Siamo immersi in uno strano paradosso. Siamo nell’era dei
tecnici, dei “competenti”, gli unici titolati non solo a governare ma a
valutare gli altri, a scegliere i migliori e accantonare i peggiori. È l’era in
cui la competenza è chiamata ad affermare e garantire la “meritocrazia”. E fin
qui si potrebbe dire: che male c’è? Non è questa la ricetta giusta? Se non
fosse che mai un periodo come questo ha segnato il trionfo dell’incompetenza, della dittatura degli
incompetenti.
La stampa informa che è stata presa una cantonata colossale
sulla “spending review” (a proposito, che male ci sarebbe a chiamarla
“revisione della spesa”?). Sono stati tagliati pesantemente i fondi delle
Province che servono a gestire migliaia di scuole, le quali dovranno chiudere i
battenti, a meno di correzioni. Non si tratta di difendere le Province: le si
chiudano pure tutte. Ma come si può arrivare al punto di tagliare i fondi di un
ente senza prevedere le implicazioni e senza pensare a quale ente (e come) conferire
le funzioni sottratte di fatto al primo. È stato il ministro Giarda a
denunciare l’assurdità della cosa in un mail al Presidente della Provincia di
Torino: «Ho cercato invano di far cambiare quella norma. Speriamo che il Senato
sia più saggio del governo». Ma la “spending review” non doveva essere il
trionfo della competenza, un processo per cui erano stati mobilitati i “tecnici
dei tecnici”?
Citiamo questo episodio perché si collega in modo naturale
con altre clamorose manifestazioni di incompetenza, tutte opera di tecnici
assoldati dai ministeri per garantire serietà e rigore e che, per giunta, si
riferiscono a procedure per selezionare altri. Ci riferiamo in particolare alla
tragicomica vicenda dei test preliminari per la prova d’accesso ai TFA
(Tirocini Formativi Attivi) per la formazione degli insegnanti. Dopo una serie
di scempi normativi e di mutilazioni di un progetto che poteva essere positivo
e che finisce con l’essere un ridicolo colabrodo, ecco la ciliegia finale:
quelli che dovevano essere test d’accesso per verificare competenze minime,
imprescindibili dei candidati, si sono trasformati in una sarabanda di domande
grottesche, spesso incomprensibili, talora senza una possibile risposta. Su
vari organi di stampa sono stati denunciati gli errori e le assurdità in ambito
umanistico. L’Unione Matematica Italiana ha fatto di più: ha steso un primo
elenco di vere e proprie castronerie, errori marchiani sufficienti a invalidare
le prove, riservandosi un ulteriore esame approfondito.
È una vicenda che ricorda il grottesco concorso per i
dirigenti scolastici, in cui il ministero fu costretto a cassare centinaia di
domande insensate. Ricorda una serie di assurdità contenute nei test Invalsi.
Ricorda le recenti Indicazioni nazionali per la scuola primaria infarcite di
terminologie assurde che circolano come barzellette.
Nell’occasione del concorso per i dirigenti scolastici,
vista la natura fortemente ideologica dei test – in gran parte improntati a un
approccio didattico costruttivista– molti parlarono (e tra questi chi scrive)
di un intento di selezionare dirigenti ligi all’ideologia ministeriale e al suo
inveterato centralismo: stretto controllo delle metodologie, totale
disinteresse per le conoscenze. Ora, nella vicenda dei TFA, c’è chi individua nella
proposta di prove insuperabili per quanto sono insensate l’intento perverso di
mandare definitivamente in malora il processo di formazione dei nuovi
insegnanti.
È più che probabile che vi siano simili intenti. Ma è da
temere che vi sia molto peggio. E cioè che si sia creato un vero e proprio ceto
di “tecnici” – cooptati direttamente nelle forme più opache, in barba al “meritocra”
– ai quali, in combutta con l’alta burocrazia, viene conferito il potere
smisurato di selezionare gli altri, di “valutare” il prossimo, senza produrre
alcun attestato della loro competenza a giudicare.
Si ripropone la domanda che venne fatta in occasione del
concorso dei presidi. Chi ha preparato le domande? Chi sono – nomi e cognomi – coloro
che hanno ideato i quesiti sbagliati denunciati dall’Unione Matematica? Chi li
ha scelti e con quali modalità, ovvero chi è il responsabile finale? E
soprattutto: quanto denaro è stato elargito per compiere queste imprese? A
giudicare dai tabulati dei compensi che vengono incamerati dalla crescente
legione dei tecnici e dei valutatori, il denaro speso non è poco. Non sarebbe
il caso di fare una “spending review” in questo ambito? Non sarebbe il caso di
mandare a casa tecnici incompetenti, farli rispondere dei loro errori, con
restituzione dei compensi avuti e, se si tratta di professori, sottoporli a un
giudizio “meritocratico”?
E, soprattutto, non è il caso di farla finita una buona
volta con la retorica della “competenza”: di incompetenza in giro non se n’è
mai vista tanta.