caro Natilus,
avevo capito che scherzava e ho scherzato anch'io!
Desidero segnalare l'articolo di Antonio Socci che invita tutti a reagire alla follia e alla inutilità di un provvedimento sbagliato del Governo Monti che ci riguarda tutti.
Condivido pienamente le sue affermazioni
http://www.antoniosocci.com/2012/03/monti-vuole-abolire-dio-e-i-cosiddetti-ministri-cattolici-approvano/
Egr. prof. Giorgio Israel,
La frase di Pio Parisi S.I. «Il cliente di Dio non è cliente di alcun altro» si riferisce chiaramente alla necessità di autenticità e coerenza nella testimonianza della fede cristiana, ed è in quest’unico senso che l’ho citata nell’ambito della presente discussione; se Lei vi ha ravvisato un intento provocatorio (da parte mia), espresso in modo indiretto, ambiguo e allusivo, ciò non era nelle mie intenzioni.
Del resto, anch’io critico la maniera indiretta, ambigua e allusiva di comunicare con altre persone, e leggendo i commenti che ho scritto nel suo blog non mi si può accusare, penso, di un tale comportamento.
Per quanto concerne, poi, la posizione da me assunta nei confronti del prof. Piergiorgio Odifreddi, ferma restando la mia stima nei suoi riguardi come studioso, disapprovo quasi tutte le sue opinioni a proposito della fede cristiana (e cattolica in particolare), ancorché espresse in modo più equilibrato che in passato (come risulta, ad esempio, dal suo recente libro: “Caro Papa, ti scrivo. Un matematico ateo a confronto con il papa teologo”).
Infine, desidero sottolineare che il mio intento non è tanto quello di convincere varie persone a credere nell’esistenza di Dio; è piuttosto quello di testimoniare che, nonostante tutte le nostre mancanze, Dio - la cui presenza, evidentemente, è avvolta nel Mistero - continua a credere in noi.
Distinti saluti,
Giorgio Della Rocca
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