Leggo sul “Il Fatto Quotidiano” una replica al mio articolo sull’Europa. Si dice che l’eurocrazia non esiste perché di fatto tutto è deciso da politici nazionali e dai governi nazionali. La prima parte è ovvia. Qualsiasi politico in Europa è “nazionale” - francese, tedesco, italiano, spagnolo, ecc. Bella scoperta... Ma che i politici si distinguano tra quelli “nazionali” e gli eurocrati bisogna essere miopi come una talpa per non vederlo. Soprattutto in Italia, con il presidente del Consiglio che abbiamo... Può darsi un esempio più evidente di eurocrate? È una persona che ha dichiarato che le crisi sono benvenute perché costringono a cessioni di identità nazionale...
Quanto al fatto che le decisioni siano prese dai governi nazionali, beh, ci vuole un bel coraggio a dirlo, nel mezzo di una crisi in cui le decisioni nazionali sono espropriate da quello che “chiede l’Europa”. Si può poi discutere se oggi “quel che chiede l’Europa” coincida in larga misura, o del tutto, con quel che chiede la Germania, ma questo è un altro par di maniche.
D’altra parte, dire che le politiche dell’istruzione le fanno i governi nazionali, è il colmo. Chissà cosa sono le competenze di Lisbona?... Evidentemente c’è gente che non ha mai messo piede in un ministero e non si rende conto che ormai non si può pronunziare una sola parola senza sentirsi dire: «Lo chiede l’Europa... Occorre che il documento sia conforme alla direttiva europea n. 123456789... Questo documento è inaccettabile perché contraddice Lisbona», ecc. ecc. ecc.
E poi. Chissà chi ha deciso che la pala per la pizza a legna deve essere di metallo? Il governo italiano?
L''' articolista ce l' ha con le identità nazionali. A seguire il suo ragionamento bisognerebbe procedere rapidamente verso un governo mondiale, altrimenti restare nei confini europei farebbe cilecca: non è stata proprio l' Europa ad attentare alle identità di mezzo mondo? Le vie delle utopie sono infinite.
L''' articolista ce l' ha con le identità nazionali. A seguire il suo ragionamento bisognerebbe procedere rapidamente verso un governo mondiale, altrimenti restare nei confini europei farebbe cilecca: non è stata proprio l' Europa ad attentare alle identità di mezzo mondo? Le vie delle utopie sono infinite.
L’articolo - che pure da ragione al mio su vari punti - conclude proponendo che si proceda alla costruzione di una cultura europea, per esempio scrivendo dei libri di storia europei per la scuola... Ci manca soltanto questo. Già i libri di storia di stato "nazionali" sono quanto di più aberrante si possa concepire. Se passiamo ai libri di storia “europei” (scritti da chi? su delega della Presidenza dell’Unione Europea?) siamo alla follia totale. Si parla di un manuale di storia “condiviso”... Condiviso su che basi? Chi deciderà che è condiviso? Un comitato tecnico-culturale comunitario? Van Rompuy? O una versione in salsa europea della Ceka? Il manuale di storia europea ufficialmente condiviso... roba da pazzi...
Non si potrebbe dare un esempio migliore di come questa fasulla e sgangherata costruzione europea abbia fatto perdere la bussola a troppa gente.
14 commenti:
C'è un grande e saggio anelito di condivisione, un anelito di condivisione generale. Speriamo che possa esser presto appagato. O meglio di no?
Mah. Sostenere che non esista un' eurocrazia mi sembra una grossa sciocchezza, se non altro perché tutto ciò che arriva da Bruxelles in termini di direttive e linee guida, quando non di vere e proprie prescrizioni, non resta affatto lettera morta. Si trovano sempre politici e funzionari pronti a modificare i programmi dei propri partiti o le agende di governo per tener conto di tutte le indicazioni dell' "Europa", e credo non solo da noi. La sparata sui libri di storia "europei", poi, è davvero squallida, quasi desolante. Io non sono di certo uno storico né comunque una persona colta, ma chi potrebbe auspicare davvero che noi europei si deleghi a una qualche commissione l' approntamento di un manuale sulla storia del nostro continente che assurga a verità definitiva (perché "condivisa") se non una persona che ignori cosa siano in realtà la storia medesima e la cultura? Il tutto, magari, con benevolo assenso di un ceto politico comunitario che sappiamo bene in quale considerazione tenga la cultura autentica. La quale, a mio avviso, non è né è mai stata una «sintesi di idee senza etichette di provenienza», per dirla con l' articolista del Fatto. A quanto ne so, la sintesi c' è sempre stata, eccome, e sempre nell' ambito delle culture nazionali, ma nessuno si è mai sognato di togliere o misconocere le "etichette di provenienza" per compiere non si sa quale opera di sterilizzazione. Anche se riconosco che il tema è complesso e non alla mia portata; il prof. Israel mi correggerà se ho detto delle sciocchezze. Infine, imputare al «vecchio nazionalismo» la colpa «dello svuotamento delle nostre culture» quando si ha di fronte agli occhi un declino di buona parte dei sistemi educativi e universitari europei che sembra ormai irreversibile è, secondo me, semplicemente grottesco.
Secondo me l’Europa è un concetto vago, ancora in via di definizione. A giudicare dai progressi che ha fatto da quando il suo “simbolo” era CECA (1957) ad oggi che è “UE”, si può dire che il suo contenuto utopico sia ancora alto, e per di più in fase di logoramento a causa del contrasto di interessi economici e culturali tra gli stati membri. Soprattutto per una smania di allargamento delle sue frontiere: a partire dal 1995 siamo passati da 15 membri ai 27 attuali. E’ un luogo troppo comune, ma secondo me vero, che la diversità delle lingue possa aumentare le difficoltà. Babele è un mito antico.
Sempre secondo me il beneficio 1nnegabile di questa realtà in via di costruzione è indubbiamente quello di avere portato la probabilità di guerra (tradizionalmente intesa) praticamente a zero tra i popoli dell’ Unione. L’ obbiettivo da perseguire resta quello di acquistare maggiore potere sul resto del mondo per ampliare l’area di “pace”.
I commenti precedenti sono, mi sembra, accomunati dalla moderazione, ma quel che il prof. Israel prova e comunica è scandalo. Secondo me con ragione, perché "storia condivisa" significa cancellazione di differenze reali e vitali, significa omologazione forzata e rinuncia alla ricerca storica e alla interpretazione dei suoi risultati.
La storia non è la narrazione di leggende e miti più o meno verosimili sulle origini, ma la ricostruzione di fatti sulla base delle fonti e della loro interpretazione. Mi pare chiaro che se in Italia non si può ancora parlare serenamente di fascismo, comunismo e resistenza, i temi "delicati" in Europa sarebbero infiniti.
Il fatto è che non si può persare all'Europa come alla riedizione degli Stati Uniti. Bisognerebbe essere pratici e guardare alla difesa e all'economia. E lasciare che nelle altre materie ciascuno stato faccia come gli pare. Punto.
Mi pare evidente che l'articolo sul Fatto Quotidiano, quando parla di "manuale di storia condiviso, europeo e non nazionale" intende un manuale che possa essere adottato in ogni paese dell'Unione. Basta leggere l'articolo senza volerci vedere per forza la coda del diavolo.
Egr. mac67,
non sono convinto che l' autore dell' articolo abbia inteso di dare all' aggettivo 'condiviso' l' accezione che dice lei. Non a caso viene citata con disappunto la disfatta di Caporetto che, oltre Trieste, diventa la vittoria di Caporetto. L' autore auspica l' adozione di un manuale di storia condiviso, sì, ma in nome dell' edificazione di «un nuovo sistema di lealtà e appartenenza che superi le antiche patrie». Un discorso che evoca un pò quanto diceva Monti sulle cessioni delle sovranità nazionali, non crede? E tutto per via dell' inadeguatezza dei vecchi nazionalismi? E' tutto ben lungi dall' essere automaticamente condivisibile. Piuttosto, si studi la storia d' Italia e degli altri paesi europei sui libri "nazionali" imparando le lingue; direi che hanno ancora tanto da insegnarci e il confronto tra le fonti e l' approfondimento non potranno che giovare.
Non capisco per quale motivo informatico il commento che segue non passi: lo pubblico io e poi lo commento.
Egr. Martinelli,
le parole con cui si conclude l'articolo di Marani sono: "che si cominci ad armonizzare l’istruzione e ad esempio ad elaborare un manuale di storia condiviso, europeo e non nazionale, un programma di studi linguistici comune, un canone comune di grandi opere letterarie. Perché come giustamente dice Giorgio Israel, Dante non appartiene solo all’Italia né Newton solo alla Gran Bretagna, ma è un patrimonio di tutto il continente.
Solo così allontaneremo i cittadini europei dai nazionalismi che continuano a condizionare la nostra classe politica, solo così avremo qualche speranza di unire popoli e non stati, come auspicava Robert Schuman."
Un controesempio: in caso di vera unione europea sarebbe come se dopo l'unità d'Italia a Milano si continuasse a usare il testo di storia asburgico e a Palermo quello borbonico.
In sostanza si auspica una vera Unione europea, non solo economica e politica.
Tutt'altro che i "manuali ufficialmente condivisi" (col bollino blu a 15 stelle?) di cui parla il nostro ospite.
Mi dispiace ma la parola "condiviso" è infelice e assurda. Non ci potrà mai essere un manuale di storia "condiviso". Non si potrà mai arrivare a una visione "condivisa" di cosa è stato il comunismo o il fascismo. Questo appartiene alla libera analisi storica, che non ammette la stesura di manuali "condivisi". Da chi? come? su che basi? con quali norme definiti come tali? È "condivisa" l'analisi di Furet del comunismo o quella di Hobsbawm? Nessuna delle due ovviamente, ed è giusto che sia così, perché non siamo ancora in un regime totalitario dove esiste l'interpretazione storica di stato. In Italia, proprio adesso!, si confrontano interpretazioni filoabsurgiche e filoborboniche del processo unitario: qualsiasi cosa ne pensi questo è legittimo. Altra cosa è dire che Dante, Shakespeare, Goethe, Beethoven, Cervantes debbono essere considerati come personalità fondanti della cultura e della civiltà europee. Poi ci può essere qualcuno che adora l'opera lirica italiana e non ama la musica sinfonica tedesca e viceversa, che ama Mozart e non Wagner. Ma questo non c'entra niente. Non amo la poesia di Manzoni, ma non mi sognerei mai di dire che non sia un personaggio centrale della letteratura italiana. È la parola "condivisa" che è assurda, espressione di una visione ignorante, becera e portato di una mentalità totalitaria. Oltretutto - grazie della citazione - si parla di UN manuale di storia condiviso. Demenziale…
Professore,
se l'aggettivo "condivisa" è infelice (e su questo concordo) vuol dire che l'autore intendeva una cosa diversa da "il manuale unico di storia". Ma allora non c'è alcuna visione totalitaria. Se invece l'autore ha davvero una visione totalitaria (cosa di cui lei è convinto, io per niente) l'aggettivo "condivisa" non è infelice, perché esprime correttamente il concetto.
Continuo a pensare che lei attribuisca a Mmarani intenzioni non solo non espresse, ma contraddette dal resto dell'articolo. Ma per lei quell'aggettivo "condivisa" è la chiave di volta. Prendo atto che siamo in disaccordo. Chissà che ne dice Marani ...
Egr. Mac67,
in fondo nell' auspicio di Marani su un programa di studi comune ecc. non vedo nulla di male, anzi. Quello che non mi convince è la "cornice" entro cui viene sviluppato il discorso e anche, se vogliamo, le motivazioni. Dice l' articolista, infatti, che l' obiettivo è allontanare «i cittadini europei dai nazionalismi che continuano a condizionare la nostra classe politica». Quindi l' istituzione di certi percorsi di studio comuni aiuterebbero a consolidare nei politici e nei cittadini europei il senso di appartenenza ad una comunità più ampia degli stati nazionali, un' Unione Europea di cui si tesse l' elogio. Ma si tratta della "nostra" Unione Europea, non di un' altra (magari ancora da costruire); su questo Marani è molto chiaro. All' Unione Europea che conosciamo oggi, dice, dovrebbe essere permesso di legifererare anche in campo culturale. Ma non ci si chiede affatto se questa Unione Europea non sia realmente un colosso dai piedi d' argilla, con indosso per di più una camicia di forza di norme comunitarie che pretendono di uniformare economie di paesi diversissimi. E se quei riottosi nazionalismi siano in parte, semplicemente, la reazione a certe costrizioni normative in campo economico? Non accade forse la stessa cosa in ambito scolastico e universitario? Dall' Europa non si spinge forse per un insegnamento più (se non esclusivamente...) "tecnologico" e basato sui test proprio per rendere confrontabili i sistemi formativi di 27 paesi? Insomma, io penso che l' Unione Europea non sia buona cosa solo perché è un' unione ed è europea, e di ciò i "nazionalismi" non hanno colpa alcuna. Per quanto riguarda la cultura, nello specifico, concordo con chi ritene che debba essere libera di svilupparsi e caratterizzarsi nella storia, senza subire assoggettamenti e strumentalizzazioni di sorta.
Premetto e confesso che a me la condivisione - al di la della felicità del termine - non piace. Non mi piace per indole. Se in occasione di riunioni di lavoro, si attinge totale (dico qui totale per salvarmi) condivisione nelle decisioni, provo un vago senso di malessere, pensando che è in questi casi che rischia di sfuggire qualcosa di davvero grande piuttosto che qualcosa di piccolo.
Egregio mac67 5/07/2012 09:58:00 PM e 5/08/2012 10:12:00 PM, leggo l'articolo in ballo e quanto qui si scrive e mi chiedo: ma perché e a che pro un ”manuale di storia condiviso” (e io recepisco proprio “ufficiale”, come NON è scritto); proposto poi - come è stato già osservato - da quali luminari culturalmente validati? Lei vuole chiarire: “un manuale che possa essere adottato” in ogni paese dell'Unione: dice “possa”... e già qui... Immagino sia ovviamente aggiornabile a seconda del tempo e della circostanza, e lo sia almeno quanto la Grande Enciclopedia Sovietica (che dicono ottima in mille voci), quella delle belle vedute del Mare di Bering in sostituzione di qualche pagina da distruggere dopo la morte di Beria.
Ma si sente davvero il bisogno di una bella norma di riferimento anche in questo? Dopo il tramonto (mah...) dell'Homo Sovieticus traluce dunque l'Homo Bruxellicus, in attesa dello splendore definitivo dell'Homo Condivisus? È palese che sto scherzandio - fino a un certo punto - calato stavolta una tantum e finalmente nei panni del relativista.
E per concludere, come pare auspicare l'articolista de “il Fatto Quotidiano”, ispirandoci al Canone di Alessandria (pur non essendo questo opera di stimati funzionarî: purtroppo nessun crisma di ufficialità a quei tempi) potremo all'uopo vantaggiosamente affidarci a un equilibrato fecondo e tecnicamente qualificato Canone di Bruxelles. Ma non dovremo vederci il male: solo un nucleo centrale di autori accennato, consigliato, raccomandato, che ci aiuterà anzi anzi anzi ad esercitare la facoltà garantita di ampliare la scelta localmente; un aiuto, un sostegno premuroso alla nostra libertà!
Dosi gagliarde del Valium della correttezza - come sembra adombrare la gentile Grazia Dei 5/07/2012 01:38:00 PM - indurranno una condizione di cultura condivisa e omologata? (un fisico termodinamico malignetto potrebbe suggerire “condizione uniforme”). Non mi piace pensare che questo vecchio sistema europeo UE si adagerebbe in una assenza di vitalità, e non lo penso, ma magari in una certa pigrizia, mancanza di riflessi, sonnolenza; questo sì.
Resta da vedere se sarà poi praticabile dormirsela in santa pace. Io temo la coda del diavolo...
Il vocabolo "manuale" non implica di per sé la condivisione del testo, tanto che si usa anche per un testo di filosofia o di storia.
Ma un manuale europeo, per di più ufficiale, di storia o di filosofia del Novecento (condiviso!) potrà essere scritto, forse, nel 2500? E' vero che le fonti saranno reperibili ad abundantiam (si spera!), ma la critica delle stesse dovrà essere fatta da uomini privi di faziosità.
non c'entra molto coi commenti a questo post, ma ieri mattina le seconde delle superiori hanno fatto i test INVALSI per Matematica. Segnalo al prof. Israel quello che secondo me è un errore nel quesito D13, la spiegazione completa sul mio blog all'indirizzo
Secondo me lei ha ragione. Ma che dire? Oltre all'errore, tutti quei quesiti sembrano il prodotto di una mente demenziale. Francamente, ogni tanto comincio a provare stanchezza di tanto dilagare di miseria mentale.
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