martedì 5 febbraio 2008

UN PO' DI CHIAREZZA DI FRONTE ALLA VOCE DELL'IPOCRISIA



Chiariamo. Forse il titolo che ha dato Il Foglio al mio appello contenuto nel post precedente è un po' fuorviante, ma se si legge il testo è chiaro che non si tratta di un appello a ritirarsi comunque.
Il senso il seguente. Mettiamo che Israele venga accettato come invitato ufficiale soltanto se insieme alla "Palestina". Oppure mettiamo che, per far digerire l'invito, occorra contraccambiarlo con un invito ai palestinesi, 30 contro 30, come ha detto qualcuno (non stiamo parlando di ipotesi ma di proposte esplicite). In tale circostanza, meglio andarsene e fare la Fiera del Libro altrove. Non è un boicottaggio della Fiera, è una questione di dignità.
Battista ha ripreso il discorso e, con un dissenso retorico da quanto avevo scritto, ha detto: "no, non si può cedere, bisogna fare muro".
D'accordo, figuriamoci, d'accordissimo - gli ho risposto con una lettera sul Corriere - a patto che questa diventi la linea ufficiale:

"Signor Direttore,
ho letto l'eccellente articolo di Pierluigi Battista "Stavolta sfidiamo il boicottaggio" (di Israele alla Fiera del Libro di Torino). Nel mio intervento sul Foglio non ho inteso proporre atteggiamenti aventiniani, bensì dire che è irricevibile un invito a Israele sub condicione, menomato da bilanciamenti volti a calmare i contestatori: i ricatti dei violenti non possono essere premiati, soprattutto nella cornice della fatwa emessa da Tariq Ramadan ("non si può approvare nulla che provenga da Israele"). La risposta di Battista "No, stavolta bisogna fare barriera" è quella giusta. Speriamo che diventi la risposta ufficiale. Giorgio Israel "


Pare che tutto ciò sia servito. La linea ufficiale ribadita è: invito ufficiale senza se e senza ma.

Meglio che taccia allora l'ineffabile Gad Lerner che ha scritto sul suo blog:

"(...) Gli scrittori israeliani sono grandi anche per la loro capacità di mettersi nei panni dei palestinesi. Per questo subiscono attacchi dalla componente guerrafondaia dell’opinione pubblica israeliana. Non a caso nei giorni scorsi, di fronte all’imbecillità delle proposte di boicottaggio, un esponente della Comunità ebraica italiana, Giorgio Israel, specialista nell’”armiamoci e partite”, ha auspicato che Israele rifiuti per protesta l’invito di Torino. Ignorando la fatica con cui da decenni lo Stato ebraico opera in senso contrario, cercando di partecipare a tutte le manifestazioni sportive, scientifiche, culturali da cui il rifiuto arabo vorrebbe tenerlo escluso. In tempo di guerra i boicottatori non faticano mai a trovare complici nell’opposta schiera. (...)"

Non ho mai detto che Israele deve rifiutare per protesta l'invito di Torino. Ho detto che deve rifiutare UN INVITO DIMEZZATO. Ma Gad Lerner fa finta di non capire e mi definisce specialista dell'armiamoci e partite. Di grazia, quando avrei ripetutamente invitato ad armarsi per poi far partire gli altri? E poi, in questo caso, che vuol dire? Che poi, una volta convinto gli israeliani a ritirarsi, sarei andato a Torino? Che scemenza...
E poi mi colloca nell'"opposta schiera" dei boicottatori... Ma certo! Lui della schiera opposta ai boicottatori non fa parte. E certo, lo sapevamo, lui sta in mezzo: tra i boicottatori e coloro che si oppongono al boicottaggio. Teme di essere confuso con i "guerrafondai israeliani". Insomma, fa la parte del pesce in barile. Difatti, la sua voce non si era sentita. Si sente soltanto adesso che l'opposizione al boicottaggio ha contribuito a che l'invito sia senza se e senza ma. E chiama "complici" dei boicottatori quelli che stanno nell"opposta schiera". I suoi insulti mi rimbalzano, come si dice volgarmente a Roma, ma lui dovrebbe vergognarsi, ammesso che ne sia capace.

P.S. Tra gli "imbecilli" figurano moltissimi suoi compagni di partito e di Unione. Perché non se la prende più utilmente con costoro?

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Stavolta sfidiamo il boicottaggio

Pierluigi Battista   
domenica 03 febbraio 2008
Corriere della Sera


No,stavolta bisogna fare barriera. Stavolta non è possibile non avvertire il divario morale tra le immagini ancora fresche del raccoglimento per la Giornata della memoria e l'intimazione al silenzio minacciata contro gli scrittori ebrei. Stavolta bisogna chiedere ad Abraham Yehoshua, Amos Oz e David Grossman di vincere la loro ritrosia e di sfidare il boicottaggio anti-israeliano alla Fiera del libro di Torino. E alle autorità italiane, ovviamente, di tutelare il loro diritto di parola.

Si comprende lo spirito che ha indotto Giorgio Israel sul Foglio a consigliare a Israele il boicottaggio dei boicottatori, un gesto ascetico e pedagogico di rinuncia che, ricalcando la scelta di Benedetto XVI di non recarsi alla Sapienza, rendesse ancora più evidente il volto intollerante degli imbavagliatori di professione. Stavolta è diverso. Chi protesta perché a Torino saranno presenti gli scrittori israeliani non contesta soltanto il diritto di esprimere un'opinione: contesta loro il semplice fatto di esistere. Considerando Israele come il frutto di una brutale usurpazione, ogni israeliano meriterebbe perciò di essere trattato come un usurpatore. Cancellato. Indegno di esistere. E dunque bruceranno senza pudore, come al solito, le bandiere con la stella di Davide. Accetteranno nelle loro schiere, come al solito, chi si traveste da terrorista, con la cintura esplosiva ben esposta attorno al corpo come quella usata dagli jiahdisti per deflagrare nelle strade di Tel Aviv e Gerusalemme allo scopo di uccidere quanti più «sionisti» (bambini compresi) è possibile.

Qualche anno fa un corteo che si diceva solidale con gli oppressi e i perseguitati del mondo circondò con bastoni e urla raccapriccianti il Ghetto ebraico di Roma, quello dei rastrellamenti del 16 ottobre 1943, destinazione Auschwitz. Non ci fu un grande sdegno, come se quell'episodio rappresentasse qualcosa di sgradevole certo, ma normale. Come è normale bollare i figli di Israele come i «nuovi nazisti» e suggerire spaventose somiglianze iconiche tra la croce uncinata e la stella di Davide. Ecco, non può più essere normale che la semplice presenza degli ebrei di Israele a Torino sia considerata addirittura come un'offesa. Non può più essere normale che una minoranza fanatica disponga del diritto dei torinesi di ascoltare ciò che hanno da dire gli scrittori israeliani.

Non può essere normale che vinca con il suo appello al boicottaggio Tariq Ramadan, ideologo dell'islamismo fondamentalista, un volgare antisemita che dopo l'11 settembre accusò gli intellettuali francesi di essere alla mercé di una «cricca» di ebrei e ciò nonostante viene calorosamente accolto come una creatura esotica nei salotti dell'intellighenzia italiana. Non è normale che il direttore della Fiera del libro torinese Ernesto Ferrero sia costretto a giustificare un atto coraggioso ma che dovrebbe essere, questo sì, considerato persino ovvio: invitare chi scrive libri a una festa del libro. Non è normale che Valentino Parlato sulle colonne del manifesto venga lasciato solo e insultato perché ha criticato la scelta dissennata di boicottare gli ebrei. Non è normale che uno scrittore come Tahar Ben Jelloun, schierandosi su Repubblica contro il boicottaggio di Torino, inviti a dissociare le responsabilità degli scrittori israeliani da quelle del governo di Israele: loro cui viene concessa la patente d'innocenza, quest'ultimo colpevole per definizione. Colpevole comunque, colpevole di esistere, colpevole di esser nato sessant'anni fa sulla base di una spartizione tracciata dall'Onu per dare una vita a uno Stato nelle cui librerie sono liberamente esposte le opere di Edward Said, l'intellettuale palestinese e anti- israeliano il cui nome è ancora oggi tassativamente proibito a Gaza, dove spadroneggiano gli squadroni di Hamas. Non è normale che si accrediti come paladino della lotta all'oppressione chi non spende una parola per protestare contro gli Stati in cui si fa scempio quotidiano di diritti umani fondamentali. E non è normale che esponenti piemontesi del Pdci e di Rifondazione aderiscano impunemente a questa campagna di intolleranza estranea, ne siamo certi, alla sensibilità di Fausto Bertinotti.

Per questo è un buon segnale che gli organizzatori della Fiera tengano duro, che gli sponsor privati, come ha sostenuto Franzo Grande Stevens, non possano assistere muti a una simile campagna censoria, che le istituzioni di Torino e del Piemonte dicano che non intendono cambiare la loro linea. Per questo il bel gesto della rinuncia stavolta non funzionerebbe. Non servirebbe a rompere l'incantesimo di assuefazione che ha favorito il diffondersi della prepotenza intollerante. Stavolta a Torino gli scrittori, gli israeliani, gli ebrei devono poter parlare.

9 commenti:

Fabio ha detto...

Questi spiacevoli eventi stanno assumendo una frequenza preoccupante. Il parallelo con la vicenda del Papa alla Sapienza naturalmente c'è tutto.

(e tra parentesi la cosa sta montando nuovamente: altri professori ancora stanno pensando bene di aggiungere il loro nome a coloro che hanno fatto quella magra figura)

Nessie ha detto...

Lerner non è estraneo a queste pessime sparate che denotano grettezza. Mise gravemente in imbarazzo Magdi Allam durante la sua trasmissione L'Infedele facendolo insultare da un cronista francese senza intervenire. Inoltre offese la Fallaci (già gravemente ammalata) mettendo i baffi alla sua fotografia. Che tristezza di personaggio!

GMG ha detto...

Il problema non è solo Lerner ma l'inerzia di cui talvolta dà prova la Comunità ebraica in Italia, soprattutto quando a essere in ballo sono questioni riguardanti lo stato di Israele. Allo stesso tempo debbo lamentare un'analoga debolezza da parte delle istituzioni israeliane all'estero (e soprattutto in Italia) nella costruzione e nella difesa dell'immagine di Israele e nella diffusione della cultura israeliana. Qualcuno potrà definire questo tipo di attività come "propaganda". E sia. In questo campo i palestinesi si sono dimostrati certamente più abili: i risultati sono ormai sotto gli occhi di tutti.
Da tempo, nel mio piccolo, mi batto per una maggiore diffusione della cultura ebraica e della cultura israeliana (le due cose sono al contempo profondamente diverse e profondamente affini): mi ha sempre colpito l'ignavia proprio di coloro che avrebbero dovuto dimostrarsi ed essere più sensibili alla problematica.
Il caso del Salone del Libro di Torino non ha fatto risaltare solo il generico e teatrante moralismo di un Gad Lerner (che mescola l'arroganza personale dell'insicuro con il complesso di "superiorità morale" tipico di certa Sinistra italiana più vicina ai salotti del Potere che alle masse) ma anche le consuete "timidezze" di chi si mette l'anima in pace con un paio di (volutamente innocui) belati di protesta. Quest'inazione di tanti -che continua nonostante passati scrolloni che avrebbero dovuto essere più salutari- rischia di portare ad altri risultati pessimi.

Gianni Morelenbaum Gualberto

gelubra ha detto...

Caro Prof. Israel,
sono un insegnante di filosofia di un Istituto speriore di Napoli.
Ho appena letto la notizia ignobile della "Black List" su alcuni docenti ebrei de La Sapienza di Roma.
Vorrei, innanzitutto, esprimerle la mia sentita solidarietà contro questo gesto ignominioso e nefando.
E poi, come ho già scritto sul mio blog (www.salveprof.splinder.com)in tutte le scuole italiane, dalle elementari alle università, tutti i docenti dovrebbero sottoscrivere quella lista, sostenendo il principio che oggi NOI DOCENTI CI SENTIAMO TUTTI EBREI.
Cordiali saluti
Gennaro Lubrano Di Diego

Nessie ha detto...

E' vero gmg. La faccenda della lista dei professori ebrei è un salto peggiorativo di questa escalation. Quest'anno nel nostro povero paese sta succedendo di tutti: rifiuti e macerie di ogni tipo. C'è un decadimento morale a tutti i livelli.

Lisa ha detto...

Quello che mi ha colpito di più è il commento di Odifreddi che paragona il boicottaggio di Israele al boicottaggio della Spagna fascista, peccato che lui sia stato se non sbaglio professore in Unione Sovietica. Quanto ad Enzo Apicella e la sua squallida vignetta su Liberazione ricordo che il vignettista è stato presente con le sue opere alla fiera del libro a ... Cuba.
Mi farebbe piacere che il signor Israel smascherasse questi ipocriti verificando le informazioni che ho io (l'articolo intervista a Odifreddi l'ho letto su informazione corretta).
Grazie,
Lisa

Unknown ha detto...

Professore, sono assolutamente solidale con la sua posizione, e condivido in pieno l'articolo de Il Foglio.

Sono particolarmente d'accordo con il paragrafo che recita:
Ecco, non può più essere normale che la semplice presenza degli ebrei di Israele a Torino sia considerata addirittura come un'offesa. Non può più essere normale che una minoranza fanatica disponga del diritto dei torinesi di ascoltare ciò che hanno da dire gli scrittori israeliani.

E per quanto riguarda Gad Lerner, fa parte di quella schiera di cosiddetti giornalisti che si preoccupano solo di produrre cassa di risonanza per il proprio pensiero, che rifuggono il contraddittorio, oppure lo camuffano zittendo l'avversario o cercando di metterlo in una luce cattiva o ridicola. Ce ne sono parecchi esempi nel panorama italiano, guardacaso tutti osannati da una certa parte politica, che li osanna come gli ultimi baluardi della libera informazione contro la censura perpetrata dall'avversa fazione (e così abbiamo dato un nome ed un cognome a tutti gli attori), quando invece - come ho scritto sopra - anche costoro esercitano una forma decisamente subdola di censura attraverso il pubblico discredito manipolato.

Ludwig Van Molleam ha detto...

Professore, ieri mi è capitato di leggere fianco a fianco sul Foglio del Lunedì due commenti, uno contro il boicottaggio ed uno a favore.
Quest'ultimo era di Gianni Vattimo tratto da La Stampa, quello a favore di Valentino Parlato dal manifesto.
Ho notato che nell'articolo Vattimo ha scritto pochissime volte la parola "israele" o "israeliano" e sempre e costantemente la parola "ebreo".
Mentre leggevo avevo la sensazione che prima o poi avrei visto spuntare nel testo la parola "Jude".

Ludwig Van Molleam ha detto...

edit al mio precedente commento:
- il commento *per* il boicottaggio era di Gianni Vattimo
- il commento *contro* il boicottaggio era di Valentino Parlato