Come
diceva Popper, la morte di un uomo è la distruzione di un universo. Per questo,
il mistero della morte deve essere accolto con contegno e rispetto. Ma quando
si esagera assurdamente nelle lodi del defunto, questo clima viene lacerato da
una stridente dissonanza. Tale è il caso di Stéphane Hessel, mancato ieri a
Parigi. Il sindaco Delanoë lo ha definito un «umanista autentico e pensatore
generoso» e il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz un «grande
europeo, sempre militante, mai soddisfatto, mosso da uno spirito combattivo e
di libertà». In cosa è consistito questo afflato umanistico e libertario? Nel
fatto che Hessel, con Edgar Morin, lanciò la parola d’ordine dell’“indignazione”
col libello Indignez-vous, che, nel
2010, fu un best-seller mondiale e il vangelo dei movimenti di “indignados” di
tutto il mondo. I due grandi vecchi chiamarono all’ “insurrezione delle
coscienze” contro la crudeltà del neo-liberismo, indicando come obbiettivo il
ritorno alle sorgenti originarie della sinistra che, alla luce della
postmodernità, erano quattro: la sorgente libertaria, quella socialista (il
miglioramento della società), quella comunista (la fraternità comunitaria) e la
sorgente ecologica che chiama gli uomini a ricongiungersi con la Madre-Terra e
con il Sole, “fonte di tutte le energie viventi”. Non fu però solo
un’insurrezione delle coscienze perché, molto marxisticamente, si propose di
passare dall’arma della critica alla critica delle armi: indignarsi non basta,
aggiunse Hessel, occorre impegnarsi riscoprendo i valori della Resistenza.
Quanto
poco non violento fosse il pensiero di Hessel si vide non solo nell’invito a
resuscitare la rivoluzione, ma nell’accanimento contro il “più grande scandalo
mondiale”, lo stato d’Israele. Hessel si fece campione di un’iniziativa
intollerante per definizione: il boicottaggio di tutto ciò che veniva da
Israele.
Attraversiamo
un periodo difficile, in cui la costruzione europea suscita focolai di protesta
stigmatizzati come “populismi”. In Italia, un movimento di “indignati” ha trionfato
alle elezioni, suscitando commenti scandalizzati in Europa. Eppure, il
presidente del Parlamento europeo esalta il profeta dei “populismi” come un
grande militante europeo… Cosa evoca la schizofrenia di prescrivere severamente
la ricetta del rigore liberista, da un lato, e dall’altro di indicare come
modello, addirittura di europeismo, la ribellione estremistica contro quella
ricetta? È difficile non pensare a un disfacimento analogo a quello delle
classi dirigenti della repubblica di Weimar.
(Il Messaggero, 28 febbraio 2013)
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