Gentile prof. Israel, stamattina, a scuola, ho partecipato a un'assemblea richiesta in vista dello sciopero contro le prove Invalsi, dove ho letto la sua lettera al Ministro Carrozza. Tutti i partecipanti concordavano sostanzialmente con quanto da lei esposto, ma purtroppo si recepiscono queste prove come un destino a cui è quasi impossibile sottrarsi, benché la maggior parte degli insegnanti vorrebbe un altro tipo di valutazione, poiché si prende atto dell'impossibilità di una valutazione oggettiva e standardizzata in ambito scolastico. Poi, ci sono state discussioni di ordine, come dire, “tecnico-sindacale” rimaste irrisolte: un dirigente scolastico può sostituire un insegnante che sciopera durante le prove Invalsi? E' legittimo? Se qualcuno tra i suoi lettori avesse le idee chiare in merito, sarebbe utile conoscerle. Grazie per il suo impegno infaticabile.
Buongiorno professore, il mio commento al Suo articolo pubblicato oggi su ilsussidiario.net non ha superato il vaglio della redazione: misura e competenza sono due dei concetti che gli operatori scolastici non hanno circoscritto. Una questione affrontata nello scritto “On. Ministro Maria Chiara Carozza, non dimentichi d’essere donna di scienza”, visibile in rete. All’origine del problema da Lei affrontato c’è l’elusione del mandato organizzativo conferito al Consiglio di Istituto che, “elaborando e adottando gli indirizzi generali” avrebbe dovuto elencare (non definisce) le competenze generali (comportamenti) che gli studenti devono maturare al termine dell’itinerario scolastico. Elusione che ha generato lo strapotere dell’Invalsi. Cordialità Enrico Maranzana
Gentile prof. Maranzana, nessuno può "elencare" le competenze generali che gli studenti debbono maturare... etc. semplicemente perché questo elenco è impossibile. Vogliamo liberarci una buona volta della mania definitoria, classificatoria, che porta diritti alla peggiore burocrazia? Colletti diceva che la metodologia è la scienza dei nullatenenti. Ma la "definizionite" è peggio: è la scienza dei nullatenenti che sono anche nullafacenti. Non è giunto il momento di tornare a insegnare/apprendere invece di passare la vita a discutere sul sesso delle competenze? Abbiamo aperto la strada a una massa di cialtroni che non sanno nulla di matematica, di storia, di filosofia, di fisica, di chimica, di geografia, ecc. ecc. e perciò hanno trovato una scappatoia nel coltivare queste dottrine da don Ferrante (almeno quello aveva per riferimento Aristotele)... Loro dovrebbero essere valutati e bocciati severamente.
A parte le solite smargiassate sull' Italia che colma finalmente il gap con i paesi più «evoluti» (non più avanzati, ma proprio più evoluti) e raggiunge «standard globali», espressioni come «competenze della vita» fanno proprio capire come questi si siano veramente bevuti il cervello. Io vorrei sapere, in nome del Cielo, come si può davvero pensare di poter stabilire una volta per tutte chi nella vita è «competente» e chi no, quali siano le "cose" che servono e quali no, cosa e come bisogna studiare e cosa no. Mentre stavo scrivendo questo commento ho pensato a quante volte, leggendo una biografia, un' intervista, o le memorie di qualcuno, mi è capitato di trovare riflessioni del tipo «all' epoca pensavo che X non servisse a nulla, ma poi mi sono ricreduto», «mi capitò di dover studiare Y, che poi si rivelò utile per...», oppure «quelle impreviste esperienze fatte da giovane mi lasciarono...». Anzi, fino a qualche tempo fa si pensava addirittura che la vita fosse bella anche per questa indeterminatezza, per questo fatto che non si è mai certi di cosa possa riservare e di quali esperienze possano rivelarsi utili. Triste, molto triste.
P.S.: non ho potuto fare a meno di apprezzare anche quel «cheating», di cui viene gentilmente data persino la traduzione («i furbi copiano e gli insegnanti suggeriscono») per il beneficio di noi ottocenteschi (un pò ritardati, diciamolo pure). Volete mettere, l' inglese fa tutto un' altro effetto!
Gentile Maria Pia, ma non si è accorta che il pezzettino di Abravanel è un'opera d'arte, un raffinatissimo esercizio di letteratura surreale, una creazione dadaista, una provocazione contro il piattume culturale dei nostri tempi, un'aggressione ironica senza pari? Bastava, per capirlo, soltanto questa frase: “i test misurano le competenze della vita”. Scheeeeerza! Irride, come Nietzsche, a colpi di martello.
Domani sciopererò, ma sono davvero amareggiata perché i miei tentativi di coinvolgere nello sciopero i colleghi hanno avuto scarso successo. Mi sono stati opposto i seguenti argomenti: "a questo punto dell'anno scolastico non si sciopera", "ma poi ce li fanno fare un altro giorno", "sono indietro con il programma", "ho poche ore di lezione", "non sono coinvolto nè nella somministrazione nè nella correzione delle prove", "quest'anno non ho la prima"! I colleghi delle materie non (ancora) soggette ai test ritengono, più o meno esplicitamente, che siano problemi dei docenti di Italiano e Matematica (alla faccia di chi ritiene corporativa la categoria degli insegnanti) e che sia solo un problema di ore di lavoro in più o in meno. I sindacati, eccetto i Cobas che hanno indetto lo sciopero, tacciono...
Nella scuola di mia figlia gli scioperi sono stati fatti tutti e, negli ultimi 3 anni, non mi pare abbiano prodotto grandi risultati; chi ci ha rimesso sicuramente sono i bambini: ore ed ore di lezioni perse, che sommate a malattie, trasferimenti in corso d’anno, chiusure per elezioni, vacanze di Natale, di Carnevale, di Pasqua, festività varie infrasettimanali e ore di inutili progetti con gli “esperti” hanno prodotto un solo risultato: per 20 giorni di seguito in classe 3°, scuola primaria, non si è aperto il quaderno di matematica. Ciò nonostante, condivido pienamente le ragioni che portano a scioperare in questi giorni; la scarsa adesione significa quindi che gli insegnanti sono i primi ad avere poco interesse per una scuola di qualità? O, al contrario, si ritiene che il danno prodotto dal sacrificio di ore di lezione per una causa come questa sia maggiore del potenziale beneficio? La domanda non vuole essere provocatoria, ma vedendo la situazione peggiorare di anno in anno, forse vale la pena, potendolo fare, accollarsi un mutuo e mandare i propri figli alla scuola privata?
Anch'io sciopero, anche se so che l'incidenza sarà minima. Ma è una questione di "dignità" personale. Ché il Ministero sappia della nostra indignazione! Qui non si tratta degli stipendi, problema fondamentale della manovalanza scolastica, e questo è il motivo dello scarso coinvolgimento.
Sulle modalità della comunicazione e sulle strategie messe in atto per influenzare i lettori, Vincenzo Pascuzzi, nel pezzo: I test Invalsi e la presuntaPAURA altrui osserva: [...] dopo “merito” e “meritocrazia”, il termine “paura” è uno dei più usati e ricorrenti nelle discussioni riguardanti i test Invalsi. [...] È chiaro che simili titoli cercano di intimidire, sfidare, quasi aggredire l’interlocutore che abbia dubbi o riserve sulle prove Invalsi e sulla valutazione attraverso di esse. Simili titoli cercano anche di saltare a piè pari qualsiasi confronto sulla validità e congruità delle prove, imponendo una sorta di Invalsi dixit. Però è anche vero che chi evoca una inesistente paura altrui, probabilmente, non ha a sua disposizione argomenti più convincenti.. Simili titoli "sensazionalistici" sono pensati, consapevolmente o non, per influenzare non gli addetti ai lavori, ma i lettori en passant e questo è subdolo, soprattutto perché fa leva sui luoghi comuni sugli insegnanti fannulloni, impreparati etc. . L'autore cita, ovviamente, il Professor Israel che nella lettera aperta al Ministro Carrozza sostiene giustamente: non volere “un certo tipo” di valutazione non vuol dire che non si voglia alcuna valutazione... u E questo commento del Prof. Israel mi riporta a una lettera apparsa su Italians finto innocente, ma debitamente saccentina e tendenziosa, di una signora che domanda a Severgnini: perchè gli insegnanti italiani rifiutano, a prescindere, le prove INVALSI? e continua con il classico luogo comune, dannata esterofilia italiana!, dei paesi *civili* (della serie "l'erba del vicino... "): Perchè una categoria pagata per valutare rifiuta una valutazione standard che nei paesi civili fa parte integrante del sistema di valutazione scolastico da anni? dimenticando però qualcosa (eh, le mezze verità), cioè che non si contesta la valutazione tout court ma nello specifico i test Invalsi e che il "rifiuto" è stato ampiamente motivato ad es. proprio dal Professor Israel... E tutti i difensori dell'Invalsi dimenticano di dire che in questi presunti paesi "civili" si sta iniziando a ribellarsi all'eccessiva influenza del metodo a "quiz" etc. come già fatto presente in questa sede in un post di qualche settimana fa...
Per Raffaella, nel corso di questo anno scolastico questo è il mio primo sciopero e in dieci anni avrò scioperato sì e no quattro volte. Godo, grazie a Dio, di buona salute e non mi assento quasi mai. Di tutte le festività e delle elezioni non ho, come nessun insegnante ha, nessuna "colpa". Vorrei una scuola diversa e di qualità per i miei figli tanto quanto lei e sogno una riorganizzazione radicale della scuola, maggiori strumenti, spazi più adeguati, risorse. Non sto scioperando per ragioni di bottega (anche se sarebbe giusto farlo) ma perché questo sistema (non solo scolastico) nel complesso tende al totalitarismo e io sono per la libertà coniugata con la responsabilità.
P.S. Per coerenza non ho mandato a scuola neanche mio figlio che avrebbe dovuto svolgere i test.
Gent.le Grazie Dei, ma io sono d’accordo con Lei, e anzi l’ammiro perché nonostante lo scarso coinvolgimento dei Suoi colleghi, nonostante l’ostilità delle famiglie (per le quali lo sciopero non è che l’ENNESIMA sospensione delle lezioni), sta lottando per una scuola migliore. Magari potrà sembrare incoerente da parte mia l’aver espresso il fastidio che generano queste assenze e, contemporaneamente, la condivisione di questo sciopero che, istintivamente, sento giusto. Proprio per questo mi chiedo come mai l’adesione sia stata così scarsa; mi piacerebbe leggere anche i commenti di chi ha scelto di NON scioperare.
Gentile Raffaella, tra coloro che avevano consapevolezza dell'importanza dello sciopero, molti sono stati frenati dalla consistenza della trattenuta sullo stipendio, gravosa in questi tempi di penuria. Tale è stata la motivazione avanzata dalla maggior parte dei miei colleghi all'assemblea a cui ho partecipato (a un'assemblea, da insegnante, per la prima volta in vita mia e, probabilmente, anche l'ultima). Un rappresentante sindacale ha anche detto: “Ma se non abbiamo scioperato per gli aumenti di stipendio, dobbiamo scioperare per l'Invalsi?”. Poi, bisogna dirlo, ci sono insegnanti che, non solo non trovano strano che un ente privato valuti i loro alunni, ma persino gongolano. Tutto sommato, ritengono di ben figurare sul piano delle verifiche dell'alfabetizzazione. “L'onore...dove diamin l'ha posto umano errore”. Io ho scioperato proprio perché, se lo Stato vuole una valutazione super partes, dei miei alunni e mia, non può risolverla con giochini enigmistici e dimenticarsi di me, del soggetto educatore responsabile. Se lo Stato vuole valutare, è con me, direttamente, e con gli alunni, in mia presenza, che deve confrontarsi, attraverso un dialogo culturale. Mandi un ispettore ad ascoltare le mie spiegazioni, le interrogazioni e a leggere i temi in classe, un ispettore che non sia un esperto aziendale o qualcosa di simile, ma una persona che abbia autorevolezza e sappia di letteratura, di grammatica, di storia, con cui potersi confrontare in lingua italiana. Però, questo tipo di valutazione, che sarebbe l'unico sensato, pochi lo vorrebbero. Molti, ove giungesse, allora sì, ne sono certo, sciopererebbero. Intanto, sono un po' malignetto, vedo questo macchinario mostruoso della valutazione per test come un velo pietoso (eufemismo) o una furbata (nuda e cruda), articolato per occultare le vere contraddizioni della scuola, così difficili da affrontare, e non darsi da fare per risolverle.
14 commenti:
Gentile prof. Israel,
stamattina, a scuola, ho partecipato a un'assemblea richiesta in vista dello sciopero contro le prove Invalsi, dove ho letto la sua lettera al Ministro Carrozza. Tutti i partecipanti concordavano sostanzialmente con quanto da lei esposto, ma purtroppo si recepiscono queste prove come un destino a cui è quasi impossibile sottrarsi, benché la maggior parte degli insegnanti vorrebbe un altro tipo di valutazione, poiché si prende atto dell'impossibilità di una valutazione oggettiva e standardizzata in ambito scolastico.
Poi, ci sono state discussioni di ordine, come dire, “tecnico-sindacale” rimaste irrisolte: un dirigente scolastico può sostituire un insegnante che sciopera durante le prove Invalsi? E' legittimo?
Se qualcuno tra i suoi lettori avesse le idee chiare in merito, sarebbe utile conoscerle.
Grazie per il suo impegno infaticabile.
Non bisogna mollare. Alla fine le idee l'hanno vinta, per quanto tempo ci possano mettere.
Buongiorno professore, il mio commento al Suo articolo pubblicato oggi su ilsussidiario.net non ha superato il vaglio della redazione: misura e competenza sono due dei concetti che gli operatori scolastici non hanno circoscritto. Una questione affrontata nello scritto “On. Ministro Maria Chiara Carozza, non dimentichi d’essere donna di scienza”, visibile in rete. All’origine del problema da Lei affrontato c’è l’elusione del mandato organizzativo conferito al Consiglio di Istituto che, “elaborando e adottando gli indirizzi generali” avrebbe dovuto elencare (non definisce) le competenze generali (comportamenti) che gli studenti devono maturare al termine dell’itinerario scolastico. Elusione che ha generato lo strapotere dell’Invalsi. Cordialità Enrico Maranzana
Gentile prof. Maranzana, nessuno può "elencare" le competenze generali che gli studenti debbono maturare... etc. semplicemente perché questo elenco è impossibile. Vogliamo liberarci una buona volta della mania definitoria, classificatoria, che porta diritti alla peggiore burocrazia? Colletti diceva che la metodologia è la scienza dei nullatenenti. Ma la "definizionite" è peggio: è la scienza dei nullatenenti che sono anche nullafacenti. Non è giunto il momento di tornare a insegnare/apprendere invece di passare la vita a discutere sul sesso delle competenze? Abbiamo aperto la strada a una massa di cialtroni che non sanno nulla di matematica, di storia, di filosofia, di fisica, di chimica, di geografia, ecc. ecc. e perciò hanno trovato una scappatoia nel coltivare queste dottrine da don Ferrante (almeno quello aveva per riferimento Aristotele)... Loro dovrebbero essere valutati e bocciati severamente.
Condividendo in toto quanto scritto dal Professor Israel mi sono cadute le braccia leggendo questo pezzo di Abravanel la Meritocrazia dei Test Invalsi ecco come Aiuta i Nostri Figli
Davvero senza parole...
A parte le solite smargiassate sull' Italia che colma finalmente il gap con i paesi più «evoluti» (non più avanzati, ma proprio più evoluti) e raggiunge «standard globali», espressioni come «competenze della vita» fanno proprio capire come questi si siano veramente bevuti il cervello. Io vorrei sapere, in nome del Cielo, come si può davvero pensare di poter stabilire una volta per tutte chi nella vita è «competente» e chi no, quali siano le "cose" che servono e quali no, cosa e come bisogna studiare e cosa no. Mentre stavo scrivendo questo commento ho pensato a quante volte, leggendo una biografia, un' intervista, o le memorie di qualcuno, mi è capitato di trovare riflessioni del tipo «all' epoca pensavo che X non servisse a nulla, ma poi mi sono ricreduto», «mi capitò di dover studiare Y, che poi si rivelò utile per...», oppure «quelle impreviste esperienze fatte da giovane mi lasciarono...». Anzi, fino a qualche tempo fa si pensava addirittura che la vita fosse bella anche per questa indeterminatezza, per questo fatto che non si è mai certi di cosa possa riservare e di quali esperienze possano rivelarsi utili. Triste, molto triste.
P.S.: non ho potuto fare a meno di apprezzare anche quel «cheating», di cui viene gentilmente data persino la traduzione («i furbi copiano e gli insegnanti suggeriscono») per il beneficio di noi ottocenteschi (un pò ritardati, diciamolo pure). Volete mettere, l' inglese fa tutto un' altro effetto!
Gentile Maria Pia,
ma non si è accorta che il pezzettino di Abravanel è un'opera d'arte, un raffinatissimo esercizio di letteratura surreale, una creazione dadaista, una provocazione contro il piattume culturale dei nostri tempi, un'aggressione ironica senza pari?
Bastava, per capirlo, soltanto questa frase: “i test misurano le competenze della vita”.
Scheeeeerza! Irride, come Nietzsche, a colpi di martello.
Domani sciopererò, ma sono davvero amareggiata perché i miei tentativi di coinvolgere nello sciopero i colleghi hanno avuto scarso successo. Mi sono stati opposto i seguenti argomenti: "a questo punto dell'anno scolastico non si sciopera", "ma poi ce li fanno fare un altro giorno", "sono indietro con il programma", "ho poche ore di lezione", "non sono coinvolto nè nella somministrazione nè nella correzione delle prove", "quest'anno non ho la prima"!
I colleghi delle materie non (ancora) soggette ai test ritengono, più o meno esplicitamente, che siano problemi dei docenti di Italiano e Matematica (alla faccia di chi ritiene corporativa la categoria degli insegnanti) e che sia solo un problema di ore di lavoro in più o in meno. I sindacati, eccetto i Cobas che hanno indetto lo sciopero, tacciono...
Nella scuola di mia figlia gli scioperi sono stati fatti tutti e, negli ultimi 3 anni, non mi pare abbiano prodotto grandi risultati; chi ci ha rimesso sicuramente sono i bambini: ore ed ore di lezioni perse, che sommate a malattie, trasferimenti in corso d’anno, chiusure per elezioni, vacanze di Natale, di Carnevale, di Pasqua, festività varie infrasettimanali e ore di inutili progetti con gli “esperti” hanno prodotto un solo risultato: per 20 giorni di seguito in classe 3°, scuola primaria, non si è aperto il quaderno di matematica.
Ciò nonostante, condivido pienamente le ragioni che portano a scioperare in questi giorni; la scarsa adesione significa quindi che gli insegnanti sono i primi ad avere poco interesse per una scuola di qualità? O, al contrario, si ritiene che il danno prodotto dal sacrificio di ore di lezione per una causa come questa sia maggiore del potenziale beneficio?
La domanda non vuole essere provocatoria, ma vedendo la situazione peggiorare di anno in anno, forse vale la pena, potendolo fare, accollarsi un mutuo e mandare i propri figli alla scuola privata?
Anch'io sciopero, anche se so che l'incidenza sarà minima. Ma è una questione di "dignità" personale. Ché il Ministero sappia della nostra indignazione! Qui non si tratta degli stipendi, problema fondamentale della manovalanza scolastica, e questo è il motivo dello scarso coinvolgimento.
Sulle modalità della comunicazione e sulle strategie messe in atto per influenzare i lettori,
Vincenzo Pascuzzi, nel pezzo: I test Invalsi e la presunta PAURA altrui osserva: [...] dopo “merito” e “meritocrazia”, il termine “paura” è uno dei più usati e ricorrenti nelle discussioni riguardanti i test Invalsi. [...] È chiaro che simili titoli cercano di intimidire, sfidare, quasi aggredire l’interlocutore che abbia dubbi o riserve sulle prove Invalsi e sulla valutazione attraverso di esse. Simili titoli cercano anche di saltare a piè pari qualsiasi confronto sulla validità e congruità delle prove, imponendo una sorta di Invalsi dixit. Però è anche vero che chi evoca una inesistente paura altrui, probabilmente, non ha a sua disposizione argomenti più convincenti.. Simili titoli "sensazionalistici" sono pensati, consapevolmente o non, per influenzare non gli addetti ai lavori, ma i lettori en passant e questo è subdolo, soprattutto perché fa leva sui luoghi comuni sugli insegnanti fannulloni, impreparati etc. .
L'autore cita, ovviamente, il Professor Israel che nella lettera aperta al Ministro Carrozza sostiene giustamente: non volere “un certo tipo” di valutazione non vuol dire che non si voglia alcuna valutazione... u
E questo commento del Prof. Israel mi riporta a una lettera apparsa su Italians finto innocente, ma debitamente saccentina e tendenziosa, di una signora che domanda a Severgnini: perchè gli insegnanti italiani rifiutano, a prescindere, le prove INVALSI? e continua con il classico luogo comune, dannata esterofilia italiana!, dei paesi *civili* (della serie "l'erba del vicino... "): Perchè una categoria pagata per valutare rifiuta una valutazione standard che nei paesi civili fa parte integrante del sistema di valutazione scolastico da anni? dimenticando però qualcosa (eh, le mezze verità), cioè che non si contesta la valutazione tout court ma nello specifico i test Invalsi e che il "rifiuto" è stato ampiamente motivato ad es. proprio dal Professor Israel...
E tutti i difensori dell'Invalsi dimenticano di dire che in questi presunti paesi "civili" si sta iniziando a ribellarsi all'eccessiva influenza del metodo a "quiz" etc. come già fatto presente in questa sede in un post di qualche settimana fa...
Per Raffaella,
nel corso di questo anno scolastico questo è il mio primo sciopero e in dieci anni avrò scioperato sì e no quattro volte. Godo, grazie a Dio, di buona salute e non mi assento quasi mai. Di tutte le festività e delle elezioni non ho, come nessun insegnante ha, nessuna "colpa". Vorrei una scuola diversa e di qualità per i miei figli tanto quanto lei e sogno una riorganizzazione radicale della scuola, maggiori strumenti, spazi più adeguati, risorse.
Non sto scioperando per ragioni di bottega (anche se sarebbe giusto farlo) ma perché questo sistema (non solo scolastico) nel complesso tende al totalitarismo e io sono per la libertà coniugata con la responsabilità.
P.S. Per coerenza non ho mandato a scuola neanche mio figlio che avrebbe dovuto svolgere i test.
Gent.le Grazie Dei, ma io sono d’accordo con Lei, e anzi l’ammiro perché nonostante lo scarso coinvolgimento dei Suoi colleghi, nonostante l’ostilità delle famiglie (per le quali lo sciopero non è che l’ENNESIMA sospensione delle lezioni), sta lottando per una scuola migliore.
Magari potrà sembrare incoerente da parte mia l’aver espresso il fastidio che generano queste assenze e, contemporaneamente, la condivisione di questo sciopero che, istintivamente, sento giusto. Proprio per questo mi chiedo come mai l’adesione sia stata così scarsa; mi piacerebbe leggere anche i commenti di chi ha scelto di NON scioperare.
Gentile Raffaella,
tra coloro che avevano consapevolezza dell'importanza dello sciopero, molti sono stati frenati dalla consistenza della trattenuta sullo stipendio, gravosa in questi tempi di penuria. Tale è stata la motivazione avanzata dalla maggior parte dei miei colleghi all'assemblea a cui ho partecipato (a un'assemblea, da insegnante, per la prima volta in vita mia e, probabilmente, anche l'ultima). Un rappresentante sindacale ha anche detto: “Ma se non abbiamo scioperato per gli aumenti di stipendio, dobbiamo scioperare per l'Invalsi?”.
Poi, bisogna dirlo, ci sono insegnanti che, non solo non trovano strano che un ente privato valuti i loro alunni, ma persino gongolano. Tutto sommato, ritengono di ben figurare sul piano delle verifiche dell'alfabetizzazione. “L'onore...dove diamin l'ha posto umano errore”.
Io ho scioperato proprio perché, se lo Stato vuole una valutazione super partes, dei miei alunni e mia, non può risolverla con giochini enigmistici e dimenticarsi di me, del soggetto educatore responsabile. Se lo Stato vuole valutare, è con me, direttamente, e con gli alunni, in mia presenza, che deve confrontarsi, attraverso un dialogo culturale. Mandi un ispettore ad ascoltare le mie spiegazioni, le interrogazioni e a leggere i temi in classe, un ispettore che non sia un esperto aziendale o qualcosa di simile, ma una persona che abbia autorevolezza e sappia di letteratura, di grammatica, di storia, con cui potersi confrontare in lingua italiana.
Però, questo tipo di valutazione, che sarebbe l'unico sensato, pochi lo vorrebbero. Molti, ove giungesse, allora sì, ne sono certo, sciopererebbero.
Intanto, sono un po' malignetto, vedo questo macchinario mostruoso della valutazione per test come un velo pietoso (eufemismo) o una furbata (nuda e cruda), articolato per occultare le vere contraddizioni della scuola, così difficili da affrontare, e non darsi da fare per risolverle.
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