domenica 30 marzo 2008

A proposito della "lectio magistralis" di Umberto Eco

Nella sua “lectio magistralis” al Festival della Matematica di Roma Umberto Eco ha attaccato gli «usi perversi della matematica» – cabala, numerologia, paranormale – «usi che si danno ogni qual volta si vuole attribuire ai numeri un significato che va al di là del loro essere quel che sono, o del loro stare in rapporto ad altri numeri». Beato lui che conosce la vera essenza dei numeri. Speriamo che non gli sia chiara quanto lo è il misterioso concetto dell’andare al di là dello stare in rapporto dei numeri con altri numeri. Che la manipolazione dei numeri per prevedere il futuro o vincere al lotto sia una cialtronata estranea alla matematica, è ovvio. Ma fare carrellate storiche a sensazione mettendo nello stesso sacco Pitagora e le speculazioni numerologiche sull’11/9 delle Torri Gemelle non coltiva lo spirito critico. È stato dimostrato che la celebre formula di Spinoza “Deus sive Natura” fu ispirata da un’equazione numerologica kabbalistica: le vie della ragione sono molto complesse e talora certe idee arrivano dalle fonti più inattese. L’eliocentrismo non nacque dall’osservazione astronomica bensì dal recupero di antiche tradizioni mistiche. Il percorso di Keplero verso la formulazione delle sue tre leggi matematiche del moto dei corpi celesti passò attraverso il panpsichismo e l’idea dell’armonia cosmica. Il suo primo grande trattato, Mysterium Cosmographicum (si noti il titolo), calcolava le orbite e le distanze relative dei pianeti come riflesso di una struttura del cosmo basata sull’inclusione l’uno nell’altro dei poliedri regolari. Magistrali testi di storia della scienza – scritti da specialisti e non dal Mago di Napoli – spiegano come queste speculazioni abbiano stimolato lo sviluppo dell’astronomia moderna.
Leibniz mirava a costruire una «lingua esatta» con cui ricondurre ogni idea a «una sorta di alfabeto dei pensieri umani» e con cui scoprire le verità mediante «una specie di calcolo». Scrisse che «quella lingua vera potrebbe essere o una cabbala dei vocaboli mistici o un’aritmetica dei numeri pitagorici, o una caratteristica dei maghi, cioè dei sapienti». Proprio così. E aggiunse: «Sospettai l’importanza di questa cosa quasi ancora fanciullo e ora sono in grado di dimostrare con certezza geometrica che un tale compito è possibile e che entro un certo numero di anni può essere assolto». Così non è stato ma quella visione ha avuto effetti straordinari sullo sviluppo della matematica. Le relazioni di Leibniz con ambienti mistici e cabbalistici sono note. Anche lui era un ciarlatano? E che dire di Newton? Il celebre economista Keynes – dopo averne acquistato all’asta e letto i manoscritti teologici e alchimistici – disse di aver scoperto che il primo dei razionalisti era in realtà l’ultimo dei maghi. Anche Newton era influenzato da correnti mistiche: il suo filosofo di riferimento era il cabbalista cristiano Henry More. La scienza moderna non è nata dal razionalismo aristotelico medioevale (antimatematico), bensì dalla riscoperta del pitagorismo, del neoplatonismo, dallo sviluppo della numerologia come passo decisivo per affermare l’idea che “il libro della natura è scritto in lingua matematica”. Tutto ciò non ha nulla a che fare con l’uso “perverso” dei numeri o con la “smorfia”. La storia del pensiero è bella, interessante e istruttiva se fa comprendere, laicamente, la complessità delle vie della ragione che talora attraversano territori inattesi. Il fumetto pseudorazionalista di Eco può servire soltanto a creare ostacoli allo sviluppo dello spirito critico. E poi dicono che questi “eventi” festaioli servono a diffondere il razionalismo scientifico.
(Tempi, 27 marzo 2008)

sabato 29 marzo 2008

Un monumento all'indecenza

Resoconto:

La Cisl boccia la proposta degli intellettuali: non possono parlare di merito
di A.G.
Francesco Scrima ha condannato la lettera aperta a meno di 24 ore dalla sua presentazione: ma come possono perorare la causa del merito un gruppetto di docenti universitari ed editorialisti - fuori dal sistema scolastico da 30 anni e che percepiscono 800 euro ad articolo - se prima non ci spiegano come hanno raggiunto il loro status professionale?
L’attacco al sistema scolastico sferrato da un gruppo di intellettuali e docenti universitari ha ricevuto l’immediata bocciatura dai sindacati della scuola: a farsi portavoce delle organizzazioni sindacali, a meno di 24 ore dalla presentazione della lettera aperta in un liceo romano, è stato Francesco Scrima, segretario della Cisl Scuola, che ha ‘bollato’ l’iniziativa degli intellettuali come “inappropriata: in pratica sostengono che l’attuale modello di scuola è tutto da cancellare – ha detto il sindacalista -: ma come possono perorare la causa del merito un gruppetto di docenti universitari ed editorialisti - fuori dal sistema scolastico da 30 anni e che percepiscono 800 euro ad articolo - se prima non ci spiegano come hanno raggiunto il loro status professionale?”.
Scrima ha espresso il suo disappunto durante un'incontro formativo sulla professionalità del docente svolto a Roma presso l'università Pontificia lateranense. Tra i presenti c'era anche il Ministro della pubblica istruzione: "la meritocrazia - ha detto il leader della Cisl Scuola rivolgendosi proprio a Fioroni - prima che a scuola andrebbe applicata al mondo universitario e politico: come si fa, ad esempio, a liquidare nei programmi elettorali il sistema dell'istruzione in poche righe?".
Al sindacalista non è piaciuta la genericità con cui gli intellettuali hanno giudicato gli oltre 850 mila insegnanti della scuola italiana: "Sono stati trattati come sui giornali: una volta cirenei, un'altra eroi e un'altra ancora fannulloni. Il problema - ha sottolineato Scrima - è che questa categoria di lavoratori è profondamente insoddisfatta e sta vivendo una grave crisi di identità professionale. Anche per come è stato disatteso dal governo il patto sulla Conoscenza firmato appena sei mesi fa: un accordo che prevedeva l’investimento di grosse risorse economiche ed umane. Ma quando si fanno gli accordi è necessaria la serietà di entrambe le parti. Invece gli 11 mila tagli previsti in Finanziaria sono una minaccia alla qualità della scuola – ha tuonato Scrima guardando sempre il Ministro -, ci apprestiamo a vivere un anno scolastico con classi da 35 studenti e 2 disabili con seri problemi di spazi, convivenza e apprendimento”.
Scrima ha anche affrontato il problema della scarsa considerazione sociale. Ed economica: dopo che il rinnovo contrattuale è arrivato con due anni di ritardo e con una copertura che ha appena coperto l'inflazione, nell'ultima Finanziaria per il contratto 2008-09 della scuola sono stati stanziati appena 8 euro lordi a lavoratore.
"Ai docenti si chiede e viene delegato tutto: su chi ricadono tutti i problemi degli studenti, derivanti dalle storture della società e dalle crisi familiari, se non sugli insegnanti? Siamo di fronte ad un bivio che può rappresentare un’occasione propizia, ma anche il modo per deprofessionalizzare una volta per tutte la categoria e far sprofondare la scuola. Se si vuole investire sui docenti servono allora interventi seri e dire basta all’istruzione da intendere come terreno di scontro ideologico: la scuola non appartiene al centro-destra o al centro-sinistra, ma al Paese. Agli intellettuali che dicono basta riforme non mi stancherò mai di rispondere – ha continuato il sindacalista – che queste devono essere condivise e quando necessarie servono a cambiare quel che non funziona. E vanno fatte fare a chi lavora in prima linea nella scuola, non da quattro saggi chiusi nelle stanze”.
Scrima ha quindi ricordato come il nostro Paese vanti una scuola d’infanzia ed elementare all’avanguardia: “siamo tra i primi al mondo e queste realtà non vanno certo toccate. Va però sicuramente rivista qualche altra parte del sistema se al concorso per S. Cecilia si presentano solo in 28 su 36 posti, mentre per le selezioni del Grande fratello ci sono file da otto giorni prima”.
Le proposte della Cisl sono contenute in un manifesto fatto di sette punti: basta conflitti ideologici; stabilità al sistema; completare le riforme in atto; valorizzare il lavoro attraverso investimenti adeguati; superare le discriminazioni favorendo l’integrazione di studenti stranieri e disabili; migliorare il sistema di valutazione; attuare con decisione l’‘Intesa sulla conoscenza’.
Il Ministro Fioroni si è trovato d’accordo con Scrima nel dire che c’è bisogno di mettere mano su diversi punti, ad iniziare dall’esigenza di premiare il merito: per questo ha reputato immotivate le polemiche di questi giorni derivanti dalle due nuove prove comuni, affidate all’Invalsi (l’Istituto nazionale di valutazione), che gli alunni di terza media dovranno sostenere in contemporanea a livello nazionale per verificare le competenze acquisite in italiano e matematica. “Sono provvedimenti indispensabili – ha spiegato il Ministro – per evitare che gli alunni privi di conoscenze possano andare avanti. Il caso dell’Università Ca’ Foscari ci deve far riflettere: così tanti diplomati non ritenuti idonei a frequentare una facoltà letteraria per incapacità di comprendere e scrivere testi è una sconfitta del sistema scolastico. Per questo è fondamentale introdurre adeguate punizioni a chi non merita”.
Fioroni ha poi ribadito l’importanza di premiare l’eccellenza (“anche i meno meritevoli sono costretti ad alzare i livelli di apprendimento”), di introdurre un nuovo sistema di valutazione (organizzato dall’Invalsi) rivolto sia a docenti che studenti e di dare più spazio alle persone che operano positivamente nella scuola.
“E’ ora di finirla con gli incentivi a pioggia: i docenti che mettono a disposizione competenze e tempo vanno premiati attraverso risorse adeguate – ha concluso il responsabile del Dicastero dell’istruzione – anche perché rappresentano dei maestri di vita per gli stessi studenti: e i giovani, con le famiglie in crisi, hanno bisogni di persone positive da emulare”.
Su questo punto si era soffermato anche Pietro Barcellona, docente all’università di Catania: “viviamo in una società che non guarda più all’interiorità, ma esclusivamente sull’esteriorità. E’ bene – ha detto Barcellona – che i docenti riscoprano l’amore per l’insegnamento lavorando di più sulle idee e sui rapporti veri”.
Per Silvano Tagliagambe, professore ordinario di Filosofia della scienza all'università di Sassari, prima di riformare la scuola occorre mettere mano sulla didattica ed in particolare la metodologia dell'insegnamento. Il professore universitario ha spiegato quali sarebbero i principi ispiratori della riforma metodologica: "Occorre prima di tutto semplificare i contenuti, senza confondere il tutto con la banalizzazione - ha spiegato Tagliagambe - e per farlo occorre sempre una buona progettazione: perché è molto più facile complicare che semplificare".
Secondo l'epistemologo i docenti dovrebbero tutti essere in grado di passare dal sapere al saper fare: "La capacità applicativa - ha detto - serve a distinguere i contenuti superflui da quelli significativi. Per questo nella scuola è molto importante l'attività laboratoriale, come anche la capacità di trasferire un problema da un ambito all'altro". Ecco perché i docenti del futuro devono puntare sulla specializzazione ("meglio una testa ben fatta che una testa piena") e sull'organizzazione ("è un elemento indispensabile per armonizzare e trasmettere la conoscenza). Dovrebbero, in pratica, "diventare delle guide e dei facilitatori per la costruzione dell'identità personale", ha specificato l'accademico.
28/03/2008 (da "La Tecnica della scuola")

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Dunque Aldo Schiavone, Remo Bodei, Giovanni Sartori, Sebastiano Vassalli, Salvatore Veca, Ernesto Galli Della Loggia, Giulio Ferroni - tanto per citarne alcuni - dovrebbero rendere conto a questo signore di come hanno raggiunto il loro status professionale... Ma cos'è? Una gag di un film di Totò? E poi 800 euro ad articolo? Mi dica l'esimio sindacalista chi paga così perché a me ancora non è successo. Sarebbe interessante...
Purtroppo non è una gag di un film di Totò. Questa è l'Italia. Questo è il sistema dell'istruzione. In mano a personaggi che hanno il coraggio di parlare con tanta faccia di bronzo perché nessuno ha il coraggio di chiedere loro quali qualifiche e quale curriculum danno loro il diritto di pontificare di scuola e addirittura di "conoscenza".
Questo è il nodo scorsoio che attanaglia il sistema dell'istruzione: sindacati, pedagogisti e consulenti proni ai sindacati e politici tremebondi. Difatti, come ha potuto un professore come Silvano Tagliagambe ascoltare simili nefandezze senza prenderne le distanze? E come ha potuto il ministro Fioroni non rimettere a posto quel signore e, al contrario, per mediocri motivi elettorali, dichiararsi in parte d'accordo?
Comunque, questa è anche una manifestazione di panico perché i sindacalisti sentono benissimo che aria tira nella scuola e che gli insegnanti non sono affatto offesi del nostro appello. Al contrario. Sanno benissimo che questa è la via per difendere la loro dignità, e soprattutto la dignità dei tanti di loro che reggono sulle spalle il disastrato sistema scolastico. Contro i nullafacenti e i teorici del nulla che vogliono ridurli a "facilitatori" e "guide" riproponendo la solita zuppa indigesta del "saper fare" contrapposto al "sapere". Non a caso l'appello l'ha scritto un gruppo di insegnanti! Ma su questo è meglio tacere...

Peraltro gli insegnanti hanno risposto:

http://gruppodifirenze.blogspot.com/2008/03/comunicato-stamoa-sulle-dichiarazioni.html

lunedì 24 marzo 2008

COMUNICATO STAMPA

Gruppo di Firenze
per la scuola del merito
e della responsabilità


Mercoledì 26 marzo alle 15,30 si terrà presso il Liceo “Visconti” di Roma la conferenza stampa di presentazione di una lettera aperta ai partiti e ai candidati alle prossime elezioni. Titolo: “Scuola: un partito trasversale del merito e della responsabilità”.
Di fronte alla grave crisi della scuola italiana, minata da decenni di falso egualitarismo e di buonismo, il gruppo dei firmatari, di grande prestigio e autorevolezza, si rivolge a tutti i partiti perché diano risposte convincenti e assumano impegni precisi davanti agli elettori. In altre parole, quali provvedimenti, ispirati ai valori del merito e della responsabilità, prenderanno per garantire la serietà, il rigore e l’efficacia della scuola?
La polemica di questi giorni sugli “esami a settembre” e i corsi di recupero lascia intravedere, al di là degli indubbi problemi che le nuove norme hanno creato, una forte resistenza ad un cambiamento in questo senso.
La lettera è firmata (in ordine alfabetico) da Gian Luigi Beccaria, Giovanni Belardelli, Remo Bodei, Piero Craveri, Giorgio De Rienzo, Giulio Ferroni, Ernesto Galli della Loggia, Sergio Givone, Giorgio Israel, Mario Pirani, Lucio Russo, Giovanni Sartori, Aldo Schiavone, Sebastiano Vassalli, Salvatore Veca. Alcuni dei firmatari hanno assicurato la loro presenza.


Per chiarimenti e informazioni:
Giorgio Ragazzini – 055 5000 881 / 347 613 55 36 / giorgio.ragazzini@libero.it

sabato 22 marzo 2008

SEGNALAZIONI

Segnalo un interessante libro sulla scuola che si aggiunge alle numerose denunce che giungono da ogni parte (ma il mondo politico continua a fare orecchie da mercante):

Paolo Mazzocchini, Studenti nel paese dei balocchi. Lettera di un insegnante a un genitore, Aracne editrice, 2007.

Va inoltre ricordato un classico che già parecchi anni fa ha denunciato lo sfascio della scuola elementare:

Clementina Melotti Boltri, C'era una volta... la scuola elementare. Diario, esperienze & proposte di una maestra, Edizioni Ares, 1996.

Segnalo inoltre che Domenica 23 marzo alle ore 23:15 su RadioUno, nel corso della trasmissione L'Argonauta, verrà trasmessa un'intervista sul mio recente libro "Chi sono i nemici della scienza?".
http://www.radio.rai.it/radio1/argonauta/search.cfm?V_ARCHIVIO=S

venerdì 21 marzo 2008

Festeggiano la strage nella scuola rabbinica e noi ci ostiniamo a voler dialogare con loro

Era difficile non condannare la strage compiuta nella scuola rabbinica di Gerusalemme. Anche il ministro degli esteri D’Alema ha parlato di «tragico, rivoltante attentato», ma non ha mancato di sottolineare che esso faceva «seguito agli scontri in cui hanno perso la vita 125 palestinesi», riproponendo il solito gioco dell’ “equivicinanza”: «da una parte c’è l’estremismo palestinese e dall’altra l’estrema durezza della reazione di violenza. Una spirale di violenza… ecc. ecc.». Inutile ripetere che è obbrobrioso mettere sullo stesso piano uno scontro militare in cui hanno perso la vita anche dei civili – soprattutto per la nefanda abitudine degli “estremisti” palestinesi di usarli come scudi umani – e un attentato deliberatamente rivolto contro un’istituzione religiosa che è stato salutato a Gaza con festeggiamenti e distribuzione di dolciumi. Non insisteremo sull’omissione del fatto cruciale: se fossero interrotti i lanci di missili sulle città israeliane (migliaia da quando Israele ha lasciato Gaza!) le risposte militari finirebbero. Non insisteremo perché la solfa del ministro è arcinota e ripetitiva. Vogliamo invece dire qualcosa circa l’indicazione del dialogo con Hamas come unica via d’uscita. Certo, anche molti israeliani sono tanto esausti da esser pronti a imboccare questa via, se fosse praticabile. Ma lo è? L’interlocutore è disposto a sedersi a un tavolo e a trattare senza precondizioni impossibili e senza offrire una tregua in stile coranico, ovvero una “pausa” in attesa di riprendere la lotta?
Molti dimenticano la costituzione di Hamas. All’articolo 7 si legge che «l’ultimo giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei e i musulmani non li uccideranno e fino a quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra e l’albero diranno: “O musulmano, o servo di Allah, c’è un ebreo nascosto dietro di me – vieni e uccidilo”». All’articolo 11 si dice che la terra di Palestina è affidata all’Islam fino al giorno della resurrezione e «non è accettabile rinunciare a nessuna parte di essa». Nel passato alcuni governi israeliani agirono come se queste fossero chiacchiere – e lo fossero le espressioni analoghe contenute nella costituzione di Fatah – mirando soprattutto alla diplomazia e all’economia. Fu un errore catastrofico. Non si tratta di chiacchiere bensì del pilastro ideale di questi movimenti. Fino a che non saranno cancellate e sconfessate ogni tentativo di realizzare la pace finirà male. Viceversa, la rinuncia dichiarata a quegli obbiettivi significherebbe che si è accettato di por fine all’educazione all’odio con cui vengono formate intere generazioni di palestinesi. Guardare al “sodo” – diplomazia e quattrini – fa tanto “concretezza” e invece è la miopia di chi non riesce a guardare oltre la punta del naso. E non vede che il vero problema è sempre il rifiuto di Israele di gran parte del mondo arabo e islamico: qualsiasi cosa Israele faccia non va bene perché è discussione la sua esistenza. Il vero dramma è l’impossibilità di far votare al Consiglio di sicurezza dell’ONU una mozione di condanna di un attentato come quello, perché il mondo arabo si oppone; è l’ossessione antiisraeliana della Commissione per i diritti umani che prepara la conferenza Durban 2; è l’antisemitismo che il fronte del rifiuto propaga nel mondo. Altro che lista di docenti ebrei! A deprecare quella sono pronti tutti: cosa costa condannare un pazzo isolato? Ma quando si tratta di parlare il linguaggio della verità al mondo arabo e islamico ecco i don Abbondio ben rincantucciati nella coperta del pragmatismo.
(Tempi, 20.3.2008)

lunedì 17 marzo 2008

Dal sito web di Francesco Alberoni

DISASTRO EDUCATIVO

Consiglio a tutti di leggere i primi capitoli del libro di Giorgio Israel " Chi sono i nemici della scienza? " perche illustrano, come non ho mai visto fare da nessun altro i catastrofici errori dei pedagogisti consulenti dei ministri che hanno influenzato tutte le rirorme scolastiche degli ultimi anni. Sono loro i veri responsabili della ignoranza dei nostri figli, della loro incapacità di pensare logicamente, di argomentare. Tutti coloro che possono, promuovano un dibattito sui giornali, in televisione su questa pedagogia perche solo se ce ne liberiamo potremo avere di nuovo una scuola adatta ai nuovi difficili tempi.

domenica 9 marzo 2008

L’Occidente che ha smarrito l’orgoglio di sé

Si immagini che venga pubblicata un’edizione delle opere di Galileo con un’introduzione in cui si spiega che quelle pagine luminose e razionali rappresentano un rifugio mentale dalla cruda realtà delle azioni dei musulmani descritta in termini sferzanti. Nascerebbe uno scandalo enorme pari a quello suscitato dalle vignette danesi su Maometto. In occidente molti deplorerebbero giustamente la strumentalizzazione di un classico per buttarla in politica con affermazioni razziste. Se una simile impresa è impensabile, è invece possibile pubblicare un’edizione delle Opere complete di Euclide (Bompiani) preceduta da un’introduzione in cui ripercorrere l’esercizio della ragione nella matematica greca viene definito come «un atto di resistenza al non-pensiero, alla brutalità travestita da atti umanitari, alla menzogna eretta a sistema» in un «presente atroce e bruciante» in cui «imperversano i gringos».
Di fronte a un simile abuso di un’opera classica per trattare di barbari un intero popolo («i gringos») non si è visto finora un sopracciglio alzato. Né facilmente se ne vedranno perché questa è solo una piccola ma emblematica manifestazione dell’odio di sé che dilaga in occidente e soprattutto in Europa. È la sindrome descritta dallo storico François Furet: «uomini che detestano il regime sociale e politico in cui sono nati, odiano l’aria che respirano, mentre ne vivono e non ne hanno conosciuto un’altra». Della civiltà occidentale viene salvato solo ciò che è abbastanza lontano da poter essere sognato come un’età dell’oro in cui ragione e pace regnavano incontrastate. Nei misfatti della storia dell’occidente vengono affogate anche conquiste ottenute a caro prezzo: libertà, garanzie, diritti delle donne, democrazia, quel bene supremo che – per dirla con Natan Sharansky – consiste nel poter scendere in piazza e parlare senza che nessuno ti porti via. Pare che ciò valga per noi assai poco se persino un vescovo anglicano propone di regalare spazi di sovranità alla sharia sottraendoli alle regole cui dovremmo tenere quanto all’aria; e se ascoltiamo a mani giunte la lezione di Tariq Ramadan che spiega la legittimità di boicottare una fiera letteraria, ovvero una manifestazione della libertà di espressione.
Apprendiamo che il Consiglio dei diritti dell’uomo dell’ONU, in nome della lotta contro l’“islamofobia occidentale”, propone di decretare che l’offesa ai valori religiosi è razzismo. A Teheran l’alta commissaria ai diritti dell’uomo Louise Arbour ha ascoltato, coperta da un velo islamico, questo proclama d’intenti senza fiatare. Si dirà che di una simile condanna si avvarranno tutte le religioni. Ma avete mai sentito emettere da parte cristiana o ebraica una condanna a morte o soltanto una querela nei confronti di autori violentemente antireligiosi (fino all’insulto) come Richard Dawkins? È evidente chi si avvarrebbe di un simile decreto e quali sarebbero le conseguenze. Non potrebbero più essere protette persone che vivono sotto l’incubo di una condanna a morte, come Ayaan Hirsi Ali o Robert Redeker, autori di critiche nei confronti dell’islam che sono esempi di moderazione rispetto alla definizione dei cristiani come “cretini” o del Dio d’Israele come un “delinquente psicotico”. Avremmo svenduto i principi della democrazia e della libertà di espressione. E non solo: in tal modo verrebbe messo un cappio al collo a centinaia di milioni di persone che cadrebbero ostaggi senza speranza dell’integralismo sotto l’egida dell’ONU. Sta alle democrazie decidere se credono ancora in se stesse e sono capaci rifiutare il ricatto o preferiscono crogiolarsi nell’odio di sé, in una deriva verso l’autodistruzione.
(Il Messaggero, 9 marzo 2008)

domenica 2 marzo 2008

IN LIBRERIA DAL 29 FEBBRAIO

Giorgio Israel
CHI SONO I NEMICI DELLA SCIENZA?
Riflessioni su un disastro educativo e culturale e documenti di malascienza
Torino, Edizioni Lindau

Se l'avessi scritto io...

Se l'avessi scritto io mi sarebbe arrivata una scarica di insulti... Di fatto, ho scritto qualcosa di molto simile: vedi i post precedenti. E, puntualmente mi è arrivata una scarica di insulti condita di un pesante silenzio. Argomenti pochi. Neusner è un'autorità ed è anche ortodosso e quindi contro di lui si bofonchia a mezza bocca. Questo articolo mi ha consolato non poco. Non erano poi così stravaganti le tesi che avevo sostenuto.



Noi ebrei chiediamo che Dio illumini i gentili, loro possono farlo per noi

Israele prega per i gentili; perciò anche le altre religioni monoteistiche (compresa la chiesa cattolica) hanno il diritto di fare la stessa cosa, e nessuno dovrebbe sentirsi offeso. Qualsiasi altro atteggiamento nei confronti dei gentili impedirebbe a questi ultimi l'accesso all'unico Dio rivelato a Israele nella Torah. La preghiera cattolica manifesta lo stesso spirito altruista che caratterizza la fede del giudaismo. Il regno di Dio apre le proprie porte a tutta l'umanità: quando pregano e chiedono il rapido avvento del regno di Dio, gli israeliti esprimono lo stesso grado di libertà di spirito che impregna il testo papale della preghiera per gli ebrei (meglio: il "Santo Israele") da pronunciare al venerdì santo. Mi spiego. Per la teologia del giudaismo nei confronti dei gentili mi baso sulla liturgia standard della sinagoga, ripetuta tre
volte al giorno. Il testo cui mi riferisco è l'Authorised Daily Prayer Book delle United Hebrew Congregations of the British Empire (London 1953), che contiene una traduzione inglese di una preghiera per la conversione dei gentili, con la recitazione della quale si conclude il rito pubblico eseguito eseguito tre volte al giorno in ogni singolo giorno dell'anno. In questo testo Israele, in quanto popolo sacro (da non confondere con lo stato di Israele) ringrazia Dio per avere reso il popolo sacro diverso dalle altre nazioni, e chiede che il mondo sia portato fino alla perfezione, quando tutta l'umanità invocherà il nome di Dio inginocchiandosi davanti a Lui. Il testo della preghiera "E' nostro dovere lodare il Signore di tutte le cose" ringrazia Dio per avere creato Israele diverso dalle altre nazioni del mondo. Israele ha il proprio "destino", che consiste proprio nell'essere diverso da tutte le altre nazioni. A Dio viene chiesto di "eliminare gli abominii della terra", quando il mondo giungerà alla
perfezione sotto il regno dell'Onnipotente. Questa preghiera per la conversione di "tutti gli empi della terra", che sono '.'tutt gli abitanti del mondo", viene recitata non una volta all'anno ma ogni giorno. Ha un parallelo in un passo delle Diciotto Benedizioni, nel quale si domanda a Dio di spazzare via "il dominio dell'arroganza". Possiamo quindi affermare che nel giudaismo si chiede a Dio di illuminare le nazioni e di accoglierle nel suo regno. Proprio per sottolineare ulteriormente quest'aspirazione la preghiera "E' nostro dovere" è seguita dal seguente Kaddish: "Possa egli stabilire il suo regno durante la vostra vita e nei giorni e nella vita di tutta la casa di Israele". Questi passi tratti dalla liturgia standard del giudaismo non lasciano alcun dubbio sul fatto che, quando Israele si riunisce in preghiera, chiede a Dio di illuminare il cuore dei gentili. La visione escatologica trova il proprio nutrimento nei Profeti e nella loro visione di una singola umanità riunita, nonché in uno spirito liberale che si estende a tutta l'umanità La condanna dell'idolatria
non concede molto sollievo al cristianesimo o all'islam, che non vengono menzionati. Le preghiere chiedono a Dio di affrettare l'avvento del suo regno. Queste preghiere sono il corrispettivo di quella che chiede la salvezza di tutto Israele "quando il tempo avrà raggiunto la propria pienezza e tutta l'umanità entrerà nella chiesa". Le preghiere di proselitismo giudaiche e cristiane hanno in comune lo. stesso spirito escatologico e tengono la porta della salvezza aperta per tutti gli uomini. Tanto la preghiera "E' nostro dovere" quanto quella "Preghiamo anche per gli ebrei" sono la concreta espressione della logica del monoteismo e della sua speranza escatologica.

Jacob Neusner
professore dì Storia e teologia del giudaismo al Bard College di New York