Alla lettera di Guido Guastalla e mia pubblicata sul Corriere della Sera del 26 novembre e riportata in questo blog, hanno risposto Rav Giuseppe Laras, il prof. Amos Luzzatto e Daniele Nahum con la lettera seguente (Corriere della Sera, 4 dicembre).
Segue la nostra controreplica:
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Ebrei, Cattolici e Cristiani
Abbiamo letto l’articolo di Guido Guastalla e di Giorgio Israel, pubblicato in data 26 novembre sul Corriere della Sera.
In Italia il dialogo ebraico-cristiano ha coinvolto, a più livelli e da diversi anni, numerosi intellettuali sia ebrei che cristiani, credenti e non, nonché tante persone di buona volontà.
Si può forse anche affermare che la capitale del Dialogo in Italia, per quasi tre decenni, è stata la città di Milano, vista la compresenza, la reciproca stima e la collaborazione avutasi tra i Cardinali Arcivescovi C.M. Martini e D. Tettamanzi e il Rabbino Capo emerito G. Laras, oggi Presidente dei Rabbini italiani.
Ma non solo. La presenza a Milano del Consiglio Ecumenico delle Chiese Cristiane ha visto collaborare ebrei con autorità religiose e intellettuali sia valdesi sia cristiano-ortodossi.
Ed ecco i nomi del Dialogo in Italia, iniziato con Renzo Fabris e il rabbino Elia Kopciovski, tra i quali ricordiamo: Paolo de Benedetti, Maria Vingiani, Elena Lea Bartolini, don Gianfranco Bottoni, Daniele Garrone, Maria Cristina Bartolomei, Paolo Ricca, Enzo Bianchi, Brunetto Salvarani, Piero Stefani, Amos Luzzatto, Lea Sestrieri, Bruno Segre, Stefano Levi Della Torre, la Comunità di S. Egidio, la Libreria Claudiana, i monaci di Camaldoli e tanti altri ancora…mancano all’appello, almeno a memoria delle persone finora citate, i due ebrei italiani “impegnati nel Dialogo” che hanno scritto ieri su questa stessa testata!
Tutte queste persone, e il Rabbinato Italiano in particolare, da sempre hanno avuto a cuore il Dialogo tra ebrei e cristiani e, proprio per questo motivo, avvertono con particolare sensibilità e preoccupazione l’evidente stonatura derivante dal Motu Proprio promosso da Benedetto XVI circa l’Oremus pro Iudeis del Venerdì Santo, legato ad altri tempi (non proprio sereni!) e ad altri impianti teologici, da cui, peraltro, il Concilio Vaticano II aveva preso le distanze, lasciando aperti spazi inediti per il Dialogo tra Cattolici ed Ebrei. Ma è opportuno fare un’ulteriore importante sottolineatura. La pausa di riflessione, voluta in coscienza dai Rabbini Italiani, non riguarda il Cristianesimo nel suo insieme, ma solo la confessione cristiano-cattolica. Da questo si desume che non è vero che il Rabbinato Italiano voglia interrompere il Dialogo, ma semplicemente non prendere parte il prossimo anno alla tradizionale Giornata dell’Ebraismo del 17 Gennaio, non giudicando sinora esaurienti e effettivamente chiarificatrici le spiegazioni e le assicurazioni ricevute da alcuni esponenti della Chiesa Cattolica in relazione al pronunciamento papale, considerato che si tratta di una Preghiera da storia e da valenza simbolica particolari, legata alla genesi e al diffondersi dell’antisemitismo e dell’insegnamento del disprezzo, malattie purtroppo ancora ben vive. È evidente, quindi, la regressione rispetto alle conquiste scaturite dagli ultimi decenni di dialogo e collaborazione. Si spera solo che questa sia una crisi passeggera!
Sarebbe importante ricordare ai due firmatari dell’articolo che non è stato il Rabbinato Italiano a dare inizio a questa poco edificante querelle -che alla lunga rischia davvero di compromettere gli sforzi intellettuali e morali di eminenti personalità sia del mondo ebraico sia del mondo cattolico-, ma il Papa con la sua decisione.
Inoltre, a scanso di equivoci, è opportuno anche ricordare che il Rabbinato Italiano e i membri dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sono i soli ufficiali responsabili della rappresentanza rispettivamente religiosa e civile degli ebrei italiani.
Per quanto riguarda il riferimento al Rabbino D. Rosen, si consideri che nel mondo ebraico non esiste un Papa e, pertanto, in Italia sono i Rabbini Italiani gli interlocutori tra le Chiese e l’Ebraismo.
Da ultimo, il Dialogo ebraico-cristiano, ivi compreso quello particolare con la Chiesa Cattolica, è una cosa certamente importantissima, che richiede sforzi e, soprattutto, costante esercizio di rispetto, comprensione, preparazione storica e, nondimeno, onestà intellettuale.
Il Dialogo tra Ebrei e Cristiani è unico e speciale, vista la tangenza e la storia comune tra le due fedi; esso, tuttavia, non è mai stato e non deve affatto essere uno strumento dell’Occidente contro l’Islām, ormai presente in maniera consistente in tutta Europa. Sicuramente bisogna opporsi ai fanatismi, ma non solo a quelli di matrice islamica! Una siffatta ipotesi strumentale del Dialogo è, quindi, intellettualmente, moralmente e religiosamente inaccettabile! Si ricordi, poi, che i rapporti tra Ebraismo e Islām generalmente sono stati più proficui e sereni rispetto a quelli intercorsi tra Ebraismo e Cristianesimo…ma questa è un’altra storia!
Rav Prof. Giuseppe LARAS, Rabbino Capo emerito di Milano e Presidente dei Rabbini Italiani
Amos LUZZATTO, Presidente dell’Associazione Centro Studi Primo Levi di Torino
Daniele NAHUM, Presidente dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia
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E questa è la nostra controreplica:
REPLICA a LARAS, LUZZATTO e NAHUM
Nella lettera da noi inviata al Corriere della Sera e pubblicata il 26 novembre, abbiamo espresso “profondo dissenso” dalla decisione presa il 17 novembre dall’Assemblea dei Rabbini d’Italia di sospendere il dialogo ebraico-cattolico. Lo abbiamo fatto nei termini più civili e sereni, senza un’ombra di polemica. Inoltre la nostra lettera conteneva argomentazioni esclusivamente dettate da esigenze spirituali e religiose.
Al contrario, Rav Giuseppe Laras, il professor Amos Luzzatto e Daniele Nahum hanno ritenuto di rispondere con una lettera (pubblicata dal Corriere) aspramente polemica, fino all’insulto e priva di argomentazioni. Essi hanno deformato una nostra affermazione secondo cui, in un momento di grave sbandamento etico e morale e di fronte all’assalto dell’integralismo islamico, è importante stringere i rapporti con chi condivide la difesa del primato della morale e della ragione pacifica. Hanno presentato tale affermazione come se avessimo detto che è conveniente allearsi con la Chiesa per difendere l’Occidente contro l’Islam, definendola un’«ipotesi strumentale del dialogo» che sarebbe «intellettualmente, moralmente e religiosamente inaccettabile». Una simile deformazione è tanto più grave in quanto usata per lanciare la pesante accusa di strumentalismo intellettuale, morale e religioso. Oltretutto la polemica scivola in modo patetico sull’osservazione che l’Islam è «ormai presente in maniera consistente in tutta Europa». Che argomento è mai questo? Forse la considerazione che si deve avere dell’Islam dipende dal suo peso numerico? Se volessimo ricorrere agli stessi metodi di Laras, Luzzatto e Nahum potremmo accusarli di ragionare sotto la spinta della paura e quindi per mere ragioni di opportunità.
Passiamo sopra altri epiteti e considerazioni spiacevoli, come il richiamo al fatto che l’esercizio del dialogo richiede “onestà intellettuale”. Che bisogno c’era di dirlo? Vi è forse qualcuno qui che si sia macchiato di disonestà intellettuale?
Ma veniamo ad altri aspetti ancor più inaccettabili della lettera.
I nostri stendono un elenco dei “nomi del Dialogo” in Italia osservando che «mancano all’appello i due ebrei “impegnati nel Dialogo”», che poi saremmo noi, per chi non avesse afferrato la pungente ironia. Non staremo al gioco penoso di esibire le credenziali di “dialoganti”. Ci limitiamo a osservare che è una procedura comica stendere una lista pretendendo di avere l’autorità insindacabile di decidere chi ha diritto a farne parte per poi dileggiare chi non ne fa parte. Insomma, siccome Laras e amici hanno decretato che non siamo “dialoganti”, allora non siamo “dialoganti”, e pertanto non siamo titolati a parlare di dialogo. Un brillante esercizio di logica, non c’è che dire. È da immaginare quali risultati sul piano dell’analisi talmudica si ottengano con simili procedimenti.
Ma il vertice della lettera è raggiunto quando si respinge il riferimento alle affermazioni del Rabbino David Rosen, in quanto «nel mondo ebraico non esiste un Papa». Naturalmente noi non avevamo citato il Rabbino Rosen come un Papa ebraico ma sottolineare l’esistenza di autorevoli punti di vista diversi da quelli del rabbinato italiano e analoghi al nostro, e per incitare a un atteggiamento riflessivo. Ma i nostri sono invece alla ricerca di Papi ebrei, sia pure locali. Difatti affermano che non esistendo un Papa, «in Italia sono i Rabbini Italiani gli interlocutori tra le Chiese e l’Ebraismo». In altri termini, chi voglia dialogare o è un rabbino italiano o deve chiedere l’autorizzazione ai rabbini italiani perché solo loro sono “gli interlocutori”. E rafforzano questa tesi con l’affermazione secondo cui «a scanso di equivoci, è opportuno anche ricordare che il Rabbinato Italiano e i membri dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sono i soli ufficiali responsabili della rappresentanza rispettivamente religiosa e civile degli ebrei italiani».
Si tratta di aun’affermazione estremamente radicale e avventata che rappresenta una vera e propria uscita dall’ebraismo per entrare nella sfera dell’integralismo. Giova ricordare ai firmatari della lettera che un rabbino è un maestro che deve conquistarsi autorità e rispetto con l’esempio e l’insegnamento e non è un’autorità che ha il potere (da chi e come conferito?) di essere l’unica rappresentante religiosa di tutta la comunità. Neppure il Papa è dotato di un simile potere. La pretesa che il Rabbinato sia più di un Papato, unico ufficiale rappresentante religioso degli ebrei e titolare esclusivo del diritto di esercitare il Dialogo con le altri fedi e del potere di autorizzare i “fedeli” a praticarlo o di vietare di praticarlo, è estranea alla tradizione di libertà di pensiero dell’ebraismo, esorbita dalle funzioni del rabbino – salvo noti casi storici che rappresentano per l’appunto esempi di degenerazione – e rappresenta un mortificante cedimento al peggiore fondamentalismo. È stupefacente che non ci si renda conto del carattere inaudito della pretesa di avere il potere di decidere chi, se e come possa parlare o non parlare con altri. Tanto più ciò è grave se, per imporre tale autorità, si ricorre al metodo di screditare chi dissente (civilmente e pacatamente) sul piano morale: anche questa è una procedura tipica del fondamentalismo.
È con severa determinazione che preghiamo i firmatari della lettera di desistere da un siffatto atteggiamento che può essere compreso soltanto come effetto di uno stato di agitazione emotiva.
Deve essere comunque estremamente chiaro che non esistono le condizioni per esercitarsi nel gioco della scomunica o della messa al bando. Il tono aggressivo e offensivo della lettera purtroppo lascia credere che qualcuno nutra una simile illusione. È bene sapere che, così come non ci siamo permessi di mettere sotto accusa nessuno, non ci lasceremo mettere sotto accusa da nessuno e tantomeno screditare sul piano morale, quale che sia l’autorità che l’accusatore presume di avere.
Guido Guastalla
Giorgio Israel
7 commenti:
Le trasmetto in allegato la mia lettera aperta a Rav Laras, con l'autorizzazione ad inviarla a tutti gli indirizzi e mail che vorrà.
Enrico Richetti (Vicenza)
LETTERA APERTA A RAV LARAS
Condivido il disappunto del prof. Giorgio Israel e di Guido Guastalla per la risposta pubblicata dal Corriere della Sera del 4 dicembre a firma Rav Laras, Daniele Nahum e Amos Luzzatto. Non mi è piaciuta per i seguenti motivi.
Le lodi per il ruolo di Rav Laras sono meritate, ma avrei preferito non fossero state scritte da Rav Laras stesso.
Poi l’idea che siano solo i rabbini a poter dialogare con i cristiani sul tema religioso. Su questo tema è importante il pensiero di Rav Laras come del prof. Giorgio Israel, del sottoscritto e di qualunque Abram Levi o Israel Cohen che dir si voglia. E perfino dei rabbini stranieri!!!!! Sembra altrimenti che il rabbinato italiano voglia proporsi come un’aristocrazia snaturando il carattere aperto della società ebraica. Ricordate le parole di Giobbe (o dell’Ecclesiaste?) “Katon wegadol sham hu”, “il grande e il piccolo lì sono uguali”?
Giorgio Israel e Guido Guastalla rappresentano se stessi e non l’intero ebraismo italiano, ma la stessa cosa vale per i Rabbini italiani che non sono un collegio cardinalizio il quale sostituisca la mancanza di un papa. Altrimenti l’ebraismo perde la natura che lo avvicina alle chiese protestanti e che lo allontana dalla struttura piramidale e autoritaria della Chiesa Cattolica. Se su due ebrei vi sono tre opinioni, non pretendano i rabbini che su 30 mila ebrei italiani ve ne sia solo una di legittima!
Il sarcasmo contro i due “impegnati nel dialogo” è una grave caduta di stile che era difficile aspettarsi da un uomo della levatura di Rav Laras!
Non mi piacciono certo i ritorni all’ortodossia illiberale e autoritaria di Benedetto XVI, ma come può essere il Rabbinato Italiano a dirlo quando si fa vanto del proprio ritorno, da dieci anni circa, all’ortodossia? Qui mi pare che i difetti di Benedetto XVI e del Rabbinato Italiano siano gli stessi, visto che la lettera del 4 dicembre presenta lo stesso tono da aristocrazia illiberale del Vaticano!
Mi lascia perplesso la preghiera Pro Iudaeis del Venerdì santo, ma i Rabbini sono disposti a cancellare la preghiera di Pesach “Shefoch” che è ben peggiore? Oppure l’”Alenu leshabbeach” che è bella e non lontanissima dal “Pro Iudaeis” nella nuova forma senza il “Perfidis”?
Ho avuto una bella amicizia con una signora, recentemente scomparsa, che avrebbe gradito, da parte mia, l”accettazione della verità di Cristo”. Io non avevo e non ho alcuna intenzione di battezzarmi, e abbiamo continuato ad essere amici. Abbiamo attuato il dialogo ebraico – cristiano, sempre che Rav Laras mi perdoni l’ardire di averlo fatto.
Un ebreo che abbia una fede autentica, e ben maggiore della mia, perché dovrebbe avere paura di un innocuo e pacifico auspicio del suo battesimo? Siamo stati scottati dall’acqua calda, tipo Pio IX, e abbiamo paura quindi dell’acqua fredda?
E’ evidente che non si deve demonizzare l’Islam, ma questo Giorgio Israel non l’ha mai detto. Allearci con la Chiesa Cattolica, con i protestanti, con i musulmani che credono nei valori della vita come quelli del Coreis – Consulta Religiosa Islamica - , per combattere il nichilismo islamico, l’integralismo islamico, il terrorismo islamico che non ha dichiarato guerra all’Occidente, bensì all’umanità, e di cui i musulmani sono le prime vittime: migliaia di ebrei e cristiani uccisi, centinaia di migliaia di musulmani!
Trent’anni fa vi erano soldati giapponesi che continuavano a combattere la seconda guerra mondiale non sapendo che era finita. Lo so che per centinaia d’anni la Chiesa Cattolica ha predicato odio antiebraico, ma i Rabbini a volte mostrano di non accorgersi che questa guerra è finita e ne è iniziata un’altra. Dichiarataci dall’Islam estremista!
Forse la svolta ortodossa del Rabbinato Italiano impedisce allo stesso la flessibilità necessaria per vedere che tutto è cambiato dall’11/9…e anche da prima.
“dobbiamo combattere il fanatismo di tutte le religioni”
Se una persona ha un cancro alle ossa, inutile definirlo genericamente “cancro”: per curarlo dobbiamo definirlo “tumore alle ossa”. E se il terrorismo è islamico, chiamiamolo con nome e cognome!!!!!!!!! Non capiremo mai il nazismo se per “politically correct” facciamo finta che sia nato in Antartide o in Vietnam, e non vinceremo mai la guerra contro questo Moloch se ignoriamo che ha le radici nella parte peggiore dell’Islam, e non del mondo degli Aztechi o dei Maya!
Non ho sentito buddisti definirci “figli di scimmie e di maiali”, non ho visto induisti coprirsi gli occhi per non vederci in faccia, non mi risultano pastori valdesi che si lanciano contro i grattacieli urlando “Cristo è grande”, né ho visto Rabbini farsi esplodere nelle moschee gridando Shema’ Israel”.
E allora, vogliamo davvero fingere che i fondamentalismi siano tutti ugualmente pericolosi?
Vogliamo perdere tempo dietro alle quisquilie del Pro Iudaeis mentre il nichilismo islamico, il nazismo islamico massacra tanti poveri cristi musulmani, ebrei, cristiani e buddisti?
Vogliamo restare inerti di fronte alla minaccia di un nuovo Olocausto?
Vogliamo che Rav Riccardo Di Segni vada a far visita alla moschea di Roma, e quando rifiutano di rendere la visita a noi luridi sionisti far finta che abbiano perso l’autobus?
Uru, achim!!!!! - svegliatevi, fratelli!!!!!
Uru, Rabbanim!!!! svegliatevi, Rabbini!!!!!
Enrico Richetti di Vicenza
Grazie, Richetti.
La velenosa lettera di quella triade contro Israel e Guastalla ha qualcosa di estraneo, non tanto e non solo all'ebraismo (almeno, credo), ma anche all'occidente in senso lato. C'è qualcosa di leninista, peggio, di stalinista, lì dentro. Perché la demonizzazione dell'avversario, la riduzione sovietica al rango di "insetti" dei diversi fa il paio con la delirante propaganda nazista contro il popolo ebraico prima, contro il popolo cristiano poi: è inutile illudersi: un'eventuale vittoria nazista prima avrebbe liquidato l'ebraismo come persone, e sostrato culturale, poi anche il cristianesimo, del tutto allo stesso modo. C'è qualcosa di nazi-sovietico, quindi, mi si passi il termine, nell'argomentare dei suddetti. C'è anche una sudditanza psicologica verso una certa "sinistra", che vede il Card. Martini come sua icona ecclesiastica (e infatti è citato) e Sant'Egidio come punto di riferimento "cattolico" (e infatti è citato). Fortuna che nel frattempo è morto "dom" Franzoni...
Chi non è citato? Ad esempio, CL con la grande apertura al reale che ci contraddistingue (parliamo apertamente!!!) e che ha dato scaturigine al solo momento autenticamente culturale italiano, il Meeting di Rimini? E Russia Cristiana, con la sua/nostra (il parlare chiaramente continua) apertura a tutto quello che è nato sotto il tallone del comunismo? Erano così contenti, gli ebrei italiani, dell'atteggiamento antisemita e paranazista sovietico? Sanno gli ebrei di oggi, i giovani in particolare, cosa pensavano figuri come Breznev, Cernenko, Andropov di Israele e della sua esistenza? Vi ricordate? Io sì! Che differenza c'era tra loro ed Ahmedinejad? Scusatemi, ma di fronte a simili bestialità le cose vanno dette, specie se si ha una certa età. Ed oggi, chinare la testa di fronte a tarik ramadan? Dignità, perbacco! Siamo giudei, siamo cristiani, siamo europei orgogliosi della nostra storia e tradizione. Una piccola chiosa: "les priéres sont bonnes partout" (Bernadette Soubirous) ed io aggiungo: et pour tous. La Misericordia accoglie le preghiere dei cristiani per i loro Fratelli Maggiori per quelle che sono: atti di amore. L'antisemitismo è altrove.
Vorrei sapere cosa sono i "non credenti" coinvolti nel dialogo (2. capoverso). Possono esserci degli ebrei di stirpe non credenti (esempio: Karl Marx), ma allora non sono più ebrei, e del dialogo non gliene può importare di meno. Se mi si dice che il dialogo tra ebrei e cristiani coinvolge anche non credenti, di che si parla? Del sesso dei bovini (degli angeli no, i non credenti non crederebbero neanche alla loro esistenza...)? L'incongruenza, nella foga di polemizzare, è pacchiana e clamorosa. Del resto si sa: il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi...
Egregio professore, intrufolarmi in questa polemica mi intimidisce un po', ma dico poco o nulla, tanto non sono in grado trovare parole più adeguate e migliori argomenti rispetto a Guastalla ed a Lei, a Richetti - sacrosanta la Sua vis polemica! - e a Caroli, di fronte a certa - inspiegabile - supponente arroganza (professore, qualora Lei non lo sapesse, vorrei illuminarLa rivelandoLe che per noi cristiani il peccato peggiore non è - come si tende a credere - la lussuria, ma la superbia).
Comunque, se è consentito esprimersi a un cristianaccio cattolico destinato ad un lungo purgatorio per la sua tiepidezza, un cristianaccio che - risaliamo ben all'indietro nel tempo - avi antisemiti nei secoli bui li avrà avuti quasi di sicuro (di recente non mio padre però, mi piace dire; perfino neanche antitedesco alla faccia di due anni di lager ad Hammerstein e Gross Hesepe, dai quali uscì vivo perchè gli Americani arrivarono con uova e cioccolata una settimana in anticipo), ecco se è consentito esprimersi, vorrei ricordare un episodio ambientato in un convento dell'Appennino del film di Rossellini “Paisà”: episodio nel quale frati francescani pregano con amore libertà semplicità e fede per la conversione di “colleghi” di diversa religione in visita al convento.
E' un punto di vista troppo banale? Non è il numero di quanti sono d'accordo che decide del valore di un'idea, ad ogni modo tante persone da poco come me la vedono così. E - banalità per banalità, spero di non recare offesa - qualora Laras Luzzatto e Nahum volessero pregare per la mia famiglia con lo sconosciuto a me “Alenu leshabbeach” o qualsivoglia altra preghiera, purchè in amore libertà semplicità e fede, giuro che nessuno di noi si sentirebbe offeso, anzi.
Caro Amico. Sono Manuela Sadun Paggi dell'AEC di Firenze e mi occupo di dialogo ebraico-cristiano da una vita. Sono pienamente daccordo sia con il tuo articolo che con quello di Richetti.
Nel frattempo ho inviato anche io due lettere che ti allego a Laras.
Non lasciamoci corrompere.
Manuela Sadun
Caro Rav Laras e cari Rabbini membri della assemblea rabbinica.
Faccio parte dell'Amicizia ebraico cristiana di Firenze. Il Comunicato dello scorso febbraio che allego viene da noi dell'AEC di Firenze riconfermato con l'occasione del comunicato ARI. D'altra parte in tutti questi anni le Amicizie Ebraico Cristiane in Italia con il SAE sono state ferme custodi della giornata del 17 gennaio.
La lettera che vado scrivendo è strettamente mia personale anche se è lettera aperta. Tengo a precisare che certi comunicati ci mettono a disagio, ma non in imbarazzo. Conosciamo la strada che vogliamo percorrere. Noi siamo degli artigiani, crediamo nel dialogo e cerchiamo la riconciliazione a tutti i costi; sperimentiamo con cuore aperto e profonda benevolenza, nel qui ed ora e vogliamo creare storia nuova per tutti. Non è un cammino facile, implica una lotta continua all'interno di se stessi. Il dialogo è un fatto quotidiano e con tutti, è un modo di essere, allora è possibile fare il dialogo ebraico cristiano o qualsiasi dialogo si voglia, è una scelta di vita e non può esserci imposizione di sorta, e non si sa dove il dialogo porta. Se ci sono sospetti e paletti è assurdo farlo, il dialogo non esiste. Il dialogo non è confronto, non è discussione, non è disputa, è colloquio, è conversazione, è rispetto e ascolto dell'altro, è mettersi nei panni dell'altro, senza giudicare. Esso si basa sull'onestà con se stessi, sulla consapevolezza, e non su consigli, pareri o ordini. E' una sorta di obiezione di coscienza e porta ad avere buoni rapporti umani.
Ho tirato fuori l'inserto di ALEF DAC sul Dialogo ebraico cristiano (1986), che si rifaceva a un articolo di Soloveitchik del 1964. L'ho riletto con attenzione e sottopongo alla vostra sensibilità attenta l'articolo della Lea Sestieri in confronto con gli altri. Si nota la diffferenza tra fare il dialogo e teorizzarlo, tra il pensiero dialogico e quello teorico. Il discorso della Lea Sestieri è basato sulla sua esperienza immediata e sui suoi sentimenti; l'altro pensiero è cauto, teorico e non sembra sperimentato.
Se invece di ignorarsi a vicenda impariamo ad apprezzarci ed ascoltarci reciprocamente sapremmo collaborare invece di mettere bastoni fra le gambe. Sto chiedendo a tutti voi che siete cauti nel dialogo, bibliografia di letteratura contraria al dialogo. Conosco solo ampia bibliografia favorevole al dialogo, che mi sostiene nel farlo e mi ha permesso di scrivere tre libri su tale argomento e qui vorrei dialogare con voi, serenamente.
Credo che su questi argomenti dobbiamo fare una riflessione molto attenta. Una vita di difesa è un non senso, è assimilazione. Credo anche nella più ampia libertà di azione.
Molti cordiali saluti Manuela Sadun Paggi
Gentilissimi Signori!
Tutto questo scambio di missive è utile per conoscerci meglio e dialogare, però è anche un grande spreco di energia, evidentemente necessario per coprire il dialogo mancato e andare avanti.
"Non opponetevi al male, fate il bene" credo che sia veramente un consiglio saggio e credo che sia saggio operare in questo spirito anche se questo può portare ad agire in maniera differenziata. Se vogliamo esser tutti d'accordo per fare qualcosa, non combineremo mai niente.
Certamente dobbiamo parlarci ed ascoltarci senza imposizioni per avere idee più chiare che ci portino ad agire più consapevolmente.
Nella vita occorre agire e non reagire; se reagiamo siamo nelle mani degli altri; se agiamo e abbiamo iniziative siamo nelle nostre mani.Non limitiamoci sempre a esistere solo per reazione alle affermazioni o alle prese di posizione altrui, specialmente se autoritarie. Cerchiamo di essere invece autonomi ed essere propositivi, scegliere di fare quello che facciamo in ogni momento, senza aspettare che qualcuno ci faccia concessioni o ci indichi la via spingendoci così ad essere "oppositivi" invece che "positivi". Ubbidire o disubbidire sono anche questi atteggiamenti che ci deresponsabilizzano. Lo scopo è diventare tutti responsabili delle nostre azioni.
Cerchiamo di essere quello che siamo senza nasconderci o ostentare come fanno artisti e scienziati nel loro operare: loro agiscono spinti da spirito libero e positivo senza nessuna finalità secondaria, senza la volontà di difesa o di risposta a sentimenti di vittimismo. La loro persona li spinge a mettersi a disposizione per l'umanità al di là dell' identificazione con il proprio gruppo.
Allora ciascuno di noi se vuole, faccia pure pausa di riflessione ma non fermi il dialogo e le attività ad esso connesse. Liberi il suo spirito creativo di "artista e scienziato" e si metta a disposizione dell'umanità intera confidando che a ciascuno di noi è concesso il suo ruolo e il suo spazio.
Vi allego come promemoria un po' di storia dell'AEC di Firenze per mostrare la nostra esistenza come credo esistano anche tutte le altre AEC di Italia e non solo, che fanno e hanno fatto dialogo, hanno creato storia e cercato la via della pace, che non è certo quella di fare le guerre.
Alimentiamo il nostro dialogo per non alimentare i conflitti.
Molti cordiali saluti a tutti Manuela Sadun
Il dialogo non è confronto, non è discussione, non è disputa, è colloquio, è conversazione, è rispetto e ascolto dell'altro, è mettersi nei panni dell'altro, senza giudicare.
La trovo una bellissima e appropriata definizione di "dialogo".
"In Italia il dialogo ebraico-cristiano ha coinvolto, a più livelli e da diversi anni, numerosi intellettuali sia ebrei che cristiani, credenti e non, nonché tante persone di buona volontà."
Forse la mia mente è limitata, ma continuo a non capire. Qualcuno me lo spiega, per favore? Cosa c'entrano i non credenti?
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