La vicenda del boicottaggio nei confronti dell’invito a Israele quale ospite d’onore alla Fiera del Libro di Torino ha avuto almeno un risvolto positivo: è caduta definitivamente la maschera di rispettabilità con cui Tariq Ramadan tenta di nascondere il suo volto di estremista. In un’intervista rilasciata ad Aki-Adnkronos International egli ha dichiarato che il boicottaggio deve esserci e in modo deciso. Rivolgendosi «non soltanto agli scrittori arabi e musulmani, ma a tutti gli uomini di coscienza» ha detto: «Dobbiamo affermare in modo chiaro che non si può approvare nulla che provenga da Israele». Una frase terribile: nulla può essere approvato… Non si potrebbe immaginare un rifiuto al dialogo più assoluto. Nei fatti si tratta di un’espressione razzista. Ma, attenzione! Tariq Ramadan ha successivamente smentito. Ha dichiarato che lui una frase simile non avrebbe potuto mai dirla, anche se aveva incitato al boicottaggio; anzi, che non aveva mai rilasciato dichiarazioni agli organi di stampa, come La Repubblica, che le avevano riprese (non parla dell’agenzia che è stata la fonte primaria). A questo punto, il vittimismo di Ramadan, secondo cui appena lui parla si mette in moto una “propaganda menzognera”, diventa ripetitivo e assume aspetti grotteschi. Anni fa se la prese con la “lobby ebraica” che controllava, a suo dire, la cultura francese: vi fu una levata di scudi e lui disse di essere stato frainteso. Poi dichiarò a un periodico italiano che giustificava i “martiri” suicidi, ed anche quella dichiarazione fu dichiarata falsa, malgrado le conferme del giornalista. E ora la storia si ripete con le frasi sul boicottaggio. Siccome alla versione che esista una congiura universale contro Ramadan (organizzata da chi? dalla “lobby ebraica”?) può credere soltanto lui, delle due l’una: o Ramadan è un totale sprovveduto e non sa comportarsi con giornali e agenzie, dice e disdice caoticamente; oppure qui è in gioco una strategia più sottile. In altri termini, quando si profilano delle situazioni particolari in cui si richiede una presa di posizione molto netta parte una dichiarazione radicale, persino una “fatwa”, come è di fatto quella raccolta dall’agenzia Aki-Adnkronos International. Poi, non appena il messaggio è stato recepito da chi doveva recepirlo, viene la smentita che restaura la facciata moderata per gli “altri”. Che si tratti della prima ipotesi o della seconda, il risultato è lo stesso. Non un intellettuale arabo o palestinese si discosta dall’indicazione del boicottaggio: colpisce la virulenza del linguaggio con cui lo scrittore anglo-pakistano Tariq Ali, dopo aver accettato di venire a Torino, ha cancellato prontamente l’invito con parole improntate al rifiuto totale di Israele. D’altra parte, coloro che vogliono credere per dabbenaggine o complicità che Ramadan sia un moderato trovano la smentita ad uso e consumo.
Poi ci sono le quinte colonne nostrane. È da notare, al riguardo, come uno dei maggiori sostenitori del boicottaggio a Torino, Gianni Vattimo abbia stabilito un parallelismo esplicito con la vicenda della mancata visita del Papa Benedetto XVI all’Università di Roma “La Sapienza”. Alla Sapienza – dice Vattimo – il Papa sarebbe stato ricevuto in pompa magna, talmente magna da non sopportare neppure la presenza di pochi contestatori. E aggiunge: «Questo caso di Israele alla Fiera è lo stesso». Non a caso, i boicottatori di Torino, con in testa Angelo D’Orsi sono calati alla Sapienza muniti di 1500 firme per manifestare il “diritto al dissenso” e la solidarietà con i colleghi “cattivi maestri”. Si dice però che ad ascoltarli non ci fossero più di quattro gatti.
(Tempi, 14 febbraio 2008)
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