lunedì 19 dicembre 2011

Valorizzare il merito, la "meritocrazia" lasciamola perdere



La tentazione del "governo dei saggi" è di antichissima data. Nella modernità essa è stata tradotta in programma concreto dall'Illuminismo e potrebbe essere riassunta con il motto del celebre marchese di Condorcet: «Ogni società che non è governata da filosofi è condannata a cadere nelle mani di ciarlatani». E qui "filosofo" è sinonimo di "sapiente". È fuor di dubbio che ciò che legittima il potere è soltanto la conoscenza, il sapere, la competenza (diremmo oggi). Il sapere è il solo strumento che può consentire di adattare le norme alle sinuosità e complessità del reale e quindi a realizzare una conciliazione tra le istanze particolari e l'oggettività delle leggi, ma soltanto in linea di tendenza. Una simile conciliazione non potrà mai essere concretamente realizzata in modo completo: soltanto l'onniscienza potrebbe consentirlo, e siccome l'onniscienza non è di questa terra, un governo di sapienti che ritenesse di possedere la verità sarebbe soltanto un governo di tiranni. Difatti, l'onniscienza si sostituirebbe alle leggi, le quali, per il fatto stesso di avere carattere generale non possono mai applicarsi in modo perfetto a tutte le situazioni particolari, mentre l'onniscienza sarebbe capace di farlo, per definizione. Ma – come ha osservato Alexandre Koyré – «una scienza siffatta non è cosa umana. Il politicós ideale dovrebbe essere un saggio: ancor di più, un dio. Se fosse un uomo, ovvero se un uomo si ponesse al disopra della legge, sarebbe assolutamente un tiranno».
Per questo la democrazia è – come fu detto da Churchill – la peggior forma di governo eccetto tutte le altre sperimentate finora. Quante volte ciascuno di noi, ascoltando dei commenti politici rozzi dettati da ignoranza, ha avuto la tentazione di pensare: «Ma perché mai un simile ignorantaccio dovrebbe avere a disposizione un voto al pari di altri più capaci di intendere»? Eppure da una simile tentazione le persone ragionevoli si ritraggono prontamente. Non è soltanto per lo spettacolo di tanti saggi la cui sapienza si mostra così poco saggia: si pensi ai tanti dotti di economia che dall'alto dei loro allori dispensano le ricette più banali, peggiori di quelle che avrebbe potuto escogitare la persona più incompetente nella dottrina economica. Se ne ritraggono per un motivo più profondo: la conoscenza deve avanzare in tutta la società e non essere il monopolio di un'aristocrazia di onniscienti, in quanto tali detentori ideali del potere. Per questo l'istruzione pubblica è così importante: è lo strumento che più di ogni altro fa progredire la democrazia.
Questo discorso non mira a dire che ogni governo dei "tecnici" o dei "competenti" è potenzialmente antidemocratico (anche a questo mira, s'intende), ma a un'osservazione più circoscritta. Nel documento di Comunione e Liberazione La crisi, sfida per un cambiamento ricorre un'espressione: «valorizzazione del merito». Ho riflettuto all'ambiguità profonda che è presente nel termine ricorrente "meritocrazia". Mi rendo conto di averlo utilizzato anch'io e voglio fare una promessa: non ne farò mai più uso e incito chiunque a fare altrettanto. Difatti, un conto è valorizzare il merito, cioè stimolare tutti a migliorare, a primeggiare, premiare chi fa meglio, anziché frustrarlo e umiliarlo appiattendolo sui nullafacenti. Altro conto è parlare di "meritocrazia", ovvero di governo di coloro che primeggiano. Le parole sono pietre e "meritocrazia" è una parola profondamente ambigua che, non a caso, piace ai tecnocrati. "Valorizzazione del merito" è una bella espressione, tanto lontana dall'egualitarismo di marca totalitaria, quanto aperta e inclusiva.
(Tempi, 21 dicembre 2011)

4 commenti:

Il Gattopuzzo ha detto...

Gentile Israel, lei scrive: "Quante volte ciascuno di noi, ascoltando dei commenti politici rozzi dettati da ignoranza, ha avuto la tentazione di pensare: «Ma perché mai un simile ignorantaccio dovrebbe avere a disposizione un voto al pari di altri più capaci di intendere»? Eppure da una simile tentazione le persone ragionevoli si ritraggono prontamente".
Non sono completamente d'accordo. Si può essere ignoranti in generale e al tempo stesso avere cognizione di che cosa siano un governo, un parlamento, di quali siano i poteri di un premier e quelli della magistratura, e così via. In questo caso non avrei nulla da obiettare al fatto che la persona in possesso di queste conoscenze, magari ignorante per quanto riguarda tutto il resto dello scibile, goda di un voto dello stesso peso del mio. Ma siccome si assiste spesso con rabbia allo spettacolo incredibile di persone che non sanno letteralmente in che mondo vivono, e addirittura molte di queste persone sono eletti, oltre che elettori, non credo sia irragionevole ribellarsi. Si subordini il diritto di voto ad una certificazione da conseguire durante la scuola dell'obbligo, ovviamente con la possibilità di ritentare in qualsiasi momento della vita per chi non ci riuscisse. Se non sai nulla della democrazia in cui vivi è evidente che non te ne importa nulla, e il tuo voto è un pericolo, in quanto preda esposta agli abusi dei populismi di ogni genere o magari, nel caso peggiore, oggetto di compravendita. Quindi non è che il mio voto deve pesare più del tuo: semplicemente, io posso votare e tu no. Finché non avrai dimostrato di sapere cosa fai, quando ti chiudi nell'urna. Non è illogico permettere a qualcuno di fare qualcosa di potenzialmente pericoloso per gli altri, se quel qualcuno non ha la più pallida idea di cosa sta facendo?

Maurizio

Giorgio Israel ha detto...

Gentile Maurizio, il problema è: chi farà la certificazione e darà il "patentino"? La scuola? Lei davvero crede che la scuola sia in condizioni di assurgere a tribunale di chi ha diritto a votare e chi no? Vi possono essere insegnanti o dirigenti ragionevoli e affidabili ed altri totalmente inaffidabili. Se non altro chiunque può essere tentato dal negare il diritto di voto a qualcuno soltanto perché si rende conto che ha idee politiche contrarie alle sue. Si immagini che cosa succederebbe in un paese come il nostro tanti a sinistra ritengono che tutti coloro che votano a destra sono o ladri, o delinquenti o idioti. È la tesi sostenuta da Umberto Eco, non dall'ultimo venuto. E a destra sorgerebbe la tentazione simmetrica. Inoltre, anch'io sento come lei per strada e al mercato discorsi che fanno venir voglia di pensare come lei.
E comunque nessuno può avere il diritto di decidere della sorte altrui. Per averlo dovrebbe avere un "patentino". Conferito da chi? Si va a una regressione infinita, a meno di non dare tutto il potere ai "saggi".
Ma esistono fin troppi saggi cretini oppure saggi di mente perversa, molto più pericolosi di quel cialtrone per strada, perché molto più capaci di vendere le loro idee e di perseguire i loro progetti, magari efferati. Poi ci sono persone istruite e in buona fede che non sono più capaci per questo di fare gran che: guardi al governo in carica: la crema bocconiana che propina una manovra economica che avrebbe potuto pensare il portiere di casa mia.
Torniamo all'aforisma di Churchill: la democrazia è un sistema pessimo, ma qualsiasi altro sistema sperimentato si è rivelato peggiore. Perciò teniamocelo e cerchiamo di migliorare la gente con l'educazione e l'uso della ragione.
A me preoccupa il contrario: la mancanza di democrazia. Guardi questo blog e tutto quel che si scrive sull'istruzione. So ormai che ci sono tantissime persone che sono scontente del modo con cui si gestisce l'istruzione. Ma tutto è in mano non alla politica ma a un gruppo ristretto di tecnocrati mai eletti da nessuno che continuano a fare quel che pare loro, incuranti di qualsiasi critica, e non dovendo rispondere a nessuno, neppure alla politica, tanto sanno che il ministro di turno se ne andrà a breve, mentre loro resteranno in eterno. Qui misuriamo quanto la mancanza di democrazia porti a deviazioni molto peggiori di quelle prodotte dalle idee degli imbecilli. Perché la tirannia è capace di ignorare totalmente e calpestare anche una maggioranza di persone che difendono le proprie idee in modo ragionevole, onesto e competente.

Il Gattopuzzo ha detto...

Gentile professore, mi rendo conto che ragioniamo in una regione piuttosto nebbiosa, nella quale sono molte le argomentazioni legittime e dove probabilmente non esistono ragioni o torti assoluti. Questo per dire che trovo sensato quanto lei sostiene, ma non meno sensata mi appare la mia posizione. La scuola, secondo me, non dovrebbe certificare la maturità della persona nei confronti del voto, ma solo la sua conoscenza dei meccanismi della vita democratica. Questo dovrebbe essere in grado di farlo, tanto più che la valutazione potrebbe e dovrebbe essere collegiale, in modo da superare le eventuali idiosincrasie di docenti singoli. Certo è che oggi – che si conferisca o meno il patentino – l’educazione civica e la decodifica del mondo in cui viviamo non mi sembrano in cima alla lista delle priorità di nessuno, nel contesto scolastico. Forse, senza arrivare al patentino, si avrebbe già un grande miglioramento se le persone arrivassero alla maggiore età avendo avuto modo di apprendere il funzionamento delle istituzioni in modo sistematico, e non nei ritagli di tempo tra una materia e l’altra. Qualche considerazione in merito a alla destra e alle tecnocrazie: io non credo che Eco sostenesse l’idiozia o la delinquenza generalizzata delle persone che votano a destra. Penso che si riferisse più che altro al berlusconismo, che anch’io credo essere altro dalla destra, tanto che conosco una moltitudine di persone di destra che da anni votano a sinistra non per convinzione, ma per ripulsa nei confronti di questo fenomeno. Che, senza nascondermi, giudico anch’io deteriore e repellente. Infine le tecnocrazie. La burocrazia è da sempre la vera ossatura degli stati, tanto che quando i regimi crollano i burocrati restano e dove si prova a mandarli via, come è stato fatto con i quadri militari in Iraq nel 2003, si finisce con il peggiorare la situazione. La complessità dei fenomeni – soprattutto economici – del nostro tempo ha favorito il sorgere di corpi non eletti che detengono un grande potere. Uno per tutti: la BCE. Entro certi limiti, niente di nuovo: dei tre poteri tradizionali, in Italia solo quello legislativo è elettivo. E come pensare, del resto, di rendere elettiva una carica come quella di governatore della banca centrale? Basta l’investitura popolare a infondere competenze di politica monetaria? Vedo da me che questo progressivo trasferimento di potere dalla politica alla burocrazia è potenzialmente pericoloso, ma non so vedere un’alternativa. L’unica strada che mi viene in mente è quella della trasparenza e dell’accountability: la politica ha tra i suoi compiti quello di selezionare i grandi tecnocrati, i quali devono operare entro i limiti di procedure codificate e rendere sistematicamente conto allo stesso corpo politico (intermediario del popolo) delle proprie azioni e dei risultati che ne sono conseguiti. Ma questo è già scritto negli statuti di molti organismi tecnici, e so anch’io quanto spesso viene disatteso. La soluzione, se c’è, a me non è chiara. Comunque, è anche vero che il potere dei burocrati è inversamente personale alla qualità del personale politico. Dovremmo trovare un modo, forse, per risolvere questo problema di selezione avversa che da decenni ci consegna una classe politica di mediocrità desolante.

Maurizio

Giorgio Israel ha detto...

Ma oggi all'educazione civica si preferisce l'educazione all'affettività... Un conto è ragionare nel quadro classico (e lei ragiona correttamente nel quadro classico), un conto in quello attuale improntato al costruttivismo. Peraltro se l'educazione civica e la conoscenza delle leggi di base può essere assunto come obbligo scolastico, non vedo come su questa base si possa arrivare al potere smisurato e pericoloso di decidere se uno possa votare o no. Questi aprirebbe la strada ad abusi e sarebbe la via maestra per l'istituzione di condizioni tiranniche.
Quanto ai funzionari: il classico funzionario francese (o anche tedesco) fino a pochi decenni fa era un competente al servizio del potere politico. È legittimo che io abbia le mie idee ma se accetto di essere un alto dirigente ministeriale o un direttore di una banca centrale metto la mia competenza tecnica al servizio di una direttiva politica, mi piaccia o no, e questo legittima la mia permanenza nella funzione anche al mutare della direzione politica. Invece ora è la sagra dei funzionari infedeli che fanno politica per conto loro e approfittano del loro potere indeterminato per realizzare i loro progetti. Peraltro, l'Italia è un paese unico al mondo relativamente all'inamovibilità degli alti funzionari. La BCE è peraltro un pessimo esempio - a differenza delle Banche nazionali o della Federal Reserve - perché non risponde a un potere politico definito, e in tal senso è contemporaneamente troppo autonoma e troppo poco, il che provoca i disastri cui stiamo assistendo.
P:S: Su Eco si sbaglia. Scrisse un famoso articolo su Repubblica asserendo che chiunque votasse per Berlusconi era un imbecille oppure un ladro: ora uno può pensarla come vuole, ma sostenere che tutti coloro che hanno votato per Berlusconi appartengano a queste categorie è inqualificabile, qualcuno direbbe che è razzismo. Sono stato comunista illo tempore, e considero oggi il comunismo una delle ideologie più nefaste e criminali della storia, ma ciò non mi impedisce di dire che moltissima gente che era comunista era intelligente, colta, in buona fede e onesta. E se qualcuno mi dicesse che, essendo stato comunista, ero o un criminale o un cretino, lo considererei per l'appunto un mascalzone o un cretino (ma a lui individualmente...).