Non si sottolinea abbastanza che la riduzione di Villa
Adriana a dependance di una discarica, sarebbe stato solo l’atto finale di un
processo di distruzione di un complesso che generosamente l’Unesco ha
dichiarato bene dell’umanità nel 1999: generosamente, perché ha chiuso un
occhio sullo scandaloso stato di degrado della riserva archeologica. Dopo anni
sono tornato di recente a Villa Adriana e i vecchi ricordi hanno cozzato così
brutalmente con la realtà presente da farmi fuggire con una stretta al cuore.
Dovunque zone pericolanti abbandonate da tempo, accessi vietati, il teatro marittimo
quasi inaccessibile, un panorama di sfacelo. Dicono che il numero dei
visitatori sia diminuito. Credo bene: vi porterei i miei figli spesso ma piuttosto
che offrire loro una simile immagine del loro paese meglio tenerli alla larga. Come
se non bastasse, per visitare questo “bene dell’umanità” bastano quattro soldi:
una famiglia – tra sconti ed esenzioni – può entrare con qualche euro, mentre
all’estero ti fanno pagare fior di quattrini per vedere niente. Piovono tasse e
balzelli da ogni lato, ma di finanziare la conservazione e il ripristino dei beni
culturali aumentando le tariffe d’ingresso non se ne parla.
Da decenni tutti i governi si sono mostrati insensibili in
tema di cultura. Non ha fatto eccezione il centro-destra che ha confuso
l’istruzione con la scuola delle tre “i” (internet, inglese e impresa). Chi
credeva che con il governo dei professori le cose cambiassero, ha constatato
che siamo caduti dalla padella nella brace. Il presidente del Consiglio
superiore dei Beni culturali Andrea Carandini si è dimesso, considerando la
faccenda di Villa Adriana la goccia che ha fatto traboccare un vaso pieno di
sorpresa e delusione per «la mancanza di una politica del governo verso la
cultura». L’atteggiamento della politica nei confronti dei beni culturali mi fa
pensare a quel professore universitario che, quando difendevo l’opportunità di
preservare un fondo librario ricordando che un analogo fondo ben meno
consistente era stato messo sotto vetro in un’università americana, osservò:
«Purtroppo la legge dello stato ci impedisce di gettare tutto nella
spazzatura».
Sarà overdose di beni culturali, un certo cinismo, o l’idea sbagliatissima
che i quattrini si trovano in altro modo, ma troppa gente pensa che di muri e
libri antichi, dipinti e statue ne abbiamo troppi e che tanto vale lasciarli al
loro destino.
Mentre scavi archeologici e biblioteche languiscono nel
degrado, o vengono depredati, i quattrini per iniziative pseudo-culturali si
trovano. Penso all’attenzione spasmodica del nostro ministro dell’Istruzione
per la digitalizzazione della scuola. Si dirà: cosa c’entra l’istruzione con la
cultura? C’entra, eccome. In entrambi i campi si manifesta la stessa mentalità:
disinteresse per ciò che è “vecchio” e sa di “cultura” e “conservazione”,
interesse esclusivo per ciò che è “nuovo” e “moderno”. In una scuola dagli
edifici degradati al limite dell’accettabile, con poche biblioteche e
laboratori che spesso fanno pena, soggetta a tagli non soltanto materiali ma culturali,
rappresentati da un trentennio di innovazioni didattiche bislacche che hanno
trattato i contenuti disciplinari come carne per salsicce, l’unica
mobilitazione di risorse pare si trovi una digitalizzazione massiccia. Non
costa nulla? È poco credibile che le migliaia di lavagne interattive
multimediali, di scarso o nullo valore didattico, siano a costo zero. È invece
credibile che la digitalizzazione massiccia della scuola costituisca un
gigantesco giro d’affari che spiega l’interesse spasmodico delle ditte
informatiche per l’istruzione.
Se è così sarebbe preferibile che l’affare non venga
contrabbandato con discorsi teorici sconclusionati. Del vendere un fumo che non
corrisponde all’arrosto è tipico esempio il convegno del Pd sui “nativi
digitali” che si apre a Roma proponendo nientemeno che «Un nuovo alfabeto per
l’Italia». È una miscela di “spazi aperti” per «imparare giocando», di
conversazioni + tag cloud live, di “ascolto e twitto”, di interventi di
politici e del ministro e di lezioni magistrali (ma la nuova didattica non
doveva abolire l’odiata lezione ex-cathedra?).
Per queste cose soltanto nasce entusiasmo e ci si mobilita.
E allora viene in mente una proposta. Buttiamo giù Villa Adriana e fabbrichiamo
altrove una AdrianaLand con autoscontro acquatico istruttivo nel Canopo e spazi
interattivi aperti nel Teatro acquatico per ricerche digitali di gruppo. Così
si coglierebbero due piccioni con una fava: creare spazi di gioco-istruzione
che permettano finalmente di uscire dalle mura delle classi, decrepite come
quelle della vecchia Villa Adriana, e collocarvi direttamente la discarica
senza dover passare sopra la condotta dell’Acqua Marcia.
(Il Foglio, 26 maggio 2012)
11 commenti:
Sono stato a Villa Adriana per l'ultima volta nel marzo 2005. Mi sembrava ancora decente, sempre per gli standard italiani. Nulla a confronto di com'e' organizzato, ad esempio, il Campo dei Miracoli a Pisa, dove ci sono almeno buone strutture museali. Ma ricordo benissimo la pena per arrivarci (a Villa Adriana, intendo) ed il degrado della zona circostante. Di recente, ho anche sentito parlare del degrado della Villa di Poppea a Torre Annunziata, che peraltro non ho mai visto. E ricordo con quanta cura gli americani mantengono i loro siti storici e culturali, basta fare una girata a Williamsburg o Jamestown, o alla striscia museale della Mall di Washington per rendersene conto. E noi che abbiamo ben altro, ci ... costruiamo sopra le discariche !!
Lucio Demeio
Lo sa che è un'idea, Prof.? Facciamo venir giù un po' di romagnoli che di queste cose s'intendono, piazziamo nelle vasche qualche delfino, organizziamo qualche spettacolo con stuntmen di corse delle bighe, e nel giro di dieci anni Villa Adriana sarà di uovo un parco meraviglioso e affollato. Sì, magari bisognerà aggiungere qualche mosaico decorato a bottiglie di cocacola, ma vuol mettere i risultati? Lo sa che l'ingresso a Mirabilandia costa 31 euro a persona?
Comunque, scherzi a parte, ha sentito la novità sulla "meritocrazia" a scuola? Pare che saranno considerate migliori le scuole in cui si viene più promossi e in cui gli studenti finiranno il percorso di studi con meno intoppi (leggasi bocciature o esami di "riparazione"). Quindi mi sa che i licei si dovranno mettere il cuore in pace e rassegnarsi a finire ultimi di tutte le graduatorie di merito. A parte il fatto che pure noi abbiamo toccato il fondo e stiamo iniziando a scavare. Passo ad esemplificare citando alcune perle da compiti di maturandi che ho sottomano: "Nerone non trapelava nessun segno di rimpianto"; "gli Annales si caratterizzano da un moralismo"; "nel brano seguente (nel senso di "proposto") viene descritta una scena"; "un trucco escogitato con la complicità della schiavitù (=servitù)"; "un omicidio gravoso (= grave)"; "nella Germania si polemizza l'immoralità"; "si abbandonava ai piaceri e alla lascività", più i vari soliti "un'omicidio", "un'amaro", "un impostazione" ecc. Niente male, eh? Poi dovrò anche prendermi il disturbo di spiegare ai giovani virgulti perché, pur non essendo l'insegnante d'italiano, ho somministrato loro (inevitabilmente) una ragguardevole dose di insufficienze a un mese dall'esame. Mala tempora ecc.
A proposito del progetto dell'ineffabile ing. Profumo, si legga il mio articolo di oggi sul Messaggero (tra un paio di giorni lo metto sul blog).
Comunque, non per ripetermi, ma che ne pensa di "Ponzio Pelato" e della "Torre di Babbeo"?
Ah ah! Ponzio Pelato e la Torre di Babbeo sono meravigliosi e non li avevo mai sentiti, mi sa che glieli rubo e me li rivendo alla prima occasione. Però guardi che la mia collezione personale di strafalcioni è imbattibile e, se glieli elenco tutti, le intaso il blog per una settimana (cosa che mi asterrò dal fare, stia tranquillo). Lei sapeva ad esempio che "igitur" è la terza persona singolare dell'indicativo presente di "igor", famoso verbo deponente russo? Una volta un mio alunno ha avuto il coraggio anche di coniugarmelo: igor, igeris, igitur... Be' mi ha fatto ridere così di gusto che, a parte la fragorosa risata, non ho avuto cuore di fargli niente...
Vado a comprare il Messaggero.
E' grazie al ministro ("tecnico") Lorenzo Ornaghi che,professor Israel, almeno per ora, è stata salvata Villa Adriana dal degrado terminale per il problema dei rifiuti . Ma al governo della Città di Roma e del Lazio abbiamo due politici regolarmente eletti, e la salvaguardia dell'ambiente è affidata a loro.Quello della gestione dei rifiuti è un problema tipico che la politica democratica, in Italia, non riesce ancora ad affrontare. Per le stesse ragioni per cui non riesce ad affrontare il problema energetico.
Mi pare ardito definire tecnico il ministro Ornaghi, ex-rettore della Cattolica e uno dei personaggi più influenti nel mondo cattolico, anche dal punto di vista politico. Del resto, se è vero che la politica ha fallito sulla questione della spazzatura nel Lazio, è stato il governo "tecnico", e il presidente Monti in persona a confermare la fiducia al tecnico prefetto di Roma che ha confezionato quell'indecente proposta. Ed è stato Monti a difendere la proposta avendo l'ardire di affermare che aveva piena fiducia nel fatto che il prefetto avrebbe salvaguardato la condotto dell'Acqua Marcia dalla contaminazione: per il resto, di Villa Adriana non ha detto una parola, non gliene poteva fregare di meno. Lui è un bocconiano... e alla Bocconi si studia economia... Ed è stato, come dice lei, un personaggio prettamente politico come Ornaghi a salvare la situazione (anche se non da solo). Ma il discorso è il solito: Non c'è alcuna distinzione tra tecnica e politica. Monti e gli altri non sono tecnici, sono politici anche loro. Solo che nella politica di Ornaghi entrano anche i valori e la cultura, nella politica di quegli altri entrano soltanto i parametri dell'efficacia funzionale. Non rimpiango affatto la fetida politica che conosciamo bene. Ma non gradisco affatto questa. E ho un sogno: che torni una politica attenta ai valori ed alla cultura e nominata per via democratica, non imposta dall'eurocrazia che ha commissariato Roma e Atene (a Parigi e a Madrid, per non dire a Londra, gli hanno risposto giustamente con una pernacchia).
Concordo perfettamente sul sogno. Non
posso invece seguirla sul resto della conclusione, la nostra pernacchia sarebbe stata troppo donchisciottesca.
Ma certo, la pernacchia può farla chi se lo può permettere, non chi facendola si rende ridicolo. Hollande - che peraltro non mi piace - ha la forza sufficiente per andare a trattare con la Merkel. Noi possiamo soltanto stenderle un tappetino davanti, sperando che così si rabbonisca e ci elargisca un'elemosina.
E' perfino divertente, da una parte il prof.Israel parla di "attenzione spasmodica del nostro ministro dell’Istruzione per la digitalizzazione della scuola", dall'altra ho letto un articolo su Repubblica:
http://www.repubblica.it/scuola/2012/05/24/news/scuola_ricerca_ipsos-35795034/?ref=DRC-7
dove si levano alti lamenti per la mancanza di sufficienti connessioni internet e per la scarsa competenza digitale degli insegnanti.
Non che vi sia per forza contraddizione, evidentemente al ministero han sposato la tesi dell'articolista (e, a sentire l'IPSOS) dei docenti, che avrebbero: "consapevolezza che con il multimediale in classe le lezioni sarebbero più stimolanti, il loro status crescerebbe". Sicuri sicuri?
Pare di sì, nelle tabelle più del 90% dei 150 docenti intervistati è convinto che:
1)La lezione è più interessante 2)I ragazzi son più attenti 3)Capiscono meglio le lezioni.
Evviva, abbiamo trovato la pietra filosofale, tutti su internet! Tablet,e-book! Una LIM in ogni aula!
Poi leggendo attentamente la ricerca, si scopre che i 150 appartengono già "ai gruppi più digitalizzati" e quindi l'indagine "non è perfettamente rappresentativa"...ah.
Non solo, i 2/3 sono insegnanti delle elementari., ecco...
Vabbè, ma da qualche parte bisognerà pur dirigersi, non potendo tornare indietro (studi più seri) non resta che la marcia in avanti verso la terra promessa, la frontiera digitale. Buon viaggio.
Per quanto riguarda le lavagne multimediali, credo si tratti semplicemente di questo: creare i cittadini-consumatori del futuro, in un processo che, nella dialettica fra produttori e consumatori (e confusione, dato che spesso gli uni sono anche gli altri), si autorinforza una volta superato il valore di soglia, fino alla successiva crisi. Del resto lo stesso principio vale per la scuola in generale nei riguardi della "costruzione" della cittadinanza stessa, come del resto e' spesso criticato in modo da me condiviso in questo blog: costruire i cittadini del futuro. Nello stesso solco, metterei gli "altruistici" programmi di informatizzazione dei bambini del terzo mondo. Forse si fa solo cio' che fa innatamente l'uomo stesso inteso come specie da quando esiste: tentare di diffondere il modello culturale della propria tribu', di "farlo vincere" nella competizione con le altre. In fin dei conti vale un po' per tutto cio' che e' cultura in senso lato, ed evoluzione non implica progresso in senso morale, solo cambiamento. A meno che non si intenda per progresso il fatto di vincere.
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