Il proposito del “pacchetto merito” che dovrebbe essere
approvato dal Consiglio dei Ministri – introdurre il merito nel sistema
scolastico – non può che suscitare plauso. Ma chi conosca questa problematica
sa che le difficoltà iniziano quando si passa dai principii all’applicazione e che
si riassumono così: come e chi valuterà il merito? La questione centrale –
valida per tutto il sistema dell’istruzione – è la definizione del ruolo
dell’insegnante, che si lega a quella del rapporto tra autonomia delle strutture
scolastiche e universitarie e centralismo ministeriale.
Si ripete che alla figura dell’insegnante va restituita
dignità, premiando i meritevoli, e che l’efficienza del sistema ha bisogno di
autonomia (che esiste per l’università e sulla carta anche per le scuole). Poi
le cose vanno quasi sempre all’opposto, sia per l’eredità del passato, sia
perché, in Italia, dietro un fragile liberalismo si riaffaccia sempre un
invadente dirigismo centralistico, che si esprime nel diluvio di prescrizioni
da cui è travolta la scuola e nella tendenza a rosicchiare l’autonomia
universitaria mediante procedure di valutazione di un meccanicismo che lascia
stupiti persino i colleghi di paesi di antica tradizione dirigista.
Il proposito del “pacchetto merito” va inquadrato nel
contesto. Un aspetto importante è la situazione che si determinerà con
l’approvazione (quasi completata) di una legge sull’autonomia scolastica che è
una sintesi di aziendalismo e assemblearismo – un prodotto partiticamente
trasversale che esprime bene il livello di crisi cui è giunta la politica in
Italia.
Le scuole sarebbero trasformate in una sorta di fondazioni
gestite da consigli dell’autonomia presieduti da un genitore e in cui gli
insegnanti sarebbero in minoranza, essendo prevista oltre alla loro presenza
paritetica con i genitori, quella di rappresentanti di «realtà» culturali,
sociali, produttive, professionali e degli studenti. Di fatto, l’unica
autonomia non preservata sarebbe quella degli insegnanti, cui si lascerebbe la
programmazione della didattica però entro le «linee educative e culturali della
scuola» da negoziare con le altre componenti, oltre che soggette alle
multiformi prescrizioni ministeriali.
Ci si chiede: chi e come, in una simile struttura, sceglierà
lo “studente dell’anno” (e perché poi uno soltanto?), titolare della carta
“Io-merito” e di una borsa? Se saranno ancora i docenti – come si osa sperare –
dovranno comunque “negoziare” le loro scelte con le altre «realtà» ed è meglio
non pensare agli esiti.
Si prospetta un piano di valorizzazione del sistema
scolastico che premi le scuole eccellenti. Ma come? Si parla di tener conto del
numero di studenti che arrivano al diploma senza bocciature. Come recita la
nota legge di Goodhart, quando una misura diventa un obbiettivo cessa di essere
una buona misura e diventa un incitamento a comportamenti scorretti. In questo
caso, basterà promuovere tutti per diventare “eccellenti”.
Un’altra questione cruciale è l’uso dei test. Ne dovrebbe
essere introdotta una nuova tipologia universitaria: i “test diagnostici” volti
a individuare se il corso scelto corrisponde alle capacità. In generale, i test
dovrebbero valutare le competenze logiche e di comprensione dei testi. È
difficile non preoccuparsi della tendenza a generalizzare il ricorso ai test
dopo due anni di discussioni in cui sono state ignorate le critiche di merito
ai test proposti dall’Invalsi, e a pretese come quella di valutare mediante
quiz la comprensione o l’interpretazione di un testo letterario. Questa sordità
è un sintomo di preoccupante autoreferenzialità e solleva un problema generale.
È noto che già gran parte dei test universitari non è formulata dai docenti ma
commissionata a esterni o a “ditte” senza che si sappia come vengano scelti e che
qualifica abbiano. Per interrompere questo andazzo occorrerà che i “test
diagnostici” siano preparati dai docenti con procedure trasparenti, altrimenti
saremo all’arbitrio e parlare di valutazione “oggettiva” sarà derisorio. Anche
i docenti debbono essere valutati? Certamente. Ma è illogico che non si
consideri “oggettivo” l’operato di chi almeno una volta è stato valutato, e “oggettivo”
quello di chi forse non lo è mai stato o mai lo sarà, e non si sa neppure chi
sia.
La questione della valutazione dei docenti ritorna sempre, ed
è innegabile che la riqualificazione della professione passa per un buon
sistema di valutazione. Ma è noto che sul tema siamo sempre in alto mare,
essenzialmente perché non si vuol prendere atto che l’unico sistema valido è
quello delle ispezioni, concepito come un processo interattivo all’interno del
sistema capace di attivare il fine autentico della valutazione, ovvero un
processo di crescita culturale.
Un’altra riflessione che viene in mente di fronte
all’ambizioso progetto governativo è: con quali mezzi? Lo stato di sfacelo del
sistema scolastico è ben noto e non è una buona carta da visita la gestione
passata e presente della spesa. Piovono su scuole dalle mura pericolanti acqua
e LIM (lavagne interattive multimediali), uno strumento – per chi l’ha visto
all’opera – didatticamente mediocre e ormai obsoleto. Si parla continuamente di
digitalizzazione delle scuole, della loro trasformazione in web communities, ma
non si trova un euro per dotarle di biblioteche e di laboratori, come se la
storia o la fisica si potessero “apprender-giocando” sui tablet.
Il tema del dualismo autonomia-dirigismo, della funzione dei
docenti e della valutazione ci porta a qualche osservazione conclusiva
sull’università. Un recente documento della Classe di Scienze Morali Storiche e
Filologiche dell’Accademia dei Lincei ha espresso preoccupazione per la
tendenza dell’Anvur (Agenzia per la valutazione dell’università e della
ricerca) a privilegiare le pubblicazioni in inglese e su riviste (penalizzando
le monografie) e a estendere l’uso dei parametri bibliometrici. Secondo
l’Accademia questi sistemi (gestiti da enti privati a scopi di lucro)
sviliscono la ricerca in ambito umanistico e ne danneggiano la qualità. In
realtà, le critiche crescenti rivolte all’estero a questi metodi provengono da
ambienti scientifici che li additano come un “attentato all’integrità
scientifica”, Quindi nulla va concesso al tentativo di elevare una nuova
barriera tra le “due culture”. Ma preoccupano ancor di più le voci secondo cui
l’uso di tali criteri automatici verrebbe ulteriormente esteso. È da augurarsi
che nessuno pensi a decretare l’ammissibilità dei commissari e dei candidati
all’abilitazione nazionale a professore universitario con il criterio della
“mediana” statistica e a usare la Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR)
in corso per calcolare numericamente tale “mediana”. La sottomissione dei
concorsi a criteri estrinseci e arbitrari mutilerebbe in modo drastico
l’autonomia universitaria, riducendola alla gestione dei concorsi locali, in
omaggio a teorie statistiche inconsistenti e con il risultato di conseguire un
degrado culturale senza precedenti.
In conclusione, grande è la confusione sotto il cielo
dell’istruzione italiana, il che non è affatto una cosa eccellente, contrariamente
al parere di Mao Tse Tung.
(Il Messaggero, 27 maggio 2012)
30 commenti:
E intanto, invece di imparare dall'esperienza degli altri, ripetiamo gli stessi errori, magari peggiorandone la gravità, come mi sembra di capire leggendo questo articolo:
http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/nazionale/niente-anzi-poca-matematica-siamo-inglesi.flc
Purtroppo ho letto solo rapidamente questo post del Professore.
Ho quindi colto velocemente un elemento che mi trova assolutamente daccordo: l'unico sistema decente per valutare gli insegnanti è andare a vedere come lavorano quotidianamente.
Troppo facile parlare di merito in teoria; chi ne parla con tanta leggerezza entri nelle nostre aule, si sieda per almeno un'ora e osservi quanto viene fatto (o non fatto!).
Migliorare la qualità della nostra scuola si può e si deve, ma la mia impressione è che non si voglia.
Molto più comodo lasciare che "il popolino" continui ad alimentarsi dei classici miti, del genere "gli insegnanti lavorano 4 ore al giorno e hanno 3 mesi di ferie all'anno".
Miti molto comodi, ottimi capri espiatori per decisioni mai prese, per scelte coraggiose mai fatte per paura di perdere voti alle prossime elezioni.
E intanto per molti le ferie, da ormai 10 anni, si chiamano disoccupazione.
Ho letto l’articolo proposto da Teresa. In mezzo a informazioni e/o opinioni più o meno condivisibili c’è questa affermazione:
"Non si può pensare che il concetto matematico si possa formare nella mente dei cosiddetti “nativi digitali” come si è formato nella mente di chi è nato diversi decenni fa."
Ma dove sta scritto...ma chi l’ha stabilito? In base a quale evidenza?
Son costretto a riportare un esempio personale: un’amica troppo fiduciosa nelle mie scarse abilità matematiche m’ha affidato il figlio, studente d’informatica e “nativo digitale” di sicuro: è arrivato con un iphone e mi ha subito mostrato un fantastico programmino on-line che fa limiti, derivate, integrali e studio di funzioni. Nel tempo che ci mettevo a dettargli i testi sfiorava con i ditoni lo schermino a velocità per me strabiliante e otteneva il risultato, perfino con i passaggi!
Peccato che in analisi avesse 3.
Con l’aiuto di penna, quaderno e qualche mia lontana reminiscenza, ora ha la sufficienza piena. Ma quel che più conta, “gli si formano” benissimo i concetti matematici, alla faccia di chi pensa di no!
Il programmino d’altra parte c’illumina quando in qualche caso non si sa che fare. E’ il solito discorso, gli ausili vanno bene, ma non possono mai essere il cuore della didattica.
Stamani una collega mi ha informato che nel suo istituto tecnico hanno istituito alcune classi 2.0, cioè invece di libri e quaderni ciascun studente ha sul banco un portatile con connessione wifi.
Nessuno ci vuole andare a insegnare.
Si dirà: perchè i prof. non son digitali...Pare invece che sia per via della baraonda: un tempo lunghino per avviare il tutto...e poi mezza classe va per conto suo su internet.
Non che ci volesse tanto a prevederlo
Francamente non capisco l'accanimento contro le LIM.
Insegno matematica e fisica al liceo scientifico. In 2 classi ho la LIM. Riesco a spiegare molto meglio gli argomenti usando Geogebra. Ringrazio ogni giorno Hohenwarter per averlo inventato.
Condivido in toto quanto scrive Nautilus. L'altro giorno al figlio di un amico gli hanno fatto sentire/vedere sulla Lim una canzone di Ligabue... Nell'insegnamento della geometria si deve procedere prima in modo sintetico. La confusione tra algebra e geometria è una cosa pessima: sono due approcci concettuali e didattici totalmente diversi.
Caro Professore, non ho capito se il commento sull'approccio sintetico e algebrico alla geometria sia rivolto a me, visto che menzionavo Geogebra. La geometria analitica (fusione, non confusione, di algebra e geometria) è una cosa ottima. Forse non ho capito il senso delle sue parole.
Sono in pensione dal Settembre scorso e ne sono felice: non avrei potuto accettare di insegnare per una "fondazione", tantomeno presieduta da un genitore. A questo si è ridotta la scuola? Che vergogna!
Le "linee educative e culturali della scuola" vanno stabilite dagli insegnanti, perché la finalità dell'insegnamento è quella della crescita della persona nel rispetto dei suoi valori e arricchita dalla conoscenza. Spero che gli insegnanti facciano sentire la loro voce e non si adeguino al decadimento di quello che ha sempre rappresentato l'asse portante della formazione dei giovani, dopo la famiglia.
Se la famiglia e la scuola perdono la loro peculiarità, la società finirà per cadere in una confusione non facilmente risolvibile.
No mi scuso, il commento non era diretto alla sua (Mac67) osservazione su Geogebra. Ed è evidente che la geometria analitica è una cosa seria (ci mancherebbe) e non intendo affatto contestare che la rappresentazione mediante diagrammi al calcolatore sia didatticamente utile. Mi è soltanto venuto in mente che il nome è infelice perché geometria e algebra sono due discipline che richiedono due approcci didattici totalmente diversi. E la geometria analitica è una cosa diversa della fusione tra geometria e algebra. Quanto al merito di Geogebra, debbo studiarmelo bene prima di pronunciarmi. L'antipatia per la LIM è dovuta al fatto che incita molti insegnanti a farne un uso da videogioco. E posso capire bene l'uso che lei suggerisce, ma l'uso della LIM per insegnare storia è una cialtronata e questo lo dico a ragion veduta. Inoltre, potrà trovare facilmente diversi articoli che spiegano perché la LIM è ormai tecnologicamente obsoleta: questa è la malasorte di tutti questi aggeggi, sono caduchi quanto mai. Non ho qui i link a questi articoli, appena li ritrovo li metto.
Per Nautilius: con quella frase ha individuato il cuore dell'articolo. Si tratta di un articolo scritto bene; una persona esterna al mondo della scuola lo condividerebbe pienamente in toto, anche perché non tutto quello che dice è sbagliato. Ma in quella frase è nascosta l'insidia... Ho seguito delle lezioni in cui ex dirigenti scolastici propugnavano l'adattamento dei metodi ai nativi digitali quando loro non sapevano neanche salvare un file. Io credo che tutto questo nasca da una non piena conoscenza e delle tecnologie e degli inconvenienti tecnici che queste presentano, che vanno a influire pesantemente nel normale andamento del tempo scuola. Inoltre mi sembra sempre di captare da parte di questi "formatori" una malcelata sfiducia nei confronti degli insegnanti (soprattutto di quelli che "pretendono" di insegnare...), giudicati obsoleti e passatisti in partenza, senza nemmeno conoscerli. E per conoscerli intendo: aver seguito le loro lezioni, visionato il loro CV, parlato con loro su questioni educative. In questi corsi noi siamo teste vuote da riempire, e guai a contraddirli! Anche perché sono davvero pochi i colleghi che ti supportano in pubblico, anche quando la pensano come te...
Sul merito avrei osservazioni da fare, oltre alla "oggettività" dei controlli.
1) Molti studiosi di organizzazioni aziendali hanno notato che occorre stimolare le motivazioni intrinseche, poichè le motivazioni estrinseche possono produrre effetti secondari non consoni allo scopo che si vuole raggiungere. (rimando a Kenneth W. Thomas - Intrinsic Motivation at Work)
Mi pare che anche lo studio debba essere stimolato più dalla curiosità, dal fascino del maestro etc. che da premi esterni.
2) Uno dei punti di arretratezza della scuola è che oggi sempre è più importante saper collaborare mentre anche nelle scuole migliori, si impara individualmente.
E' indispensabile la competenza individuale, ma occorre anche imparare a lavorare insieme (altrimenti si fa dello scaricabarile).
Invece di aumentare la competizione individuale sarebbe bene approfondire questo tema.
Se gli insegnanti usano la LIM come un videogioco, non è colpa della LIM. Una lama può essere usata per operare un paziente o per uccidere: non è né buona né cattiva di per sè.
Che serva meno per alcune discipline è vero. Ma per ogni disciplina può essere utile, anche solo per visualizzare un testo che non è sul libro in adozione ma che si vuole analizzare con la classe. E può benissimo essere un testo storico. Ma anche un documentario di storia. In una scuola con 50 classi (cosa non impossibile, anzi) 2 o 3 aule video non bastano.
Infine, LIM obsolete: e le lavagne di ardesia? Preistoriche. Ma Lei, immagino, all'Università ne avrà 6, scorrevoli, o 3 una accanto all'altra. A scuola in aula ce n'è una, che per uno studio di funzione o un problema di geometria analitica può non bastare. Con la LIM posso cambiare pagina. Le scuole hanno bisogno di lavori di ristrutturazione? Verissimo. Ma pensa che i 10 mila euro spesi per le LIM nel mio istituto (con fondi europei, se aspettiamo il ministero ...) possano bastare per ristrutturare qualcosa? E le lavagne di ardesia, per finire, non è che le regalino, costano parecchio pure loro.
È anche colpa dello strumento perché, in assenza di LIM, a nessuno verrebbe mai in mente di far sentire agli alunni il video di una canzone rock. Obsolete si riferisce evidentemente allo specifico contesto informatico, dove tutto deperisce molto rapidamente. In generale, invece, tutto dipende dalla funzione. Per fare un seminario la LIM è improponibile, la lavagna di ardesia dove posso cancellare nel modo più agevole e scrivere come mi pare, è di gran lunga più avanzata. Nessuno al mondo mai farebbe una conferenza di matematica se non su una lavagna di ardesia. Del resto, anche il libro di carta è, per molti aspetti tecnologicamente più avanzato di un e-book (molto più semplice sfogliare, prendere appunti, ecc.). E badi che io possiedo un computer fisso, un portatile e un iPad, oltre che altri due nel mio ufficio, quindi sono un digitale molto più spinto di tanti nativi. Infine, nella scuola di mio figlio con 10.000 euro si darebbe una sistemata decente a un muro pericolante con tanto di infiltrazione. Conosco il caso di scuole in cui quando piove spengono le LIM per evitare corto circuiti. Però il ministero per questo non trova soldi, per le LIM sì e anche per i futuri piani di digitalizzazione. Si è chiesto come mai? Vada a vedere chi sono gli sponsor dei convegni sulla digitalizzazione dell'istruzione.
Non sono così ingenuo da non sapere che ci sono interessi economici da parte di chi le LIM le produce e da parte di chi le vende.
Le LIM sono uno strumento per insegnare e comunicare. Se ben utilizzate, molto utili. Molto più utili degli e-book, che sono scomodissimi, però il precedente ministro ha fatto l'impossibile per renderli obbligatori (in formato misto). Qui gli interessi delle case editrici non c'entravano?
La ristrutturazione delle scuole è un tema serio, ci mancherebbe che non concordassi con lei su questo, visto che insegno in un istituto che nel 2010 ha preso possesso del "nuovo" edificio progettato nel 1980. Ma i due temi sono distinti. Non è che manca la manutenzione delle scuole. Manca la manutenzione di qualsiasi cosa: edifici, strade, ponti, assetto idrogeologico. Il problema mi pare un po' più grande che non la questione delle LIM.
Io vengo dalla fisica, dove (quasi) nessuno fa più una conferenza senza collegare il suo pc a un proiettore con cui mostrare slide, animazioni, dati sperimentali, da 10 anni ormai.
Se qualche oratore vuole la lavagna di ardesia non la trova. Qualcuno può avere al più le vecchie trasparenze scritte a mano.
Disciplina che vai, usanze che trovi.
Sono convinto che potremmo trovarci d'accordo su molti punti. Mi chiede se non c'entrano gli interessi delle case editrici? Certo che c'entrano. Difatti si stanno attrezzando e come. E comunque gli interessi sono più vasti ancora di quelli che menziona lei. Sono anche ovviamente d'accordo che il paese è tutto disastrato, ma ci sono comunque delle priorità e, mi creda, se uno si accosta alla gestione dell'istruzione e si rende conto di quanto denaro circoli per cose inutili o persino dannose o che servono soltanto a beneficiare qualcuno, se ne ritrae scandalizzato. Io ho fatto parte di commissioni a titolo gratuito, ma poi ho scoperto che alcuni commissari che preparavano test o partecipavano a progetti di valutazione venivano pagati a parte per questo. E faccia conto che i pagamenti, per cose fattibili nei ritagli di tempo, ammontavano a triplicare lo stipendio di un insegnante di liceo. Senza contare che poi qualcuno, oltre a preparare i test, scrive opuscoli su come superarli, e raddoppia così quel che ha triplicato: ma questa è un'altra faccenda. Certo, la questione è molto più grande delle LIM, ma questo è uno dei tanti esempi del fatto che i quattrini si trovano, eccome, ma soltanto per certe cose.
Infine, abbia pazienza ma anch'io uso power point se debbo mostrare una tabella, dai o consimili ma se si deve fare un calcolo, presentarlo scritto e confezionato su slide e animazioni, beh, è cosa che fanno di solito quelli che non sanno fare un seminario o una conferenza come si deve. Già la lettura di una citazione scritta è una barba infinita. Mi permetto di indicarle l'articolo che si trova sul blog "insegnare senza effetti speciali".
Non vedo sul bolg una risposta mandati ieri, forse ho commesso un errore nel mandarla. La ringrazio del rimando all'articolo, concordo nella sostanza col contenuto. Non siamo d'accordo su quale sia la "modica quantità" di tecnologia da usare, ma naturalmente non posso che essere d'accordo che le slide non vanno lette dall'oratore e che gli effetti speciali vanno usati con moltissima parsimonia. Direi che il problema è l'oratore e la sua capacità di usare il mezzo espressivo, qualunque esso sia.
Mi dispiace, ma la pagina dei commenti non mi indica commenti non pubblicati. Penso che vi sia un ampio accordo. Quanto alla modica quantità, dipende dal tema e dal contesto. Ma, di certo, c'è in giro troppa gente che per pigrizia e incapacità si affida al mezzo informatico. Poi ci sono quelli che difendono la digitalizzazione a oltranza per ragioni meramente ideologiche, come l'ex-ministro Berlinguer che scrisse che i professori che non useranno mezzi multimediali andranno "cacciati senza pietà". Gli feci osservare che in tutte le occasioni in cui l'avevo visto parlare (anche un paio di volte accanto a me) l'avevo visto usare appunti a penna con frecce e scarabocchi vari, sempre verbalmente e mai con mezzi multimediali. Ma non ho avuto risposta...
Caro Mac, è un piacere avere un contraddittorio con chi ‘ste LIM le usa proficuamente. La mia opinione è che qualunque strumento, quale più quale meno, in certi casi specifici come quello da lei menzionato possa esser d’aiuto alla didattica.
Ma dai suoi ulteriori messaggi lei si è tradito! E' un partigiano delle LIM al posto dell'ardesia!
Eresia! E siamo già divisi fra guelfi e ghibellini, aggiornati a digitali o dinosauri:)
Le dico la verità: io di questi apparati ne ho visto solo uno in dimostrazione e sono inorridito per la macchinosità del sistema unita alla modestia dei contenuti: per fisica han saputo proporre solo grandi schermate delle pagine del libro! E tre o quattro simulazioni. Dovessi usarla così non l'accenderei neanche. Che poi è quel che succede in parte alle due in servizio: in una ci fanno filmati, nell'altra ogni tanto storia dell'arte e qui mi sembra che sia utile.
Vuol paragonarla con quel che permette una meravigliosa lavagna d'ardesia (come già descritto dal prof.Israel)? Forse un giorno sarà superata (ne dubito) ma per adesso non c'è gara, via.
Se poi è una questione di dimensioni concordo: io ne ho due XXL ed è quel che ci vuole, ma allora diamoci da fare perchè sostituiscano quelle rachitiche d'ordinanza.
Comunque, quel che veramente contesto è che le LIM, come qualunque altro ritrovato tecnologico, possano cambiare in modo decisivo il modo di apprendere, procedimento faticoso non tanto di per sè quanto perché comporta che il cervello degli studenti debba imparare a funzionare bene e non credo ci siano scorciatoie tecnologiche per questo, la lezione non è una conferenza e gesso e lavagna sono ancora il meglio.
Anch’io insegno in un liceo: ITP di un laboratorio di fisica, son convinto che questa materia si comprenda molto meglio se insegnata in modo sperimentale (cum grano salis, non ci si attendano buoni risultati solo perchè si aggeggia con apparecchiature e strumenti di misura). Bene, uso correntemente diversi utili ausili tecnologici (PC, foto digitali, proiettore) ma potrei farne tranquillamente a meno, il cuore della didattica batte altrove.
Saluti cordiali.
Come lei sa, professore, sono ingegnere(in pensione), considero l'informatica e le sue applicazioni una svolta epocale per tutte le attività umane. Quindi anche per la scuola.
La produzione industriale e la gestione amministrativa e contabile sono state le prime a "meccanizzarsi" (come si usava dire sessanta anni fa, quando ancora i complessi industriali e commerciali erano dotati di centri meccanografici con calcolatori grossi come armadi,alimentati da pacchi di schede perforate). Ma poi si sono velocemente sviluppati sistemi di controllo di processo in linea e in real time, magazzini automatici, controlli della qualità fase per fase, ecc.
Tutto questo discorso per rimarcare che l'applicazione dell'informatica all'insegnamento è arrivata quando nell'industria era un fatto acquisito. Ma, secondo me, è un bene che nella scuola se ne cominci a parlare adesso. Perché soltanto ora si può comprendere che l'apprendimento non si può "meccanizzare", che la qualità dei docenti non si può misurare come si misura la qualità di una lavastoviglie o di un televisore. Chi lo crede ancora trascorra qualche ora in una linea di produzione.
E poi chi dice che lavagna, gesso e cancellino siano un sistema obsoleto?
Caro Nautilus, non sono un partigiano delle LIM a scatola chiusa. E sono anche cosciente dell'uso inadatto, per dire poco, che molti ne fanno e del rischio dell'effetto "Wow!" senza che rimanga nulla in testa.
Ma, come ho già detto, gli strumenti non sono buoni o cattivi di per sè.
Provi a vedere quante simulazioni di fisica può preparare con Geogebra (software open source), dare ai suoi alunni in modo che possano fare esperimenti (virtuali) anche a casa. E con lo stesso software hanno un foglio di calcolo.
Con la LIM posso fare lezioni sul moto circolare e armonico visualizzando posizione, velocità e accelerazione, e tracciare contemporaneamente il grafico accanto. Il tutto naturalmente passo passo, chiedendo agli alunni per stimolarli, dando spiegazioni perché viene fuori quel grafico anziché un altro, ecc.
Posso passare da un compito di esame all'altro, senza dovere fare centinaia di fotocopie.
Credo non ci sia alcun bisogno di dire la differenza tra il mio docente di lingue di 25 anni fa e il docente di lingue dotato di LIM che sa come usarla. Forse mi dirà che basta un registratore. Certo. Basta un registratore per le lingue, un televisore per arte, scienze e qualsiasi visualizzazione, un computer per navigare su Internet e insegnare ai nostri alunni come usarlo (non sanno mica farlo, nonostante quello che si dice) e un posto dove potere scrivere. Perché uno strumento che riunisce tutte queste cose provoca tanta ostilità a prescindere?
A mio avviso non c'e` da sorprendersi che il ``pacchetto'' preveda solo UNO ``studente dell'anno''.
Fa parte della retorica dell'eccellenza, che si basa implicitamente sull'idea
che il mondo sia diviso tra persone geniali (o ``eccellenti'' che dir si voglia) e persone mediocri.
La cosa triste e` che questa triste idea, se viene presa per buona e come base per il sistema educativo, poi diventa una realta`,
una realta` in cui non c'e` posto per le persone brave
(cioe` brave, ma non abbastanza per essere geniali, ma abbastanza per non essere mediocri).
E` un mondo dove la presenza delle ``eccellenze'' serve come alibi morale per tollerare una diffusa mediocrita`.
A mio avviso, quello che un sistema educativo deve fare e` di pungolare (contro) la mediocrita`,
in modo da innalzare il livello, dal basso, diciamo cosi`
(piuttosto che inseguire, non si sa bene come, l'eccellenza, vista come un dato quasi precostituito).
Se viene minimizzato il numero delle persone mediocri, in modo da avere tante persone brave, si crea un fertile terreno di coltura,
che produrrà molto più facilmente le ``eccellenze''
(cioe` le persone geniali, che fanno le rivoluzioni scientifiche o artistiche).
Ma di ``eccellenze'', intese in questo senso, ne vengono fuori una manciata ogni secolo.
Guarda caso, la retorica della ``eccellenza'' viene usato anche in un altro campo: il sistema sanitario.
La retorica della ``eccellenza'' e` un inganno usato contro la classe media.
Non sarebbe prudente toglierle qualcosa senza promettere qualcosa in cambio.
Cio` che viene promesso e` l'eccellenza.
A pleasant walk, a pleasant talk, along the briny beach
we cannot do with more than four, to give a hand to each.
E` utile ricordare come si conclude la storia:
I weep for you the Walrus said: I deeply sympathise
With sobs and tears he sorted out
Those of the largest size
Holdin his pocket-handkerchief
Before his streaming eyes.
a proposito dei ``test diagnostici'' per l'università:
esiste già una legge dello stato, l'articolo 6 del D.M. 270/2004, che prevede una norma siffatta
non vedo il motivo per duplicare una norma già esistente
Totalmente d'accordo con Fausto di Biase. Senza contare il fatto che spesso le eccellenze sono tali a prescindere dagli insegnanti; e talvolta lo sono nonostante certi insegnanti. Si dovrebbe anzitutto colpire il disimpegno, il pressappochismo, la furbizia, mali che nella scuola trovano terreno fertile per radicarsi, dato che sono ampiamente tollerati (e poi ci stupiamo che tutto va a rotoli?). Questo vale sia per i docenti sia per i ragazzi: prima di premiare le eccellenze pensiamo a risolvere il problema di chi non fa altro che scaldare la sedia, da entrambi i lati della cattedra. Questo di per sé sarebbe già un bel meccanismo di valorizzazione di quelle persone non geniali ma studiose e responsabili. Premiare le eccellenze va bene, ma non dimentichiamoci che la macchina va avanti soprattutto grazie a un livello medio elevato. E' giusto premiare le eccellenze, ma questo non risolve il problema del livello medio. Anzi, quando un alunno normale e studioso vede che i premi vanno solo agli studenti che ottengono voti altissimi con la metà del suo sforzo e magari fanno anche sport e magari anche volontariato e magari sono pure belli e disinvolti ... subentra un certo scoraggiamento! Questo non è di aiuto a innalzare il livello medio e magari a far emergere eccellenze "latenti". Poi riflettiamo sul fatto che ormai avere 10 in pagella è come avere un 8 venti anni fa. Non dico che sia così in tutte le scuole, ma siccome gli studenti che studiano sono sempre meno, quelli che lo fanno mediamente per 5 ore al giorno (tempi per me assolutamente normali quando ero al liceo) sono talmente valorizzati da essere illusi pericolosamente sulle loro reali capacità. Insomma, si abbia il coraggio di alzare l'asticella, CON TUTTI. Troppo facile, per una scuola, vantarsi dei pochi eccellenti a fronte di una grande massa di mediocri e di una ristretta cerchia di buoni studenti. E se è vero che la borsa di studio è un buon incentivo, facciamo in modo che siano i risultati stessi ad essere una fonte di soddisfazione. Questo a mio parere dovrebbe avvenire in modo il meno possibile autoreferenziale. Perché non far giudicare i bambini di quinta elementare da commissioni di insegnanti delle medie, quelli di terza media dagli insegnanti delle superiori e i futuri diplomati da ricercatori/professori universitari?
Si smetterebbe di addossare all'ordine di scuola inferiore la responsabilità di aver portato avanti studenti senza le conoscenze di base e si faciliterebbe lo scambio tra colleghi dei diversi ordini. I giudizi sarebbero più obiettivi, e magari si potrebbe ideare un meccanismo che dia valore al voto del diploma (e in particolare a determinate materie a seconda della strada che si vuole intraprendere) per l'accesso ai corsi di laurea a numero chiuso. Finirebbero questi assurdi test a crocette e si terrebbe conto del percorso che lo studente ha fatto negli anni. Questo sì che sarebbe un bel meccanismo premiale che tiene conto dell'impegno mostrato negli anni in modo reale.
Trovo molto interessanti le considerazioni di Fausto, e in particolare quella sorta di "inversione di metodo" per l'obiettivo dell'eccellenza: "Se viene minimizzato il numero delle persone mediocri, ... si crea un fertile terreno di coltura, che produrrà molto più facilmente le eccellenze".
Anche perché - a mio avviso - contrastare la mediocrità dà maggiori garanzie di libertà e pluralismo culturale, che definire gli statuti delle eccellenze.
Leggo su Repubblica in rete altre notizie su questa ``riforma che premia il merito''. Per continuare il mio intervento di ieri, direi che per ``pungolare contro la mediocrità`'', sarebbe a mio avviso utile ``penalizzare la mediocrità'' invece di ``premiare il merito''.
Mi hanno detto che non ricordo dove vigeva un tempo il sistema di pagare il medico quando il paziente stava bene. Non appena il paziente si ammalava, il medico non veniva più pagato, pur essendo tenuto a curare il paziente.
Si potrebbe forse immaginare un sistema in cui gli istituti vengono penalizzati per la mediocrità dei risultati, invece di mettere in piedi questo carrozzone del premio al migliore studente dell'anno (un sistema chiaramente discutibile, sia per le ragioni che ho esposto ieri, sia perché ci sono molti modi diversi di essere molto bravi, e quindi questo sarebbe un sistema ingiusto verso coloro che sono ugualmente meritevoli dello studente prescelto).
Si potrebbe quindi immaginare un sistema in cui gli istituti che raggiungono risultati scadenti vengono penalizzati proprio in termini di risorse.
Naturalmente, come ha scritto piu` o meno il prof. Israel, per far questo occorre rimettere in piedi un sistema di ispezione esterna, come quello che vigeva quando facevo le elementari. L'arrivo dell'ispettore era un evento che incuteva terrore anche al mio maestro.
Posso fare presente, ai non addetti ai lavori, le pressioni del ministero sugli uffici scolastici, che fanno pressioni sui dirigenti, che a loro volta fanno pressioni sui docenti, per contenere il numero di bocciature perché altrimenti cresce il numero di classi, quindi ci vogliono più professori, quindi si spende di più? Tutto questo cozza inevitabilmente contro qualsiasi tentativo di penalizzare la mediocrità.
Quello che scrive mac67 sulle "pressioni" mi consta che sia proprio quel che accade. Il quadro che sta venendo fuori é assolutamente sconfortante e, se realizzato, sarà un colpo quasi mortale all'idea di scuola come luogo di libera trasmissione di conoscenze, di formazione delle persone, di ricerca ed elaborazione culturale, e ne decreterà il totale asservimento alla barbarie delle logiche aziendalistiche e tecno-burocratiche. Proprio quando avremmo bisogno di uno scatto in avanti, la riforma proposta ha l'aria di essere una spinta definitiva nel precipizio impressa ad una società che sembra ormai totalmente disorientata, incapace di reagire e in balia delle manipolazioni di vertici tecnocratici, quali che siano gli sbiaditi colori politici di loro riferimento. La proposta alternativa di Fausto dovrebbe essere ripresa, discussa e rilanciata con forza nel dibattito pubblico da tutti coloro che si occupano dei problemi della scuola e della cultura in generale, ma finora non ho trovato alcuna traccia di reazione sui media, se non le solite banali contrapposizioni che lasciano fuori la realtà di quanto è veramente in gioco.
Sulle pressioni subite dai docenti, in realtà mi è stata raccontata (da fonti diverse ed indipendenti, ma convergenti) una storia un po’ diversa. Le bocciature possono causare una sensibile riduzione della popolazione scolastica, così il docente che boccia, che spesso insegna nella classe successiva, rischia in poco tempo di trovarsi senza classi per completare l’orario e di avere una cattedra spezzata tra istituti distanti decine di chilometri, quando poi non diventi perdente posto e riassegnato chissà dove, o, se precario, semplicemente perdere il lavoro. La descrizione che riporto è un po’ approssimativa (coloro che mi hanno descritto la situazione sono stati molto più dettagliati, ma non essendo insegnante certi meccanismi della graduatorie e delle assegnazioni mi sono rimasti oscuri), ma in pratica la prospettiva di spendere ulteriori centinaia di euro al mese in carburante (con stipendi non proprio principeschi) e passare in macchina decine di ore in più, od in alternativa la disoccupazione, costituiscono il più valido deterrente verso le bocciature
questi commenti confermano, mi sembra, in particolare, che la mascherata dello ``studente dell'anno'' ecc. sarebbe una operazione di facciata incapace di modificare quello che e` il ``fondale'', cioè lo strato ai livelli più bassi della preparazione degli studenti
oggigiorno, può capitare che uno studente del liceo scientifico prenda 7 in matematica senza aver compreso la dimostrazione di tre risultati di base della matematica greca antica: 1. non esiste un numero razionale il cui quadrato sia uguale a due; 2. i numeri primi sono infiniti; 3. il calcolo della sezione di una parabola per mezzo del metodo di esaustione
figuriamoci cosa succede ai livelli più bassi
Caro Mac d'accordo, m'ha (quasi) convinto. Dovrebbe andare lei a dimostrare i portenti delle LIM, son sicuro sarebbe persuasivo! Ma la discussione come dicevo non è alla pari, lei le conosce bene, io le ho appena intraviste.
Insomma, sono come quel critico di film: non l'ho visto e non mi piace!
Quel che è certo è che qualunque mezzo dipende dal modo in cui lo si utilizza, non dubito dal suo esempio che lei ne faccia il miglior uso per la sua didattica: se funziona, se imparano più facilmente è OK.
La mia diffidenza è basata sulle tante promesse (finora) non mantenute dalla tecnologia applicata all'insegnamento, e anche perchè preferisco ancora la carta millimetrata a Excel in base all'antiquato principio che prima s'impara a usare la lima e dopo la fresatrice.
Per quanto scrive sulle bocciature: è la vittoria del 6 politico, o se si preferisce, ministeriale.
Caro Nautilus, anch'io, quando le ho viste illustrate sommariamente, mi sono chiesto quanto le LIM potessero migliorare la didattica. Di certo vedere il libro in formato gigante, una delle dimostrazioni preferite dai rappresentanti, mi ha lasciato freddino.
Il punto cruciale è che il materiale didattico per le LIM, per essere utilizzato efficacemente, in molti casi deve essere preparato dal docente stesso. Per insegnare matematica e fisica il software Geogebra è davvero ottimo, si possono preparare molte cose che rendono immediata la visualizzazione dei concetti.
Dopo di che, suppongo che siamo tutti d'accordo al 100% su una cosa: nessuno strumento renderà bravo un insegnante "poco dotato", per così dire.
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