Siccome, quand'ero ragazzino, con mio gran dispetto, mai mi colpiva la febbre, mentre i miei compagni ogni tanto li gratificava, patologia salvifica che consentiva loro di non andare a scuola e, per giunta, autorizzati e compatiti e vezzeggiati, tentavo allora di correggere le sorti di una cosmica ingiustizia, facendo appello allo strumento di misurazione per eccellenza, il termometro, piegando la natura, come un alchimista, alla mia volontà e alla scaltrezza. “Non ti muovi, mercurio, di una tacca: ti muoverai”. Lo riscaldavo con una serie di stratagemmi che non sto qui ad elencare, fino ad ottenere una misura altina ma credibile, quel tanto che fosse sufficiente a commuovere la cura materna, che però mai cedeva. “Mamma, ho la febbre, non posso andare a scuola”, urlavo ostentando una voce raucamente patita. “Alzati, fai presto ché è già tardi”. “Ma almeno guarda il termometro, se non ci credi”. Non si fidava del termometro, neanche voleva guardarlo. Guardava la mia faccia, mi metteva una mano sulla fronte, toglieva d'un gesto le coperte e spalancava le persiane: “Fai presto ad andare a scuola, o ti arriva una sberla”. Era così soggettiva mia madre nella valutazione della mia temperatura corporea, da essere persino offensiva nei confronti di ogni obiettività specifica della rilevazione scientifica dei dati.
Ritengo che sia meglio adottare un sistema approssimativo ( a meno che non possa portare ad errori colossali) che il nulla. Strada facendo verrà migliorato tenendo conto degli errori registrati e delle loro cause.
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Siccome, quand'ero ragazzino, con mio gran dispetto, mai mi colpiva la febbre, mentre i miei compagni ogni tanto li gratificava, patologia salvifica che consentiva loro di non andare a scuola e, per giunta, autorizzati e compatiti e vezzeggiati, tentavo allora di correggere le sorti di una cosmica ingiustizia, facendo appello allo strumento di misurazione per eccellenza, il termometro, piegando la natura, come un alchimista, alla mia volontà e alla scaltrezza. “Non ti muovi, mercurio, di una tacca: ti muoverai”. Lo riscaldavo con una serie di stratagemmi che non sto qui ad elencare, fino ad ottenere una misura altina ma credibile, quel tanto che fosse sufficiente a commuovere la cura materna, che però mai cedeva.
“Mamma, ho la febbre, non posso andare a scuola”, urlavo ostentando una voce raucamente patita.
“Alzati, fai presto ché è già tardi”.
“Ma almeno guarda il termometro, se non ci credi”.
Non si fidava del termometro, neanche voleva guardarlo. Guardava la mia faccia, mi metteva una mano sulla fronte, toglieva d'un gesto le coperte e spalancava le persiane: “Fai presto ad andare a scuola, o ti arriva una sberla”.
Era così soggettiva mia madre nella valutazione della mia temperatura corporea, da essere persino offensiva nei confronti di ogni obiettività specifica della rilevazione scientifica dei dati.
Ritengo che sia meglio adottare un sistema approssimativo ( a meno che non possa portare ad errori colossali) che il nulla.
Strada facendo verrà migliorato tenendo conto degli errori registrati e delle loro cause.
gian luigi lombardi-cerri
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