Secondo le
cifre rese note dal Ministero dell’Istruzione il numero degli studenti bocciati
è diminuito sensibilmente negli ultimi due anni. I primi dati relativi agli
esami di maturità vanno nella stessa direzione: il numero dei promossi cresce. Non
si dispone ancora di dati completi, ma anche quando vi saranno occorrerà
ricordare che i numeri vanno interpretati, altrimenti sono inutili. È
un’avvertenza non superflua in un periodo contrassegnato dal culto per le
statistiche, che assume connotati parossistici in Italia per una lunga
tradizione storica culminata nella passione che Mussolini nutriva per
l’argomento, al punto che egli considerava come una delle sue più importanti
realizzazioni l’Istituto nazionale di statistica, fondato dal celebre
scienziato Corrado Gini. Questi ne fu presidente per anni, si recava
periodicamente dal Duce con le sue tabelle e deteneva un potere superiore a
quello di un ministro, avendo la facoltà di presentare direttamente leggi in
parlamento. Va detto che per il Duce la statistica aveva una finalità precisa:
fare le scelte più adatte a determinare la crescita numerica della popolazione
italiana in base al principio che «numero è forza», e controllare man mano la
realizzazione di tale di obbiettivo.
Venendo al
nostro tema ci si chiede quale sia la finalità in base alla quale la crescita
del numero dei promossi può essere considerata un fatto positivo. La domanda non
è strampalata come può sembrare, visto che si leggono commenti secondo cui la
diminuzione di bocciati in due anni corrisponde a un risparmio di circa 325
milioni di euro, per la gioia del presidente Monti. Se questo fosse un fine
accettabile, allora tanto varrebbe emettere una circolare, o addirittura un
decreto che sopprima le bocciature in nome dell’emergenza economica nazionale. Scartando
questo approccio, è da supporre che l’incremento dei promossi risponda al fine
di migliorare la qualità dei nostri studenti. Si leggono commenti del tipo «i
nostri studenti sono più bravi», e qualcuno ha messo saggiamente “bravi” tra
virgolette. Difatti, la vera domanda è: l’aumento di promossi corrisponde a un
miglioramento degli apprendimenti oppure a una crescente “manica larga” nei
giudizi, o addirittura a un dilagare della prassi del “copiare” nelle prove
scritte?
Secondo un
sondaggio di Studenti.it, durante il “quizzone” degli esami di maturità molti
studenti hanno copiato: il 29% ha dichiarato di aver copiato tutto, il 19% di
essere riuscito a copiare abbastanza, il 9% poco. Insomma, quasi il 60% avrebbe
copiato! Molte altre testimonianze raccolte dal Gruppo di Firenze vanno nella
stessa direzione e denunciano il fatto che diversi insegnanti abbiano agevolato
il copiare. Ciò concorda con la recente denuncia che i test Invalsi siano stati
svolti spesso in collaborazione, talora con l’aiuto dell’insegnante e che il
requisito dell’anonimato sia stato in parecchi casi violato. È quasi superfluo
dire che se si è copiato, e molto, e se questo fenomeno si è verificato a
livello di tutte le prove, l’incremento del numero dei promossi è un indice pessimo.
Il fatto
inquietante è che, malgrado i numerosi e autorevoli appelli al Ministero a
prendere una posizione molto netta sul malcostume del copiare – e a schierarsi
con forza dalla parte degli insegnanti e degli studenti rigorosi e onesti – non
si è udito nulla salvo qualche mormorio reticente. Al contrario, a questo
silenzio fa da contrappunto un insistente battage
sul nuovo modello di scuola da adottare. Si parla di scuola come web community, in cui le conoscenze si
costruiscono a casa, con un lavoro di gruppo, su internet e wikipedia, per poi
“verificarle” a scuola con l’insegnante. In alcuni convegni si è persino
autorevolmente patrocinata l’idea che gli studenti si alternino alla cattedra
con l’insegnante. È facile da intendere cosa possa restare, in un simile
contesto, del principio che chi è competente (l’insegnante) verifichi in modo
rigoroso l’acquisizione personale (e non collettiva) di conoscenze e capacità: nulla.
Strano paese
il nostro. Soffriamo di livelli record di evasione fiscale che stimolano
risposte sempre più rigorose, talora eccessive nei confronti degli onesti. Gli
evasori fiscali sono additati come criminali che distruggono il paese e
diffondono un modello di comportamento immorale. Si prendono a esempio gli
Stati Uniti dove una piccola frode fiscale può portare in carcere e l’evasione è
considerata un reato ignobile. Ma negli Stati Uniti copiare a scuola o
all’università è un reato ignobile come l’evasione fiscale e uno studente
pescato a copiare vedrebbe compromessa la sua carriera scolastica. Invece da
noi copiare è considerato una pratica simpatica, chi la fa o la facilita una
persona di buon senso e “aperta” al nuovo, e chi la depreca un retrogrado
attaccato a modelli reazionari. Non ci si pone la domanda giusta, e cioè se,
strizzando l’occhio con compiacimento a chi copia, non stiamo usando la scuola
per fabbricare legioni di evasori fiscali, di nullafacenti e di incompetenti
che pretenderanno di andare avanti senza sottoporsi a controlli e verifiche di
merito. Non ci si pone questa domanda, anzi, a suggello di questa schizofrenia,
non si fa che pontificare di “meritocrazia” (ma cos’è la meritocrazia senza la
verifica delle competenze individuali?) e s’inonda la scuola con la retorica
dell’“educazione alla cittadinanza” e alla “convivenza civile”.
Non ha senso
parlare di “miglioramento” degli apprendimenti se non si guarda alla sostanza,
al modello di scuola che sta venendo avanti. Per esempio, occorrerebbe
discutere seriamente delle nuove Indicazioni nazionali per le scuole primarie,
che delineano livelli di apprendimento sempre più al ribasso, sempre più
modesti, oltretutto formulati in un modo che lascia interdetto chi abbia
competenza in materia (penso in particolare alla matematica); e che
contribuiranno a fare delle scuole primarie un’area di parcheggio in cui le
capacità dei bambini saranno sempre più frustrate. Sono questi i fatti di cui
occorre parlare e a partire dai quali si può interpretare il senso dei numeri,
che di per sé non significano nulla.
(Il Messaggero, 12 luglio 2012)
(Il Messaggero, 12 luglio 2012)
33 commenti:
Conoscendo un po' la situazione come genitore, direi che non è affatto una buona notizia. Mia figlia maggiore ha sostenuto quest'anno l'esame di stato al liceo classico. Dalla presidenza è arrivato l'ordine o la calda raccomandazione di ammettere tutti. Ragazzi con la media del 4 in tre/quattro materie sono stati miracolosamente ammessi con la media del 6. Un breve saggio di domande di risposte d'esame:
D: ricordi l'anno della Rivoluzione d'Ottobre?
R:...
D: Il secolo?
R: diciottesimo secolo!
D: con quali stati confina Israele?
R: Russia... non mi ricordo gli altri.
D: Chi ha scritto Le ultime lettere di Jacopo Ortis?
R:...
Un livello onestamente imbarazzante per una terza media.
La cosa però più offensiva è che ci sono persone che hanno dei 6 veri, non delle eccellenze, ma insomma persone che si sono date da fare e che magari saprebbero anche identificare qualche autore latino o greco, queste persone alla fine hanno avuto un voto di esame di poco maggiore dei compagni con la media del 4... un vero modo per premiare e motivare il merito, non c'è che dire!
Lo dico senza interesse personale, perché mia figlia aveva una media ben più alta, ma dopo 5 anni si conoscono un po' i compagni di classe e ci si rende conto dell'ingiustizia, tanto maggiore perché questi pozzi di ignoranza promossi d'ufficio sono anche di buona famiglia: ora hanno un diploma che permetterà loro l'accesso a facoltà prestigiose e tra qualche anno avranno i loro studi avviati, i loro master comprati, magari insegneranno pure...
Anch'io leggendo tanti articoli trionfalistici sul maggior numero di promossi sono rimasta molto perplessa. Stiamo coltivando una menzogna collettiva, tutti sanno cosa significa questo dato, a quale livello di preparazione corrisponde, eppure tutti a cantare il coro degli "evviva". Veramente non capisco se si tratta di conformismo, stupidità o cattiva fede generalizzata.
Dalle situazioni egregiamente descritte nell'articolo del prof Israel e nel commento di d. derivano i peggiori mali dell'Italia:
1. Tutti gli alunni sono alleati contro il docente al fine di raggirarlo, e da grandi diventano contribuenti alleati contro lo Stato allo stesso fine (io non ti chiedo la fattura e tu mi fai lo sconto). Ne consegue che lo Stato a sua volta si comporta come un tiranno trattando tutti alla stregue di sudditi, con imposizioni folli come quella di adeguarsi a parametri precostituiti o chiudere, facendo fallire le imprese nazionali e rendendo impossibile che dall'estero qualcuno venga a investire in Italia.
2. Dai diplomi fasulli che consentono a chi può di andare avanti per nepotismo deriva che i giovani di valore sono costretti a espatriare (negli anni ho visto molti dei miei alunni migliori prendere questa strada e affermarsi e ne ho visti molti altri non prenderla e non concludere niente di buono).
A me non sembra molto astuto investire centinaia di migliaia di € nella formazione di persone che poi quanto più sono valide, tanto più dovranno andare a percepire i loro redditi, avviare le loro attività e pagare i loro contributi e le loro imposte in altri Paesi. Oppure restare qui rinunciando ad avviare attività proprie e adattandosi a lavori dipendenti (in genere a tempo determinato) poco gratificanti e ancor meno redditizi.
Questi mali tuttavia sono destinati a permanere, e quindi l'Italia è destinata a continuare ad andare in rovina, nonostante le vacuità sulla meritocrazia che negli ultimi tempi si sentono ripetere ovunque. Si veda la considerazione esposta da d. a proposito del voto di esame, ove si ripropone esattamente quella situazione del "6 rosso" di qualche anno fa che, sulla carta, non dovrebbe più esistere.
Quando si parla di scuola, da gran parte dei politici - e ancor più, a quanto pare, da parte dei tecnici convertiti in politici - non si fanno altro che sparate ideologiche con finalità demagogiche (quando non con l'intento di favorire questo o quel gruppo di consulenti pronti per offrire i loro servigi).
Le poche voci che tentano di analizzare i problemi concreti ricevono ben poco ascolto, e in questo caso è una fortuna che almeno l'ottimo articolo del prof Israel sia uscito su di un quotidiano a diffusione nazionale.
Condivido queste riflessioni. A d. vorrei dire che conosco la situazione dell'ingiustizia anch'io: i primi responsabili sono i colleghi, disposti, con la loro ignavia, a squalificare la scuola e la società.
Io dico che tutti quelli che la pensano diversamente devono continuare a fare nel loro piccolo quello che ritengono giusto, coltivando una grande pazienza ma lasciando il segno: non si può fare altro che questo, giustamente, in democrazia. Ho visto colleghi "arrendersi" alla politica del 6 facile, giustificandosi con il "tanto fanno tutti così". La mia risposta, con la massima serenità, è quella di continuare a fare ciò che ritengo giusto: do i miei 4, i colleghi mi chiedono spiegazioni, e a volte il 4 diventa un 6 per il voto del consiglio. Con la stessa massima serenità lo spiego poi ai ragazzi, dico perché la mia proposta di valutazione era un 4, e perché il collegio può deliberare diversamente, e spiego che esiste la diversità di opinioni, anche su cosa dovrebbe essere la scuola, e che tuttavia io, da professionista, ho il diritto e dovere di dire la mia.
Ho da poco finito il mio lavoro come commissario agli esami di Stato: da interno, quindi parlo di studenti miei, e non di studenti altrui. Quest'anno la commissione era ben assortita e ha lavorato in buona armonia e stima tra docenti, i voti finali sono stati giusti e corrispondenti (in positivo e in negativo) ai curricula degli alunni, eppure non ho potuto fare a meno di chiudere con un senso di amarezza e a volte quasi di rabbia. Ho visto alunni guardarmi sbalorditi e arrampicarsi sugli specchi di fronte a domande (mie) che ritenevo facilissime, su argomenti che avevo sviscerato per mesi, di cui essi non avevano però la minima contezza. Ho sentito, nelle loro tesine, bizzarre e peregrine interpretazioni (prese chissà dove) di testi da me accuratamente analizzati negli anni precedenti. "Ma loro dov'erano, mentre io spiegavo queste cose?", mi chiedevo ascoltandoli. Li ho sentiti citare, nei loro "lavori personali", degli autori di cui poi, interrogati a riguardo dal commissario esterno della materia, non sapevano assolutamente dire chi fossero. Li ho visti annaspare disorientati su interi programmi disciplinari, esprimersi in modo rudimentale e con intercalari demenziali, fare tesine sui "7 peccati" in cui l'ira veniva accostata al vulcanesimo, sostenere con inconsapevole sprezzo del ridicolo che la "cristallizzazione dell'acqua" risulta diversa se avviene davanti a un cartello con la scritta "Grazie" o ad uno con la scritta "Sciocco", fare figure patetiche e non rendersene nemmeno conto, di fronte a commissari che ascoltavano impassibili e quasi rassegnati, perché consapevoli che il livello medio è ormai questo, e che c'è poco da fare: bisogna ancontentarsi del meno peggio, in mancanza del meglio, e quelli che sono arrivati all'esame sono il meno peggio. Non tutti: diciamo che una decina su 28 avevano anche studiato con serietà e buona volontà, e hanno preso i voti migliori. Ma gli altri?
Non studiano. Ha ragione Paola Mastrocola: non studiano. Perché non studiano e poi si presentano all'esame in quelle condizioni? Come hanno la faccia di farlo?
Sì, va bene, quelli che non hanno studiato hanno preso voti bassi, inferiori alle loro aspettative, spesso il punteggio minimo. Hanno avuto risultati congruenti con la loro preparazione, non pompati né corrivi né compiacenti. Ma, ugualmente, io mi chiedo se non avremmo dovuto - se non dovremmo sempre - alzarci indignati dalle nostre sedie e bocciare non uno o due, ma quindici persone per volta, a ogni esame. Se non dovrebbero farlo tutti, in tutte le scuole d'Italia, e non solo all'esame. Il risultato sarebbe una riduzione del 60% della popolazione scolastica, un drastico calo dei "successi scolastici" di cui tanto ci si compiace di vantarsi nei ministeri. Ma siamo sicuri che ciò corrisponderebbe ad un calo della qualità del sistema formativo? Io credo piuttosto il contrario, se non fosse che qui andiamo a scontrarci con le ideologie, e questo in Italia rende tutto impossibile.
Proprio così: andiamo a scontrarci con le ideologie.
Dove sono andati a prendere quelle interpretazioni e quelle nozioni? Da Internet, beninteso. All'università accade lo stesso. Si organizza la conferenza di una nota studiosa che parla di una sua ricerca: parla due ore offrendo materiali in abbondanza, e poi c' è il suo libro. Gli studenti sono richiesti di fare una tesina sull'argomento. Alcuni propongono pagine deliranti, con interpretazioni insensate, in pieno contrasto con la conferenza e prive di basi. Domanda: ma da dove esce tutto questo? Risposta: da una ricerca su Internet. Ma allora a che è servita la conferenza, a che serve il libro? Perché fare questa ricerca wikipediana quando abbiamo invitato il migliore specialista a sgolarsi? Sguardi attoniti.
Intanto abbiamo un ministro - un rettore, che doveva essere più colto del precedente – che sostiene che la scuola d'ora in poi deve funzionare così: gli studenti fanno le ricerche a casa, meglio se in gruppo, su Wiki;a scuola si "verifica" con il docente; sulla cattedra gli studenti si alternano con il docente. Proprio così: l'ha sostenuto in un convegno.
E allora cosa sperare, di fronte a una simile stolida ideologia? L'unica via è una ribellione civile, fare quello che dice Pat Z. Lo dobbiamo ai nostri figli, al nostro paese, al suo futuro.
Condivido pienamente le considerazioni del prof. Israel. L'unica alternativa percorribile, però, è la sanzione nei confronti degli insegnanti che permettono le copie o che fanno finta di non vedere quando trovano i compiti clonati e gli errori riproposti in fotocopia. Alla copia spingono anche compiti di matematica dati agli esami di stato e quesiti ai quali si risponde in due righi: volete che nelle sei ore assegnate per la prova di matematica allo scientifico le informazioni non camminino? E' quasi impossibile e, spesso, i voti dipendono dalle zone di confluenza dei suggerimenti, in un'aula d'esame, più che dal merito. Mi hanno detto che anche il quizzone del concorso per dirigenti è andato così in molte sedi.
Io penso che la questione morale ha le sue radici nella scuola e che
se la scuola non è meglio della società e della politica siamo fritti.
La dura realtà, invece, è che quando un insegnante non fa copiare agli esami di stato ( è li anche per quello) è assimilato più o meno ad un terrorista...a almeno ad una carogna!
Leggendo l'articolo e i commenti, vi colgo l'esperienza del "fare scuola" vissuta con lo stesso senso di disagio, impotenza e insofferenza, che tante volte assale anche me e la maggior parte dei miei colleghi. Mi ritrovo in particolare nelle considerazioni di ellekappa e di Pat Z. A me é anche capitato di avere dirigenti scolastici che richiedono giustamente una valutazione rigorosa e "veritiera", riferita pertanto ai reali apprendimenti degli alunni, salvo - al momento della formalizzazione nero su bianco - mostrarsi scandalizzati e quasi rimproverare i docenti che danno un 4 o un 5, specialmente se ciò avviene per una larga percentuale della classe. In questi casi i malcapitati - tutti bravi insegnanti, non parlo certo di incapaci o fannulloni che possono pure esserci - passano automaticamente nel ruolo di imputato, accusati con ragioni speciose e contestazioni infondate, di non avere attuato le strategie e gli interventi didattici più adeguati a tali alunni o, tout court, di non sapere svolgere il loro "mestiere". Risultato? I più "deboli" preferiscono "gonfiare" le valutazioni piuttosto che affrontare ingiuste accuse e gratuite offese.
In effetti la "collocazione" del dirigente in merito a tale questione, ritengo che sia determinante. D'altra parte mi chiedo se oggi é ipotizzabile che un dirigente scolastico lasci "bocciare" in una classe non le "quindici persone per volta" di cui parla Pat Z, ma anche soltanto più di 2 o 3. Non lo farebbe mai! E non perché non veda le giuste ragioni per farlo - voglio dire, non in base alle logiche che dovrebbero presiedere alla corretta valutazione degli esiti scolastici - ma perché subisce le pressioni di logiche esterne, diventate talmente preminenti rispetto a quelle interne dell'istituzione scolastica, da sostituirsi come riferimento primario di ogni decisione.
Così facendo però, si consolidano meccanismi perversi che sostengono una sorta di "realtà parallela": una finzione nota a tutti, vissuta dai docenti con malcelata rassegnazione e disagio represso, che "sfogano" puntualmente nei consigli di classe sotto forma di buoni propositi, solenni impegni di maggior rigore, ricette didattiche, esortazioni e consigli reciproci tanto generici quanto inconcludenti. Salvo ritrovarsi al prossimo consiglio, a rinnovare il medesimo rito con le medesime formule.
A me capita spesso, non so se per fortuna o per disgrazia, di alzarmi a gridare che il re è nudo.
alle medie è uguale. lo dico chiaramente: alunni (semi)analfabeti sono promossi sistematicamente per volontà del dirigente e degli insegnanti che hanno poche ore nella classe contro il parere degli insegnanti che hanno molte ore.
i docenti di matematica e italiano, che hanno complessivamente 16 ore su 30, si ritrovano regolarmente in minoranza con i loro 2 voti contro il resto del consiglio di classe e, ripeto, il dirigente.
questo accade anche in prima e in seconda, ma in terza la cosa è più evidente perchè facciamo degli esami semplicemente indegni.
Quella dell'inadeguatezza dei presidi è una questione reale e veramente drammatica, che meriterebbe più di un serio approfondimento. Oggi si chiamano dirigenti scolastici - e per lo più si compiacciono di riempirsi la bocca di tale titolo - ma per una grandissima parte sono impreparati, indottrinati e spesso in mala fede. L'aver trasformato delle maestre ignorantissime e del tutto ignare di come funziona un liceo in presidi di scuola superiore è stato un errore dalle conseguenze devastanti, così come è scandaloso aver fatto diventare presidi "ope legis" una serie di relitti sindacal-politicizzati la cui unica preoccupazione è vigilare sui propri interessi e benefici, schivando ogni responsabilità e ogni impegno: gente incapace, svogliata, opportunista, ignorante, forte coi deboli e debole coi forti, per la quale il problema non sono le situazioni difficili ma chi le evidenzia e li costringe ad affrontarle. Gente che sfascia intere scuole avendo come obiettivo solo il trasferimento a posizioni migliori o un sereno pensionamento che coroni quarant'anni di inefficienza pagata dallo Stato; abilissima a delegare, a non lavorare, a non intervenire, a comportarsi in maniera arrogante per nascondere le proprie magagne. Gente preoccupata solo di eseguire acriticamente gli ordini che riceve dall'alto abdicando a ogni esame razionale dell'applicabilità e delle conseguenze di quanto viene impartito, burocrati il cui maggiore sforzo è volto a pilotare le decisioni dei Collegi dei docenti secondo l'unica prospettiva di realizzare i propri fini e non avere problemi davanti alla burocrazia cui rispondono, infischiandosene delle effettive conseguenze di certe scelte sullo stato dell'istruzione. Del resto basta vedere come li selezionano, i programmi dei loro concorsi, i loro corsi di formazione, i privilegi che vengono loro concessi - e che ne hanno fatto una controparte dei docenti, non ciò che veramente dovrebbero essere, cioè dei professori anziani, esperti in filosofia e scienza, che con saggezza governino le scuole, come era un tempo - in cambio di collaborazione e obbedienza al progetto folle di distruggere ciò che resta della buona tradizione che ancora ci tiene in piedi, per farci inseguire chimere europeistiche e teorie pedagogiche fallimentari che hanno già dato abbondante prova della loro pericolosità, e da cui all'estero già ci si sforza di tornare indietro.
Non dico che siano tutti così, questo no, per carità. Dico che sono quasi tutti così. Perché questo è il criterio con cui li scelgono: obbedienti ed acritici esecutori degli interessi di chi è al potere. Poi non vi stupite se le navi da crociera affondano, se non sapete scegliere i comandanti.
@Pat Z: "... gente incapace, svogliata, opportunista, ignorante, forte coi deboli e debole coi forti, per la quale il problema non sono le situazioni difficili ma chi le evidenzia e li costringe ad affrontarle ...".
Non potevi fare descrizione piú realistica ed ... equilibrata ;-)
Il problema è, da un lato come contrastarli, e credo che si possa contare solo su fortuiti e "felici coaguli" di docenti consapevoli, non disponibili a rassegnarsi e ricacciare in un angolo la dignità e responsabilità personale e, dall'altro, come liberare la società dalle prassi politiche e culturali in genere, che hanno reso possibile l'immondo stato di cose che descrivi. E qui non resta che sperare, ... ma purché sia una "speranza operosa".
@Pat Z: "... gente incapace, svogliata, opportunista, ignorante, forte coi deboli e debole coi forti, per la quale il problema non sono le situazioni difficili ma chi le evidenzia e li costringe ad affrontarle ...".
Non potevi fare descrizione piú realistica ed ... equilibrata ��
Il problema è, da un lato come contrastarli, e credo che si possa contare solo su fortuiti e "felici coaguli" di docenti consapevoli, non disponibili a rassegnarsi e ricacciare in un angolo la dignità e responsabilità personale e, dall'altro, come liberare la società dalle prassi politiche e culturali in genere, che hanno reso possibile l'immondo stato di cose che descrivi. E qui non resta che sperare, ... ma purché sia una "speranza operosa".
C'è poco da aggiungere a quanto è stato già detto.
A difesa dei dirigenti, sui quali condivido la sostanza di ciò che ha scritto Pat Z, vorrei dire che, avranno i loro limiti, ma non vorrei trovarmi al loro posto (e infatti non ho partecipato al concorso al quale, pure, mi ero iscritta). Infatti, di questi tempi, fra i tagli e il pretesto dell'autonomia scolastica, che comportano incarichi di reggenza di sedi vacanti e accorpamenti vari, nonché responsabilità contabili ecc. il ruolo del dirigente è diventato piuttosto scomodo e anche economicamente non si può dire che ne valga tanto la pena. La maestra promossa da direttrice didattica a dirigente di liceo classico suscita in me anche una certa compassione.
Credo che il disastro attuale sia il frutto della "fantasia al potere", del 6 politico, delle carriere universitarie ope legis, del '68, del '77, ecc. Ormai è giunta in Parlamento, al Ministero, alla dirigenza e all'insegnamento la generazione nata dagli anni 60 in avanti, che ha ricevuto un'istruzione talvolta già lassista e scadente.
P.S. Durante il mio concorso a cattedra, una candidata si guardava intorno, con l'aria supplice di un'alunna impreparata, chiedendo se Petrarca fosse del Trecento...Non so se abbia conseguito l'abilitazione, magari sì!
E' verissimo, come dice Grazia Dei, che il ruolo del dirigente è diventato molto scomodo, oggi come oggi. E' un ruolo di grandissima responsabilità, se lo si svolge come si deve, e anzi il problema forse è proprio questo: che svolgerlo come veramente si deve esporrebbe a una serie infinita di problemi, ricorsi, controversie, richiami anche dall'alto, forse, se non ci si conformasse abbastanza a quanto richiesto. E' proprio il sistema che non funziona, probabilmente, al di là dei singoli, perché esso non premia, ma penalizza chi davvero si prende le sue responsabilità, spianando così la strada a chi forse ha meno qualità ma più disponibilità al compromesso. E' questo, credo, anche il motivo per cui molte ottime persone che sarebbero bravissimi dirigenti preferiscono non cimentarsi con quest'onere e non correre certi rischi, sapendo che, svolgendo il loro compito come professionalità e coscienza li spingerebbero a fare, avrebbero infiniti grattacapi. Mi pare che a situazioni come questa si applichi molto bene ciò che dice Platone nel I libro della "Repubblica", spiegando cos'è lo spirito di servizio e qual è il motivo per cui gli onesti accettano di incaricarsi del governo dello stato: "Ma la pena più grave, nel caso non si voglia governare di persona, sta nell'essere governati da chi è moralmente inferiore; questo è il timore che a mio parere spinge gli uomini onesti a governare, quando lo fanno. In tal caso assumono il potere non come se fosse qualcosa di buono in cui possono deliziarsi di piacere, ma come se andassero verso qualcosa di necessario, poiché non possono affidarlo a persone migliori o uguali a loro. Forse, se esistesse una città di uomini buoni, si farebbe a gara per non governare come adesso per governare, e allora sarebbe evidente che il vero uomo di governo non è fatto per mirare al proprio utile, ma a quello del suddito; di conseguenza ogni persona fornita di discernimento preferirebbe ricevere vantaggi da un altro piuttosto che giovare al prossimo e avere per questo delle noie."
Premessa: mi trovo d'accordo con l'articolo del prof. Israel e con la gran parte dei commenti.
Voglio però aggiungere delle mie riflessioni personali:
1. Occorrerebbe fermare durante il corso di studi gli allievi che non sono preparati. Una ripetenza, e parlo per esperienza, non fa affatto male, anzi, mentre se tutti vanno avanti demotiviamo chi si impegna.
2. La gran parte della colpa della situazione va ascritta ad alcuni colleghi, che non sono in grado di svolgere il nostro lavoro e finiscono per svilirlo al fine di non far apparire la propria incompetenza.
3. Per cutugnoprof ti posso assicurare che il "quizzone" per dirigenti non ha dato luogo a copiature era impossibile o quasi e solo un "bischero" poteva suggerire le risposte ad un pericoloso concorrente.
4. Ho superato ilo concorso per DS e vi posso assicurare che la strategia migliore era studiare e poi ancora studiare, fermo restando che rimane comunque una componente aleatoria.
5. E' significativo invece che la gran parte dei partecipanti (che potrebbero diventare i nuovi dirigenti) intenda superare il concorso non in virtù della propria preparazione, ma grazie agli avvocati e ai ricorsi, dimostrando che già a questi livelli la preparazione e lo studio vengano considerati relitti del passato.
Premesso tutto questo mi domando, e non so darmi risposta, come si possa agire concretamente per ridare dignità e senso ad una istituzione decisiva per il futuro del nostro paese e dei nostri figli, oltre ovviamente al nostro impegno quotidiano.
Da tutti i blog che circolano, dalle discussioni con i colleghi e con i genitori la posizione espressa del prof Israel e da quelli che hanno commentato prima di me riscuote numerosi consensi.
“Nelle prime tre settimane di attività ho dato qualche voto di insufficienza, ma i bambini mi hanno detto: ‘Qui nessuno dà voti di insufficienza, perché il Direttore non lo permette.’ Come non mi piaceva questo sistema! Così ho fatto del mio meglio per porvi fine, ma durante la riunione degli insegnanti il Direttore ha detto: ‘Io farò del mio meglio per costringerla a lasciare la scuola!’ E ce l’ha fatta”.
Fine Anno scolastico 2011/2 in una Scuola Elementare di Buddusò, uno Scientifico di Canicattì o un Tecnico di Abbiategrasso?
No.
Scuola di Ikutzk, Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, anni ’70.
riportato in: Vivere in Russia, di Piero Ostellino, ed. Rizzoli, 1977, pag. 35.
Leggendo per caso la decina di pagine che Ostellino dedica al sistema di istruzione sovietico in questo libro trovato a casa di un’amica ho provato un brivido.
Lo sfascio della scuola italiana viene da lontano.
Esami di Maturità Tecnica per Geometri, A.S. 2011/12, materia Tecnologia delle Costruzioni.
Chiedo alla Candidata quale argomento desideri illustrarmi.
Della Legge Urbanistica Nazionale n° 1150 del 1942, lei mi risponde.
Chiedo alla Candidata cosa stesse succedendo in Italia in quell'anno.
La Candidata non sembra averne la più pallida idea, come sembra non avere la più pallida idea dei contenuti della Legge suddetta.
Al termine del colloquio Il Presidente di Commissione mi invita "caldamente" a "attenermi strettamente al mio ambito disciplinare, per non turbare i Candidati"........
Promossa, ovviamente.
B.V.
Antonius
Esami di Maturità Tecnica per Geometri, A.S. 2011/12, materia Tecnologia delle Costruzioni.
Chiedo alla Candidata quale argomento desideri illustrarmi.
Della Legge Urbanistica Nazionale n 1150 del 1942, lei mi risponde.
Chiedo alla Candidata cosa stesse succedendo in Italia in quell'anno.
La Candidata non sembra averne la più pallida idea, come sembra non avere la più pallida idea dei contenuti della Legge suddetta.
Al termine del colloquio Il Presidente mi invita "caldamente" a "attenermi strettamente al mio ambito disciplinare, per non turbare i Candidati"........
Promossa, ovviamente.
“Nelle prime tre settimane di attività ho dato qualche voto di insufficienza, ma i bambini mi hanno detto: ‘Qui nessuno dà voti di insufficienza, perché il Direttore non lo permette.’ Come non mi piaceva questo sistema! Così ho fatto del mio meglio per porvi fine, ma durante la riunione degli insegnanti il Direttore ha detto: ‘Io farò del mio meglio per costringerla a lasciare la scuola!’ E ce l’ha fatta”.
Fine Anno scolastico 2011/2 in una Scuola Elementare di Buddusò, uno Scientifico di Canicattì o un Tecnico di Abbiategrasso?
No.
Scuola di Irkutzk, Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, anni ’70, da una lettrera di un lettore della Literaturnaia Gazeta.
riportato in: Vivere in Russia, di Piero Ostellino, ed. Rizzoli, 1977, pag. 35.
Leggendo per caso la decina di pagine che Ostellino dedica al sistema di istruzione sovietico in questo libro trovato a casa di un’amica ho provato un brivido.
Lo sfascio della scuola italiana viene da lontano.
Bene Valete
Antonius
I tanti commenti degli insegnanti mi spaventano e mi rincuorano al tempo stesso.
Minimi ricordi personali. A cavallo del millenovecentosettanta, assistevo con diversi studenti alle interrogazioni d'esame, in attesa o con il programma di dar a breve la prova di “Comunicazioni elettriche” (in Bologna Alma Mater). Ricordo che a fronte delle richieste prolungate e insistenti di “diciotto politico” da parte di uno studente troppo impreparato, l'esaminatore non acconsentì (e al tempo non era una cosa scontata o banale), spiegando il suo rigore di giudizio con “ragioni di giustizia distributiva”. Proprio così disse: “ragioni di giustizia distributiva”, me lo ricordo bene.
Ricordo bene pure che noi studenti che assistevamo rimanemmo contenti e confortàti (sì, confortàti nel nostro impegno e nella nostra fatica di studenti) da questa giusta fermezza.
Per ragioni di riservatezza, di buon gusto, di misura - non lo so neanche io - non faccio il nome (e mi piacerebbe, anche se non significa nulla, se non per me) di quell'allora giovane professore:. Penso che adesso viaggi verso gli ottanta anni e lo ricordo con stima.
Nonostante quei tempi fossero quei tempi, anche allora punti di vista in controtendenza ce n'erano; ce n'è anche oggi, e chissà quanti. Farli emergere è un'altra storia, ma ci sono.
Per me che osservo questo dibattito dal di fuori della scuola, sembra di vedere la situazione dell'Europa "virtuosa"-Germania e paesi scandinavi - e di quella "peccatrice"-quella mediterranea. con la differenza che il quadro europeo sta per essere messo a nudo dalle ragioni "disumane" dell'economia, mentre quello della scuola italiana è ingessato e amorevolmente coperto dalle ideologie.
Sono d'accordo con lei nel sostenere che un aumento delle promozioni non comporti di per sé un miglioramento della qualità e aggiungo, da docente di liceo, che al "copiare" classico, di cui è ricca la tradizione, s'è aggiunta la mala pianta dell'aiuto fornito a monte dai commissari interni attraverso la facilitazione dei quesiti o, peggio ancora, per mezzo di un patto scellerato siglato in classe prima degli esami. E' più amaro dirlo che credervi.
Sono d'accordo con lei nel sostenere che un aumento delle promozioni non comporti di per sé un miglioramento della qualità e aggiungo, da docente di liceo, che al "copiare" classico, di cui è ricca la tradizione, s'è aggiunta la mala pianta dell'aiuto fornito a monte dai commissari interni attraverso la facilitazione dei quesiti o, peggio ancora, per mezzo di un patto scellerato siglato in classe prima degli esami. E' più amaro dirlo che credervi.
In Corea del Sud qualche studente si suicida perché non regge lo stress o il disonore derivante da un rendimento scarso.
Quello é un paese ad industrializzazione spinta. Questo é un paese in fase di deindustrializzazione. Secondo me la differenza sta tutta qui, e le ideologie didattiche sono solo una copertura.
Semplicemente il Paese non ha piú bisogno di lavoratori scolarizzati.
Chissá come sará l'Italia tra dieci o vent'anni.
Una considerazione in materia di accesso all'insegnamento. E' apprezzabile l'organizzazione dei "quiz" per il TFA in corso in questi giorni, ma il quiz stesso mi pare un modo lesivo della dignità sia dei candidati che del mondo scolastico. Fare così significa fare velocemente, ma non bene. Si potrebbe operare in un modo diverso. Prima di tutto diversi docenti universitari dovrebbero fare degli esami più seri (a volte il 18 o di più non lo negano a nessuno), in modo che a valutare le conoscenze di un(') aspirante insegnante possa bastare (dovrebbe, o no??) la laurea. Dopodiché ci si mette in lista e si aspetta di essere chiamati per le supplenze. Durante le supplenze il dirigente, i docenti controllano, consigliano e alla fine emettono un giudizio (e che si prendano la responsabilità, una buona volta!). Quando l'aspirante ha collezionato un certo numero di giudizi positivi o di giorni totali in cui ha lavorato positivamente (non so, l'equivalente di un paio di anni, ottenuti sul campo "umano", cioè nel rapporto con le classi, i genitori, ecc.) questo valga da abilitazione e conseguente accesso alla lista di quelli che un po' alla volta verranno chiamati in ruolo.
Che ne pensate?
Prima parte
Negli anni '80 ebbi a che fare con un Generale del Genio Militare il quale mi raccontava:
"Finii l'Accademia Militare nel giugno del 1940 e venni immediatamente sbattuto in NordAfrica. Mi sono scoppiate bombe a pochi passi di distanza, diverse volte sono stato mitragliato da aerei così stracarichi di benzina (noi la vedevamo con il contagocce) che tentavano di farmi la pelle con una accanita caccia all'uomo ma se ho, ancora oggi, un incubo che mi sveglia la notte qual'è? Sognare l'Esame di Maturità......."
C'é una cosa da tenere presente.
Che il mondo del Lavoro, oggi, è incommensurabilmente più competitivo di quanto fosse in epoca pre-'68.
Dopo aver fatto un Liceo e una Università di una probabilmente insana ferocia, l’inserimento nel mondo del lavoro risultava non dico facile, perché facile non lo è mai stato, ma sicuramente di difficoltà non insormontabile.
Oggi la faccenda è completamente capovolta.
Puoi avere il 6 politico, puoi copiare all’Esame di maturità ( o anche non copiare: tanto passi ugualmente...) ma, una volta arrivato alle soglie del mondo del lavoro non ci sono santi: certe cose le devi sapere e, se non le hai fatte a Scuola, e bene, sono dolori.
C’è poco da fare:il mondo del lavoro non ti permetterà di entrare.
E, certamente, non permetterà di entrare e di progredire ai livelli che questi ragazzi spererebbero.
Una quinta Geometri di cinque o sei anni fa.
Ragazzo estroverso ma tranquillo, bravo con la giocoleria ma refrattario a ogni studio sistematico.
Promosso per anzianità di servizio.
Dopo qualche mese lo incontro per strada: “Come va?”
“Ah, benissimo, sto facendo il tirocinio da un Geometra....sono molto contento....”
“Mi sono sbagliato....” penso tra me e me “....la prossima volta devo stare più attento nel valutare.....”
Lo incontro per strada dopo qualche mese: “Come va il tirocinio?”
“Mahhh... mi sono reso conto che non era la mia strada...adesso sto facendo l’apprendista idraulico....”
Non mi ero sbagliato.
2a parte
Primi anni 2000, sto sfogliando libri in una libreria di una località balneare.
Entra una ragazza e, dopo le formalità d’uso, dice alla Commessa:
“Senti, adesso ad agosto dovrete rimanere aperti anche di notte e dovrete aumentare il personale: perché non dici ai proprietari se mi assumono?”
“Ma tu non hai la Laurea!”
è stata la lapidaria risposta.
Sempre per rimanere in ambito militare, una volta, con un Diploma di Scuola superiore, si poteva tranquillamente arrivare a livelli di responsabilità lavorativa equivalenti, nella carriera militare, al grado di Colonnello, qualche volta anche di Generale.
Oggi è già molto se con un diploma si può arrivare al grado di Sergente.
Le ragioni di questo sono molteplici: il cattocomunismo ha senz’altro la sua (notevole) parte di responsabilità ma ne ha anche, e parecchia, l’adeguamento agli standard educativi europei che prevedono una specializzazione lavorativa solo dopo il raggiungimento della maggiore età, mediante la “Laurea breve”: noi ci stiamo semplicemente adeguando.
Qusti sono gli ultimi due anni nei quali gli studenti del corso Geometri avranno la possibilità di fare il tirocinio e, dopo aver sostenuto l'esame di abilitazione, di iscriversi all'Albo professionale e poter svolgere la libera professione.
Dopo il Corso di studi non si chiamerà più "Geometri" ma "Costruzioni, Ambiente e Territorio" e non darà più la possibilità di iscriversi all'Albo: per fare questo ci vorrà una laurea breve.
In soldoni, è stato abolio il valore legale del titolo di studio conseguito dal Diploma.
3a (ed ultima) parte
Vengono a trovarmi a maggio miei cari Amici inglesi, di qualche possibilità economica e che si possono quindi permettere "ottimi" Licei privati.
Il più piccolo, diciassettenne, dimostra notevoli doti atletiche, è in grado di fare flessioni sulle braccia lanciandosi in aria e sbattendo mentre sta volando le mani due volte e gioca nelle giovanili del Manchester United.
Indago su cosa stia studiando a scuola:
“Drama....sport....and business.....” è stata la risposta....
Un bel mix, non c’è che dire.
Ringraziamo ancora una volta, per i doni generosamente elargiti, l’Unione Europea.....
Lei gent. Antonello sembra individuare nel "cattocomunismo" il declino del sistema educativo italiano. Ma questo declino riguarda tutti i paesi europei, che pure il cattocomunismo non l'hanno avuto, allora? Poi sembra ricordarsene, e infatti mette sotto accusa anche gli "standard educativi europei". Quindi racconta che anche in un "ottima" scuola privata inglese (che di quegli standard potrebbe fare a meno e seguire un proprio progetto educativo) le cose han preso la stessa china. Infine sembra dimenticare che anche negli USA il declino dell'istruzione è ben avviato...
Insomma, è tutto il sistema dell'istruzione occidentale (che non molto tempo fa era senza confronti nel mondo) che è in crisi.
Cattocomunismo? Regole europee?
La mia idea è invece che il declino sia dovuto alla società del benessere, diffuso appunto in tutto l'occidente dagli anni '60 in poi, che ha determinato due conseguenze: da una parte tolto l'incentivo principale per studiare seriamente: la speranza e la volontà di migliorare la propria condizione economica e sociale.
A ciò si è aggiunta un' ideologia comune che vedeva nel massimizzare la scolarizzazione una certezza di progresso e civiltà, attestato dal progressivo aumento dell'età dell'obbligo. E d'altra parte poteva una società ricca rifiutare l'istruzione alla parte più svantaggiata della popolazione?
Ma qualità e quantità come ben sappiamo non vanno d'accordo, tutti i sistemi educativi occidentali si trovano di fronte alla quadratura del cerchio (che per inciso ha partorito teorie pedagogiche "sgangherate" per dirla alla Israel): istruzione di buon livello per tutti. Non sembra vi stiano riuscendo.
Gentilissimo Nautilus
Mi scusi innanzitutto per il ritardo nel risponderle, ma non avevo visto il suo post.
Se Lei avrà il tempo e la voglia di leggere questo articoletto, forse troverà spiegato in maniera più esaustiva il mio pensiero....
http://orizzonti-antonello.blogspot.it/2011/10/memorie-di-un-vecchio-docentescuola.html
Il Prof. Israel era stato così gentile da ospitarlo anche in questo blog, ma purtroppo non riesco più a trovare dove.
Per ora solo un commento al suo scritto.
Lei scrive:
“E d'altra parte poteva una società ricca rifiutare l'istruzione alla parte più svantaggiata della popolazione?”
Proprio qui è il problema: questa società ricca non ( caratteri maiucoli) sta dando un’istruzione alla parte più svantaggiata della popolazione, ma gliela sta sottraendo!
Un esempio.
Una famiglia operaia monoreddito di mia conoscenza: solidissimi principi morali, quattro figli maschi studiosissimi che hanno fatto ( anni ’70-80) un ottimo Liceo e una ottima Università, tre in Ingegneria e uno in Medicina, tutti oggi ottimamente “sistemati”.
Ma se la loro preparazione fosse stata quella attualmente fornita dalla Scuola e dalla Università italiana dove ...... e qui metto “omissis” perché il discorso si farebbe troppo lungo, che possibilità avrebbero avuto di inserirsi nel mondo del lavoro?
Nessuna, secondo me.
Gli USA hanno ottime scuole: il fatto che mandino sonde su Marte che funzionano perfettamente ne è la prova...... solo che......sono a pagamento. Salato. Noi una volta avevamo Scuole ancora migliori. Gratis o quasi.
Cordialmente
Antonello Ruscazio
Gent. Antonello, oltre la risposta ho letto (con piacere) anche l'articolo, col quale è difficile non concordare come fotografia dell'attuale.
Rimane (forse) una divergenza: quel che lei descrive e che anch'io constato giornalmente, per me, come ho già scritto, non è dovuto tanto a politiche fallimentari di questo o quel governo (che pure ci sono) quanto alla deriva innescata dalla società del benessere, una decadenza che riguarda tutto l'occidente, mentre coreani, indiani e cinesi stanno prendendo il nostro posto.
Nello specifico italiano non credo neanche ci sia un'occhiuta e generale volontà politica volta a sfavorire il pubblico a favore del privato, se esiste un'ideologia diffusa, dai politici alle famiglie, mi pare proprio quella del "successo garantito", che contribuisce parecchio all'abbassamento del livello medio delle conoscenze dei nostri studenti.
Ne sono un sostenitore pentito, non era sprofondare nella sciatteria e nell'ignoranza quel che mi aspettavo da una scuola più attenta nell'aiutare chi rimaneva indietro, semmai il contrario.
Riconosco ora che si trattava di un'utopia e come tale destinata al fallimento.
Sul fatto che, come felicemente si esprime, questa società stia in realtà "sottraendo istruzione alla parte più svantaggiata" concordo.
Quel che volevo dire è che l'"affluent society" si è sentita in dovere di estendere l'istruzione il più possibile, anche a chi un tempo ne rimaneva escluso, principio in sè sacrosanto, ma si sa che le buone intenzioni spesso han provocato risultati opposti al previsto.
Per questa volta passi. In genere pubblico anche post più lunghi e comunque se il dibattito inizia qui, continua qui, oppure riparte da zero altrove. Magari i lettori potrebbero essere interessati a leggere un'eventuale controrisposta di Nautilus che ora dovrà trasferirsi sul suo blog... Complimenti per la capacità di farsi pubblicità...
Egregio Prof. Israel
sicuramente Lei ha ragione, probabilmente avrei potuto e dovuto postare la mia risposta in queste righe, dividendola se del caso in tre o quattro post, cosa che avrei sicuramente fatto se avessi ricevuto una sua richiesta in tal senso.
Ma poiché il mio, chiamiamolo errore, le è sembrato esclusivamente una maniera per farmi pubblicità gratuita, non potendolo più fare personalmente, le chiederei cortesemente di voler togliere dai miei post ogni riferimento ipertestuale a Lei sgradito.
La ringrazio per aver sino ad oggi aver ospitato le mie sciocchezze sulle sue pagine e colgo l’occasione per ben distintamente salutarla.
Antonello Ruscazio
Ma le pare... Non tolgo niente e non ci sono sciocchezze di sorta non l'ho detto e tantomeno pensato. Lei qui e' benvenuto.
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