È venuta la Giornata della Memoria 2010 e personalmente l’ho trascorsa in casa. Non sono stato chiamato a partecipare ad alcun evento o manifestazione, neppure come invitato, malgrado abbia dedicato qualche libro alla questione ebraica e alle leggi razziali del 1938 e una serie interminabile di articoli all’antisemitismo. Non me ne stupisco e non me ne dolgo perché ho da tempo assunto come regola quella di parlare, in queste occasioni, soltanto dell’antisemitismo che minaccia gli ebrei viventi. Del resto, non si ripete fino alla noia, che conoscere la storia passata serve a non ripeterne gli orrori? Tuttavia, parlare dell’antisemitismo di oggi non è gradito e serve a farsi depennare. Come ha scritto Fiamma Nirenstein sul Giornale, per lo più, si usano dire due parole di circostanza per poi parlare di Hiroshima, delle minoranze etniche e della Resistenza. A me capitò di sentir equiparare i campi di concentramento e i centri di permanenza temporanea (CPT) per i clandestini. Qualcuno più audace passa dai CPT a Gaza, e ne deriva l’equazione Gaza = Auschwitz, da cui discende il corollario che gli israeliani (e quindi gli ebrei) sono i nuovi nazisti. Ebbene, per poter parlare della Shoah non pago il pedaggio di dire che Maroni è il nuovo Himmler, per cui preferisco starmene a casa a sfogliare in silenzio le foto dei miei parenti trucidati ad Auschwitz, i pochi documenti che ne conservo, e a parlarne con i miei figli.
Tuttavia quest’anno sono successi alcuni fatti nuovi che potrebbero cambiare le cose – almeno speriamo. Il primo fatto è noto ed è stato riportato da tutti i giornali. Ma conta sottolinearne un aspetto cruciale che già il Giornale ha indicato con un titolo efficace: «Khamenei celebra la Shoah: “ Un giorno Israele sarà distrutto”». Niente di nuovo, s’intende. I dirigenti iraniani ci hanno abituato al loro slogan ripetuto in tutte le salse: Israele va distrutto, Israele è un ramo secco che sta cadendo, basta dare una scossa all’albero, e così via. Ma quel che c’è di nuovo stavolta è la scelta di aver fatto questo proclama, e con tanto clamore, proprio nella Giornata della Memoria, nel giorno in cui si ricorda lo sterminio degli ebrei ad opera dei nazisti. Non è intervenuta soltanto la Guida Suprema del regime iraniano, l’ayatollah Ali Khamenei – sottolineando che i tempi dell’inevitabile distruzione dipendono dal modo in cui le nazioni islamiche affronteranno il tema – ma anche il presidente del parlamento Alì Larijani – già capo della delegazione che trattava la questione nucleare e da tanti in occidente lodato come personalità ragionevole e moderata – che ha parlato in modo truculento di Israele ridotto a «terra bruciata».
In verità, non c’è neppure nulla di nuovo dal punto di vista delle intenzioni: il regime iraniano non ha mai fatto mistero di stabilire uno stretto collegamento tra questione israeliana e questione ebraica. L’Iran è oggi il centro mondiale del negazionismo, il paese che promuove attivamente la propaganda della tesi secondo cui lo sterminio degli ebrei non è mai avvenuto, e che comunque in fin dei conti Hitler qualche buona ragione a detestare gli ebrei l’aveva. È un antisemitismo che si pone in continuità con i legami tra una parte del mondo islamico e il regime nazista simboleggiato dalle relazioni amichevoli tra Hitler e il Gran Muftì di Gerusalemme.
Tuttavia, fino ad ora, una parte consistente dell’opinione pubblica occidentale ha chiuso gli occhi di fronte al carattere esplicitamente antisemita dell’antisionismo iraniano. Anche il presidente Obama ha condannato certe espressioni ma non ha preso atto del fatto che esse erano ispirate da una volontà di vero e proprio genocidio razziale.
Ora nessuno può chiudere gli occhi. Non vi sono alibi. La dichiarazione della volontà di distruggere Israele fatta non in un giorno qualsiasi dell’anno, ma proprio il 27 gennaio, ha un significato inequivocabile. È quanto dire: “nel giorno in cui si ricorda lo sterminio di un terzo degli ebrei del mondo, noi vi annunciamo che ci apprestiamo a proseguire l’opera sterminandone un altro terzo”. E poi, di questo sterminio si dirà che non è mai avvenuto, come lo si dice ora del primo. Chi può chiudere gli occhi di fronte al proclama sfrontato che la lotta contro Israele è una lotta contro gli ebrei? Come non vedere che “celebrare” così la Shoah appone a questa lotta un’etichetta razziale inequivocabile?
Tutto ciò è terribile ma potrebbe essere una buona notizia se servirà, una buona volta, ad aprire gli occhi e a svegliare le coscienze.
La seconda buona notizia è che nel nostro paese, nei discorsi ufficiali delle massime autorità – dal presidente della Repubblica Napolitano, al premier Berlusconi al presidente della Camera Fini – è stato denunciato esplicitamente il pericolo dell’antisemitismo di oggi e, in particolare, il pericolo dell’antisemitismo iraniano che minaccia quel terzo del mondo ebraico che vive in Israele. Forse questi segnali inizieranno a svegliare l’opinione pubblica. E magari, l’anno prossimo, le celebrazioni del 27 gennaio potrebbero essere meno ritualistiche e commemorare gli ebrei morti per mettere in luce le minacce che incombono sugli ebrei viventi, e non per cambiare discorso.
La seconda buona notizia è che nel nostro paese, nei discorsi ufficiali delle massime autorità – dal presidente della Repubblica Napolitano, al premier Berlusconi al presidente della Camera Fini – è stato denunciato esplicitamente il pericolo dell’antisemitismo di oggi e, in particolare, il pericolo dell’antisemitismo iraniano che minaccia quel terzo del mondo ebraico che vive in Israele. Forse questi segnali inizieranno a svegliare l’opinione pubblica. E magari, l’anno prossimo, le celebrazioni del 27 gennaio potrebbero essere meno ritualistiche e commemorare gli ebrei morti per mettere in luce le minacce che incombono sugli ebrei viventi, e non per cambiare discorso.
(Il Giornale, 29 gennaio 2010)
Mi ha fatto un gran piacere constatare che questo articolo è stato ripreso favorevolmente sul sito dell'AID, Agenzia Iran Democratico, Sito ufficiale dell'Associazione rifugiati politici iraniani residenti in Italia.
6 commenti:
Non essendo ebreo, non lo so fino a che punto potrei partecipare alla commemorazione delle ebraiche, tragiche esperienze. Posso dissociarmi dai colpevoli, ma non potrò mai riferire sulla scorta di un'esperienza diretta. Quando il mondo intero commemora un evento che gli è comunque estraneo, e usando l'asciutta ufficialità del collettivo cordoglio, a me viene in mente che questo stesso mondo stia usando la memoria storica come uno spauracchio, proprio continuamente ricordando agli ebrei che, essendo stati vittime una volta, lo potrebbero essere di nuovo.
Speriamo che sia vero l'auspicio dei liberi iraniani rifugiati in Italia, che cioè sia vicino il momento nel quale ci libereremo dal cancro che rappresenta quel regime. Speriamo soprattutto che non ci voglia una III guerra mondiale, e che, stavolta almeno, Norimberga venga prima.
Intervista a Franco Perlasca, figlio di Giorgio. Domani ricorre il centenario della nascita del "giusto tra le Nazioni".
http://www.vaccari.it/vnews/index.php?_id=7972
Ha un taglio un po' "filatelico", ma le cose che ci sono da dire vengono fuori.
Come si celebra il giorno della memoria nelle scuole (nella mia scuola?)?
Si fanno vedere film sulla shoah, spesso, senza che chi li propone sia in grado di valutare l'opportunità di presentarli ai ragazzini e senza parlarne con loro. Si scaricano orde di alunni in sale-contenitore. Miei alunni mi hanno raccontato di aver visto “Il pianista” alle elementari. Un film che è traumatizzante anche per un adulto.
Poi, quello che va alla grande è “La vita è bella”, un ottimo film che ha per argomento la cura paterna, non certo la shoah. Ma pare che non vi sia di meglio per “contenere” in quel giorno.
Che ho fatto io quel giorno? Politicamente scorretto, ho vietato ai miei alunni di scendere in sala proiezioni-contenitore. Si sta in classe. Chi vuole può dire una preghierina in silenzio. Dico così ad alunni di terza, già grandi e grossi, “preghierina” e non ho alcun disagio. Poi, parlo io, spiego io, sono un insegnante, non una maschera del cinema. E di che parlo? Non devo dire niente di nuovo. Cose che hanno già sentito, che non si improvvisano in quel giorno, che hanno bisogno di tempo. Ritorno alla domanda che gli alunni mi fanno sempre, quando si parla del genocidio, e rispetto alla quale le risposte non sono mai soddisfacenti: ma come è stato possibile che questo sia avvenuto?
Io credo che nel giorno della memoria bisognerebbe annullare tutto il resto e obbligare gli insegnanti a dare risposte a questa domanda, prima a se stessi e poi agli alunni.
E chiedere agli alunni: come è possibile, per voi, che oggi accada qualcosa di simile e alcuni facciano finta di nulla?
Poi, il giorno dopo, ho letto il comunicato-stampa con il discorso di Wiesel alla Camera. Ho lasciato qualche copia in sala-professori, dove entro di rado. Perché sono timido.
La Shoah, il suo ricordo insieme a tutti i suoi martiri sono un immenso tesoro che appartiene all'intera umanità. chi lo sostiene diversamente trascura consapevolmente le radici della Shoah e coloro che hanno contribuito allo sterminio di milioni di persone innocenti sottovalutando il pericolo del regime iraniano che vuole complementare il nefasto lavoro disumano di Hitler. Per tal motivo bisogna prendere lezione da questa grande giornata mondiale e affrontare col coraggio, come quei milioni di persone che hanno affrontato Hitler sacrificando la vita perchè oggi noi fossimo liberi a pensare come vogliamo.
Personalmente ho commemorato la giornata della memoria a Sorrento tra gli alunni di due ascuole superiori. E' stato un onore per me.
carissimi amici
ho mandato un commento senza nome
sono karimi davood
buon lavoro
davood
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