Non so se ci sarà uno sciopero. In questo momento mi sembra inutile. Speriamo che la Gelmini non sia nuovamente ministro dell'istruzione, ma anche altri nomi che circolano non avranno, temo, posizioni molto diverse dalle sue.
E' però soprattutto sulla funzione dei test invalsi che bisognerebbe intendersi. Ho espresso riserve su di essi in varie occasioni soprattutto perché è evidente che rischiano di diventare uno strumento di valutazione tout-court della preparazione degli alunni. A malincuore devo però ammettere che, in modo forse un po' grossolano, fotografano la situazione della scuola italiana nelle varie aree. Ma temo che non si intenda trarne le conseguenze per cercare di potenziare la scuola nelle aree dove è mediamente più debole (fra le quali la Sardegna, che è la mia regione). Quanto hanno fatto finora tutti gli ultimi ministri è stato tagliare risorse e ridimensionare organici, compresi quelli amministrativi. Hanno trasformato i presidi, che avevano una funzione pedagogica, oltre che amministrativa, straordinaria, in dirigenti che non hanno in molti casi neanche idea di cosa significhi stare in classe con degli adolescenti e vivono, sovraccarichi di lavoro, con reggenze di più istituti sulle spalle, stretti fra la paura della Corte dei Conti e quella dei ricorsi o delle denunce dei genitori.
Se posso mi piacerebbe chiedere ai colleghi di blog e a lei, prof. Israel, come si regoleranno o si regolerebbero agli scrutini con alunni di scuola media nullafacenti, abbandonati a sè stessi, gravemente indisciplinati. Aderirebbero alla dottrina della "corsia preferenziale" o si immolerebbero, con le loro classi, per n anni per cercare di "recuperarli"? Qualche volta penso che la non ammissione sia un privilegio da riservare solo a quelli che se lo "meritano"!
Gentile Grazia Dei, diceva il fotografo Anselm Adams che “le fotografie sono mezze verità”, quindi, una mezza falsità. In realtà, le fotografie sono sempre interpretazioni, tanto che possono essere strumenti di falsificazione, come sanno i tecnici del consenso nei regimi dittatoriali. I test sono interpretazioni sciocche (banalizzano la complessità del sapere e quella della vita scolastica) e in malafede (fumo sugli occhi della meritocrazia e della pretesa obiettività, per non spendere energie nelle cose serie e per dilapidarle dove premono interessi particolari). Ma come si può pensare che un insegnante di italiano accetti di vedere ridotto il proprio impegno nella trasmissione del sapere a una griglia di crocette? Io parto dal presupposto che gli alunni, qualunque cosa sappiano, qualunque sia il livello di ciò che nella trasmissione hanno appreso, debbano argomentarlo: solo nell'argomentazione si può verificare il sapere. Esattamente ciò che negano i test. Abbiamo le verifiche orali e i compiti in classe. Non si possono creare standard per l'argomentazione? Non sarebbe possibile una valutazione nazionale sulla capacità di argomentare? E allora gli standard non servono alla scuola. Semplice. I test sono un golpe contro il diritto all'argomentazione (quel diritto che talvolta gli alunni non sanno di avere, ma che pur preme in loro, anche quando non sanno argomentare), che è il diritto fondamentale di ogni insegnante, libero e responsabile.
Immaginiamo, per sorridere, che un docente abbia letto e spiegato per giorni e giorni le pagine manzoniane sulla notte dell'Innominato e costruiamogli una domanda da test Invalsi: L'Innominato passa la notte sveglio perché: a) Ha mal di pancia b) I Bravi, a valle, fanno un quarantotto e non lo lasciano riposare c) Ha una crisi esistenziale d) Ha una crisi epilettica e) Ha fatto un pensierino su Lucia “C”, vogliono che si metta la crocetta su “C”. E siamo tutti contenti della risposta esatta. Ma anche questo scherzo è un'utopia: Manzoni in un test... Lo devono dire chiaramente gli esperti della banalizzazione dei saperi: a noi non interessa nulla che a scuola si studi Dante, Leopardi, Manzoni, che si faccia cultura. Lo hanno già detto? E allora guanto in faccia e appuntamento all'alba.
Gentile Grazia Dei, lei ha avuto percezione che l'introduzione dei test Invalsi abbia contenuto o limitato il fenomeno degli "alunni nullafacenti"? O anche, mi permetta chiederlo, degli "insegnanti nullafacenti"? Dal mio osservatorio personale di madre di 5 figli in una città, Torino, che solitamente non è tra le peggiori del sistema scolastico italiano, devo comunicarle che l'impressione è quella di uno sfascio completo. In particolare, per la ragazza che frequenta la seconda media, ho più volte chiesto che gli insegnanti svolgessero il programma in modo completo. Senza esito, perché pare che io sia l'unica a chiederlo: per tutti gli altri 18 genitori va benissimo così. Le lezioni di scienze sono state fatte in modo sporadico, quasi tutti i voti di italiano sono stati dati su simulazioni di prove Invalsi, la grammatica è ferma perché un gruppo di studenti nati in Italia, ma da famiglie di origine non italiana, non la conosce. Né la studia, d'altra parte. La matematica è fatta svolgendo ogni argomento nel modo più superficiale possibile, senza quasi fare esercizio. Non si tratta di una classe con particolari problemi, né di un quartiere disagiato. Qualunque voto questi ragazzi avranno all'Invalsi che, d'altra parte, è l'unica cosa a cui sono stati davvero istruiti, saranno ignoranti come capre. Persino il buon lavoro fatto dalle maestre elementari è stato dimenticato. Siamo addirittura arrivati al punto che l'insegnante di matematica, pessima, fa svolgere due diversi compiti in classe, di difficoltà molto diversa, a due differenti gruppi di studenti. In questo modo tutti hanno una sufficienza, per molti falsa. Mi pare chiaro che ciò viene fatto perché l'insegnante avrebbe dei problemi a giustificare il fatto che su 19 studenti ci sono solamente 4 sufficienza piene. Non basterebbe chiedere agli insegnanti di insegnare bene e valutare seriamente i ragazzi? Certo, con questo sistema qualcuno probabilmente verrebbe bocciato, ma qualcuno, messo di fronte alla necessità di studiare, avrebbe, chessò?, forse studiato. L'angoscia è che ciò avvenga ormai a tutti i livelli, per cui bisognerebbe avere la possibilità, anche economica, di portare fuori i ragazzi da questa scuola. E non parlo di iscriverli a una qualunque privata, che più o meno l'andazzo è simile: parlo di portarli proprio fuori, portarli all'estero, istruirli a casa, poter scegliere una delle rarissime scuole d'eccellenza. Purtroppo ho una condizione economica che mi obbliga di fatto a mandare i miei figli in questo tritacarne e ne ho un gran dolore.
Gentile Paolo Casuscelli, sono d'accordo con tutto ciò che lei dice. Considero i test potenzialmente lesivi della dignità della nostra professione e del diritto degli studenti a una valutazione che tenga conto di tutti gli aspetti che concorrono alla loro preparazione e formazione. Il grave errore sta, secondo me, nella tendenza (dimostrata dall'inserimento dei test INVALSI fra le prove dell'esame di Stato della secondaria di 1°) a considerarli integrativi se non sostitutivi della valutazione tradizionale. I test, buoni o cattivi che siano, rappresentano dei parametri alternativi rispetto ai criteri e ai metodi di valutazione abituali e mi chiedo quando cominceranno a chiederci di giustificare le inevitabili difformità di giudizio. Detto questo, se nei test di Italiano e Matematica i risultati medi di alcune regioni d'Italia si collocano regolarmente ben al di sopra della media nazionale, mentre i risultati di altre regioni stanno sistematicamente al di sotto (e talvolta gravemente, nonostante una "somministrazione" degli stessi non proprio fedele), qualcosa vorrà pur dire. Sarebbe ingiusto scaricare il peso di questi dati negativi solo sulla scuola e anzi si dovrebbe partire da essi per adottare interventi che favoriscano la scuola nelle aree svantaggiate, invece mi sembra che si disincentivi qualunque sforzo. Speriamo nel nuovo ministro...
Cara d., la mia replica a Paolo Casuscelli forse è giunta al blog dopo il suo post, pertanto forse ho già chiarito il mio pensiero. Riguardo ciò che dice dell'esperienza scolastica dei suoi figli (cinque: complimenti!), pur non avendo lamentele gravi come le sue da fare sul lavoro degli insegnanti dei miei figli, condivido la sua frustrazione e i suoi sogni di fuga: per altri motivi ne ho fatti anche io proprio in questi giorni. Sono reduce da un viaggio di istruzione (gita scolastica) con la mia terza e sono piuttosto turbata da nuove rivelazioni sui comportamenti trasgressivi, ma sempre più diffusi e accettati, degli adolescenti (i miei figli sono appena più giovani). Che c'entra? Penso che sia tutto collegato e che siamo in piena emergenza educativa e questo investe oramai tutti gli aspetti della vita sociale. In poche parole, come si diceva una volta, "il problema sta a monte", la scuola non può nulla o quasi senza il sostegno convinto delle famiglie e delle altre "agenzie" educative. Ma la famiglia è più in crisi della scuola... E poi dove andare? Presso una comunità Amish? Forse ci sono luoghi dove la scuola è più dura e seria, dove la disciplina è più rigida, ma per il resto il mondo occidentale (l'unico dove mi sento di vivere per molti buoni motivi) è tutto uguale. Come è di moda dire: «Keep calm and carry on».
oggi è il grande giorno e sui giornali trova spazio la rivolta delle famiglie contro l'invalsi PER I MOTIVI SBAGLIATI. i genitori dicono che sono che i test sono difficili e frustranti. per la serie "come ti allevo un invertebrato"... nemmeno un test invalsi riescono a sopportare le fragili spalle dei nostri fanciulli bisognosi di protezione dalle cattiverie della vita. noi insegnanti dovremmo combattere questo atteggiamento, di alleati così francamente non ne abbiamo bisogno.
Il fatto che vi siano nemici dei test per motivi sbagliati non toglie in nulla che questi test Invalsi sono sciocchi, fuorvianti e soprattutto massacrano la didattica. Lo vedo direttamente sui miei figli. Ormai – come ammettono molti insegnanti – una quota crescente del tempo viene mangiata dalla didattica a crocette o dalle risposte su un paio di righe tratteggiate. Quindi, un insegnante dovrebbe combattere questa deriva che lo sta trasformando in un burocrate.
sì, pienamente d'accordo, credo di averlo già scritto qui con la firma fare legna. ciò non toglie che quei genitori lì sono gli stessi che contestano noi quando proponiamo ai fanciulli un po' di difficoltà e magari li frustriamo con valutazioni men che osannanti. questa è una deriva ormai irreversibile, temo
E ciò non toglie che i test siano, oltretutto, per gli alunni, quanto di più comodo possano fare per ottenere una valutazione, anche sul piano psicologico: non si tratta che di mettere crocette. E dalle crocette, comunque, non vengono fuori differenze sostanziali, compromettenti. Altra storia, e altro impegno, sono le interrogazioni e i compiti in classe, dove, attraverso l'argomentazione, le differenze diventano schiaccianti. Dove, tra un 10 e un quattro, si gioca la differenza reale tra chi ha seguito le spiegazioni, ha preso appunti, li ha elaborati, ha riflettuto, ha riproposto concetti appropriandosi e disponendo di un linguaggio, prova a interpretare, si mette in discussione, si umanizza, mostra di sapere in quanto sa esprimersi...e chi no.
11 commenti:
Non so se ci sarà uno sciopero. In questo momento mi sembra inutile. Speriamo che la Gelmini non sia nuovamente ministro dell'istruzione, ma anche altri nomi che circolano non avranno, temo, posizioni molto diverse dalle sue.
E' però soprattutto sulla funzione dei test invalsi che bisognerebbe intendersi.
Ho espresso riserve su di essi in varie occasioni soprattutto perché è evidente che rischiano di diventare uno strumento di valutazione tout-court della preparazione degli alunni.
A malincuore devo però ammettere che, in modo forse un po' grossolano, fotografano la situazione della scuola italiana nelle varie aree. Ma temo che non si intenda trarne le conseguenze per cercare di potenziare la scuola nelle aree dove è mediamente più debole (fra le quali la Sardegna, che è la mia regione). Quanto hanno fatto finora tutti gli ultimi ministri è stato tagliare risorse e ridimensionare organici, compresi quelli amministrativi. Hanno trasformato i presidi, che avevano una funzione pedagogica, oltre che amministrativa, straordinaria, in dirigenti che non hanno in molti casi neanche idea di cosa significhi stare in classe con degli adolescenti e vivono, sovraccarichi di lavoro, con reggenze di più istituti sulle spalle, stretti fra la paura della Corte dei Conti e quella dei ricorsi o delle denunce dei genitori.
Se posso mi piacerebbe chiedere ai colleghi di blog e a lei, prof. Israel, come si regoleranno o si regolerebbero agli scrutini con alunni di scuola media nullafacenti, abbandonati a sè stessi, gravemente indisciplinati. Aderirebbero alla dottrina della "corsia preferenziale" o si immolerebbero, con le loro classi, per n anni per cercare di "recuperarli"? Qualche volta penso che la non ammissione sia un privilegio da riservare solo a quelli che se lo "meritano"!
Gentile Grazia Dei,
diceva il fotografo Anselm Adams che “le fotografie sono mezze verità”, quindi, una mezza falsità.
In realtà, le fotografie sono sempre interpretazioni, tanto che possono essere strumenti di falsificazione, come sanno i tecnici del consenso nei regimi dittatoriali.
I test sono interpretazioni sciocche (banalizzano la complessità del sapere e quella della vita scolastica) e in malafede (fumo sugli occhi della meritocrazia e della pretesa obiettività, per non spendere energie nelle cose serie e per dilapidarle dove premono interessi particolari).
Ma come si può pensare che un insegnante di italiano accetti di vedere ridotto il proprio impegno nella trasmissione del sapere a una griglia di crocette?
Io parto dal presupposto che gli alunni, qualunque cosa sappiano, qualunque sia il livello di ciò che nella trasmissione hanno appreso, debbano argomentarlo: solo nell'argomentazione si può verificare il sapere. Esattamente ciò che negano i test. Abbiamo le verifiche orali e i compiti in classe. Non si possono creare standard per l'argomentazione? Non sarebbe possibile una valutazione nazionale sulla capacità di argomentare? E allora gli standard non servono alla scuola. Semplice.
I test sono un golpe contro il diritto all'argomentazione (quel diritto che talvolta gli alunni non sanno di avere, ma che pur preme in loro, anche quando non sanno argomentare), che è il diritto fondamentale di ogni insegnante, libero e responsabile.
Immaginiamo, per sorridere, che un docente abbia letto e spiegato per giorni e giorni le pagine manzoniane sulla notte dell'Innominato e costruiamogli una domanda da test Invalsi:
L'Innominato passa la notte sveglio perché:
a) Ha mal di pancia
b) I Bravi, a valle, fanno un quarantotto e non lo lasciano riposare
c) Ha una crisi esistenziale
d) Ha una crisi epilettica
e) Ha fatto un pensierino su Lucia
“C”, vogliono che si metta la crocetta su “C”. E siamo tutti contenti della risposta esatta. Ma anche questo scherzo è un'utopia: Manzoni in un test...
Lo devono dire chiaramente gli esperti della banalizzazione dei saperi: a noi non interessa nulla che a scuola si studi Dante, Leopardi, Manzoni, che si faccia cultura. Lo hanno già detto? E allora guanto in faccia e appuntamento all'alba.
Gentile Grazia Dei,
lei ha avuto percezione che l'introduzione dei test Invalsi abbia contenuto o limitato il fenomeno degli "alunni nullafacenti"? O anche, mi permetta chiederlo, degli "insegnanti nullafacenti"?
Dal mio osservatorio personale di madre di 5 figli in una città, Torino, che solitamente non è tra le peggiori del sistema scolastico italiano, devo comunicarle che l'impressione è quella di uno sfascio completo.
In particolare, per la ragazza che frequenta la seconda media, ho più volte chiesto che gli insegnanti svolgessero il programma in modo completo. Senza esito, perché pare che io sia l'unica a chiederlo: per tutti gli altri 18 genitori va benissimo così. Le lezioni di scienze sono state fatte in modo sporadico, quasi tutti i voti di italiano sono stati dati su simulazioni di prove Invalsi, la grammatica è ferma perché un gruppo di studenti nati in Italia, ma da famiglie di origine non italiana, non la conosce. Né la studia, d'altra parte. La matematica è fatta svolgendo ogni argomento nel modo più superficiale possibile, senza quasi fare esercizio. Non si tratta di una classe con particolari problemi, né di un quartiere disagiato. Qualunque voto questi ragazzi avranno all'Invalsi che, d'altra parte, è l'unica cosa a cui sono stati davvero istruiti, saranno ignoranti come capre. Persino il buon lavoro fatto dalle maestre elementari è stato dimenticato.
Siamo addirittura arrivati al punto che l'insegnante di matematica, pessima, fa svolgere due diversi compiti in classe, di difficoltà molto diversa, a due differenti gruppi di studenti. In questo modo tutti hanno una sufficienza, per molti falsa. Mi pare chiaro che ciò viene fatto perché l'insegnante avrebbe dei problemi a giustificare il fatto che su 19 studenti ci sono solamente 4 sufficienza piene. Non basterebbe chiedere agli insegnanti di insegnare bene e valutare seriamente i ragazzi? Certo, con questo sistema qualcuno probabilmente verrebbe bocciato, ma qualcuno, messo di fronte alla necessità di studiare, avrebbe, chessò?, forse studiato. L'angoscia è che ciò avvenga ormai a tutti i livelli, per cui bisognerebbe avere la possibilità, anche economica, di portare fuori i ragazzi da questa scuola. E non parlo di iscriverli a una qualunque privata, che più o meno l'andazzo è simile: parlo di portarli proprio fuori, portarli all'estero, istruirli a casa, poter scegliere una delle rarissime scuole d'eccellenza. Purtroppo ho una condizione economica che mi obbliga di fatto a mandare i miei figli in questo tritacarne e ne ho un gran dolore.
Gentile Paolo Casuscelli,
sono d'accordo con tutto ciò che lei dice. Considero i test potenzialmente lesivi della dignità della nostra professione e del diritto degli studenti a una valutazione che tenga conto di tutti gli aspetti che concorrono alla loro preparazione e formazione.
Il grave errore sta, secondo me, nella tendenza (dimostrata dall'inserimento dei test INVALSI fra le prove dell'esame di Stato della secondaria di 1°) a considerarli integrativi se non sostitutivi della valutazione tradizionale.
I test, buoni o cattivi che siano, rappresentano dei parametri alternativi rispetto ai criteri e ai metodi di valutazione abituali e mi chiedo quando cominceranno a chiederci di giustificare le inevitabili difformità di giudizio.
Detto questo, se nei test di Italiano e Matematica i risultati medi di alcune regioni d'Italia si collocano regolarmente ben al di sopra della media nazionale, mentre i risultati di altre regioni stanno sistematicamente al di sotto (e talvolta gravemente, nonostante una "somministrazione" degli stessi non proprio fedele), qualcosa vorrà pur dire.
Sarebbe ingiusto scaricare il peso di questi dati negativi solo sulla scuola e anzi si dovrebbe partire da essi per adottare interventi che favoriscano la scuola nelle aree svantaggiate, invece mi sembra che si disincentivi qualunque sforzo.
Speriamo nel nuovo ministro...
Cara d.,
la mia replica a Paolo Casuscelli forse è giunta al blog dopo il suo post, pertanto forse ho già chiarito il mio pensiero.
Riguardo ciò che dice dell'esperienza scolastica dei suoi figli (cinque: complimenti!), pur non avendo lamentele gravi come le sue da fare sul lavoro degli insegnanti dei miei figli, condivido la sua frustrazione e i suoi sogni di fuga: per altri motivi ne ho fatti anche io proprio in questi giorni.
Sono reduce da un viaggio di istruzione (gita scolastica) con la mia terza e sono piuttosto turbata da nuove rivelazioni sui comportamenti trasgressivi, ma sempre più diffusi e accettati, degli adolescenti (i miei figli sono appena più giovani). Che c'entra? Penso che sia tutto collegato e che siamo in piena emergenza educativa e questo investe oramai tutti gli aspetti della vita sociale. In poche parole, come si diceva una volta, "il problema sta a monte", la scuola non può nulla o quasi senza il sostegno convinto delle famiglie e delle altre "agenzie" educative. Ma la famiglia è più in crisi della scuola...
E poi dove andare? Presso una comunità Amish? Forse ci sono luoghi dove la scuola è più dura e seria, dove la disciplina è più rigida, ma per il resto il mondo occidentale (l'unico dove mi sento di vivere per molti buoni motivi) è tutto uguale.
Come è di moda dire: «Keep calm and carry on».
oggi è il grande giorno e sui giornali trova spazio la rivolta delle famiglie contro l'invalsi PER I MOTIVI SBAGLIATI.
i genitori dicono che sono che i test sono difficili e frustranti. per la serie "come ti allevo un invertebrato"...
nemmeno un test invalsi riescono a sopportare le fragili spalle dei nostri fanciulli bisognosi di protezione dalle cattiverie della vita.
noi insegnanti dovremmo combattere questo atteggiamento, di alleati così francamente non ne abbiamo bisogno.
Il fatto che vi siano nemici dei test per motivi sbagliati non toglie in nulla che questi test Invalsi sono sciocchi, fuorvianti e soprattutto massacrano la didattica. Lo vedo direttamente sui miei figli. Ormai – come ammettono molti insegnanti – una quota crescente del tempo viene mangiata dalla didattica a crocette o dalle risposte su un paio di righe tratteggiate. Quindi, un insegnante dovrebbe combattere questa deriva che lo sta trasformando in un burocrate.
sì, pienamente d'accordo, credo di averlo già scritto qui con la firma fare legna.
ciò non toglie che quei genitori lì sono gli stessi che contestano noi quando proponiamo ai fanciulli un po' di difficoltà e magari li frustriamo con valutazioni men che osannanti.
questa è una deriva ormai irreversibile, temo
Ah, su questo ha ragione da vendere. I genitori sindacalisti dei figli sono insopportabili!...
E ciò non toglie che i test siano, oltretutto, per gli alunni, quanto di più comodo possano fare per ottenere una valutazione, anche sul piano psicologico: non si tratta che di mettere crocette. E dalle crocette, comunque, non vengono fuori differenze sostanziali, compromettenti.
Altra storia, e altro impegno, sono le interrogazioni e i compiti in classe, dove, attraverso l'argomentazione, le differenze diventano schiaccianti. Dove, tra un 10 e un quattro, si gioca la differenza reale tra chi ha seguito le spiegazioni, ha preso appunti, li ha elaborati, ha riflettuto, ha riproposto concetti appropriandosi e disponendo di un linguaggio, prova a interpretare, si mette in discussione, si umanizza, mostra di sapere in quanto sa esprimersi...e chi no.
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