martedì 26 gennaio 2010

La sfida della scuola e la questione nazionale


Qualche giorno fa è scoppiato il caso di una scuola elementare di Noventa Padovana in cui la maestra ha assegnato come compito per casa la traduzione in dialetto veneto di una poesia. In sé, l’episodio non meriterebbe un clamore particolare. Esso costituisce soltanto un sintomo di come una malintesa autonomia scolastica abbia ridotto la scuola a un emporio di attività integrative (in questo caso dedicate alla “valorizzazione delle tradizioni locali”) che penalizza soprattutto le materie portanti, come la lingua e la letteratura italiana, la matematica e le scienze, la storia, la geografia. Quel piccolo episodio assume importanza in relazione ai risultati di un’analisi condotta dall’Accademia della Crusca assieme all’Invalsi (l’Istituto per la valutazione), da cui risulta che, su un importante campione dei temi di maturità del 2007, circa il 58% conteneva errori gravissimi di grammatica, sintassi, organizzazione logica e persino di ortografia, insomma da bocciatura senza appello; mentre soltanto il 20% dei temi era stato valutato insufficiente negli esami di stato. Non soltanto questo dato – che conferma quel che qualsiasi docente universitario constata misurandosi con gli studenti che la scuola gli consegna – non ha ricevuto l’attenzione che merita. Non soltanto i riformatori che hanno fabbricato la scuola che produce questi risultati continuano a far finta di nulla riproponendo imperterriti i loro modelli. Ma molti commenti attorno all’episodio di Noventa Padovana sono stati improntati a uno sprezzante fastidio: la cosa più importante sarebbe il recupero delle tradizioni locali, chi se ne importa dell’ossessione per la lingua italiana. C’è chi crede che si possa costruire un futuro basato sui dialetti e l’inglese; non capendo che, se è possibile che un futuro lontano riservi una realtà sociale e linguistica diversa, per ora, e per un bel pezzo, la forza culturale, scientifica e tecnologica di un paese poggia, e poggerà, sugli stati nazionali.
Ho fatto di recente un viaggio in Sud Africa e mi ha colpito il fatto che un paese uscito da pochi anni da drammi epocali, e che ne porta i segni tangibili, sia proiettato verso un futuro di costruzione unitaria che non si attarda alle recriminazioni, per quanto giustificate. «Proudly SouthAfrican», orgogliosamente SudAfricano, si legge dappertutto. Invece da noi si sta preparando il ricordo dell’Unità d’Italia in un’orgia autodistruttiva di svalutazione di quel fatto storico e di recriminazioni virulente (dopo 150 anni!) per eventi incomparabili con l’orrore dell’apartheid (durato fino a pochi anni fa). È legittimo ripensare storicamente l’Unità d’Italia, ma la storia la fanno gli storici e non, a colpi d’accetta, sindaci che cancellano la dedica di piazze a Garibaldi, mentre resta l’intitolazione di vie e scuole a personaggi ben più discutibili come Palmiro Togliatti o Nicola Pende. Invece di far storia con le delibere e gli occhi volti al passato e con sterili recriminazioni, non sarebbe meglio occuparsi di costruire il futuro con spirito «proudly Italian»?
Se siamo qui a parlare del futuro del paese e a paventarne il declino è perché il punto a cui siamo giunti lo dobbiamo proprio al processo che è di moda denigrare. Mi limito a un breve accenno sul tema della scienza. L’Italia è stata il primo paese a creare un’accademia delle scienze (l’Accademia dei Lincei), che però ha dovuto subito chiudere i battenti proprio perché non sostenuta da uno stato nazionale, mentre le accademie scientifiche di punta si affermavano nelle grandi nazioni europee come la Francia e l’Inghilterra. A metà dell’Ottocento, l’Italia, malgrado i suoi Galilei e Volta, era un paese scientificamente marginale, senza accademie e università di rilievo, senza un sistema di istruzione moderno, con una cultura scientifica parcellizzata e irrilevante. Nel Settecento, neanche il Regno di Piemonte era riuscito a trattenere uno dei suoi più grandi matematici, Lagrange, trasferitosi a Parigi. Le cose cambiarono in pochi decenni, dopo l’Unità, per merito di un manipolo di scienziati che studiarono e importarono i grandi modelli europei, per merito di personalità come i matematici senatori Luigi Cremona – ministro dell’istruzione e fra i creatori delle scuole di ingegneria – e Vito Volterra, fondatore di tutte le principali istituzioni scientifico-tecnologiche del paese, a partire dal Consiglio delle Ricerche. A fine Ottocento, l’Italia era al terzo posto mondiale in matematica e si stava affermando nella fisica al punto che la fisica nucleare moderna, con Fermi e i suoi colleghi, sarebbe stata una creazione italiana e grandi risultati sarebbero stati ottenuti in biologia, come mostra il fatto che i grandi Nobel della biologia molecolare moderna sono in gran parte allievi della scuola di Giuseppe Levi. Questo è accaduto perché un governo nazionale ha sostenuto questa impresa e ha deciso di creare un sistema di istruzione moderno e unitario. Ed è accaduto perché l’Italia disponeva già di un patrimonio che poche altre regioni del mondo avevano: un lingua unitaria che permetteva la comunicazione al di là della frammentazione dei dialetti, ed una lingua sostenuta da una delle culture più importanti del mondo.
Ripeto: se noi oggi possiamo discutere di rischi di “declino” di un paese che ha una posizione mondiale di tutto rilievo, e di come porvi rimedio, è perché abbiamo raggiunto questa posizione grazie a quanto fatto durante il processo unitario. Ancor più rapidamente possiamo ritornare a una condizione di assoluta marginalità se ci accingiamo a distruggere quel che abbiamo costruito non comprendendone il valore e anzi svalutandolo irresponsabilmente. Nessuna persona seria può disprezzare le tradizioni locali e i dialetti, che debbono essere preservate e valorizzate come elemento importante delle nostre radici culturali. Ma l’idea di studiare la fisica in friulano o in inglese e la storia in siciliano o in inglese, marginalizzando la lingua che viene appresa in modo naturale in famiglia, tanto più dopo che decenni (anche di opera meritoria della televisione) l’hanno consolidata sempre di più come tessuto unitario del paese, è irresponsabile e autodistruttivo. Un paese di dialetti per la vita quotidiana e di inglese per le comunicazioni professionali non è soltanto un’idea velleitaria, perché le mutazioni linguistiche sono processi storici lenti che non si prestano facilmente ad essere forzati; ma prospetta un futuro di drammatico declino culturale e di subordinazione scientifico-tecnologica.
Perciò non si tratta di stracciarsi le vesti per la vicenda veneta, quando di preoccuparsi – e molto – per la scarsa attenzione al sondaggio dell’Invalsi e dell’Accademia della Crusca che, nel divario con gli esiti dei giudizi effettivi, mostra in quanto poco conto venga tenuto l’apprendimento della lingua. Come ha osservato la professoressa Elena Ugolini, commissaria dell’Invalsi, quei risultati non mettono in luce soltanto povertà di pensiero, ma assenza di strumenti basilari di logica e di espressione: «ragazzi così che futuro possono avere?». Questa è l’emergenza cui la scuola deve far fronte e che deve essere percepita da tutti come una questione nazionale, assieme a quella dell’analfabetismo matematico. Sono emergenze cui non si fa fronte con escogitazioni di metodologia didattica o burocratico-aziendalistiche, come il programma Merito e Qualità per la matematica improvvidamente varato dal Ministero. Bensì comprendendo che è sui contenuti dell’insegnamento che si vince la scommessa. E questo, nel caso dell’italiano, significa ovviamente studiare la lingua ma anche abituare e appassionare gli alunni alla ricchezza e alla complessità dell’espressione linguistica acquisita attraverso la lettura dei testi letterari. Insomma, rammentando una buona volta che uno dei compiti principali della scuola è la trasmissione della cultura.


(Il Messaggero, 23 gennaio 2010)

23 commenti:

Papik.f ha detto...

Splendido articolo, pienamente condivisibile e da me apprezzato soprattutto nella parte relativa allo Stato nazionale. Non è solo questione di paragone, peraltro assai efficace, col Sudafrica: non esiste Stato in Europa (e credo anche altrove) che non si sia formato anche attraverso prevaricazioni e violenze. Questo non è però un motivo sufficiente per metterlo continuamente in discussione come avviene da noi (e purtoppo, direi, soprattutto da parte della destra, o almeno della sua componenti leghista e cattolica).
Mi permetto una sola osservazione: Luigi Cremona, davvero uno dei più grandi tra gli Italiani che fecero l'Italia, sul piano sia politico sia culturale, troverebbe probabilmente una lacuna nell'elenco delle "materie portanti". E' una sua affermazione, infatti, che "a nessuna persona culta dovrebbe essere permesso di ignorare il disegno".

Caroli ha detto...

Il programma televisivo "Le iene", giusto stasera, ha mostrato come presentatori televisivi, cantanti e persino giornalisti(!) hanno una conoscenza dell'italiano che definire approssimativa è un eufemismo. Nei due minuti di televisione che costituiscono il mio rapporto quotidiano più prolungato con il "piccolo schermo" ho visto una sconcertante sequenza di errori. Errori, non idiotismi, che so, romagnoli, veneti o lombardi. Errori e basta. Ad esempio, l'usanza di usare un forma transitiva il verbo "rimanere" è tipica della Romagna (noi diciamo "ho rimasto", invece che "mi è rimasto"), e questo è un idiotismo. L'errore si documenta con la tizia televisiva che non sa coniugare il verbo "cuocere" al presente indicativo, e sbaglia tutte le voci. Scommetto che quella persona sbaglierebbe i tempi del verbo anche se lo coniugasse nella versione dialettale dello stesso...

Un'altra causa di questa situazione disgustosa è a mio parere la neolingua utilizzata per i messaggini tra cellulari. Io in quei casi uso l'italiano, come nella fattispecie.

Nota bene: sono un ingegnere, non un letterato.

vanni ha detto...

Egregio Caroli, sono un ingegnere anch'io e il pensiero, seppure appena appena sfiorato e fuggevole, che parlare e scrivere in buon italiano sia questione principalmente da letterati e affini mi mette in lieve apprensione.
Perché alla fin fine anche noi imbecilli tecnologici una ventina d'anni di studio li abbiamo poi fatti, e del resto mi par di ricordare che in italiano si sapesse scrivere correttamente già alla conclusione delle medie. Al termine del liceo - sul gobbo qualche annetto di classici e letteratura italiana e latina - si scriveva pure con una certa dovizia di sfumature. Sono parole superficiali di superbia e malanimo da anziano?
Lavoro in uno studio di ingegneria: mi crede se le dico che le relazioni dei giovani ingegneri (giovane per me arriva almeno a 49 anni) sono scritte bene, grammatica e sintassi corrette, chiarezza e proprietà di linguaggio? Mi piace pensare che ciò dipenda - oltre che dalle buone qualità delle persone - pure dal fatto che questi giovani professionisti non abbiano ricevuto troppe concessioni “quadam cum benevolentia” nell'arco dei loro studi.
In quanto ai parlatori televisivi e all'eccellenza del loro insegnamento - che credo gravi tanto - dell'italiano al popolo ci sarebbe poi parecchio da dire; in particolare su diversi giornalisti, la cui ignoranza pure delle altre lingue e incapacità di distinguerle conduce talvolta a tragicomiche prestazioni, buona materia per un saporito zibaldone (sull'atteggiamento professionale generale di prepararsi e informarsi prima non spendiamo parole).

Caroli ha detto...

Vanni, collega, ho lavorato con un collega giovane, ferratissimo in elettronica digitale, tanto che per un elettrotecnico di pelo grigio come me era manna. Purché non dovesse scrivere una relazione in italiano o in inglese (che peraltro parlava benissimo). In ferrarese ce la poteva anche fare. Il ragazzo, conscio del suo limite, nel caso mi faceva "correggere il compito" nelle lingue suddette. Come vede, niente superbia da anziano (lei ha qualche anno meno di me), ma semplicemente quella che si chiama autocoscienza e rispetto dei propri limiti.

vanni ha detto...

Egregio Caroli, a scanso di equivoci, per me imbarazzanti: parlando di superbia e malanimo da anziano, non alludevo a Lei - ci mancherebbe - alludevo a me stesso, intento a celebrare in gloria il mio passato remoto. E in quanto all'età... non faccia scommesse con me.

feynman ha detto...

volevo segnalare quella che secondo me è una inesattezza. Quello dell'Invalsi non è propriamente "un'importante campione" in quanto la raccolta viene fatta estraendo un tema a caso da un'intera classe. So benissimo che ci sono grosse lacune da parte dei ragazzi ma questo modo di campionare effettuato da Invalsi non è molto significativo.

Unknown ha detto...

Articolo davvero incredibile!
Probabilmente lei non ha fatto nessun errore di grammatica o di sintassi. Questo, non essendo un Accademico della Crusca e neppure un professore di lettere, non so giudicarlo. Ma che il suo articolo sia sorprendente mi sembra evidente.
Se lo desidera mi mandi una email che glielo spiego in dettaglio. Mi limito in queste poche righe a citare una sua perla: “.. A fine Ottocento, l’Italia era al terzo posto mondiale in matematica ...” Scusi ma chi glielo ha detto, l'Invalsi forse? Esisteva già?
Sono contento di aver appreso che un luminare della Crusca possa scrivere una tale accozzaglia di stupidaggini alcune delle quali sono assurde, altre si contraddicono a vicenda.
Complimenti Professore! Il suo articolo mi conforta della mia ignoranza e mi dà più fiducia in me stesso, perché se a Roma tengono dei cattedratici che scrivono degli articoli come il suo, allora vuol dire che c'è speranza anche per me.

zenzerorama ha detto...

NUOVO ARGOMENTO SCUOLE RELIGIOSE

Un problema della scuola molto grave è secondo me dare concessioni alla scuola cattolica o ebraica può essere pericoloso
non perche abbia nulla contro la scuola cattolica anzi ci sono ottime scuole cattoliche con insegnati preparati
ma in Italia ci sono migliaglia di religioni e l'aricolo 3 della costituzione

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. (art 3 della Costituzione Italiana)

Grazie a questo articolo una concessione fatta alla scuola delle cosi dette religioni ufficiali può essre un pericoloso precedente per le altre religioni per aprire scuole

Gia Scientology(il cui avvocato è alfredo biondi deputato di forza Italia che si è dichiarato orgoglioso di essere amico di scientology!!) ha aperto al nord italia alcuni asili e scuole elemetari e forse ancor di più
Purtroppo se una religione ottiene di aprire una scuola a cascata entrano tutte le altre.
Cito Scientology perchè per colpa loro ho un lutto familiare
La mia domanda e questa daccordo che la scuola privata non deve essere onere per lo stato
Appurato che secodo me la scuola Cattolica o Ebraica hanno il diritto di esistere

Ci sono gli strumenti legali per dire no a tutte le altre religioni che hanno atteggiamenti poco cristallini spesso ai limiti della legalita o peggio ancora cha agiscono nella più comleta illegalita
Siro

Giorgio Israel ha detto...

A Feynman: chiederò conferma all'Invalsi. Comunque, a parte il fatto che il campione è di 6000 compiti, la discrepanza di giudizi su quelli esaminati è un dato incontestabile.
Circa il commento di intpaolo: No, certo, l'Invalsi non esisteva. Ma ci sono i libri di storia della matematica. I libri sono quegli oggetti fatti di pacchetti di fogli di carta incollati insieme su cui ci sono dei segni che insieme indicano le parole che noi diciamo. Se uno li sa leggere. Leggere è... lasciamo stare. La storia della matematica è... Vabbè. Comunque, non disperi. Un posto di accademico nel Paese dei Balocchi lo danno a tutti.
(Mi sono ripromesso di essere selettivo nel pubblicare i commenti, ma quando te ne arriva uno così, siamo giusti, come si fa a non pubblicarlo?).

zenzerorama ha detto...

scusate dimenticavo il link su asili di scn ora da come mi hanno detto hanno fatto pure di peggio la cosa mi preoccupa moltissimo



http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2005/05_Maggio/20/fumagalli.shtml

http://www.siletto.it/articoli/ProblemaScientologyPerMicrosoft.php

Alessandro Marinelli ha detto...

Egr. Intpaolo,
mi par di avere percepito una qual certa sua perplessità riguardo al prestigio della matematica italiana di fine '800, tale da porla effettivamente al terzo posto dopo le irraggiungibili Germania e Francia. Potrei consigliarle una delle mie fonti (a parte il prof. Israel), per esempio "Roma 1908: il congresso internazionale dei matematici" di Guerraggio e Nastasi, ma preferirei esternarle la mia estrema curiosità nei confronti di quelle che invece spero siano le SUE fonti. Può usarci la cortesia di citarne qualcuna, affinché sia concesso anche a noi di uscire dalle tenebre dell' ignoranza? In fondo, io non sono che un modesto studente universitario; che ne so? Almeno ci dica chi le ha parlato di un ruolo assolutamente marginale in matematica dell' Italia di allora. Riguardo alla sua "speranza", voglio osare a risponderle con Tolkien: "la speranza non è la vittoria".

Unknown ha detto...

Egregio Sig. Marinelli,
la ringrazio della sua citazione bibliografica. Io non ho alcuna perplessità riguardo al fatto che la matematica italiana nel 1800 fosse al terzo posto, per me potrebbe essere stata anche al primo. Quello che trovo sbagliato è la classifica della scienza. Lei per esempio mi sa dire se è corretto mettere al primo posto Einstein, al secondo Heisenberg ed al terzo Dirac? Se trovassi in uno scritto o in un libro un'affermazione del genere fatta in senso assoluto io avrei delle perplessità sulla bravura dell'autore, non sulla statura scientifica di questi tre grandissimi scienziati. Inoltre, volendo entrare più in dettaglio nella prima parte della frase del Prof. Israel che ho citato, Galileo nacque nel 1564, non nell'ottocento, e confrontato con i suoi contemporanei dire che egli fosse al primo posto rispetto a Kepler è questione di opinioni, e dal mio punto di vista sarebbe una goffa osservazione di uno storico della scienza. In tutte le epoche diverse nazioni hanno dato dei giganti i cui risultati restano come patrimonio dell'umanità e mettere in fila loro e la loro scienza lo ritengo cosa molto, molto stupida.

Giorgio Israel ha detto...

Egregio Signore,
in primo luogo nessuno ha stabilito graduatorie di singoli scienziati. Quindi di cosa parla? Anche se è usuale nei libri (in qualsiasi libro) dare una valutazione puramente qualitativa, e non in termini di graduatoria, del peso e dell'importanza di questo o quello scienziato nella sua epoca. Ma lasciamo perdere, nessuno lo ha fatto, e della frase su Galileo lei non ha capito nulla: io ho detto che, malgrado nella sua tradizione la scienza italiana avesse avuto grandi personaggi come Galileo o Volta, agli inizi dell'Ottocento era ridotta ai minimi termini e assolutamente marginale. Cosa c'entra il confronto con Keplero o altri? Chi ne ha parlato? Quanto alla valutazione della matematica italiana come la "terza potenza mondiale" della matematica verso la fine dell'Ottocento, è cosa talmente diffusa e unanime che lei dovrebbe buttare al secchio qualsiasi libro o articolo si occupi della questione. Peraltro, la valutazione del rilievo o dell'importanza di una scuola, del suo ruolo di leader, è non soltanto perfettamente legittima, ma del tutto sensata e perfino necessaria. Che la matematica tedesca dopo il 1840 avesse assunto il ruolo leader in Europa (e nel mondo) è centrale perché segna il prevalere di un approccio astratto rispetto a quello francese che saldava la matematica alla problematica fisica. Peraltro, lo spirito dell'osservazione circa la matematica italiana era che in pochi decenni l'Italia, da una posizione di assoluta marginalità, si era portata in una delle primissime posizioni, tale che la "scuola italiana di geometria algebrica" era un punto di riferimento per la ricerca mondiale. Volterra era stato uno dei pionieri dell'analisi funzionale e Levi-Civita definito da Einstein come uno che "andava a cavallo sulla matematica" mentre lui si limitava ad "andare a piedi" (anche Einstein faceva graduatorie?…).
Comunque, tutte queste sono cose su cui si può discutere pacatamente e razionalmente, senza accapigliarsi.
Se scrivo queste osservazioni è per i lettori cortesi e civili di questo blog, non per lei. Difatti, lei, senza mostrare quali titoli abbia, in termini di conoscenza della storia della scienza, per pontificare con tanta supponenza (non sappiamo neppure chi è, cosa fa e come si chiama), si permette di intervenire usando termini come "goffo" e "molto stupido". Lei è il classico esempio dell'ignorante presuntuoso e maleducato. Proprio quella categoria di persone che abbassano il livello culturale di questo paese.

Nautilus ha detto...

Mi ricordo il film "Una storia semplice" tratto da un racconto di Sciascia: un professore di lettere in pensione (Gianmaria Volontè) viene interrogato da un pubblico ministero di scarso intelletto, suo ex-scolaro. Il PM rammenta al professore i 4 che da lui riceveva in italiano e poi con sprezzante rivalsa:"Eppure come vede caro professore, siamo qua..!"
E Volontè lo guarda fisso con un leggero sorriso ironico e risponde:
"Già, ma l'italiano vede non è:"L'ITALIANO", l'italiano è il ragionare..."
battendosi l'indice sulla tempia.
A parte la spassosità della scena, non ho mai sentito sintetizzare così bene l'importanza di saper usare con proprietà le tecniche dello scrivere, importanza che evidentemente non viene più colta.

x Giovanna e Attento, se sono in ascolto: non ho molto tempo per venire sul blog ma ho letto i vs. post con interesse. Grazie a G. per il link su Israele.net, vi ho trovato molte informazioni di cui non ero al corrente, che però meriterebbero un dibattito approfondito, magari in un'altra occasione.

Caroli ha detto...

Caro Vanni, era ovvio. Ma siccome a volte ho l'identica impressione per quanto mi concerne, non ho sentito la cosa né allusiva né offensiva, ci mancherebbe!

paolo casuscelli ha detto...

L'INVALSI...meglio lasciarlo stare: se formula test ministeriali incongruenti, figuriamoci che tipo di valutazione possa fare. Mi assumo la responsabilità di quel che ho già detto e ripeto. I quiz delle ultime prove d'italiano per le scuole medie (gli unici che ho visto) sono fatti malissimo e confonderebbero chiunque. Nel mio blog ho stilato un resoconto, punto per punto, di tutte le contraddizioni testuali. La cosa grave è che, di tutte le stupidaggini comprese nei quiz somministrati, molti insegnanti non se ne sono neppure accorti.
Esempi? Ne faccio uno solo, per non annoiare. Prova di competenze nella sintassi. Vogliono sapere “navigando su Internet” cosa indichi. Pretendono che sia un “modo”. Non è un modo, è uno strumento. Proposizione strumentale, non modale. Ma se un mio alunno si rifiuta di mettere un pallino accanto a “modo”, quello è un punto in meno, che, “in qualche modo”, incide sulla valutazione e sul voto finale della licenza media. Che fare? Boh!

paolo casuscelli ha detto...

Caro prof. Israel,
vorrei provare a comunicarle qual è l'orizzonte in cui si trova collocato un insegnante di scuola media, di lettere, che assuma come impegno la trasmissione del proprio sapere agli alunni e la loro educazione. E' un'impresa vertiginosa. Per esempio (scusi gli esempi, ma non c'è altro modo, e la cosa mi preme), nell'ultima settimana ho dovuto: spiegare l'Ulisse dantesco, parola per parola, poi quel che io penso dell'Ulisse, il primo del Purgatorio (per far capire perché Ulisse naufraga), spiegare come si legge quel canto senza annoiare, fare ascoltare Carmelo Bene, verificare quanto abbiano capito e se sanno leggerlo senza annoiare, spiegare grammatica, compl. di causa e di fine, il concetto di causalità e finalità, Storia, Riforma Protestante, Luteranesimo e Calvinismo, confronto e differenze, Geografia, India, Il Gange e un alunno vuole sapere com'è che è Sacro se è così inquinato, spiegare simbologia del rituale religioso, poi scopro che non hanno mai aperto la Bibbia, spiegare perché devono aprirla, poi scopro che su Facebook mettono fotografie delle compagne e danno i voti, quindi devo spiegare perché tutto ciò è immorale, e convincerli di questo, mi dicono che una compagna vuole diventare “Emo” e questa mi confessa che talvolta ha impulsi suicidi, mi devo quindi occupare di questo e di altro ancora.
Qual è il problema? Non c'è tempo. Questo è il problema. La mancanza di tempo ostacola la trasmissione e l'educazione, che sono ilo fulcro dell'impegno didattico.
Quest'anno la Riforma mi ha tolto due ore. Undici erano già poche, due in meno è un disastro. Questa riduzione delle ore, in più, ha creato uno smembramento della coerenza didattica. Il Preside mi ha già detto che il prossimo anno non potrò più avere due classi con nove ore per ciascuna, ma una di nove ore e tre di tre ore.
Nelle classi cui un insegnante di Lettere deve avere tre ore, cosa potrà trasmettere, come potrà tentare di educare?

Marco ha detto...

Io sono sicuro che, se fosse accaduto in un contesto diverso, senza leghisti che scassassero ogni giorno in televisione coi dialetti, l'episodio di Noventa Padovana sarebbe stato un divertente esperimento per gli allievi, e sarebbe passato sotto silenzio al di fuori di quella scuola.

Per quello che riguarda il resto, concordo su tutto. Alla prossima!

zenzerorama ha detto...

Scusi Professore
Le chiedo un suo parere su quello che ho scritto sul mio intervento precedente a proposito di certe scuole private

inoltre mi auguro che alla Sapienza non succeda
guardi che bello!!


http://www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/152811/roma-la-replica-del-rettore-delluniversita.html

prof guardi che vergogna !!!!!!
guardi questo magnifico rettore
che non vede non sente
guardi un fotografo che si siede ai posti della commissione!!
Siro

Egidio Papetti ha detto...

Egregio professore, condivido tutto il suo articolo, mi permetta tuttavia di ricordarle che le cose italiane, non solo nella scuola, hanno preso questo andazzo distruttivo del tessuto nazionale, da quando la Lega nord,non solo egemonizza il nord d'Italia, ma egemonizza il governo nazionale. Da una forza politica che promuove una classe dirigente ignorante, xenofoba,proterva e presuntuosa, che cosa ci si poteva aspettare di diverso. Andremo sempre peggio.

Giorgio Israel ha detto...

Purtroppo non è così semplice. Il sindaco che ha tolto la piazza a Garibaldi è di una cittadina del sud e in tutto il sud c'è un'ondata antinordista, di odio per l'unità d'Italia, i piemontesi, Mazzini, Garibaldi, Cavour e quant'altro. Su Facebook pullulano i siti che rivalutano i Borboni. Ecc. ecc. ecc.
È tutta l'Italia che è presa da questa sindrome.

Caroli ha detto...

Io di solito cerco di non essere offensivo, ma da iscritto alla Lega Nord non sono ne' ignorante, ne' xenofobo; intollerante, forse, ma di questo mi vanto. Per quello di cui ci accusa, il sig. Papetti si guardi allo specchio.

Unknown ha detto...

Caroli caro, va bene épater le bourgeois, ma vantarsi dell'intolleranza si sa dove si inizia ma non dove si finisce.