Lo storytelling di Renzi sostiene che l'opposizione alla riforma della
scuola è guidata da forze conservatrici. Professore, lei si sente un
conservatore?
Questo è il punto. Quello che il nostro premier
non ha capito è che chi si oppone alla “Buona scuola” lo fa per lo più in nome
della difesa di una visione universalistica dell’istruzione, che mira non alla
fabbricazione di individui confezionati in base a un’ideologia tecnocratica
bensì alla formazione di persone libere, dotandole degli strumenti conoscitivi
adatti a una libera scelta del loro futuro. Una simile visione è presente in
chi, a sinistra, è legato a una visione di tipo gramsciano, e in chi invece si
ricollega a una visione conservatrice di tipo liberaldemocratico. Non aver
capito il carattere di trasversalità dell’opposizione è stato un errore
politico colossale. Quanto a me, quel che conta è quel che penso e se ricordo
certi linciaggi estremisti cui sono stato sottoposto rifiuto categoricamente di
farmi mettere etichette.
Nel suo video-spot il premier ha rivendicato la continuità con la
riforma Berlinguer. Qual è il suo giudizio sul ventennio di riforme
dell'istruzione pubblica?
Meglio stendere un velo pietoso. Le riforme
berlingueriane della scuola e dell’università sono state quanto di più
devastante si sia dato in questo ventennio. Dagli anni in cui Berlinguer
difendeva accanitamente la visione gramsciana di una scuola disinteressata,
basata sulle conoscenze e il rigore, con critiche severe degli andazzi della
burocrazia europea, egli è passato all’adesione completa a una visione
tecnocratica senza la minima giustificazione di tale rovesciamento salvo
l’invettiva quotidiana contro Gentile, fonte di qualsiasi male anche di quelli contro
cui combatteva e che, in fin dei conti, ha avuto scarsa influenza sulle
politiche scolastiche del fascismo rispetto a un Bottai. Un altro storytelling
completamente falso.
Qual è la ragione che spinge il governo a imporre la figura del preside
manager nella scuola?
Una ragione di controllo politico-ideologico
in modo da disporre di un ceto di dirigenti che faccia da cinghia di
trasmissione dei precetti ministeriali. Basti pensare all’ultimo concorso per
dirigenti. La batteria di quiz era composta da un gran numero di domande
sbagliate e poi da una massa di domande che richiedevano da parte del candidato
la conoscenza di una letteratura psico-pedagogica di tipo costruttivista. E
perché mai per essere un buon dirigente debbo essere esperto e consenziente con
certa letteratura e non altra? Qui viene messa fuori gioco non solo la libertà
d’insegnamento ma quella di pensare liberamente. Se poi un dirigente viene
dotato anche del potere di assumere e controllare la carriera dei “suoi”
insegnanti siamo al regime. Si ricordi che la Carta della Scuola fascista del
1940 ridefiniva il preside come “capo dell’Istituto”, una figura monocratica
che ora viene dotata di altri pesanti poteri.
Com'è cambiato il mestiere dell'insegnante in questi venti anni?
È stato progressivamente trasformato nella
figura di un mero esecutore delle prescrizioni ministeriali espresse in un
continuo diluvio di circolari, regole, certificazioni spesso deliranti e
scritte in un italiano incredibile. Gli è stata sottratta gran parte del tempo
della sua attività come “maestro”. Del resto, è da un pezzo che certo
pedagogismo che ha larga influenza tra i burocrati del ministero predica che
bisogna cancellare la parola insegnante per sostituirla con quella di
“facilitatore”, in nome di una demagogica idea della scuola come
“autoformazione”, senza rendersi conto che una scuola senza autentici
“maestri”, capaci di stabilire un rapporto intenso e costruttivo con gli
allievi non è tale, è una fabbrica di addetti all’impresa, quel che persegue la
Confindustria nella sua solita prassi di ottenere quel che le serve a spese
dello Stato.
Il governo ha criticato il boicottaggio dei test Invalsi. Come sono nati
e qual è il loro ruolo nel nuovo sistema di valutazione della scuola e degli
studenti?
Sarebbe lungo fare una storia dell’Invalsi.
All’inizio doveva essere un istituto che con metodi statistici campionari
doveva tentare di costruire un’immagine dello stato della scuola italiana. Si è
trasformato in un istituto censuario cui è stato dato il potere addirittura di
imporre una prova a quiz che interviene e altera il processo di valutazione
facendo parte delle prove per l’uscita dalle scuole medie. Siamo in molti ad
aver svolto critiche dettagliate della prassi dell’ente senza alcuna risposta
perché esso è chiuso, autoreferenziale ed esente da qualsiasi controllo.
Approvata la riforma, che cosa diventerà la scuola?
Speriamo che non sia approvata. Altrimenti,
questo insieme di provvedimenti sconnessi, incoerenti, prodotti da chi non ha
alcuna autentica competenza sul tema dell’istruzione oppure ha idee devastanti,
produrrà semplicemente terra bruciata. I migliori insegnanti non vedranno l’ora
di andarsene – come già accade – e la scuola diventerà una mera propaggine
della burocrazia e di chi vuol servirsene soltanto a scopi meramente
strumentali. Addio cultura e conoscenze, in un paese che ha una delle più
ricche tradizioni culturali del mondo e aveva costruito un’ottima scuola.
7 commenti:
Lei è una delle poche persone che parlano e pensano con la propria testa. Stiamo vivendo in un regime totalitario che, grazie all'informatica, arriva sempre meglio dentro la vita delle persone, sottrae conoscenze e risorse e si autoalimenta. Chiude le biblioteche e sostituisce l'istruzione con l'addestramento. Ma tutto passa e dopo le macerie c'è sempre qualcuno che ricostruisce. La grande tradizione che l'Europa ci ha lasciato è il faro del nostro futuro.
Con stima e convinzione,
RR
Prof. Israel, io seguo da tempo i suoi interventi e li ho sempre apprezzati, ma questa volta non posso essere del tutto d'accordo con lei. Io non vedo perché questa riforma (che non cambia i programmi e non interviene sulla didattica, quella che facciamo in classe) dovrebbe impedire il pensiero libero e trasformarci tutti in macchinette al servizio dell'impresa e della Confindustria. Francamente a me pare che gli oppositori che gridano nelle piazze siano piuttosto ostaggi dei sindacati, i quali, dopo aver miseramente fallito per decenni nel mondo della scuola, cercano di riconquistare il favore dei docenti con le urla e la demagogia. Purtroppo fare dietrologia, vedere sempre le "trame nere" dietro ogni intervento governativo è un vizio tipicamente italiano che si concretizza anche in previsioni catastrofiche che non si sono mai realizzate. Io non credo che la riforma di Renzi mi impedirà di esercitare la mia libertà di insegnamento e non vedo come ciò si possa ricavare dal testo in discussione al parlamento. L'aumento del potere dei dirigenti o la necessità che il nostro lavoro possa essere valutato non deve far paura a chi lavora onestamente ed è in pace con la propria coscienza; lo ritengo invece uno stimolo a migliorare la qualità dell'insegnamento. Ed ai presidi, secondo me, non dovrebbe essere dato tanto il potere di scegliere i docenti, quanto quello di poter cacciare coloro che non meritano il posto che ricoprono e lo stipendio che ricevono; e le assicuro, prof. Israel, che queste persone esistono, anche se sono una piccola minoranza. Della loro esistenza e intoccabilità dobbiamo ringraziare il '68 ed il garantismo sindacale, il quale ha permesso che sulle cattedre sedessero autentici asini, senza che nessuno abbia potuto far nulla per rimuoverli e per far rispettare il sacro diritto degli studenti di avere docenti preparati ed all'altezza del loro compito.
Prof. Massimo Rossi - Montepulciano
Caro Professore, forse la lettura dei miei precedenti interventi, in particolare quello censurato ed altri le darebbe risposta alle sue obiezioni. Mi limito a osservare che la legge contiene una quantità di deleghe e di questioni aperte e consegnate a futuri decreti attuativi del governo, da renderlo l'ennesimo strumento di controllo autoritario e arbitrario da parte di un'amministrazione oppressiva e imbecille: ha dato un'occhiata alle recenti certificazioni delle competenze? Un autentico orrore, che si somma al diluvio di prescrizioni e di burocrazia e che, se non frenato distruggerà completamente la scuola. Temo che lei sottovaluti gravemente la questione dei presidi, e - ci pensi bene - è una questione elementare di democrazia. Un'autentica democrazia è basata su un sistema di pesi e contrappesi. capisco che in Italia c'è troppo garantismo, ma la soluzione non è il decisionismo assoluto. Una figura che ha i poteri che le si conferiscono (ridicolmente "limitati" da presenze ininfluenti e prive di potere) non è neppure concepibile in una pubblica amministrazione. A MENO CHE non sia il primo soggetto sottoposto a valutazione: lui in primo luogo in quanto ha un potere di valutazione. Ma non c'è nulla del genere nel decreto. E questo è scandaloso: chi ha detto che un preside sia di per sé competente e onesto? Conosco casi (e non pochi) di presidi (pur privi di questi poteri) che hanno creato camarille di docenti servili e perseguitano i docenti che non sono ossequienti ai loro voleri. Potrei continuare, ma trovo infondato l'ottimismo circa l'assenza di rischi per la didattica. Ma non vede che già è stata fatta a pezzi con le prescrizioni ministeriali? Ricordo che alla prima riunione che ebbi al ministero (otto anni fa) un componente (con largo seguito) si alzò in piedi gridando: “La parola insegnante va cancellata dal vocabolario e sostituita con facilitatore". Sono anni e anni che vanno in questa direzione, proprio di distruzione della didattica ordinaria in favore di una scuola come formazione di forza lavoro per le imprese. Ciò detto, conosco benissimo le grandi responsabilità di (certi) sindacati e anche su questo ho scritto da anni, e non sento il bisogno di ripetermi.
I dirigenti scolastici attuali sono stati selezionati sulla base di una figura professionale diversa da quella dela riforma Giannini (scusatemi, ma non riesco proprio a chiamarla "b...a scuola"). Chi ci dice che abbiano le qualità richieste dal nuovo profilo professionale?
Ma la cosa più rilevante la nota, giustamente, il Prof. Israel: chi controlla il controllore? Se si vuole introdurre un sistema valutativo, si deve partire dall'alto. Solo quando i dirigenti saranno stati valutati e ritenuti adeguati al compito, si può pensare di affidare loro la valutazione dei docenti.
Ultima osservazione: se un dirigente scolastico è inadatto al ruolo (e ce ne sono tanti in giro, perché nei loro concorsi le raccomandazioni sindacali e di categoria fioccano), in che modo i docenti di un istituto possono sollevare il problema senza incorrere nelle sanzioni arbitrarie del dirigente?
Nessun modo più.
Bisogna capire che:
viviamo in uno stato totalitario;
il totalitarismo è esercitato attraverso grandi manipolazioni mediatiche e tecnologiche;
la rabbia sociale è calmierata da una minima distribuzione di benessere e di rimbecillimento collettivo;
al governo non interessa lo studio,
ma attuare un abbassamento ulteriore dell'istruzione e vendere computer;
i presidi devono essere pronti ad obbedire agli ordini;
ai sindacati è interessato solo far entrare persone senza abilitazione in cambio di tessere che rimpolpavano le loro languenti fila;
l'alternanza scuola-lavoro servirà a sottrarre ulteriori ore all'insegnamento in aula, con perdita secca di preparazione per ciascuna materia; ritorno a situazioni di cent'anni fa, quando si smetteva di studiare presto.
TUTTI si svegliano sempre molto tardi, tranne i pochi consapevoli, che non hanno alcun modo di farsi ascoltare (se non forse in questo blog).
Prof Massimo Rossi,
mi dispiace che Lei non riesca vedere la minaccia alla libertà di insegnamento, ma purtroppo questa è la logica conseguenza di un sistema che pone la sede di servizio di un docente in balia del giudizio del Dirigente andando a ledere, fra le altre cose, persino il principio costituzionale dell'imparzialità della pubblica amministrazione, quasi che ciò che le istituzioni dello stato possano essere gestite allo stesso modo del cortile di casa propria.
Ma Lei crede che esistano davvero dei presidi tuttologi che, con disinvoltura, siano in grado di giudicare l'operato sia di un docente di lettere che di un insegnante di elettronica? E ritiene che sia addirittura possibile farlo con l'analisi di un curriculum e con una mezz'ora di colloquio?
La realtà è che ciascun preside si porta dietro una sua idea di scuola, che può anche essere rispettabile ma che non è sicuramente universalmente condivisa. Per quale motivo un docente che non crede al sacro verbo della "didattica per competenze" e a tutta l'aria fritta che si accompagna alla pedagogia di stato che il Miur vorrebbe imporci, dovrebbe essere discriminato o addirittura estromesso dall'insegnamento in una determinata scuola?
Circolare n.44 di un dirigente scolastico:
"Si raccomanda di far circolare per le classi agli studenti tutte le circolari e di farle ricircolare per le classi uscite prima. Si raccomando di mantenere un flusso continuo di circolazione e ricircolazione delle circolari."
(fonte: Corriere Della Sera)
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