lunedì 25 aprile 2011

Un libero pensatore


Su “Il Fatto quotidiano” Riccardo Chiaberge, se la prende vivacemente con l’“intellettuale di sinistra” Stefano Rodotà, autore – secondo lui – di una ricetta infallibile per scoraggiare il libro e la cultura. Poi riserva una stilettata anche a me:
«Seconda ricetta: dalle colonne del Giornale l’intellettuale di destra Giorgio Israel se la prende coi “pedagogisti progressisti” che starebbero smantellando la scuola italiana: videogiochi al posto dei libri, insegnanti trasformati in “facilitatori”. Una vera e propria Caporetto educativa, voluta e pianificata dalla sinistra. Fortuna che gli austeri pedagogisti di centrodestra stanno provvedendo a riportare la serietà negli studi: televisivi e odontoiatrici, s’intende. Nessuna facilitazione per le igieniste dentali».
A parte le battute un po’ sceme sui fantomatici pedagogisti di centrodestra e i loro problemi di carie, peccato che l’“intellettuale di destra” se la sia vivacemente presa – e proprio sul Giornale – con il centrodestra, anche qualificando la riforma Moratti come un disastro, beninteso dopo e sulla scia del più grande disastro compiuto ai danni della scuola e dell’università italiane, quello ad opera di Luigi Berlinguer, secondo quanto afferma ripetutamente un altro noto intellettuale di estrema destra, Luciano Canfora.
Ma per illustrare la libertà di pensiero di Chiaberge voglio raccontare un episodio.
Nel 2008 ebbi il Premio Capalbio per il libro “Chi sono i nemici della scienza”. Questo comportava automaticamente entrare nella giuria del Premio del 2009 e proporre un libro da premiare. Con tipico settarismo di destra, decisi di proporre un libro di Riccardo Chiaberge: “La variabile Dio. In cosa credono gli scienziati?”.
Ecco la motivazione per il premio che, in quanto proponente, lessi pubblicamente la sera della premiazione:
«Viviamo in tempi in cui l’opinione più diffusa è che la scienza e la fede religiosa siano assolutamente incompatibili. La maggior parte dei libri e dei saggi che vengono pubblicati sull’argomento accreditano l’idea che la religione sia un intralcio per la ricerca scientifica e che una libera mente scientifica non può concedere alcuno spazio alla fede. Queste tesi vengono spesso propugnate in modo molto aggressivo e danno luogo a polemiche aspre e incomprensioni insanabili. Eppure, come disse con felice espressione Amos Funkenstein, quasi tutti i grandi fondatori della scienza moderna sono stati dei “teologi laici”.
Tanto più opportuna appare la pubblicazione del libro di Riccardo Chiaberge che mira ad affrontare la questione in modo pacato, aperto e civile. L’autore ha suscitato e organizzato un dialogo tra l’astronomo di Papa Giovanni Paolo II, il gesuita George Coyne, e il fisico ebreo Arno Penzias, premio Nobel 1978 per aver scoperto la radiazione cosmica di fondo. Il dialogo condotto da Chiaberge si dipana nello studio dello scienziato gesuita a Mount Graham in Arizona e tocca tanti temi, dal Big Bang all’evoluzionismo, connettendoli alla tematica religiosa. Dal confronto tra la posizione di uno scienziato credente e quella di uno scienziato agnostico è venuto fuori un libro avvincente oltre che di notevole qualità letteraria. Lo si legge di un fiato per poi ritornare a riflettere sui tanti temi che esso solleva attraverso i discorsi di due personalità che hanno l’arte di discutere per capire e capirsi, come si addice ai veri scienziati. Un libro “laico” e aperto, nel senso più autentico del termine, di cui c’era bisogno».
Chiaberge prese il premio, ma questa motivazione non gli piacque né punto né poco. Salito sul palco, subito dopo la mia motivazione, dichiarò di non gradire molto che egli venisse considerato equanime tra scienza e religione e che per dissipare questa sensazione sbagliata presto avrebbe pubblicato un altro libro che avrebbe mostrato i suoi veri sentimenti circa la religione… Insomma, pensavo che gli sarebbe piaciuto essere definito un "laico", ma evidentemente non avevo capito che laicità non è essere equanime e pensare liberamente, bensì detestare la religione in modo militante.
Tanto per non lasciar dubbi, alla cena ufficiale, invece di sedersi – come da usanza naturale – accanto a colui che aveva proposto di conferirgli il premio, si rifugiò in un altro tavolo.
Decidere se egli sia di destra e di sinistra è faccenda che non mi appassiona. E che sia una persona scortese non interessa nessuno. Ma, di certo, è un settario.

8 commenti:

Alessandro Marinelli ha detto...

Ho letto il trafiletto proprio stamattina (se non altro è breve). Pensavo che Chiaberge ci avrebbe almeno degnato di un piccolo suggerimento sulla strategia vincente per incoraggiare la lettura tra i giovani, e invece niente. Io pensavo che, per avvicinarsi alla lettura, in mancanza di guide come insegnanti e genitori, la cosa migliore fosse proprio provare a prendere un libro che ci sembra interessante e cominciare a leggerlo, poi passare ad un altro, un altro e così via, insomma un pò quello che ha detto Rodotà. E invece no. Siccome i giovani smanettano con l' ipod, è da ingenui pensare che possano rivolgere l' attenzione anche solo per un istante a quegli ammassi di carta stampata ordinatamente rilegata comunemente chiamati 'libri'. Roba da "mulini bianchi", appunto. La sola conclusione che sono riuscito a trarre è che, secondo l' autore dell' articolo, si potrebbe e si dovrebbe incoraggiare la lettura, certo, ma senza libri tra i piedi... Questo atteggiamento spiegherebbe almeno come mai Chiaberge, che a occhio e croce ha letto in tutto circa metà di un suo articolo, prof. Israel, abbia ritenuto di saperne abbastanza da muoverle critiche.

P.S.: ho molto apprezzato l' espressione "pedagogisti progressisti che STAREBBERO smantellando la scuola". Professore, pare che non ne abbia azzeccata una!

Nautilus ha detto...

Per l'appunto, ho seguito a suo tempo sul FQ un post di Chiaberge sul conflitto fra scienza e religione, dal titolo:"Hawking, il Papa ateo non è infallibile".
Post che sollevò feroci polemiche e raccolse più di 3000 commenti in gran parte negativi e anche molti insulti in pochi giorni, un vero record.
Ne riporto alcuni estratti:

"Ma come appunto spiega in quel libretto Arno Penzias, premio Nobel per la scoperta della radiazione cosmica di fondo, non spetta agli scienziati dimostrare l’esistenza o non esistenza del Creatore. .... Scienza e religione possono tranquillamente convivere, basta che non tentino di invadere l’una il territorio dell’altra."

"Parlo da laico: non credo in Dio, ma nel mio bisogno di Dio...E confesso che quando sento parlare Odifreddi o Margherita Hack, con quella loro sicumera che esclude categoricamente qualsiasi dimensione trascendente quasi fosse sempre e comunque una favola per gonzi, mi viene immediatamente una crisi mistica e corro alla più vicina parrocchia."

"La fede in Dio non è sempre un segno di stupidità o di ignoranza, così come l’ateismo non è di per sé sinonimo di intelligenza. La storia è piena di grandi geni credenti, da Pascal a Galileo e Newton..."

Non mi pare siano frasi di un uomo che detesta la religione. Perchè dunque Chiaberge avrebbe dovuto risentirsi della sua prefazione?
La mia impressione è questa: credo di pensarla approssimativamente come lui, pure mi sentirei gravemente frainteso se fossi considerato "equanime" fra scienza e religione, dato che considero quest'ultima nè più nè meno che una superstizione, seppure rispondente a profondi e rispettabili bisogni esistenziali. E il fatto che l'uomo ne abbia così tanto bisogno per me non la rende più credibile, semmai il contrario.
"Equanime" invece lascia intendere un atteggiamento equidistante, quasi un riconoscimento della validità di entrambe, ciascuna nella propria sfera.
Mi pare al contrario che Chiaberge, dichiarando la sua mancanza di fede, si schieri inevitabilmente dalla parte della sola scienza ammettendo però che possono anzi devono tranquillamente convivere, senza che aderire a una concezione implichi necessariamente la negazione dell'altra.
L'evitare di sedersi accanto a lei non lo vedrei quindi un atteggiamento settario, ma una antipatica scortesia (a dir poco), dettata dal bisogno di differenziarsi pubblicamente da quella che gli era parsa la sua interpretazione .
Poi la realtà dell'animo umano è così ambigua e sfuggente...se la discussione interessa a qualcuno proporrei altri estratti, più controversi.

Giorgio Israel ha detto...

Perchè? Lei è un ingenuo. Perché questo è sempre più il paese dei guelfi e dei ghibellini. E siccome uno deve essere catalogato in modo definitivo e siccome a Chiaberge, come si vede, piace classificarmi come "di destra", gli fa senso essere apprezzato da uno "di destra". Perciò è un settario a differenza di me che l'ho proposto per il premio. Non a caso, in questo clima, c'è subito chi ha commentato il suo intervento dicendo che io sono un "ascaro".

Gianfranco Massi ha detto...

Secondo il mio modesto parere, il comportamento dello scrittore Chiaberge in quell'occasione fu platealmente scortese, e anche un po' gretto, oltre che fazioso.

Nautilus ha detto...

Figurarsi se dimentico che questo è il paese degli odi faziosi, non foss'altro che abbiamo un PdC che del portare al parossismo questa deleteria inclinazione nazionale ha fatto un' arma vincente.
Solo che per attitudine personale cerco sempre di capire le ragioni altrui, preferendo sbagliare per eccesso di fiducia nei lati buoni che condannare subito quelli cattivi.
Poi certo ci sono passaggi chiarificatori, oltre i quali non è più lecito aver dubbi su chi si ha davanti, e il rifiuto di sedersi con lei dopo la sua presentazione dice molto.
Sono anche andato a leggere l'intervento in questione, Chiaberge mi pare abbia voluto fare un esempio di intellettuali, di sx e di dx, che sbagliano ugualmente nell'arroccarsi sul passato. La classificazione era, diciamo così, funzionale all'articolo, abbastanza sciocchino direi.
Chi poi usa a vanvera odiosi aggettivi come quello si (s)qualifica da solo.

vanni ha detto...

Eh già: odi faziosi. Chiaberge non è isolato con questi sobri e virtuosi contegni, così pregni di significato. Sedendosi altrove, e discosto a sufficienza ma senza esagerare, qualche punto l'avrà guadagnato, magari non tanti quanti guadagnati in altre occasioni da altri più rozzi e risoluti, ma qualcosina comunque. (ecco, egregio Professore, lei distribuisce preterintenzionalmente punti qualità... a Chiaberge a Odifreddi... ).

Myosotis ha detto...

Si ritenga fortunato, prof. Israel. A Indro Montanelli, prima di diventare "un ex compagno in camicia nera", toccava di peggio: invitato in qualche salotto, alcuni si coprivano il viso per non salutarlo. Perché questo non è soltanto il paese dei guelfi e ghibellini, temo sia un paese totalitario. Ciò che non è riuscito a Mussolini, è riuscito a Gramsci-Togliatti.

Giorgio Della Rocca ha detto...

(Salve! Con il presente commento non intendo entrare nel merito dei rapporti personali tra il professor Giorgio Israel e Riccardo Chiaberge, ma solo in quello dei rapporti fra scienza e fede religiosa.)

Paolo Flores d’Arcais: «Penso sia possibile argomentare razionalmente che a partire da quanto le scienze hanno accertato, e usando la logica, si possa legittimamente e positivamente affermare che Dio non esiste e meno che mai l’anima immortale. Sia chiaro, la ragione scientifico-sperimentale non esaurisce l’ambito della ragione, ma mi sembra che siamo d’accordo sul fatto che la filosofia possa bensì ‘dire altro’ – e in questo senso ‘andare oltre’ – rispetto alla scienza, ma non possa contraddirla senza diventare cattiva filosofia» [“Il caso o la speranza? – Un dibattito senza diplomazia”, dialogo tra il filosofo ateo Paolo Flores d’Arcais e il teologo Vito Mancuso, ed. Garzanti marzo 2013, p. 26-27].

George Coyne (gesuita e astronomo): «La mia scienza mi dice molte cose riguardo a Dio. Davvero. Ma la scienza non mi ha mai condotto a credere in Dio. Assolutamente mai. Nessun processo razionale ha questo esito. Perché Dio non è la conclusione di un processo razionale» [“La variabile Dio – In cosa credono gli scienziati?”, ed. TEA marzo 2010, p. 38].

Presupporre che l’approccio razionale della scienza implichi la necessità di un approccio razionalista e scientista alla realtà nel suo complesso costituisce una posizione infondatamente pretensiosa verso la realtà nella sua totalità.
Oltretutto, vi piacerebbe vivere in un ‘Teoremondo’, cioè in un mondo nel quale gli uomini fossero costretti dall’evidenza scientifica e logica ad accettare la Presenza di Dio?!

Giorgio Della Rocca