Nessuno può
seriamente svalutare la generosa intenzione morale che ha animato
l’approvazione in Senato di un Disegno di legge che introduce e punisce il
reato di negazionismo. Questo atto manifesta i sentimenti di rigetto
dell’antisemitismo e del razzismo della nostra classe politica – peraltro
autorevolmente ribaditi nel discorso di insediamento del Presidente della Repubblica.
Le perplessità nascono in relazione all’efficacia e ai negativi effetti
collaterali di una legge del genere. Si dice che in tal modo l’Italia si
allinea alla legislazione vigente in molti paesi europei e recepisce una
decisione quadro dell’Unione Europea. Il paradosso è che in molti di quei paesi
v’è assai più antisemitismo che non in Italia dove una simile legge finora non
c’è stata. Il caso più clamoroso è quello della Francia, dove esistono
strumenti giuridici pesanti per sanzionare il reato di negazionismo, il che non
ha impedito il diffondersi di un antisemitismo tanto grave e diffuso da alimentare
una crescente emigrazione ebraica verso lo stato di Israele. In certi casi
proibire non serve a nulla, o peggio. È meglio consentire la pubblicazione di
edizioni critiche del Mein Kampf di Hitler o affidare la sua inevitabile
diffusione a scandalose “edizioni” in rete con commenti non meno scandalosi,
che magari compaiono quanto basta per essere scaricate da migliaia di persone? Ritengo
che la risposta debba essere che la prima soluzione è la migliore.
Occorre piuttosto
chiedersi le ragioni del fallimento di queste leggi in quei paesi, e della
Giornata della memoria. La prima causa è dovuta al fatto che il canale
principale di alimentazione dell’antisemitismo contemporaneo è l’antisionismo,
il quale, a differenza del primo, è largamente tollerato e persino accanitamente
difeso. Un’altra causa è legata al fatto che le manifestazioni per la Giornata
della memoria sono cresciute a livelli esagerati, divenendo troppo spesso una
passerella per autori che trovano così il modo di fare pubblicità al loro ultimo
libro confezionato per l’occasione, tormentando una massa di giovani che – come
hanno dimostrato recenti sondaggi – faticano a identificare la data della presa
del potere di Hitler, se non a dire chi era costui. Difatti, il vero problema è
il crollo di un’educazione storica seria sostituita sempre più, nel migliore
dei casi, da analogie vaghe e nel peggiore da proclami retorici. Sarebbe assai
più efficace far conoscere a fondo, nel contesto di un programma scolastico
rigoroso, cosa abbia rappresentato il caso Dreyfus o le forme successive di
antisemitismo in Germania e in Italia, piuttosto che far retorica e introdurre
strumenti punitivi. Si osserva giustamente che l’assenza di leggi punitive ha
consentito e consente ad alcuni “docenti” di tenere scandalose lezioni
negazioniste. Ma il vero scandalo è che, quando questi docenti sono stati
deferiti agli organi di controllo per aver violato elementari principi di
deontologia, sono stati assolti. Il male è quindi più profondo, alberga nelle
menti, è là che deve essere sradicato, con la cultura, la diffusione dello
spirito critico e l’uso della ragione, e non basta reprimerne le manifestazioni
visibili.
Più voci hanno
espresso il timore che si vada verso un regime in cui si stemperi il confine
sottile tra libertà di opinione e di analisi storica critica. È un timore
giustificato, perché proprio la sottigliezza di quel confine rischia di
produrre conseguenze pericolose. Ma c’è ancor più da temere la grande ipocrisia
che circola in Europa, consistente nel cavarsela di fronte ai problemi con
editti improntati a una confusa e unilaterale ideologia “politicamente
corretta” che ha il solo effetto di irregimentare le espressioni entro un
pensiero unico troppo ipocrita per essere credibile. Ad esempio, occorre chiedersi
quale governo europeo abbia alzato la voce – non preso provvedimenti concreti,
ma almeno protestato – nei confronti del governo iraniano per aver bandito un
concorso per la miglior vignetta antisemita. Eppure questi sono i canali più
potenti che alimentano l’antisemitismo, che non può essere combattuto
efficacemente mettendo in prigione qualche untorello di secondo piano.
(Il Messaggero, 13 febbraio 2015)
14 commenti:
Sì, infatti, emanare una legge che punisce il negazionismo per trasformare gli odiatori degli ebrei in vittime della censura e difensori della libertà di opinione!
Tediare scolaresche somministrandogli nozioni sulla Shoah da parte di insegnanti spesso più tediati di loro e tacere sul fatto che in europa continuano a morire ebrei colpevoli solo di essere ebrei.
Oggi su Repubblica e Corriere si parla di una "seconda vittima" dell'attacco di Copenaghen, tralasciando colpevolmente di precisare che questa non era uno che si trovava a passare lì per caso ma era un ebreo ucciso da un altro che cercava di ammazzare ebrei davanti una sinagoga, perché colpevoli di essere ebrei.
Quanta ipocrisia, finta solidarietà! La solidarietà vale per gli ebrei morti, ovviamente, non per quelli che sono minacciati di morte (tutti quelli ancora in vita).
Non si riesce a dare un senso a questa parola: "compassione", che ha perso il suo genuino e spontaneo carattere profondamente razionale, alla base di ogni convivenza. La compassione è stata soffocata e trasformata in ideologia manipolatrice che giustifica, nega, ignora i fatti.
Gli uomini, ebrei, palestinesi, soldati israeliani, terroristi islamici sono diventati delle marionette di uno spettacolo su una trama immaginaria, costruita al solo scopo di non ammettere che il male esiste.
E tutti, hanno perso il beneficio di un dono a cui hanno diritto, indistintamente: un po' di pietà.
Sono pienamente d'accordo con l'articolo del prof. Israel, e sono sempre stato e sempre sarò dalla parte di Israele, però mi chiedo: il sionismo non è un'ideologia, come tale criticabile come tutte le ideologie? E' solo un mio dubbio, perché non sono abbastanza addentro alla questione.
Per quanto riguarda l'inutilità delle giornate della memoria, segnalata da Attento, vale se si riducono a un vuoto rituale. Ho accompagnato (molti anni fa) i miei alunni alla Sinagoga di Praga, ne ho visti molti piangere e non mi vergogno di dire che ho pianto anch'io (anzi mi vergognerei del contrario: "e se non piangi, di che pianger suoli?"). Ho avuto l'onore di stringere la mano a Shlomo Venezia quando è venuto nella mia scuola e non lo dimenticherò mai.
Il problema di queste manifestazioni è piuttosto un altro, secondo me. Se si tollera tutto, come attualmente si fa soprattutto nella scuola, e si addita come unica possibile trasgressione il filonazismo, si finisce per spingere chi vuole trasgredire a dichiararsi filonazista, magari inizialmente senza neanche sapere bene che cosa voglia dire.
Non si può creare un'umanità perfetta, alcune persone che appoggeranno le posizioni più esecrabili per il puro gusto di farlo ci saranno sempre.
Condannare un'opinione, a parte il fatto che è discutibile in linea di principio, rischia soltanto di attrarre più persone a sostenerla, o di far passare i suoi sostenitori come vittime, o di far pensare che si ha qualcosa da temere dalla verità. Su questo sono del tutto d'accordo con Attento.
Mi permetto di provare a rispondere alla sua domanda con un certo imbarazzo perchè in questo spazio non sono certo io titolato a farlo nel modo migliore, ma, temerariamente ci provo. Una "ideologia" nel senso negativo del termine, che sembra lei usi, è una visione del mondo che forza la natura umana in schemi che le stanno stretti. Era "ideologia" il comunismo sovietico, e lo era anche il nazismo. Spero di non essere troppo semplicistico nel dire che entrambe negavano l'infinita possibilità di realizzazione della persona umana costringendola il primo nella dimensione economica, il secondo in quella razziale. Illuminante a questo proposito è il testo "Il potere dei senza potere" di Vaclav Havel, dove è evidenziato quanto una ideologia si basi sulla menzogna sulla realtà della natura umana e sia capace di creare un mostro totalitario che vive di una vita propria. Il sionismo è stato questo? Herzl è stato un "ideologo" perché ha immaginato un modo per riunire un popolo culturalmente compatto ma disperso e perseguitato? È ideologia costruire una patria in cui vivere in sicurezza coltivando un patrimonio di valori spirituali e culturali? A me sembra che si sia trattato di un movimento volto a realizzare una delle aspirazioni fondamentali dell'uomo moderno almeno fino a tutto il '900: uno stato nazionale. A questa affermazione potrà seguire una cascata di obiezioni sulle sofferenze inferte a causa di questa aspirazione. Ma, se ma guardiamo indietro nella storia, in quanti casi uno stato nazionale è nato senza colpo ferire? Per rispondere alla domanda di Papik non è necessario (per carità!) impelagarsi nell'infinita disputa sulla legittimità dello stato di Israele. Credo invece che sia opportuno domandarsi se i "sionisti" basino la loro aspirazione a causa di una pretesa superiorità "razziale". È inoltre necessario domandarsi se quello ebraico sia uno stato totalitario. I dati sono duri come pietre . Lo stato di Israele ospita oltre un milione di cittadini israeliani di origine araba, con pieni diritti (salvo eccezioni legate allo stato di guerra, p.es. accesso alle forze armate), riescono ad occupare posizioni di rilievo in molti campi. Eclatante il caso del giudice arabo che condannò il presidente Moshe Katzav a 7 anni per molestie sessuali. Certo che c'è una differenza di reddito e di carriere, ma bisogna ammettere che, nella media, esiste un gap culturale che ha le sue radici nel passato e che favorisce i lavoratori israeliani ad accedere, per es. alle decine di start up tecnologiche che ogni anno nascono in quel paese. Nella storia di questa difficile convivenza eclatanti furono anche gli appelli delle autorità israeliane rivolte alla popolazione araba di Haifa a non abbandonare la città nel 1948, dopo la proclamazione dello stato, seguendo l'istigazione degli imam fanatici. Haifa era ed è ancora l'esempio della fruttuosa e pacifica convivenza fra ebrei e arabi. Lo stato di Israele è singolare da molti punti di vista ma non si possono negare i costanti sforzi per mantenere, nonostante il permanente stato di guerra, accanto la sua natura ebraica anche quella democratica che mira al rispetto della dignità umana. Insomma, io negherei al "sionismo" il carattere di ideologia, perché mira a difendere l’esistenza uno stato che non è ideologico. Se lo fosse inizierei a mettere in discussione anche il “carattere” del Risorgimento italiano. Tutto ciò ha del miracoloso tenendo conto che, al contrario di un arabo in Israele, un ebreo nei territori non ha alcuna probabilità di diventare giudice, ma che dico, medico, ma che sto dicendo, spazzino, beh, diciamola tutta, non ha probabilità di restare vivo se non protetto da quelle feroci creature che sono i "coloni".
Mi permetta signor Attento , ma , con rispetto , ho l'impressione che lei conosca piuttosto superficialmente la storia del sogno "israele"
Non voglio annoiarmi ed annoiarci con date ed eventi accaduti , ma non credo che lei sia consapevole di una banale e realistica constatazione"se io fossi israeliano capirei la posizione degli ebrei , sa io fossi palestinese capirei la posizione dei palestinesi".
Tutto ciò le può apparire banale , ma così non è se lei già conosce Amos Oz.Esiste una terra per due popoli.Questo la linea assosluta . non negoziabile , da cui partire.Giusto? Ingiusto? Antistorico? chi se ne frega!!! Non è negoziabile !
Riguardo alle sue certezze buoniste dello stato israeliano , a me pare scandaloso che continui a colonizzare con nuove costruzioni la Cisgiordania , e che sopratutto non abbia una costituzione che delimiti i suoi confini.
Solo per precisare:sogno due stati in amichevole collaborazione e solidarietà come Amos Oz
Saluti
Caro sig. Ernesto, temevo che si andasse fuori tema e così è stato. Non mi permetto, come fa lei con me, di giudicare la "superficialità" delle sue conoscenza, mi limito a ricordare che ho elencato fatti e non opinioni. Inoltre mi fa piacere dichiarare la mia passione per Amos Oz sia come scrittore che letterato. Aderirei con entusiasmo alla ipotesi da lui caldeggiata dei "due popoli due stati" purtroppo per tutti questa ipotesi richiede che ci sia una sponda da parte araba e, togliamoci le fette di prosciutto davanti agli occhi, questa sponda non c'è. D'altra parte gente come Oz, Yeshua, Grossman e altri minori capaci di criticare il proprio governo per favorire il bene comune non li trovi neanche con il lanternino nei territori palestinesi perchè, se ci sono, sono ridotti al silenzio. Anche oer questo ammiro questo piccolo stato di questo grande popolo e continuo a sbalordirmi di quanto siano diversi e pesi e le misure usate per giudicarlo!
"La prima causa è dovuta al fatto che il canale principale di alimentazione dell’antisemitismo contemporaneo è l’antisionismo"
Affermazione che condivido pienamente, però mi è spesso capitato di sentire la versione opposta, e cioè che l'antisionismo non è altro che la maschera dell'eterno antisemitismo.
Da questa quindi non scontata affermazione discende una conseguenza: l'antisionismo può condurre all'antisemitismo ma non necessariamente; si può criticare la politica d'Israele (molti preferiscono parlare di "governo israeliano" ma essendo questo democraticamente eletto dalla maggioranza dei cittadini mi sembra una distinzione che tende a negare le responsabilità degli stessi) senza per questo essere antisemiti, accusa dalla quale è difficile sfuggire quando appunto si avanzano biasimi per certe azioni o simpatie per il popolo palestinese.
Ne discende anche una considerazione: la gran parte dell'avversione verso gli ebrei, non solo nei paesi mussulmani ma anche in quelli europei deriva dunque dal bubbone del conflitto apertosi fra palestinesi e israeliani e mai chiuso.
Israele è una democrazia i cui meriti non ci si stanca (e giustamente) di illustrare, i palestinesi sembrano rappresentati da bande di irriducibili violenti come Hamas o impotenti e corrotti come l'Autorità Palestinese.
Ma come mai in Europa l'opinione pubblica e i governi si schierano più facilmente con i palestinesi che con gli israeliani?
A domande su questa contraddizione ho spesso se non sempre sentito rispondere che è per via dell'antisemitismo europeo. Ma se questo antisemitismo deriva dall'antisionismo, dipendente a sua volta dalla questione israelo-palestinese, allora la risposta è una sola.
Trovo sempre difficilissimo trattare questo tema senza che si alzi polvere.Non voglio schierarmi come un tifoso.
Mi scuso per aver provocato il suo risentimento e mi ritiro in buon ordine:la polvere mi avvelena.
È vero, è difficile ma, per carità, nessun risentimento, il mio era un suggerimento per evitare di "alzare la polvere": restare nel tema e portare i fatti.
Penso che sia un errore l'introduzione del reato di negazionismo. Mi viene in mente il tentativo di stabilire per legge il valore dipi greco (nel senso che questa legge mi pare una indebita intrusione in campo "scientifico" - tra virgolette perché la storia non è una scienza come la matematica o la fisica).
Fabiola Giannotti da alcuni anni fa parte anche della Giuria del Premio Nonino, premio che, all’ultima edizione di gennaio, è stato assegnato a Martha Nussbaum, scrittrice e filosofa americana che mette in luce tutti i difetti di un sistema scolastisco, quello americano in particolare, imperniato quasi esclusivamente sull’idea del profitto e che sta accantonando, in maniera del tutto scriteriata, quei saperi che sono indispensabili a mantenere viva la democrazia. Ritiene sia necessario reintrodurre le materie umanistiche al liceo e nei corsi di studi universitari. Ritiene che studiare letteratura, filosofia e storia devono essere d’ispirazione ai giovani che aspirano a una vita ricca, una vita che permetta loro di offrire dei contributi creativi, innovativi alla società.
La presenza della Nussbaum a Udine è stata particolarmente gradita dal Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, tanto che ha desiderato partecipare al successivo incontro aperto al pubblico udinese, organizzato per dialogare insieme proprio su questi temi. Il Ministro Giannini non ha avuto che parole di eligio verso l’istruzione umanistica, la filosofia, il liceo classico, l’arte, citando lei stessa vari esempi come Fabiola Giannotti. La maggior parte del pubblico presente è stata colpita molto positivamente dalle parole del Ministro, la quale, dopo avere sottolineato la differenza tra i modelli angloamericano ed europeo dell'educazione scolastica, basato il primo piú sulle capacità (skill based) e il secondo sulle conoscenze (knowledge based), ha confermato la validità del sistema scolastico italiano basato su tre caratteristiche: «La prima è la convinzione che il sapere è unico (stesso peso scientifico e umanistico); la seconda è il partire da una formazione teorica per arrivare all'applicazione pratica; la terza è un sapere che parte da una formazione generalista per arrivare sul sapere specialistico. Questo modello è valido e non si deve cambiare, semmai va integrato con gli stimoli che abbiamo raccolto in questi mesi fin dalla più tenera età: l'educazione alla lingua straniera e l'educazione alla cittadinanza».
Insomma, le parole del Ministro ci piacciono, ma, a leggere questo blog e comunque semplicemente osservando la realtà, pare che le cose vadano in direzione opposta. Allora chiedo al Prof. Israel, se può rispondere: c’è davvero questa intenzione nelle “stanze dei bottoni” o secondo Lei sono le solite parole a ci non corrisponderanno i fatti?
Chiacchiere, oltre al fatto che il ministro non conta nulla (ministro dello 0.7%). Legga il modulo di certificazione delle competenze e poi vedrà in che direzione si sta andando.
Grazie Professore, me l'aspettavo la Sua risposta. Il Ministro è stato così convincente che molti dei docenti presenti a quell'incontro ne sono usciti un po' sollevati, o almeno con un briciolo di speranza.
Non c'è da stupirsi se poi monta la rabbia, quando si è a tal punto ingannati.
Professore, mi sono accorta di non aver commentato l'intervento "Chi distrugge il Liceo classico distrugge la scuola; quanto ho scritto nulla ha che vedere con il reato di negazionismo. Sarei grata se potesse spostare.
Grazie e scusi.
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