Debbo fare una confessione. Da anni occupo metà del tempo a
battagliare contro lo scientismo, ma durante la trasmissione di Porta a Porta
del 29 maggio dedicata al terremoto in Emilia ho sentito emergere un potente rigurgito
di scientismo. Era un piacere voluttuoso ascoltare i sismologi, il geologo,
l’ingegnere mentre producevano argomentazioni documentate e commenti tecnici che
mostravano una consolidata competenza: tanto da far emergere un mai sopito
sentimento di fiducia nei confronti dell’“oggettività scientifica”. Poi arriva
lo psicologo con l’aria assertiva di chi erudisce un consesso di sprovveduti, e
dice che è uno sproposito che gli adulti stiano insieme ai bambini nelle
circostanze che seguono al terremoto: i bambini assorbono come spugne ansie e paure
degli adulti, e quindi è bene che stiano tra loro. Ma sì – ci siamo detti – non
è un’idea sbagliata: le famiglie scendono nelle tendopoli, gli adulti comunicano
tra di loro preoccupazione, spavento e discutono su come affrontare il futuro, mentre
i bambini vengono spediti a scorrazzare e a giocare assieme tra le tende per ritrovare
un po’ di spensieratezza. Che idea primitiva! L’esperto spiega che, per gestire
i bambini ci vogliono gli adulti adatti: occorre raccoglierlo a gruppi, anzi
costituirli in “kinderheim” sotto la guida di uno psicologo. E va bene – ci
siamo ancora detti – viviamo nella postmodernità, queste cose non si gestiscono
come ai tempi di Checco e Nina quando non esistevano neanche le scuole
dell’infanzia. Ben venga lo psicologo che guida le “kinderheim” dei bambini
mentre gli adulti, tra di loro, condividono preoccupazione e spavento e
progettano il futuro… Eh no! Secondo errore! Lasciare gli adulti a “elaborare”
da soli? Ci mancherebbe altro! ha proclamato stentoreo l’esperto. Sarebbe un
atto irresponsabile, non ne sono capaci, finirebbero allo sbando. Anche per
loro ci vogliono psicologi che li ripartiscano in gruppi, li prendano sotto
tutela e gestiscano l’“elaborazione” della loro tragedia.
Forse non si ricorda che quando gli italiani, alla fine
della Seconda guerra mondiale, si aggiravano tra le rovine dei bombardamenti
erano ripartiti a gruppi di trenta guidati da uno psicologo, e per questo trovarono
la forza di ricostruire il paese e poi avviare il miracolo economico. Anche la ricostruzione
dopo il terremoto del Friuli è stata portentosa perché è stata guidata passo passo
da squadre di psicologi.
Ci si chiede se gli psicologi non stiano esagerando: sia
detto nell’interesse dell’immagine della categoria. In fin dei conti, non
capita ancora che un architetto ti entri in casa d’autorità prescrivendoti come
arredarla per il tuo bene psico-fisico, un meccanico ti fermi l’auto con la
paletta per controllare il carburatore e neppure un medico ti blocchi mentre
cammini per strada per misurarti la pressione; e tu non ti possa rifiutare altrimenti
sei un irresponsabile. Invece qui pare che non si abbia più neppure il diritto
di scendere in strada assieme ai vicini di casa noti da trent’anni senza che
venga un “esperto” a irregimentare in gruppi per gestire l’“elaborazione”. Lo
psicologo è prescritto d’autorità, non è una persona cui ci si rivolge quando
si decide di farlo. Abbiamo uno psicologo per ogni azienda e ufficio; ne
abbiamo uno per ogni scuola, presto ne avremo uno per classe. Si è approvata
una legge per i disturbi di apprendimento per cui le diagnosi dei bambini
“disturbati” o “agitati” sono salite da una stima iniziale del 3% al 5% e poi,
via via, fino a punte del 15%, tanto che sale la preoccupazione anche in chi ha
voluto la legge. Non c’è ambito giudiziario in cui non intervenga lo psicologo
(talora con effetti ben esemplificati dalla vicenda di Riano Flaminio). A
quando una legge che imponga lo psicologo di condominio? E una legge che
imponga l’intervento dello psicologo, assieme alla polizia stradale, anche per
un tamponamento d’auto? Occorrerebbe anche studiare la figura dello “psicologo
di strada” che si aggirerebbe in incognito, con gli occhiali scuri e la barba
finta, per studiare i comportamenti della gente e fare rapporto.
Ripensandoci bene, il sentimento provato durante la
trasmissione di Porta a Porta non era un rigurgito di scientismo. Perché è
difficile pensare a uno scientismo più estremista e pervasivo di questo,
condito da un dirigismo che farebbe morire di invidia gli psicologi e i pedagogisti
sovietici di ottant’anni fa. Al confronto, lo scientismo del sismologo o
dell’ingegnere (ammesso che siano scientisti) è roba da poveri untorelli.
(Il Foglio, 31 maggio 2012)
20 commenti:
Carissimo Professore, questo pezzo è davvero divertente. Dovrebbe scriverne più spesso, alternati a quelli più critici e dal tono meno ironico (o sarcastico?).
Le racconto qualcosa al Ticino, che forse Le insegnerà come certe idee malsane nell'educazione non abitino solo in Italia. Dopo le recenti elezioni cantonali, i cinque dipartimenti di Stato del Cantone sono stati ridistribuiti: l'educazione e la scuola, storici baluardi del Partito Liberale Radicale, sono finite al socialista Bertoli, descritto da un amico addentro alla politica come un comunista. Beh, recentemente ha proposto un paio di idee che fanno capire cosa intenda per "scuola".
Primo, mense obbligatorie per gli studenti di Scuola Media. Ha poi dovuto rinunciarvi, adducendo questioni tecniche: in realtà per l'opposizione fierissima di alcuni genitori. Poi, su proposta dei Verdi, si stà rivalutando l'idea di togliere la divisione in livelli per Matematica, Francese e Tedesco nel secondo biennio di Scuola Media: ovviamente, con la giustificazione che sia discriminatorio operare una partizione degli allievi in "bravi" e "meno bravi". C'è forte opposizione anche da parte dei docenti, ma non so come andrà a finire. Questo per darLe un'idea dei mali che, mi spiace constatarlo, i reduci di certa ideologia continuano a fare alla Scuola.
Cari saluti e auguri!
Ha ragione Professore, credo si stia smarrendo il buon senso. Trovo che l’aiuto degli psicologi sia utilissimo, ma forse si sta esagerando; frequentavo le elementari quando nel 1976 il terremoto in Friuli seminò morte e distruzione e anch’io, come tantissimi bambini, affrontai l’esperienza della paura e del disagio delle notti fuori casa; ma il sostegno più grande, per noi bambini, arrivava proprio dagli adulti di famiglia, che ai nostri occhi erano forti, autorevoli, in grado di proteggerci. Imparavamo come comportarci in caso di sisma proprio ascoltando i discorsi dei nostri genitori, attraverso i quali sapevamo individuare quali erano i punti della casa più sicuri e quelli da cui star ben lontani; certamente per noi bambini non era facile comprendere ed accettare l’idea che proprio la nostra casa e la nostra scuola potevano distruggerci la vita, ma chi di noi ebbe la fortuna di avere i propri famigliari salvi e le gambe sane per poter rincorrere la palla, non aveva bisogno di null’altro.
Per sdrammatizzare un po’, vorrei chiedere, se ci fosse qualche psicologo in ascolto, che mi aiuti ad interpretare un bigliettino scritto da mia figlia, 2° elementare, ad un amichetto per il quale nutre una certa simpatia: “Ti voglio bene. E Tu mi vuoi bene? Metti un crocetta: SI – NO”. O è meglio che mi rivolga al ministero dell’istruzione? Perché quel bigliettino assomiglia molto ad una delle tante troppe schede che riempiono oggi i quaderni dei bambini.
D'accordissimo sullo psicologo solo "on demand", ma che ce ne sia uno in ogni scuola non mi risulta affatto, almeno non nelle non poche che conosco. Se per fortuna o meno dipende non solo dai punti di vista, ma anche dalla eventuale preparazione del medesimo; e purtroppo quelli che ho conosciuto - dipendenti della Asl - era meglio perderli che trovarli, subito pronti com'erano a certificare in qualsiasi modo la necessità di promuovere certi ragazzi, magariper possibile rischio di suicidio...
D'altra parte i docenti si sono quasi tutti stufati di fare, oltre al proprio mestiere, gli assistenti sociali, gli psicoterapeuti, i logopedisti e via dicendo.
Cordialmente, Giorgio Ragazzini
Beh, certo non nei licei, ma nelle elementari impazzano. Ne so qualcosa... E le "buone intenzioni" non mancano. A Roma il dipartimento di psicologia ha ottenuto da molte scuole di poter infilare nella cartella dei bambini (grave violazione della privacy) una lettera-richiesta di fare una indagine nelle classi volta a individuare bambini con ritardo per poter studiare e classificare i loro problemi cognitivi e affettivi. La mancata autorizzazione dei genitori avrebbe portato, secondo loro, a "gravi conseguenze a livello sociale". Al posto della firma ho risposto con una diffida scritta. Quindi, attenzione, perché in questo ambito basta offrire il mignolo per vedersi prendere il braccio. D'altra parte, bisogna pur trovare un impiego per le migliaia di laureati in psicologia...
o per meglio dire Giorgio Ragazzini:
...e stanno arrivando sul mercato infornate di counselor - non so quanto numerose - comprensibilmente malviste e ostacolate dai già troppo numerosi psicologi. Io stesso sono al terzo e ultimo anno; ma non c'è da preoccuparsi, farò un uso limitato e responsabile di questa specializzazione... Perché stringi stringi il problema è questo per tutte le professioni, compresa quella dell'insegnante: l'idea che si ha del proprio ruolo, la serietà personale e la qualità della preparazione. Gl insegnanti che per decenni hanno fatto da chiocce agli allievi, per esempio, hanno fatto gravi danni, a differenza di quelli che hanno educato i ragazzi alla responsabilità e all'impegno. Così gli psicologi seri a supporto dei docenti e d'accordo con loro sarebbero una risorsa per la scuola; quelli che dice lei una iattura.
Vorrei dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Con un'abilitazione all'esercizio alla professione di psicologo (per altro mai esercitata) e i classici, ahimè, dieci e più anni di terapia psicoanalitica sulle spalle, qualcosa in questo campo la so.
E' un pezzo che penso che la maggior parte degli psicologi dovrebbero fare una buona terapia e poi dedicarsi ad altro. Sono convinta che la gran parte di essi si senta attratta da quel ramo di studi perché motivata dai problemi personali. E comunque sono troppi a causa della necessità di moltiplicare le cattedre universitarie (cosa se ne fa, ad esempio, la Sardegna, della facoltà di Psicologia, peraltro più sociale che clinica, a parte produrre altra disoccupazione intellettuale?)
Tuttavia quando gli psicologi sono equilibrati e preparati e non pretendono di scavare nell'inconscio, gli sportelli di ascolto nelle scuole per gli adolescenti in difficoltà sono utili. La quantità di alunni che hanno problemi e situazioni familiari destabilizzanti alle spalle è infatti impressionante.
Quanto ai prof. che fanno le chiocce con gli allievi: talvolta bisogna comprendere che determinati alunni non hanno grandi margini di cambiamento e di miglioramento, per numerosi fattori, e non sono, almeno alle medie, capaci di invertire la rotta sciagurata che hanno preso i loro studi con un semplice atto di volontà. Conosco ragazzi che sono diventati grandi (16 anni e oltre) nei nostri corridoi, perché alcune colleghe avevano sentenziato che "non avevano combinato nulla tutto l'anno", che "non portavano il materiale" e che"avremmo dato un cattivo segnale ai compagni". Forse una promozione opportunamente preparata sarebbe stata più efficace per rimotivarli e dare loro un po' di fiducia in se stessi.
Gli scrutini sono alle porte e so già che sarà un momento critico.
Mi sono quasi sempre pentita, quando ho avuto la possibilità di impedirle, delle bocciature e solo raramente e in casi particolari ho trovato che avessero prodotto dei miglioramenti. So che c'è di mezzo la questione della giustizia e della responsabilità. Ma credo che il merito possa essere ugualmente premiato e gli alunni comprendano che alcuni compagni devono essere aiutati.
Per Raffaella,
anche mia figlia mi porta dei foglietti con su scritto, ad esempio: Mamma, posso invitare Carla a pranzo domani? SI NO metti la crocetta sul quadratino...
Insegno alle medie da 36 anni, e di psicologi ho ricca esperienza: se mi mettessi a raccontare le devastazioni che ho visto provocare da quella gente sui bambini affidati alle loro "cure", domani sarei ancora qui a scrivere. La mia impressione, basata su decenni di esperienza e di osservazione diretta, è che questi signori abbiano (inconsciamente) scelto questo studio per risolvere i loro (inconsci) gravi problemi personali. Naturalmente non li hanno risolti, e la conseguenza è che su ogni paziente proiettano i propri problemi e non vedono affatto i problemi della persona loro affidata.
Esistono eccezioni? Sicuramente. Solo che finora non ne ho mai incontrate.
Ho vissuto il terremoto di Umbria e Marche del '97, andavo già al liceo al tempo, non ero più un bambino e mi rendevo conto della situazione. I bambini non avevano certo psicologi, e vissero la situazione come un gigantesco campeggio. Stavano sempre fuori, c'erano gli scouts, la caritas, l'esercito e la protezione civile con tutti i loro mezzi, la scuola in tenda; i bambini si divertivano, era un'avventura per loro. Queste psico-assurdità moderne io non le capisco; sarà che io son cresciuto con Checco e Nina, letteralmente, i miei nonni paterni si chiamavano proprio così.
Francesco Santoni
Sono d'accordo con lei professore!! Nel liceo dove insegno, abbiamo una psicologa che assiste gli studenti e docenti...Qualche mese fa ho incontrato nel corridoio una mia alunna di terza che disperata e piangente cercava la psicologa, ho cercato di calmarla chiedendogli perchè avesse bisogno del supporto psicologico; ebbene sono rimasto basito dalla sua risposta singhiozzante: "la prof di scienze ha consegnato le verifiche e ho preso una insufficienza, ma io ho studiato tutto e gli ho scritto tutto".
Siamo a questi livelli, i nostri ragazzi non hanno la maturità di incassare un giudizio negativo, tutto deve essere facile e accessibile. Io mi chiedo ma è necessario che la scuola spenda risorse per pagare una figura professionale (che tra l'altro penso si faccia pagare profumatamente) per consolare e spiegare che studiare non è un gioco ma un'attività umana che deve aiutare a crescere in sapienza e maturità??
Cordialmente
E lei è sicuro che questa figura professionale spiegherà che studiare non è un gioco ma un'attività ecc. ecc.?
Caro professore, la psicologia è diventata, secondo me, la nuova fede laica della gente. Con i suoi sacerdoti e la sua liturgia.
Lei la annovera giustamente nello "scientismo",che è anche esso ormai una fede. E lei fa bene a esorcizzarla con il suo pungente sarcasmo.
Sulla psicologia, ma soprattutto sugli psicologi, temo di lasciarmi condizionare da troppi preconcetti, non certo positivi. Sono sicuro che sono una disciplina ed un lavoro che hanno un loro senso, ma mi sembrano applicati ed impiegati sistematicamente a sproposito, per non dire, anzi lo dico, con frequente scarsa competenza. Un aneddoto: tempo fa mi hanno inviato il pdf di una tesi di dottorato di ricerca in psicologia cognitiva in cui, tra l'altro, si stabiliva (o meglio si tentava, con quali risultati lascio immaginare) una relazione tra coscienza e funzione d'onda, impapocchiando formulazioni di equazioni di Schroedinger, Klein-Gordon, dove le soluzioni con energia negativa divergono a ritroso nel tempo (retrocausalità), e roba varia. Al momento l'ho creduto uno scherzo, ed invece si è rivelata una tesi vera.
Quello che li rende pericolosissimi, è che oramai sono chiamati a decidere nei Tribunali: la loro perizia è richiesta continuamente, nonostante i morti causati dalle loro decisioni assurde. Il Tribunale dei Minori è in mano loro, e tutti conosciamo bambini e famiglie rovinate dalle loro perizie. Se c'è una scienza totalmente inesatta è la psicologìa, ci si comporta invece come se le turbe di costoro avessero un rapporto con la vita della gente sana, e potessero giudicare le situazioni reali. Che poi ci sia qualche eccezione, serve appunto a confermare la regola.
Raffaella 6/02/2012 10:42:00 AM gentilissima! Uno psicologo spiegherebbe forse con la mia età e con il fatto che un magone della mia vita è stato non aver figli (ho però la gioia di nipoti) queste mie parole: ma lo sa che ai miei occhi quel bigliettino appare invece di una dolcezza e di una poesia meravigliose? Se l'anima di un bambino è in grado di trasfondersi perfino nella banalità “oggettiva” della forma di un test, rendendola delicata e palpitante, quale frustata di speranza, di fiducia ne trae l'adulto, quale voglia di spendersi per il futuro. Che responsabilità - da tremare ma da esaltarsi - ci assegnano questi ragazzi.
Se ne deduce che "la tentation totalitaire", su cui dissertava Jean-François Revel, è sempre in agguato nel nostro paese, non solo in Francia.
Caro Vanni, la storia del bigliettino aveva toccato anche me, lo vedi che i test a crocette a qualcosa servono?
Egregio Nautilus 6/07/2012 04:59:00 PM, sono i bambini che servono, per grazia di Dio.
Vanni, il bigliettino ha fatto naturalmente sorridere di tenerezza anche me e, dal finale del commento di Daniela, mi vien da pensare che questo sistema sia largamente diffuso! Che ciò sia frutto della “scuola delle crocette” non è stato comunque il mio primo pensiero: ben altri sentimenti lo hanno preceduto e sono esattamente quelli che Lei ha saputo così bene delineare.
Per inciso,oggi ho saputo che, su suggerimento dell’amica del cuore, la domanda è stata modificata in “E tu mi ami?”.... e che la crocetta è finita sul NO.
Che ne pensa, professore, della campagna anti-evasione fiscale condotta nelle scuole elementari? "Lo psicologo impazza e straparla nel dopo terremoto", dice lei. A me sembra che il terremoto abbia fatto danni anche molto lontano dalle zone sismiche.
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