A costo di irritare qualcuno sarò sincero: ho sempre detestato e detesto l’elemosina, perché ritengo che sia l’esatto opposto della carità. È un atto di narcisismo. Osservate quel signore che passa davanti a un mendicante disteso per terra, intirizzito dal freddo della notte invernale passata tra i cartoni o intriso di sudore estivo: rallenta, mette la mano in tasca e lascia cadere con gesto rapido una monetina e poi si allontana veloce. Crede di aver salito un gradino verso il paradiso, lui che ha saputo sopportare la puzza e privarsi del soldo, e invece ne ha sceso uno verso l’inferno, perché ha coccolato soltanto il suo amor proprio di persona “buona” non facendo nulla di realmente buono. In definitiva, si è infischiato altamente delle condizioni che determinano la vita infelice di quel disgraziato. Per non dire di chi dà la monetina a un bambino di pochi anni, dimenticando o facendo finta di dimenticare che, in tal modo, ha soltanto stretto le catene attorno a un minorenne sfruttato da adulti criminali. Un vero atto di carità sarebbe stato perdere un po’ del proprio tempo per chiamare la polizia.
Per questo trovo nauseanti le polemiche contro il progetto del ministro Maroni di fare un censimento – e lo si chiami pure “schedatura” – non dei “rom” ma degli abitanti dei campi nomadi e in particolare dei bambini, per combattere le forme di sfruttamento cui sono sottoposti e scolarizzarli, in breve per farne cittadini a tutto tondo. Si è parlato di razzismo e si è scomodato persino il nazismo, come se in un censimento non fosse decisiva l’intenzione. Se l’intenzione è buona – protezione dei minori, regolarizzazione, scolarizzazione – si prendano impronte digitali, Dna e quanto serve. In tal caso, che ciò riguardi gli abitanti di certi luoghi non significa assolutamente nulla, se non che tali persone vivono una condizione drammatica, come è sotto gli occhi di chi non si tappi occhi e coscienza con la monetina.
Ma la manifestazione più indecente è il parallelismo con le stelle gialle e con la persecuzione degli ebrei, e l’abuso banalizzante di termini come “lager” che ha raggiunto livelli insopportabili se persino un prefetto si abbandona a questa moda; la quale è offensiva per chi ha avuto mezza famiglia sterminata e che si sarebbe salvata se fosse stata oggetto di un censimento Maroni anziché di quello della Gestapo. Non capisco quegli ebrei e quei cattolici che si accodano alla propaganda strumentale di circoli politici ridotti alla mendicità mentale. Sbaglia, e di grosso, chi da credito ai deliri dell’editorialista che blatera di «esclusione e criminalizzazione di una parte della popolazione, giudicata diversa e sospettabile fin dall’infanzia perché appartenente a altre etnie o razze»; e non si rende conto che il vero razzismo è quello di chi preferisce che questa “parte di popolazione” viva nel ghetto – sì, qui il termine è appropriato – di un’illegalità cui li condanna un’idea fasulla della tolleranza. Una tolleranza che è, appunto, soltanto il razzismo di chi se ne infischia delle condizioni altrui pur di non perdere il privilegio di compatire. Come quell’intellettuale che racconta di incontrare ogni mattina, con il gelo o il solleone, un barbone che dorme per terra accanto alle sue povere cose: si salutano cordialmente, il barbone parla in modo colto (pensate, non è una bestia come credereste) e il cane anziché morderlo gli fa le feste. E ci manca solo che qualche vigile urbano nazista lo metta in lista per un’occupazione e un alloggio. Il nostro intellettuale perderebbe un modo di alimentare il suo ego “buono” e “democratico”.
(Tempi, 17 luglio 2008)
11 commenti:
Gentile Professor Israel,
io non ho difficoltà a rintracciare tra le mie conoscenze qualche persona simile a quella che lei descrive nel suo articolo come non avrei grosse difficoltà a rintracciarne altre per cui la soluzione del problema sarebbe "gasarli tutti" (riporto testualmente parole da me effettivamente ascoltate, non effettuo indebiti e assurdi paragoni).
La mia esperienza personale mi dice inoltre che, relativamente ad altri temi sensibili, sul problema degli zingari c'è molta più comunanza di vedute tra le eterne "Roma" e "Lazio" della nostra politica di quanto non sembri. Chi è realmente diverso fa più paura (magari a ragione). Lo dico senza "retorica del diverso" è una semplice constatazione di fatto.
Ha avuto modo di sapere dagli organi di stampa come è andato a finire il recente picco di rapimenti di bambini da parte di zingari? uno di questi "rapimenti" ha dato luogo ad uno dei vari recenti, e impuniti, attacchi con bottiglie incendiarie a un campo nomadi.
Tutto questo semplicemente per dire che si, in teoria non c'è niente di male a fare un censimento dei campi nomadi e sarebbe certamente un gran bene riuscire ad integrare/salvaguardare i bambini che si trovano nei campi ma avrei trovato più utile che il suo articolo si occupasse dei punti critici e delicati che una operazione del genere comporta (così come le difficoltà dell'intero "problema zingari") piuttosto che alimentare la solita polemichetta contro la sinistra buonista, forse anche un po' troppo facile da fare sul giornale per cui ha scritto l'articolo.
Non è per niente facile da fare visto che l'unanimismo conformista è tutto dall'altra parte: basta leggere i giornali...
Aggiunta importante:
I razzisti abbondano. Ma è d'uso parlare soltanto di quelli che vogliono gasare gli zingari. Degli altri, quelli di cui mi occupo nell'articolo, non si dice nulla. Anzi, non sono razzisti, sono santi. Ma sono parimenti razzisti perché pensano che il problema della signora scippata che si rompe il femore non conta niente perché lei non è una "diversa", mentre l'unica cosa di cui si deve parlare è della discriminazione dei "diversi".
Punto.
E lasciamo perdere le polemichette sui giornali che hanno diritto di esistere e gli altri che sono sporchi a priori.
Dipende dai giornali che si legge e su Il Tempo, Il Giornale e Libero i ritratti dell'idiota buonista di sinistra di questo tipo sono merce comune tanto quanto su Repubblica, Unità e Manifesto sono comuni le lamentationes sul "razzista" berlusconiano (sempre con annesso SUV parcheggiato in doppia fila che senno' il ritratto non viene bene).
L'"unanimismo conformista" come lo vede lei, figlio delle ideologie di sinistra, mi sembra qualcosa che non esiste più da almeno un decennio non nel senso che non esistano più queste ideologie, piuttosto nel senso che è oramai difficile usare la parola "unanimismo" al proposito.
Non solo, mi sembra che sia l'incapacità di uscire da questo schema ad essere parte del nuovo unanimismo conformista.
E di questo ne sono stufo io.
Non ho mai negato il diritto ad esistere a nessuna polemichetta mi sono solo limitato a osservare che sono cose oramai un po' fruste e poco utili al progredire della discussione civile nel nostro paese, cercando di argomentare un minimo sul perché.
Egregio Martino,
mi sembra che il Suo commento sia un'eccellente dimostrazione delle tesi esposte nell'articolo: la storia dei rapimenti di bambini da parte degli zingari è infatti una vecchia leggenda. Leggenda, è vero, abbondantemente fomentata dai media, e addirittura citata dall'Associazione Nazionale Magistrati in un recente pronunciamento contro il Presidente del Consiglio: ma pur sempre leggenda.
Ora, Lei parla addirittura di picco di rapimenti: a questo punto, nei campi nomadi ci sono ormai solo bambini italiani! E allora, dove sta il razzismo?
E cosa vi sembra del brano comparso su un sito internet importante a firma di un noto intellettuale di sinistra, che non cito per compassione, e che è quello cui alludo nell'articolo?
Tutte le mattine all’alba, con il caldo e con il gelo, quando esco a far fare una passeggiata al mio cane incontro una barbona abbastanza anziana che dorme qui vicino e che a quell’ora raduna i suoi pacchi sul suo carretto dopo la sosta notturna. Ci salutiamo sempre, “buongiorno signora”, “buongiorno a lei, signora” e scambiamo due parole, in genere sul tempo. Parla con un accento settentrionale, con voce colta e linguaggio forbito. Il mio cane le scodinzola festosamente.
C'è persino l'allusione all'accento "settentrionale"... E perché, se fosse stato un accento napoletano? E' un esempio preclaro di come si possa essere razzisti per buonismo e per un insopportabile narcisismo: quanto sono democratico e quanto sono tollerante...
Non posso fare a meno di vedere in quella signora così gentile e contanto buon cuore la figura dell' ipocrita tratteggiato da Matteo nel suo Vangelo: "Quando tu fai l' elemosina non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade ... Quando invece tu fai l' elemosina non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perchè la tua elemosina resti segreta."
L' unica differenza è che la brava signora, anziché suonare la tromba, diffonde la sua grazia sul web.
Gianfranco Massi
Gentile galliolus,
guardi che siamo d'accordo, il picco c'è stato ma solo mediatico. Per me è stato difficile (impossibile per alcuni) sapere come sono andati a finire i vari "rapimenti", dopo le prime pagine, cercando tra i trafiletti e sulle cronache locali ho potuto constatare che è finito tutto nel nulla. Nessun tentativo di rapimento. Permetterà che mi allarmi l'amplificazione mediatica di una leggenda nera che arriva a fomentare assalti ai campi nomadi.
Ora, non è mia intenzione attribuire tutta la responsabilità del problema nomadi ai mezzi di informazione ma era solo un modo per ricordare che il problema è particolarmente delicato e complesso, forse anche più di altri che sono frettolosamente assimilati a questo (ad esempio quello dell'immigrazione).
Riguardo invece i noti intellettuali, io non contesto affatto che si possa essere razzisti per buonismo e condivido anche la disperazione nel constatare la cosa in chi dovrebbe invece essere testimone di una maggiore consapevolezza acquisita. Lei ironizza sull'accento settentionale ma perché se il linguaggio non fosse stato forbito sarebbe scattato l'arresto immediato? se interrogato al commissariato avesse dimostrato di non conoscere la poetica dell'ultimo Montale, giù botte? e così via ironizzando... (pure giustamente... e le assicuro che un amaro sorriso scappa anche a me).
Solo non mi sembra più questo il problema. Tirare bordate contro i rispettivi cretinismi dalle varie torri ideologiche (parlo di questi oramai illeggibili giornali italiani) mi sembra semplicemente un modo per perpetuare il problema. Il cretino, se proprio si deve, può essere sistemato in un solo paragrafetto, per il resto dell'articolo si potrebbe più proficuamente parlare del problema che si vuole affrontare, ritengo che questo semplice atto sarebbe un gesto educativo più efficace di tante lamentele sull'altrui cretinismo.
Grande Prof. Giorgio! Come giá mi é successo una volta con il suo blog, scrissi un Post sul mio blog con la stessa opinione! Devo essere proprio in sintonia con lei! Il suo blog gode del vantaggio della ricerca della veritá senza pregidizi e compromessi, apprezzo molto. Hazak UBaruch!
Puó legger il mio Post dal nome "Schedatura dei bambini Rom..." su hanesher.blogspot.com
Kol Tuv
Fu divertente quando, dopo che un estraneo aveva bussato ed interrotto una mia lezione per sollecitare l'adesione a non so quale opera di "volontariato", i miei studenti mi chiesero un commento, forse vedendo la mia espressione perplessa. Il mio commento fu qualcosa come "detesto il volontariato, è uno dei tanti mali di questo paese". Fu molto divertente vedere le loro facce stupite. Doveva essere la prima volta che qualcuno parlava loro in termini differenti dai toni incensatori che invariabilmente si riservano a "no-profit", "cooperative sociali", e così via. Detto per inciso: provate a parlare con qualcuno che ci lavora in queste cosiddette "cooperative sociali", di solito per 500 euro al mese...(dietro c'è quasi sempre un maggiorente intrallazzato con l'amministrazione locale che trova il modo di intascarsi un sacco di quattrini e che spesso gestisce una vera rete di simili organizzazioni).
In ogni caso, foss'anche nella situazione più limpida, l'esistenza di questo fenomeno di "volontariato" tende non solo ad occultare le carenze dell'amministrazione pubblica (che ne trae così un alibi), ma anche a cistallizzare la situazione che determina la necessità della propria stessa struttura, piuttosto che a risolvere i problemi. Se non esistesse più la carie molti dentisti smetterebbero di lavorare: è un paradosso che riguarda vari tipi di professione, ma nel caso del "no-profit" stride particolarmente.
Quanto all'abusato paragone con la shoah, onestamente lo trovo stucchevole, oltre che ovviamente improponibile (mi verrebbe da dire "risibile", se non fosse che c'è poco da riderci).
“A costo di irritare qualcuno sarò sincero: ho sempre detestato e detesto l’elemosina, perché ritengo che sia l’esatto opposto della carità. È un atto di narcisismo.”
Non mi sono irritata ma non condivido e questo mi fa piacere (è sospetto essere sempre d’accordo su tutto!)
E’ una questione troppo soggettiva per meritare un giudizio così categorico!
E’ evidente che c’è elemosina ed elemosina, tutto sta nello spirito con cui si fa. So quanto è difficile realizzare l’elemosina nel senso evangelico (Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra (Mt 6, 3)) ma chi può dire cosa c’è nel cuore di un uomo, neppure lui stesso è in grado di dirlo.
Dice Madre Teresa di Calcutta
“Se fai il bene, ti attribuiranno secondi fini egoistici, NON IMPORTA, FA' IL BENE”
Se dovessimo farci “incartare” dalla tentazione di certi pensieri contorti, non faremmo più nulla!
Lei potrà obiettare che fare l’elemosina non è un bene per chi la riceve, ma anche qui io dico: Chi può dirlo?
Io lascerei il giudizio a chi è al di sopra delle parti.
Se poi per lei personalmente fare l’elemosina ha questa valenza, posso capirla benissimo, mi capita qualcosa di analogo per altre cose.
Concordo invece con lei su quanto sono nauseanti le polemiche contro il progetto del ministro Maroni. Ma in questo caso credo che possiamo permetterci il lusso di leggere nel cuore degli uomini che fanno queste polemiche, e possiamo affermare che queste polemiche sono pretestuose, ipocrite e quindi intellettualmente scorrette. In poche parole sono l’espressione del “volere andare contro a tutti i costi”.
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